Vite parallele: Franco Quadri e Luca Ronconi nei fondi archivistici e bibliografici Franco Quadri e casa editrice Ubulibri
La memoria del teatro
Questo testo è stato pubblicato originariamente in Oliviero Ponte di Pino, Renata M. Molinari, Cristina Ventrucci, Il teatro che credi di conoscere. Le carte patafisiche di Franco Quadri e della Ubulibri, con una premessa di Rossana Rummo, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano, 2013.
Due premesse. Primo, sono notoriamente uno degli esseri più disordinati del mondo. Secondo, nel corso della mia vita professionale, quando mi hanno offerto un lavoro, non mi sono mai chiesto se fossi in grado di farlo: ogni volta ci ho provato e finora non mi ha mai cacciato nessuno.
Uno dei primi compiti me l’ha assegnato Franco Quadri nel 1977. Mi mostrò una cassettiera da ufficio notarile, nella sua casa-studio in una mansarda in via Caradosso 6. Per arrivarci, mi era bastata una segnalazione, quella di Maria Grazia Gregori, docente alla Civica Scuola d’Arte Drammatica «Paolo Grassi», dove mi ero appena diplomato; poi avevo dovuto solo attraversare corso Magenta: da un lato il Palazzo delle Stelline, allora fatiscente e pericolante, dove aveva sede la «civica»; dall’altro, a pochi metri, il cancelletto che dava sul cortile alberato e sulla ripidissima rampa di scale. Sbucava su una terrazza con vista sulla cupola di Santa Maria delle Grazie, sulla quale si affacciavano quattro o cinque porte finestre.
In quel mobiletto c’era l’archivio teatrale di Quadri, che mi chiese di occuparmene. Forse era già affiancato da un contenitore di metallo con due ampi cassetti (tipo Cardex), fitto di cartelline destinate soprattutto alle foto. Nel loft dove Quadri abitava, lavorava, cucinava e invitava gli amici, avremmo scoperto (e sfogliato) con Massimo Lastrucci, nascoste in due loculi, alcune strepitose riviste underground made in USA. Nello studio, le librerie disegnate da Gae Aulenti componevano un paesaggio di rigorose vetrinette laccate di nero, che dialogavano con gli spioventi del tetto e custodivano una ricca biblioteca teatrale.
Nel giro di una trentina d’anni, quel piccolo archivio si è ingrandito e oggi costituisce il nucleo fondante del complesso archivistico-bibliografico conservato da Fondazione Mondadori (da ora in poi Archivio Quadri-Ubulibri), dove si trovano materiali raccolti con finalità e modalità diverse, a seconda di quelli che erano in quel momento gli obiettivi e le attività della Ubulibri e di Quadri.
Franco Quadri (1936-2011), milanese, laureato in giurisprudenza, dopo gli esordi dal 1959 al 1961 come redattore all’Almanacco Letterario Bompiani (uno degli antenati di quello che sarà il Patalogo, insieme ai «Theatre Yearbooks» angloamericani e all’annuario di «Theater heute»), è stato dal 1961 al 1969 caporedattore del mensile «Sipario» (di cui era editore un appassionato di teatro come Valentino Bompiani). Ha contribuito a far conoscere in Italia la nuova cultura – o meglio la controcultura – americana degli anni sessanta: non solo il teatro, ma anche il cinema e le arti visive. È stato critico teatrale di «Panorama» dal 1967 all’ottobre 1987, quando è passato a «la Repubblica». Nel 1971 ha fondato e diretto «Ubu», una versione made in Italy delle riviste underground USA, insieme pop e colta, elegante e sorprendente, curiosa e provocatoria. Ha diretto festival nazionali e internazionali, tradotto testi narrativi (Samuel Beckett per Einaudi: Murphy, 1962, e Come è, 1965) e teatrali dall’inglese e dal francese. È autore di volumi e saggi di argomento teatrale. Nel 1977 ha fondato la casa editrice Ubulibri, specializzata in teatro e cinema, con la quale ha curato e pubblicato i 32 numeri del Patalogo, l’annuario del teatro, che nei primi anni copriva anche cinema, televisione, danza e lirica. Ha collaborato a numerose trasmissioni radiofoniche e televisive per la RAI, è stato animatore di numerosi premi, dall’Ubu (da lui ideato e fondato nel 1978) al Riccione (che rilanciò negli anni ottanta). Sul versante della formazione, ha ideato e fondato l’École des Maîtres. In un’epoca in cui non esistevano ancora i master (di critica, di giornalismo, di editoria, di cultural management, di creazione eventi…). Per molti la sua «bottega» è stata anche una scuola: «Senza darlo troppo a vedere, con somma sprezzatura, gli piaceva formare giovani: sotto la sua guida, nella redazione del Patalogo, sono cresciuti Oliviero Ponte di Pino, Emanuela Canali, Luigi Sponzilli, Massimo Lastrucci, Renata Molinari, Giulio Lupieri, Enrico Arosio, Silvia Bergero, Antonio Calbi e tanti altri» (Aldo Grasso, Il maestro della tv, «Sette», 11 aprile 2011).
