Il fotoracconto della presentazione del libro A teatro nessuno è straniero

Narrare a più voci un’esperienza di partecipazione culturale e di pratiche di cittadinanza attiva nei teatri di Milano

Pubblicato il 13/03/2025 / di / ateatro n. 194 | A teatro nessuno è straniero

con le foto di Mohammad Karimi

Sabato 15 febbraio alle ore 17, il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa ha ospitato la presentazione del libro A teatro nessuno è straniero. La pubblicazione, fa parte della collana Lo spettacolo dal vivo per una cultura dell’innovazione, Franco Angeli Editore, e documenta il progetto promosso dall’Associazione Culturale Ateatro e dalla Scuola di Lingua e Cultura Italiana della Comunità di Sant’Egidio.
Il libro è ora disponibile in libreria, in formato cartaceo e in formato digitale sul sito della casa editrice Franco Angeli. E per i soci dell’associazione Ateatro scrivendo a segreteria@ateatro.org

Quello che segue è il racconto per immagini dell’evento. Ripercorriamo i momenti di questa presentazione (tanto attesa!) con le parole delle protagoniste e dei protagonisti. Le citazioni che trovate a completare il racconto fanno riferimento agli interventi delle persone chiamate a prendere la parola e alle letture di alcuni dei testi collettivi e individuali presenti nel libro. Tutti i testi riportati attraverso questi frammenti sono frutto del laboratorio di discussione, confronto e scrittura sperimentato nel corso del progetto nella stagione 2023/2024 e sono contenuti nella pubblicazione. Un assaggio delle parole, delle riflessioni, delle suggestioni che potete trovare nel libro!

Ultimi preparativi prima dell’inizio della presentazione: Giulia Tollis, Marzia Pontone e Mimma Gallina concordano le ultime modifiche della scaletta. È tutto pronto per cominciare, o quasi…

…in sala le protagoniste e i protagonisti del progetto rivedono i loro interventi e rileggono i testi che presenteranno sul palco. Nella foto Tzvetan Hristov, Marisol Vargas Bravo e Marcia Serralheiro Salvatori.

Il pubblico prende posto in sala. Sulla destra nella foto, lettrici e lettori si concentrano sui testi che verranno letti nel corso dell’incontro e controllano se tra il pubblico ci sono le persone che hanno invitato.
C’è qualcuno che ha anche riservato dei posti per amici e familiari. L’emozione è tanta e palpabile, così come la voglia di raccontare e raccontarsi attraverso il progetto.

Inizia l’incontro: il direttore del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa Claudio Longhi saluta il pubblico e racconta il coinvolgimento del teatro nel progetto. Il Piccolo Teatro è uno degli otto teatri cittadini che hanno ospitato il gruppo di spettatrici e spettatori del gruppo A teatro nessuno è straniero.
Nella foto anche Marzia Pontone e Mimma Gallina.

Claudio Longhi ha curato una delle due prefazioni del libro. Nel suo intervento ricorda come l’accessibilità al teatro e alla cultura in generale siano obiettivo cardine del “Teatro d’arte per tutti” posto da Paolo Grassi e Giorgio Strehler come pietra fondativa del Piccolo Teatro di Milano.

“Qualunque istituzione teatrale che ambisca a definirsi tale, si dovrebbe adoperare per promuovere una cittadinanza teatrale aperta, che possa essere diritto di tutti.”

Il pubblico ascolta con attenzione gli interventi: la prima parte dell’incontro è dedicata a presentare gli enti che hanno ideato il progetto e collaborato per la sua realizzazione: l’Associazione Ateatro e la Scuola di Lingua e Cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio di Milano.

Marzia Pontone, coordinatrice della classe di Cultura e Cittadinanza della Scuola di Lingua e Cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio e autrice del contributo “Cantieri di parole per nuovi percorsi di cittadinanza” racconta al pubblico come il progetto si è inserito nella proposta educativa della classe di Cultura e Cittadinanza.

