Per una cronaca dell’occupazione nello Stretto

Che succede al Teatro Pinelli di Messina?

Pubblicato il 13/01/2014 / di / ateatro n. 147

«Avremmo voluto donare un “nuovo” teatro, ma abbiamo scoperto un cratere: al posto della platea un cumulo di macerie, emblema dello smottamento culturale e civile che ha investito questa città negli ultimi vent’anni», si legge nel primo dei comunicati stampa del Teatro Pinelli di Messina, datato 16 dicembre 2012. Viene immediatamente convocata un’assemblea alla quale prendono parte centinaia di cittadini, non solo artisti ma anche curiosi interessati a questo fenomeno innovativo e inusuale che ha già coinvolto altri teatri italiani: «bambini, lavoratori dello spettacolo, associazioni culturali, docenti e studenti, architetti, ingegneri, avvocati, precari e disoccupati». E’ da una manifestazione politica organizzata il 15 dicembre 2012, anniversario della morte di Giuseppe Pinelli, che nasce ogni cosa: ecco perché il teatro è stato battezzato così, dopo varie altre proposte e un dibattito che ha animato le pagine dei social network.

Teatro Pinelli, la platea

Teatro Pinelli, la platea

Il luogo dell’occupazione è il Teatro in Fiera, nell’area d’interesse dell’autorità portuale nel quartiere fieristico con un’incredibile vista sullo Stretto di Messina, in un impianto architettonico che riproduce idealmente la struttura di una nave per quasi 50.000 metri quadri tra aree coperte e scoperte. La Fiera Internazionale di Messina, la più antica del mondo, istituita da Federico II di Svevia nel 1296, presenta l’attuale sistemazione dal 1938 ed è stata inaugurata il 10 agosto di quello stesso anno, là dove sorgeva uno spazio in cui si trovava la “Fiera del Santo Sepolcro”, denominata poi “Villa Umberto”. Dopo alterne vicende, a causa delle quali «certamente sono stati fatti molti errori e talune scelte progettuali sono attribuibili a motivazioni contingenti, alla fretta e all’improvvisazione che talvolta sono rimaste immutate», come si legge in un dimenticato sito la cui home page recita www.fieradimessina.it, anche il teatro finì nell’oblio per un ventennio. Ad appoggiare immediatamente l’occupazione dell’area sono i lavoratori dell’ex Ente Fiera, che dal marzo 2012 non percepiscono stipendio, in un’atmosfera da centro sociale dove si condividono pranzi e cene per Natale e Capodanno.
Il giorno di San Valentino del 2013 viene spezzata l’amorosa passione, con lo sgombero di quel luogo simbolico, che rappresenta una delle tante ferite nella città – una carcassa di edificio tra gli altri che conservino una vocazione culturale o artistica – dopo iniziative che avevano ospitato progetti solidali. I padiglioni hanno dato asilo a incontri e dibattiti su migranti, circoli in difesa delle minoranze culturali hanno sollevato problemi di genere; si sono avvicendate installazioni, prove aperte, concerti, letture: la più esemplificativa è stata quella di Giovanni Boncoddo con Quelli che hanno incominciato a occupare da piccoli, non hanno ancora finito e non sanno che cazzo devono fare ancora, un provocatorio reading «per quelli che sono pronti».
In Sicilia così, dopo il Garibaldi di Palermo – occupato il 13 aprile del 2012 e disoccupato lo scorso autunno – riemerge nel plesso della Fiera del Mediterraneo il Teatro Mediterraneo Occupato, mentre a Catania il Teatro Coppola resiste dal dicembre del 2011. In un nuovo tormentato luogo, riprende il suo operato il 25 aprile 2013 il Pinelli, con la sua nuova veste d’eccezione in un’anonima vecchia ex casa di una compagnia portuale che diviene perfino opera d’arte, grazie all’intervento generoso di Blu, street artist italiano di fama internazionale. D’altro canto la comunità hip hop messinese ha subito appoggiato il Pinelli con interventi partecipativi, come quello dell’artista visivo Kuma. Ma è difficile riuscire a citare tutti i protagonisti e gli attori di un processo così articolato anche tra registi e musicisti che partecipano alla vita del Pinelli. Di recente è stata anche inaugurata una radio che trasmette da questa nuova sede di via Valore, strada adiacente al porto e alla stazione ferroviaria di Messina, nota per accogliere emarginati e prostitute e adesso viva e coloratissima di luci e festose iniziative.
La stagione teatrale 2013/14, in via di definizione, è intervallata da tanti laboratori e dall’allestimento del teatro portato a compimento lo scorso novembre con successo da tecnici e scenografi. Valeria Cariglia, scenografa messinese attivissima a Catania e tra gli artisti e i tecnici che hanno lavorato alla realizzazione, spiega che a parlare devono essere «le pratiche». E in effetti a partire dalla sistemazione di quinte e palcoscenico, si è intensificata l’attività teatrale.

Silvia Martorana Tusa

Silvia Martorana Tusa

L’11 e 12 gennaio è andato in scena Veleni di famiglia ovvero le femmine velenose di e con Silvia Martorana Tusa, musiche di Barbara Sartori eseguite da Sergio Bartolone. All’esibizione della compagnia di Casteldaccia L’Arsenale delle Apparizioni è legata un’iniziativa formativa: il workshop di scrittura narrativa orale tenuto al Pinelli dalla stessa Tusa. Ma sale studio, un bar, una biblioteca e uno spazio all’aperto incrementano la fruizione dello spazio dove vengono pubblicizzate anche altre iniziative e stagioni teatrali formalizzate dalla legalità, con spirito di generosa condivisione e umile confronto.

Ture Magro

Ture Magro

Sono «palazzi che fanno puzza di sangue» quelli che rievoca Ture Magro con il suo spettacolo Padroni delle nostre vite, in cui tuonano citofoni e vengono esaltate le modalità sensoriali… sebbene sia opportuno tacere. Sovrapposizioni vocali ai video di attori proiettati, dunque non in carne e ossa, risolvono incombenze economiche e amplificano i toni di una visibile «mafia liquida». Un programma di protezione testimoni, su una scena che ha inizio con un cantiere aperto, è decisamente una scelta rappresentativa per il collettivo che anima questa realtà: finalmente un teatro, sottolinea l’artista Monia Alfieri, che dà orgoglio a una comunità che è «frutto di un lavoro quotidiano».

Monia Alfieri

Monia Alfieri




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