Era un maestro prepotente: spiegava brevemente quello che voleva, e in genere non come farlo; se i risultati non soddisfacevano le sue attese arrivava una delle sue proverbiali sfuriate e toccava disfare e rifare tutto il lavoro all’istante.
Quest’attività variegata ha potuto mantenere forza, indipendenza e continuità perché era sostenuta da una ferrea coerenza: l’attenzione critica si è sempre accompagnata a un impegno attivo come organizzatore a sostegno del nuovo teatro e della nuova drammaturgia (e non solo), e più in generale per costruire e diffondere la cultura dello spettacolo contemporaneo.
Non può sorprendere che questo progetto abbia ispirato la consapevole creazione di un archivio di lavoro, fin dagli anni settanta (era curato prima del mio arrivo da un’altra collaboratrice, Susanna Merzek), anche se resta sbalorditiva l’ampiezza dei materiali raccolti in decenni di attività.
Per dar conto della ricchezza di questa mole di materiali, può essere utile concentrarsi su un artista che Quadri ha seguito nell’arco dell’intera carriera, Luca Ronconi, grande protagonista della cultura italiana, a cui Quadri è stato legato anche da una lunga amicizia, punteggiata da incontri e collaborazioni. Facendo una ricerca nell’Archivio Quadri-Ubulibri, per quanto possibile in questa fase di lavorazione, si trovano diversi documenti relativi a Ronconi che documentano non solo lo sguardo di un critico e di uno studioso sull’opera di un regista, ma anche una lunga militanza comune, incastonata in un progetto di documentazione di ampio respiro.
Luca Ronconi è sempre proiettato sul futuro, sugli spettacoli che deve mettere in scena nei prossimi mesi. Rispetto al proprio passato, il regista ostenta un disinteresse che parrebbe contraddetto da una memoria precisissima su aneddoti grandi e piccoli, e naturalmente da una assoluta consapevolezza sulle motivazioni e sulle scelte professionali e artistiche; questo distacco è confermato dalla non disponibilità, a oggi, di un «Archivio Ronconi»: molti dei materiali relativi ai suoi allestimenti si trovano nei vari teatri presso cui ha lavorato (e a volte diretto) o presso i suoi collaboratori. Così, almeno per quanto riguarda l’attività nel teatro di prosa, l’Archivio Quadri-Ubulibri è una delle fonti più ricche, che copre in pratica l’intero arco della sua carriera.
I materiali relativi ai rapporti tra Luca Ronconi e Franco Quadri sono conservati in diversi faldoni dell’Archivio Franco Quadri-Ubulibri e testimoniano i diversi approcci col teatro di Franco Quadri.
Lo spettatore appassionato. Il giovane Quadri frequentava assiduamente i teatri e nei suoi mitici «quadernini» recensiva gli spettacoli cui assisteva. Vide recitare anche il giovane Luca Ronconi, che ricorda: «Pochi anni fa – direi quattro – è venuto al Teatro Strehler con un suo quadernino, abbastanza toccante. Mi ha fatto vedere che lui – anche prima di fare il critico, probabilmente era ancora studente – quando andava a teatro annotava di ogni spettacolo il titolo, i personaggi e gli interpreti, ai quali assegnava dei pallini, a seconda del gradimento. Su Té e simpatia, che ho fatto nel ’57-58, avevo due pallini. Come attore non sono mai arrivato ai tre pallini, che era il massimo» (da una intervista di prossima pubblicazione su «Panta»). Nell’archivio si trovano i reperti raccolti da uno spettatore appassionato: programmi di sala, fotografie (magari autografate), qualche ritaglio di giornale, gli appunti presi durante la visione e poi sistematizzati.