“Al cuore della riflessione comune, la scelta dei titoli degli spettacoli da vedere e su cui lavorare, in linea con la storica proposta dei percorsi di educazione alla cittadinanza della Comunità di Sant’Egidio: pace e guerra, ricchezza e povertà, ambiente e crisi climatica, salute mentale, periferie e marginalità (in particolare rispetto a persone anziane e di strada), frontiere e migrazioni, violenza di genere e solidarietà sociale.”

Mimma Gallina, fra i promotori del progetto per l’Associazione Ateatro e come insegnante alla Scuola di Sant’Egidio contestualizza l’esperienza, introduce gli obiettivi, il gruppo, la scelta degli spettacoli e la relazione con i teatri, che ricorda e ringrazia per la risposta positiva e proattiva nel sostegno all’iniziativa. Ricorda come non sia frequente pensare alle persone con background migratorio come pubblico, come cittadine e cittadini consapevoli, che partecipano ad attività culturali e vanno a teatro.

“Il progetto ha coinvolto un gruppo di donne e uomini di diversa provenienza – 15 Paesi e 4 continenti, persone che non sono state scelte per il loro livello linguistico, ma che hanno scelto di dedicare tempo e impegno allo studio e alla riflessione sui diritti e sui principali temi del vivere civile”.

Mimma ricorda come il gruppo è cresciuto incontro dopo incontro e come si è allargato (parenti, amiche e amici si sono uniti) fino a diventare una vera e propria comunità teatrale. Un nuovo pubblico con background culturali diversi e molteplici, una novità nei teatri italiani dove una spettatrice o uno spettatore con background migratorio, si sente ancora “un pelo nero in un bicchiere di latte”. Questo è anche il titolo del contributo scritto per il libro da Oliviero Ponte di Pino, presidente di Ateatro, che riporta testimonianze di esperienze di teatro “non solo bianco” nel panorama culturale italiano, un tema a cui Ateatro ha dedicato iniziative e approfondimenti.

Il pubblico sempre più numeroso applaude i primi interventi. In sala non ci sono più posti a sedere e sono molte le persone che seguono la presentazione in piedi: un successo di partecipazione che testimonia l’interesse per l’evento e per i temi relativi alla cittadinanza anche in senso culturale.

Nel merito dell’esperienza raccontata nel libro, ora prendono la parola le persone che hanno reso possibile con la loro presenza il progetto. Mimma resta sul palco per presentarle e collegare i diversi gruppi di intervento.
Marcia Serralheiro Salvatori inquadra il percorso: il gruppo ha visto 9 spettacoli in 9 sale teatrali della città di Milano, ha incontrato artisti e compagnie, ha visitato i teatri della città e ha preso parte a un esperimento guidato di discussione, confronto e scrittura collettiva e individuale.

“Questo metodo di lavoro ha favorito enormemente il senso di importanza della partecipazione di tutti sia a livello collettivo che individuale e nella mia opinione senza dubbio ha rafforzato il legame con la città di Milano e l’Italia, il senso di appartenenza, di effettivamente far parte del tessuto sociale e culturale della città, ci ha fatto capire le possibilità e responsabilità di essere un cittadini attivi.”

Marcia è molto emozionata, ringrazia per questa bella occasione e si augura che ce ne siano molte altre nel prossimo futuro.

Per Tzvetan Hristov l’esperienza di questo progetto è stata un tassello importante, perché́ si integra perfettamente con lo spirito con il quale è stato costruito il percorso di cultura e cittadinanza. Lo racconta al pubblico.

“All’importante significato della parola «progetto» noi abbiamo aggiunto la voglia di stare insieme, di condividere le emozioni e confrontarci durante i laboratori sul significato, i temi e i messaggi che abbiamo ricevuto guardando gli spettacoli. Momenti che ci hanno permesso di esprimere i nostri punti di vista sulle tematiche, punti di vista, che nonostante fossero modellati dalle diverse culture e realtà nelle quali abbiamo vissuto, ci hanno fatto comprendere che quello che ci unisce e ci rende uguali agli altri spettatori è l’amore per l’arte, e la sensibilità ai temi e i massaggi che ogni spettacolo ha trasmesso.”

