Tra le donne di Cassandra
Appunti di una chorus girl
Raccontare Cassandra attraverso lo sguardo delle donne del coro; la prospettiva mintriga nonostante la fatica, nonostante le ore trascorse insieme alle ragazze del laboratorio, accovacciata sulla scenografia di ferro del Duse – la carne e gli arti dolenti – ad intonare il funebre lamento che accompagna lentrata in scena della profetessa Cassandra. Il testo, che narra di stupri e misfatti, della città di Troia crollata sotto lurto trionfante della società greca patriarcale, è un crescendo luttuoso che da mormorio indistinto si fa litania dai ritmi arcaico-cadenzati. Noi, le troiane schiave dei vincitori, restiamo in attesa di venir deportate e in questattesa diamo corpo e voce ai ricordi straziati di lei, allorrore di vecchi e di nuovi misfatti. Il dramma che insanguinerà la casa degli Atridi è sul punto di compiersi e Cassandra è schiacciata dal peso delloscura e inascoltata veggenza.
Il più affascinante personaggio del mito, già immortalato nellAgamennone eschileo, è ripreso negli anni Settanta dalla rilettura, femminista e politica, di Christa Wolf che la ritrae durante le ultime ore di vita trascorse, come lei stessa dice "a ripercorrere segretamente la storia della mia paura". Ma se il racconto della scrittrice tedesca scivola allindietro lungo la scia di ricordi di uninfanzia felice dominata dalle figure di Priamo, lamatissimo padre compianto, e di Ecuba, la madre dalle "forti braccia virili", Andrea Battistini decide di fermare la sua Cassandra sui passaggi più tragici della guerra di Troia con larrivo in città delle Amazzoni e di temibili uomini dalla ferocia mai vista, capeggiati dalla figura di Achille la bestia che assomma su sé i caratteri odiosi di unassurda violenza maschile, cruenta e gratuita qual è solo la follia della guerra.
Il grido straziante di Oxana Kitchenko, la bellissima Cassandra del Teatro di Castalia, attraversata da fremiti dodio, scossa da brividi di trance, è un misto convulso di dolore e pietà, che risuona a lungo nelle orecchie dello spettatore. Linterpretazione dellattrice russa rifiuta ogni naturalezza intenzionale per accentuare lastrazione e la nudità della scena, il suo incedere è ora a scatti, ora trattenuto, con movenze che ricordano più una ballerina giavanese che non il Bolscioi, il tempio della danza classica da cui Oxana proviene. Cè una stanchezza e una frenesia nei suoi gesti, una sorta di pathos consacrato alla sventura del tempo e allossessione del ricordo. La donna, dagli zigomi alti, dai bruni capelli che le incorniciano il volto, possiede una fisicità elegante e rabbiosa che dapprima si scioglie in abbozzi di danze sciamaniche poi si contrae nei singulti sincopati di dolorosi ricordi. Nellazione scenica raggelata da fendenti di luci azzurrognola, gamme di varianti, i tempi Forte o Improvviso si alternano a pause di sospensione facendo da contrappunto alla tematica della Memoria. E un sommovimento interno quello che sostiene lattrice, la cui voce promana roca da un luogo remoto di denti serrati e rabbia schiumante a complicare una ricezione del testo già di per sé difficile e intermittente. Litaliano sussurrato grave in pause di sospiri che laccento russo reinventa e rende enigmatico, dà il senso di una marginalità idiomatica davvero inquietante: la lingua balbetta in sonorità inaspettate, il senso è costretto a disseminarsi in stato di variazione continua. Le spezzature passano sullaccento originario enfatizzando il testo esploso, litaliano soffiato dal ventre: linflessione slava di Oxana non è impedimento alla comprensione del testo ma è qualcosa di intimamente connesso alla condizione di esule e donna che Cassandra dovette affrontare.
Nel finale Oxana-Cassandra dismette le vesti di fascinosa mistagoga, rinunciando alla possessione sciamanica che linvade per abbandonarsi svuotata ad una dimensione altra, più intima e umana. Il timbro decresce impercettibilmente in ultimi sprazzi di luce, la donna ritrova la propria voce con cui dire il reale, con cui svelare i misfatti di un potere creatore dinganni e di simulacri. Di un potere ottuso e feroce che, per paura e sospetto, disconosce la "terza via" che sta tra il morire e luccidere. Vivere, appunto.
Alessandra_Giuntoni
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