Il critico engagé. Quando il giovane appassionato diventa un osservatore professionista – caporedattore di «Sipario» e poi critico teatrale – la raccolta dei materiali diventa necessità professionale e si fa più sistematica. Nelle cartelline dedicate ai Lunatici (1967), lo spettacolo che rivelò il talento del regista, e a Riccardo III (1967), protagonista Vittorio Gassman, accanto al programma di sala compaiono alcuni ritagli stampa con le recensioni, alcune in originale, altre in fotocopia. Nella cartellina dell’Orlando Furioso (1969), oltre al programma di sala e ad alcuni ritagli, si trovano il volantino dell’incontro dedicato a Ludovico Ariosto presso l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi (novembre 1974, con la partecipazione del regista) e il dattiloscritto delle recensioni sui giornali jugoslavi, tradotte in parte in italiano in parte in francese.
Lo studioso e il saggista. Nel 1973 uscì da Einaudi Il rito perduto. Saggio su Luca Ronconi. Lo salutava anche la quarta di copertina del programma di sala dell’Orestea (1972), l’ultimo spettacolo «coperto» dal volume. Lo strillo recita: «Un bilancio critico del lavoro di Ronconi che sottolinea la coerenza e la novità della sua idea di Teatro». La traduzione francese venne pubblicata nel 1974 da 10/18 con il titolo Luca Ronconi; nel dattiloscritto del testo (conservato nell’Archivio Quadri-Ubuilibri) è possibile leggere la versione italiana del «Capitolo quinto. UN FLORILEGIO», con un’annotazione manoscritta di Franco Quadri sul frontespizio: «capitolo che salta nell’edizione Einaudi»: in quelle pagine, vengono passate in rassegna le reazioni (in genere negative e sconcertate) della critica teatrale italiana al Riccardo III. Luca Ronconi è anche tra i protagonisti del primo volume di Il teatro degli anni Settanta, che all’insegna di Tradizione e ricerca presenta ampie interviste con Stein, Chéreau, Ronconi, Mnouchkine, Grüber, Bene (Einaudi, 1982): alcune di quelle conversazioni le ho sbobinate io stesso e inviate – dopo la revisione dell’autore – a Elena De Angeli, che seguiva il volume per l’editore. Anche il materiale preparatorio per questo come per altri volumi è confluito nell’Archivio Quadri-Ubulibri.
Franco Quadri al Premio Riccione.
L’organizzatore culturale. Sono numerose le occasioni in cui Quadri e Ronconi hanno avuto occasione di collaborare, nella progettazione, organizzazione e direzione di eventi di forte impatto, a cominciare dal Convegno di Ivrea del 1967, momento fondamentale della storia del nuovo teatro italiano organizzato da Quadri con Giuseppe Bartolucci, Ettore Capriolo e Edoardo Fadini. Ronconi è tra i firmatari del «Manifesto per un nuovo teatro» che su «Sipario» lanciò l’iniziativa e partecipò ai lavori. Da allora le collaborazioni furono numerose, a cominciare dalla Biennale veneziana: Ronconi, nominato nel 1974 direttore delle sezioni teatro e musica, chiamò Quadri tra i consulenti. Passarono in quegli anni a Venezia i maestri del nuovo teatro internazionale Jerzy Grotowski, il Living Theatre, Peter Brook, Meredith Monk, Andrei Șerban; la Biennale produsse anche il capolavoro di Bob Wilson e Philip Glass Einstein on the Beach (1976). Poco dopo, Ronconi coinvolse Quadri e altri intellettuali nell’avventura del Laboratorio di Progettazione Teatrale di Prato, ambizioso tentativo di reinventare il linguaggio teatrale. Quadri ha conservato ampia documentazione sull’attività del Laboratorio; vi si possono trovare, oltre a documenti dei vari gruppi di lavoro, anche i suoi ampi e accurati appunti. Alcuni li ha presi durante le riunioni, come la nota «Riunione 17/XII/76 Selezione Laboratorio Aperto», con l’indicazione dei partecipanti, quasi una sorta di verbale. Altri li ha presumibilmente stesi durante le prove («Baccanti 28.1», «La Torre 10.2.77»): sono a volte estremamente minuziosi e, come nel caso delle pagine dedicate a La vita è sogno, corredati da schemi grafici. Tra le altre occasioni di collaborazione, particolarmente significativa la giuria del Premio Riccione, presieduta da Quadri, che ebbe a lungo Ronconi tra i giurati: un’esperienza che portò tra l’altro alla messinscena da parte del regista di un testo vincitore del Premio, L’aquila bambina di Antonio Syxty (1992). Un altro progetto ideato da Quadri e documentato nell’Archivio Quadri-Ubulibri, l’École des Maîtres, venne inaugurato nel 1990 proprio da Ronconi.