Nella seconda parte della presentazione, Mimma, lascia la parola a Giulia Tollis, curatrice del libro e coordinatrice del progetto, che sintetizza i contenuti generali della pubblicazione, restituisce l’approccio sperimentale del metodo di lavoro e ricostruisce le tappe di visione degli spettacoli e le azioni del laboratorio collettivo, dando la parola alle protagoniste e ai protagonisti dell’esperienza che la raccontano leggendo dei frammenti di testi collettivi e individuali raccolti nel libro.

Gemini Perera Wickramasinghe Arachchilage legge un estratto del testo di Najma Yawari sull’esperienza dell’andare a teatro. Il brano fa riferimento allo spettacolo Mulinobianco-Back to the green future di Babilonia Teatri, visto al Teatro dell’Elfo.

“Ho preso il mio biglietto e sono entrata nel teatro e nella sala in cui dovevamo vedere lo spettacolo. Mi sono seduta nel mio posto e piano piano la sala si è riempita. C’era tanta gente e la maggioranza erano italiani. Non mi aspettavo che ancora oggi le persone vadano a teatro a vedere gli spettacoli. Gli spettatori erano di diverse fasce di età, da anziani a bambini, da coppie a famiglie. E queste ultime mi hanno colpito di più. Era bello vedere le persone che vengono a vedere uno spettacolo con i propri cari, c’erano i genitori con i figli, i nonni con i nipoti e le coppie giovani.”

Medalit Angeles legge una pillola del commento collettivo allo spettacolo El Nost Milan – Gli Sciuri, un’esperienza di teatro partecipato realizzata dalla Compagnia ATIR al Teatro Carcano.

“Attori e attrici erano persone comuni, come noi, anche straniere. Hanno parlato della città di Milano, dal centro alle periferie. Erano il popolo della vita vera. Hanno dimostrato impegno, fatica, amore per quello che stavano facendo. Hanno saputo parlarci con un linguaggio a noi vicino. Hanno saputo farci immaginare una realtà che non vediamo e non conosciamo. Eravamo quasi insieme, noi e loro in scena.”

Flavia Scafatti e Salah Charkaoui restituiscono l’impressione del gruppo dopo la visita al Teatro alla Scala. Flavia:

“Visitare il Teatro alla Scala per assistere a Simon Boccanegra è stata un’esperienza indimenticabile. Vedere nel pubblico tutte le generazioni insieme, dando un senso di comunione e comunità. L’atmosfera solenne del teatro, unita alla bellezza dell’architettura e all’acustica perfetta, ha contribuito a creare un’esperienza immersiva.”

Salah:

“Abbiamo potuto apprezzare tutto il gigantesco lavoro svolto per realizzare una simile produzione, ancora di più in ragione delle precedenti spiegazioni di Paolo Besana su tutto il lavoro richiesto per tale messa in scena. Abbiamo visto in azione gli sforzi di cantanti, orchestra, coro, costumisti, ecc. riunirsi sul palco e regalarci un viaggio pieno di emozione e colori all’interno della storia. La sensazione è non solo di assistere a uno spettacolo ma di prendere parte a qualcosa di grandioso.”

Sajani Nadieka Manamperi Arachchige approfondisce l’incontro del gruppo con la compagnia berlinese Familie Flöz, in occasione dello spettacolo Dr. Nest. al Teatro Menotti.

“Gli attori ci sono sembrati molto simpatici e disponibili. Dall’incontro con la compagnia abbiamo capito anche che i gesti sono più diretti delle parole, che attraverso le azioni fisiche si può raccontare una storia e che il coinvolgimento del pubblico è maggiore perché questo tipo di teatro fisico non ha confini: parla tutte le lingue e può essere rappresentato ovunque.”