il Patalogo. La più copiosa sorgente di materiali per l’Archivio Quadri-Ubulibri è stata dal 1978 il Patalogo, impresa che Quadri non a caso ha scelto di battezzare con un omaggio alla Patafisica, «la scienza delle soluzioni immaginarie» ideata da Alfred Jarry. La parte iniziale del volume, «Repertorio di un anno», consiste in un censimento delle produzioni teatrali della stagione; fin dalla prima edizione, la scheda con il cast completo era accompagnata, per gli spettacoli più importanti, da una selezione della rassegna stampa ed eventualmente da una o più immagini (fotografie ma anche bozzetti). Agli inizi i materiali per il Patalogo venivano raccolti soprattutto da Quadri, viaggiatore teatrale infaticabile e curioso, che riportava in via Caradosso programmi di sala, fotografie e materiali vari dai teatri e dai festival d’Italia e d’Europa. Nel corso dell’anno, Quadri stesso e i suoi collaboratori arricchivano il dossier con le recensioni a stampa, che poi venivano «lavorate» dalla redazione sotto il vigile controllo del curatore-editore. La tecnica era quella del montaggio, o dell’intarsio, per dar conto delle intenzioni dei creatori e delle reazioni della critica e del pubblico, a volte con un pizzico di malizia e qualche pettegolezzo (un metodo che per certi aspetti anticipava una trasmissione televisiva come Blob: tra i primi collaboratori del Patalogo figurano Enrico Ghezzi e Marco Giusti, cooptati nella squadra Ubu da Giovanni Buttafava, complice di Quadri nella progettazione dell’annuario). Si trovano nel Patalogo tutta la cultura, l’intelligenza, la passione, e soprattutto l’ironia (spesso perfida) di Quadri, condivisa e rilanciata dai suoi collaboratori: qualcuno l’ha definito «ésprit Ubu», ma erano stati Franco e Giovanni a contagiarci…
Nelle cartelline relative ai singoli spettacoli, si possono trovare ritagli di giornale o fotocopie con l’indicazione dei brani selezionati dallo stesso Quadri: il sistema è lo stesso già utilizzato per esempio sulla recensione di Raul Radice al Riccardo III («Corriere della Sera», 23 febbraio 1968), dove sono evidenti i segni che isolano i brani (in questo caso utilizzati nel capitolo «francese» del Rito perduto). Il lavoro per il Patalogo era meticoloso. Si ambiva alla completezza, ma anche i dettagli erano calibrati: l’obiettivo era bilanciare le voci degli artisti (attraverso dichiarazioni nei programmi di sala o interviste) e quelle dei critici (con attenzione alle rispettive specificità e affinità), sia lo spazio riservato a ogni spettacolo e ai diversi recensori. Nelle cartelline riservate agli spettacoli di Ronconi restano tracce della puntigliosa «cucina patalogica», che poteva passare attraverso numerosi aggiustamenti per ogni singola scheda. Per esempio si trova l’output di una stampante ad aghi con la bozza della scheda dedicata a La serva amorosa (1986) con la regia di Ronconi: sotto la locandina, c’è la proposta redazionale con il montaggio di materiali, sovrastata dall’indicazione manoscritta di Quadri: «da rivedere». Sulla copertina del comunicato stampa dei Dialoghi delle Carmelitane (1988), sempre con la regia di Ronconi, avevo steso io stesso una prima proposta, subito corretta dalle indicazioni manoscritte di Quadri. Con il passare degli anni, le tracce del lavoro redazionale si sono fatte più rare: il processo di lavoro restava confinato agli hard disk dei computer; e gli uffici stampa, soprattutto quelli dei teatri maggiori, educati da anni di collaborazione e dalle telefonate della solerte redazione, hanno iniziato a preparare dossier sempre più completi: diminuiva così l’attività di ricerca sul campo (i materiali «recuperati» da Quadri, i ritagli e le fotocopie di recensioni e interviste), a favore di sistemi di recupero dati più metodici.
Le prime indicazioni che ho ricevuto quando mi occupavo dell’archivio del Patalogo erano di organizzare le cartelline per teatro, compagnia o gruppo. L’impostazione anticipava quella del Patalogo (almeno dal numero 2 in poi, nel Patalogo uno gli spettacoli sono elencati in ordine cronologico di debutto, e dunque risultavano difficilmente reperibili in mancanza di un indice specifico). Nel «Repertorio di un anno» del Patalogo le schede dei singoli spettacoli si trovavano sotto i vari produttori, ordinati alfabeticamente. Tuttavia nell’archivio questo criterio (meticolosamente seguito nel Patalogo) non è mai stato rigido: contemplava eccezioni per attori particolarmente amati (come Sarah Ferrati o Tino Buazzelli); o per registi significativi, che nel corso della carriera hanno lavorato con più produttori (come Massimo Castri e lo stesso Ronconi): anche questa è una delle prime istruzioni che ho ricevuto da Quadri.
Ovviamente non era l’unico ordinamento possibile. Nell’ampio archivio del Piccolo Teatro – dove soggiornavamo per mesi, cercando di colmare le lacune del nostro «Repertorio», con l’assistenza di Laura Guazzotti e Franco Viespro – la chiave principale delle cartelline dedicate agli spettacoli era per esempio il cognome dell’autore; altri archivi teatrali ordinano produzioni e ospitalità cronologicamente. Nei suoi libri lo stesso Quadri ha operato scelte di volta in volta diverse. I due volumi dedicati a L’avanguardia teatrale in Italia 1970-1976 (Einaudi, Torino, 1977) raccolgono i materiali per gruppo o compagnia: li avevo letti, freschi di stampa, proprio nell’estate del 1977, senza immaginare che pochi mesi dopo avrei sfogliato gli originali dei «materiali» che compongono buona parte delle 826 pagine dei due tomi einaudiani. Un’altra opera in due volumi, La politica del regista. Il teatro 1967-1979 (Il Formichiere, Milano, 1980), raccoglie le schede-recensioni di «Panorama»: per qualche settimana avevo raccolto gli articoli pubblicati per confrontarli ai dattiloscritti (che a volte battevo a macchina io stesso, partendo dagli originali di Franco: poi li passavamo a Raffaello Baldini, redattore del settimanale; vedi Oliviero Ponte di Pino, Un’anima messa a nudo, abbarbicata alla propria lingua come fosse una corazza, in «Stratagemmi», n. 26, pp.129-135). In quel caso, l’autore privilegiò l’ordine alfabetico per regista, con le inevitabili eccezioni: per esempio, gli spettacoli dei Gufi sono alla G, mentre sotto la L si trova la scheda di Paradise Now del Living Theatre (per la precisione, Testo collettivo del Living Theatre scritto da Julian Beck e Judith Malina, come si legge sulla copertina del volume curato dallo stesso Quadri e pubblicato da Einaudi nel 1970). Come ha notato Renata Molinari, l’organizzazione dell’archivio era per Quadri un potente strumento di lettura e di interpretazione della realtà, come dimostra il Patalogo, mappa patafisica di quella dimensione fittizia che è lo spettacolo. Con il tempo questo portolano dell’immaginario si sarebbe arricchito di altre chiavi d’accesso: l’indice finale degli spettacoli e delle compagnie, poi quello dei nomi, naturalmente i Premi Ubu, e ancora «Il Metapatalogo», labirinto-indice realizzato da Renata Molinari e Oliviero Ponte di Pino per festeggiare il ventennale della pubblicazione (vedi il Patalogo 20, pp. 255-277).
Alla fine del 1988, quando lasciai la Ubulibri, dell’archivio iniziò a occuparsi Antonio Calbi, che riempì di scaffali metallici e di contenitori gialli e rossi una delle stanze di via Ramazzini 8, quartier generale di Quadri dal 1986. Ogni anno, alla fine della titanica compilazione del Patalogo, i reperti venivano distribuiti nei vari faldoni sotto la relativa voce (teatro, compagnia, gruppo o regista). La prassi venne seguita a lungo (presumibilmente fino al 2001): negli ultimi anni, i materiali sono invece rimasti raggruppati per stagione (ovvero sulla base del relativo numero del Patalogo).