Elvia Vega e Celia Zavala leggono due estratti del testo di Celia dedicato a uno dei personaggi dello spettacolo L’Albergo dei Poveri, visto al Teatro Strehler.
Elvia:

“In quest’opera il personaggio che mi ha maggiormente colpito è Pepel, per il contrasto tra il suo apparente vigore e la sua forza, e per l’incapacità di scrollarsi di dosso quel destino che sembra predeterminato dal suo passato. Pepel cerca il proprio riscatto, provando a scappare da quella miserabile vita con la bella e innocente Natalia. Purtroppo, però il suo destino è segnato, e proprio quando pensa e chiede che lo si guardi in modo diverso le circostanze lo portano a commettere un delitto e così rimane intrappolato nel suo passato, da ladro a omicida.”

Celia:

“Quella di Pepel, è la storia di tanti, che cercano di migliorare la propria vita, ma per vicissitudini varie, per errori o semplicemente per sfortuna si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Così penso agli esclusi di oggi, poveri, carcerati, immigrati, che si portano sempre addosso il marchio di ciò che sei stato o hai fatto. Così penso anche agli amici di strada della comunità di Sant’Egidio, penso a Walter, il dolce Walter che con il suo gentile sorriso poteva essere benissimo Luka il pellegrino della storia. Il suo sorriso era sincero e dava serenità a chi parlava con lui. Per me è stato una specie di ‘pellegrino’.”

Nell’evoluzione del laboratorio di discussione, confronto e scrittura, le battute dei personaggi sono diventate materiali di approfondimento e punto di partenza per le riflessioni condivise e personali.

Nel caso del musical di Billy Eliot, visto al Sistina Chapiteau, il punto di partenza per il laboratorio di discussione e scrittura sono state le canzoni. Nicolas Zullo legge il testo che ha scritto insieme a Markgit Gazulli e Annamaria Quadra per risponde alla canzone Once We Were King che affronta la tematica del lavoro dei minatori implicati nella vicenda.
Nicolas:

“Il tema di questo brano è la forza del lavoro. Per l’Italia il lavoro è una forza fondamentale, al punto che l’articolo 1 della Costituzione Italiana dice che ‘la Repubblica è fondata sul lavoro’. Anche la questione sindacale, a cui si riferisce la canzone, è di assoluta attualità. Questi minatori scendono sottoterra, sotterrando con sé stessi i diritti dei lavorativi e i sindacati. Però c’è l’idea di un rinascimento, di un giorno in cui torneranno a camminare insieme. E questo è il messaggio più forte che abbiamo identificato.”

Danni Hernandes e Hilda Rivera Rodriguez restituiscono al pubblico il racconto sullo spettacolo Naufraghi senza volto, tratto dall’omonimo romanzo del medico legale Cristina Cattaneo e visto al Teatro della Cooperativa.
Danni:

“Le emozioni che abbiamo provato sono state tante e molto diverse nel corso dello spettacolo e sono ancora molto vive oggi che ne parliamo: non riusciamo quasi a guardarci negli occhi per via della commozione che abbiamo provato. È stato doloroso incontrare in questo modo la morte di persone simili a noi che sono partite in cerca di una vita migliore, che sono partite senza sapere a cosa andavano incontro. Se avessero saputo che ad aspettarle c’era la morte, sarebbero partite? Proviamo pena e una profondissima tristezza, proviamo rabbia e vergogna.”

Hilda:

“Uno dei momenti dello spettacolo che ci ha colpito di più è proprio quello in cui venivano mostrati in video gli oggetti personali delle vittime. Piccole cose importanti e uniche come quelle che abbiamo in tasca o in borsa nella nostra vita di ogni giorno: la fotografia di una persona cara, il pezzo di una lettera, un documento, un portafortuna, un rosario, gli auricolari, un telefono cellulare. Tra tutti questi oggetti il più doloroso ci è sembrato un piccolo foglio, piegato in quattro parti, l’attestato di scuola di un ragazzo. In questo documento ritrovato abbiamo visto una promessa di futuro tradita, una vita spezzarsi troppo presto, un figlio, un nipote, un amico che ci ha lasciato troppo presto.”

Liudmyla Volkova e Olha Radibaba restituiscono al pubblico le impressioni del gruppo sullo spettacolo MOTHERS. A song for a wartime, visto al Teatro Studio all’interno del palinsesto del Festival Presente Indicativo Milano Porta d’Europa.
Liudmyla:

“Prima di tutto: immaginiamo un triangolo con le ventuno donne, con una bambina di dieci anni al capo. Per noi è stata una sorpresa vedere una piccola bambina tra tutte quelle donne. Donne coraggiose, extracoraggiose. Tutti i corpi sono rigidi e precisi nei movimenti. Poi, è scoppiata una bomba dalla loro voce. Una forza contro la violenza. Qualsiasi violenza, fisica, morale, psicologica.”

Olha:

“Commentiamo così: la voce di queste donne diventa il meccanismo di difesa contro la guerra, un mezzo di informazione per denunciare la guerra in tutta l’Europa, perché questo gruppo fa il viaggio informativo e teatrale in tutti i paesi dell’Europa, come Spagna, Germania, Francia, Olanda e tutta, tutta l’Europa. La sentiamo come una dichiarazione di coraggio e volontà di abbattere l’apatia e l’indifferenza.”

Queste letture testimoniano come incontro dopo incontro i gruppi hanno affinato il dialogo e la capacità di confrontarsi e di scrivere dei racconti condivisi sull’esperienza vissuta, partendo da punti di vista personali che si traducono in testi scritti a più mani alla prima persona plurale.


Le reazioni del pubblico alle letture e agli interventi della seconda parte lasciano trasparire attenzione, coinvolgimento e molta emozione. Spettatrici e spettatori sono toccati dalle parole lette, dai commenti agli spettacoli che testimoniano di un’esperienza ricca di significato e di senso, “uno spiraglio di luce nel buio del mondo grande e terribile che ci circonda”, per citare uno dei commenti a caldo di una delle persone del pubblico. In sala ci sono molte persone della Comunità della Scuola di Sant’Egidio, esponenti dei teatri e del mondo della cultura, artisti, cittadine e cittadini interessati all’iniziativa.

Nargis Yawari, illustratrice della copertina del libro, racconta la sua esperienza di migrazione dall’Afghanistan all’Italia, la passione per il disegno e il desiderio che, conclusi gli studi, diventi il suo lavoro.

La presentazione continua con l’intervento di Anna Bandettini, giornalista e autrice del contributo “Elaborare un’esperienza culturale per comunicarla”. Anna Bandettini racconta l’incontro con il gruppo: un laboratorio di approfondimento sulla scrittura giornalistica.

“Abbiamo finto di essere una redazione giornalistica, con i redattori e i critici. Abbiamo scelto tra forme ‘giornalistiche’ di comunicazione: la presentazione, la recensione e l’intervista, tre formule interessanti che obbligano a vedere lo spettacolo da un’ottica ben precisa. Da una narrazione più intima ed emotiva dell’esperienza a una scrittura tecnica più strutturata ed elaborata di comunicazione.”

Marisol Vargas Bravo legge la recensione dello spettacolo Una vita che sto qui di Roberta Skerl e con Ivana Monti in scena, un monologo visto al Teatro Franco Parenti.

“Lo spettacolo Una vita che sto qui interpretato da Ivana Monti ci riporta negli anni subito dopo guerra. La storia è ambientata in un quartiere di periferia dove troviamo Adriana, una signora milanese che per la riqualifica del suo quartiere è obbligata a trasferirsi da un’altra parte. Questo avvenimento inaspettato la fa ritornare con la memoria nel passato: l’arrivo in questo quartiere popolare, il suo rapporto con i genitori, la sua adolescenza, i suoi primi amori e la nascita del figlio. Il monologo racconta la forza di una donna per ripartire, per trovare un lavoro e portare avanti la famiglia. Il tragico ricordo del figlio morto. Tutto succede in una sola stanza di un appartamento del Lorenteggio, in un condominio dove si muovono persone con realtà diverse: stranieri e italiani arrivati dal Sud. In questa storia, mai come ora attuale, si trattano grandi problemi sociali come la droga, alcol, immigrazione, integrazione e l’importanza dell’avere la propria casa. Quest’opera sottolinea l’importanza dei ricordi nel connetterci con il nostro passato e nel plasmare il nostro futuro.”