L’editore. Poco dopo il mio ingresso in via Caradosso, quello che era lo studio di un professionista divenne (anche) una casa editrice, la Ubulibri. In continuità con l’effimera rivista, anche alla casa editrice diede il nome dall’eroe di Jarry. Ho iniziato la carriera editoriale «a mia insaputa» in via Caradosso: in quei primi mesi i miei compiti non riguardavano i libri, ma ben presto venni coinvolto anch’io nelle mille attività (non solo redazionali) della Ubulibri. Il Patalogo fu la bandiera e l’autorevole biglietto da vista di un progetto più vasto, forse il più ambizioso e articolato progetto di casa editrice di spettacolo in Italia: ha dato spazio alla saggistica, alle note di regia di Stanislavskij, alle sceneggiature cinematografiche e ai testi drammatici (scoprendo e lanciando decine di autori italiani e stranieri), ai ripescaggi «colti» (come il divertentissimo Il paese di teatro di Jerome K. Jerome), a cataloghi di festival e mostre, a incursioni nella didattica…
Oltre che nel Patalogo, l’attività editoriale di Ubulibri ha documentato il percorso di Luca Ronconi in diverse occasioni. Se ne trova traccia nell’Archivio Quadri-Ubulibri. Il volume dedicato a Il Laboratorio di Prato di Franco Quadri, Luca Ronconi e Gae Aulenti (Ubulibri, 1981) è arricchito da numerose foto in bianco e nero di Marcello Norberth. Inventare l’opera (1986) documenta tre regie liriche scaligere, anche qui con ampio corredo fotografico, questa volta a colori, con le immagini di Lelli & Masotti. Luca Ronconi la ricerca di un metodo. L’opera di un maestro raccontata al Premio Europa per il Teatro (a cura di Franco Quadri in collaborazione con Alessandro Martinez, 1999), pubblicato in occasione del prestigioso riconoscimento, resta ancora oggi una delle più approfondite riflessioni sul lavoro del regista.
Il Dramaturg. Per Ronconi, Quadri è stato insieme spettatore, critico, studioso ed esegeta, organizzatore culturale, consulente, editore, traduttore… Come ha confidato lo stesso Ronconi, «mi piaceva pensare che Franco lavorasse con me un po’ come fa in Germania il Dramaturg. […] Il legame con Franco passava anche attraverso la scelta dei testi: non me ne ha mai proposto uno, ero piuttosto io che rubacchiavo dalla Ubulibri» (da un’intervista in corso di pubblicazione su «Panta»). La riprova: sono diversi i testi pubblicati dalla casa editrice che Ronconi ha allestito, a volte appoggiandosi a traduzioni dello stesso Quadri.
Progetti non realizzati. Nell’Archivio Quadri-Ubulibri, tra le numerose tracce di spettacoli allestiti e di libri pubblicati, si trovano anche abbozzi di progetti non realizzati. Per esempio, un appunto manoscritto di 6 pagine, non datato e non firmato (e non di mano di Quadri o di Ronconi), su una possibile convenzione tra il regista e il Comune di Roma per il Teatro Jovinelli-Apollo; o il materiale per un libro-intervista mai pubblicato.
Compagno di strada. Questi decenni di impegno comune – seguendo le tracce lasciate nell’archivio – raccontano due vite parallele, spesso intrecciate in avventure condivise, a volte più distanti. Da un lato, un artista che ha trovato la sua «casa» sul palcoscenico, nella costante dialettica con gli attori e nella inesauribile capacità di inventare e sorprendere. Dall’altra uno spettatore, forse il suo spettatore ideale, così attento e acuto, che ha trovato la sua «casa» in platea, nei teatri dei velluti e degli ori ma soprattutto in spazi insoliti, non convenzionali, come quelli nei quali si è spinto in diverse occasioni anche Ronconi. L’Archivio Quadri-Ubulibri testimonia un amore totale, divorante, ossessivo, condiviso: quello di entrambi per il teatro. Un amore disinteressato, un demone che ha arricchito le vite di entrambi, con lo stesso spirito militante richiesto ai loro collaboratori.
Un giorno Luca Ronconi affidò il suo pastore maremmano in custodia a Franco Quadri, che lo lasciò nel suo studio in via Caradosso. Era un cane bello, robusto, aggressivo. Lo sentivamo ringhiare e abbaiare, abbaiare e ringhiare. Finalmente la belva riuscì a liberarsi dalla sua reclusione e si avventò lungo la scala. Nei racconti dei «ragazzi Ubu» divenne una creatura mitica, di terribile pericolosità. Eravamo sopravvissuti alla sua ferocia, potevamo ridere anche di quell’episodio.
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