Silvana Fuschino legge:

“La presentazione di Simon Boccanegra, opera di Giuseppe Verdi in scena al Teatro alla Scala dal primo al 24 febbraio alle ore 20. È un melodramma con un prologo e tre atti con una durata di 2 ore e 54 minuti con un intervallo. Il direttore è il giovane Lorenzo Viotti e il regista Daniele Abbado, figlio del famoso direttore d’orchestra Claudio Abbado. I cantanti principali saranno Luca Salsi, baritono nel ruolo di Simon Boccanegra e Ain Anger nel ruolo di Jacopo Fiesco ed Eleonora Buratto e Irina Lungu, soprani, che si alternano nel ruolo di Amelia (Maria). I temi trattati sono il complotto politico, gli scontri di classe, il conflitto tra gli affetti e i doveri istituzionali. La storia è senza tempo e i costumi sono ambientati all’epoca del ‘400. Uno spettacolo da non perdere.”

Lanfranco Li Cauli, fra i promotori del progetto e insegnante alla Scuola di Lingue e Cultura Italiana della Comunità di Sant’Egidio, ma da poco anche direttore generale del Piccolo Teatro e autore del contributo “Riflessioni sul percorso e spunti per un ‘teatro per tutti’ oggi”, conclude con il suo intervento la presentazione.

“La vera aspirazione per tutti noi che abbiamo partecipato a questo percorso è quella di aver creato un nuovo gruppo teatrale di persone amiche che, in autonomia, con la motivazione del proseguire nella scoperta e nel linguaggio dell’emozione teatrale, possa continuare a frequentare il sistema teatrale milanese, diventandone un piccolo ma attivo polo attrattore di altri spettatori nuovi o più formati.”

Alla fine del suo intervento legge ancora alcuni passaggi scritti dalle protagoniste e dai protagonisti:

“Abbiamo scoperto che Milano è la città del Teatro.
Il nostro gruppo ha partecipato con consapevolezza e non come semplice fruitore.
Metodo libero, guidato e partecipato.
Una bella lezione di vita.”

Gli applausi calorosi del pubblico in sala e i sorrisi delle protagoniste e dei protagonisti chiudono la prima presentazione ufficiale del libro. In attesa di una tournée nazionale nei teatri di tutta Italia!

Foto di gruppo a ricordo della giornata con Virginia Invernizzi, insegnante della classe di Cultura e Cittadinanza e Anna Passatore del team di lavoro del progetto. Nella foto vediamo anche Diana De Marchi, Presidente delle Commissioni Pari Opportunità e Diritti Civili del Comune di Milano, Renato Sarti, direttore artistico del Teatro della Cooperativa, Stefano Pasta della Comunità di Sant’Egidio, Giorgio Del Zanna, direttore della Scuola, e Michele Dell’Utri, attore e formatore del Piccolo Teatro di Milano, che ha curato con il gruppo un laboratorio di lettura.

Aspettavamo questo momento e questo evento da mesi e finalmente il libro adesso è nelle nostre mani!
Nella foto Gemini Perera Wickramasinghe Arachchilage, lo sfoglia e sorride.
La pubblicazione offre riflessioni di metodo e indicazioni pratiche per costruire altri percorsi di partecipazione culturale e cittadinanza attiva da parte di un pubblico finalmente “non solo bianco”.

Le foto di questo reportage sono del fotografo Mohammad Karimi, che ringraziamo per aver immortalato i momenti più significativi di questa prima presentazione, in attesa di tanti altri appuntamenti in altre città, teatri, festival d’Italia dove a teatro nessuno è straniero!




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