BP2024 | Criticità e prospettive del circo contemporaneo in Friuli-Venezia Giulia
Circo all'inCirca (Udine)
Guardo con un certo orgoglio la recente pubblicazione dell’avviso regionale per la produzione e la distribuzione di spettacoli dal vivo, perché in quel testo è comparsa la parola “circo”. Penso che il nostro radicamento sul territorio e il lavoro svolto negli ultimi quindici anni abbia contribuito a questo piccolo riconoscimento. Lungi da me la presunzione di affermare che sia solo merito nostro: a livello italiano il DM del 2014 relativo allo spettacolo dal vivo ha permesso che il circo contemporaneo fosse contemplato all’interno del settore circo e spettacolo viaggiante laddove il legislatore italiano precedentemente aveva fatto molta fatica a riconoscere il circo che non fosse identificato da un tendone, una carovana e degli animali. Il prossimo passaggio probabilmente riguarda il riconoscimento di questa disciplina artistica in contesti non circensi. Ho notato in questi anni una certa lentezza nel recepire il circo contemporaneo come forma di spettacolo dal vivo a se stante, diversa dal teatro e dalla danza, con una sua differente poetica. Il circo contemporaneo oggi è in grado di rivendicare una convinta autonomia artistica. Un’autonomia ben visibile in altri paesi europei in cui l’intero comparto dello spettacolo dal vivo è meglio strutturato perché più organicamente inserito tra le proposte culturali nazionali. Per diverse ragioni in Italia gli ecosistemi del teatro faticano a recepire il circo d’autore. È abbastanza facile trovare in cartellone uno spettacolo di circo, ma questo viene solitamente identificato dalla direzione artistica come uno spettacolo commerciale, per così dire, uno evento speciale per una domenica in famiglia che possa riempire le platee dei grandi teatri. Il circo contemporaneo è dunque ancora molto confuso con lo spettacolo di strada, fenomeno ben lontano dalla ricerca artistica; alle volte viene inserito nelle programmazioni con il titolo degli anni ’90 “circo teatro” o, nel peggiore dei casi, venduto come spettacolo di danza per non allarmare il pubblico abbonato (oltre che per ragioni di rendiconti ministeriali). È una sorta di reticenza, come se dire la parla circo urtasse certe sensibilità portando con se il retaggio volgare dell’avanspettacolo: “noi non facciamo quelle cose facili lì, noi facciamo cultura”. Dunque, la situazione che osservo oggi è che seppure il legislatore sia stato lungimirante nel offrire al settore un’occasione di crescita professionale e artistica, questo non basti: ora noi operatori che lavoriamo in questo “nuovo mondo” dobbiamo rimboccarci le maniche perché il circo contemporaneo abbia un proprio ruolo decisivo nella costruzione delle proposte culturali che popolano i cartelloni e il nostro tempo libero.
Altra considerazione a margine di questo ragionamento riguarda la carenza di infrastrutture in grado di accogliere questo genere di spettacolo. Spesso non si tratta di reali limiti infrastrutturali, ma di uno scarso desiderio di comprendere questo mondo. Il circo necessita di infrastrutture importanti, che possono essere montate anche dentro un teatro classico, ma che per la propria realizzazione hanno costi di mercato del tutto diversi dallo spettacolo teatrale. Basandomi su tutto questo dico che esiste una criticità riguardante la possibilità di ampliare, sviluppare e consolidare quel progetto di emancipazione del circo da cui proveniamo e che qui in Friuli Venezia Giulia fin ora si è potuto compiere.
Sottolineati i problemi è doveroso anche affermare l’altra faccia della medaglia: il circo contemporaneo è un fenomeno in crescita, credibile e sempre più in grado di dialogare con il mondo delle istituzioni; anche se mi sembra che la sua prospettiva sia quella di rimanere di nicchia, per così dire. Mi riferisco ad una generale impossibilità di mentire, di nietzshana memoria (per i più colti): un attore non professionista può improvvisarsi tale, fare il mestierante, un acrobata che si finga tale… semplicemente non sarà più. Il rischio e la fragilità che danno forma all’espressione circense sono cifre essenziali che rendono questa disciplina così lontana dalle altre arti performative, difficile da interpretare e apparentemente limitante, che per abbracciarla si devono abbandonare molte, forse troppe sicurezze perché divenga un fenomeno di massa.
Probabilmente questa è una risorsa, ma è contemporaneamente la terza criticità che mi sento di esporre e che è legata a quanto detto finora: la carenza di figure professionali. Un esempio tra tutti: se già mancano tecnici teatrali in generale, i tecnici circensi italiani sono quasi inesistenti, perché necessitano di competenze diverse, spesso anche molto pericolose; sono insomma figure professionali altamente specializzate.
È anche per questo che Circo all’inCirca, oltre alle proprie attività istituzionali, ha sviluppato e continua a sviluppare corsi di formazione e di avvicinamento alle figure professionali che riguardano il circo contemporaneo. A questo punto emerge un’ultima criticità prima di passare alle prospettive sul futuro: il nostro territorio, per quanto sia tra i più produttivi d’Italia, rimane molto rarefatto. Dunque rimanendo nell’esempio del tecnico circense, per lui sarà necessario ibridarsi ed essere contemporaneamente anche molti altri ruoli per poter sbarcare il lunario. Questo incide in modo negativo sulla sua competenza specifica, che invece è determinante in certi ruoli legati al circo.
Ora un flash back. È il 2013 e l’associazione Brocante organizza una call per compagnie di circo contemporaneo presenti sul territorio FVG. La cosa è abbastanza stupefacente, noi di Circo all’inCirca pensavamo di essere gli unici! Probabilmente era proprio così visto che fummo gli unici a vincere la call. In palio una residenza con l’allora noto direttore della scuola FLIC di Torino Roberto Magro. È stato un salto che ha stravolto gran parte delle nostre convinzioni artistiche, ma questo passaggio decisamente importante per Circo all’inCirca da un punto di vista artistico è anche molto importante per le ricadute che è riuscito a creare sul territorio friulano. Attribuisco a questo momento preciso la nascita di quello che oggi vediamo fiorire in FVG attorno al circo contemporaneo: dopo uno o due anni da quel primo incontro Roberto mi confidò “il Friuli sarà l’alternativa verace, concreta ed entusiasmante al Piemonte” (allora e ancora oggi la regione del circo contemporaneo in Italia). “Che megalomane!” Pensai. Oggi, dopo quasi dieci anni, devo ammettere che la sua era un’intuizione non del tutto così priva di senso: nella nostra regione sono fioriti importanti progetti che a vario titolo si occupano di circo contemporaneo. Come è successo? Non certamente per i poteri metafisici -che per altro sicuramente possiede- di Roberto Magro. Certo non si può nascondere ciò che gran parte dell’Italia ci invidia, cioè una Regione Autonoma FVG che crede nella cultura e investe risorse sulle proposte culturali “costringendoci” ad affermare orgogliosamente “io sono Friuli Venezia Giulia”. Ciononostante questo non basta per la fioritura cui stiamo assistendo: penso che la fortuna del nostro settore sia la capacità di creare comunità. Un concetto bistrattato e calpestato nell’epoca delle “community virtuali”: qui non si tratta però di una comunità fittizia, il circo significa spesso grande fatica condivisa, ore sotto il sole per montare strutture ingombranti, allenamenti massacranti per tenere il corpo in forma, adatto alla performance circense. La comunità di artisti e organizzazioni circensi di questa regione condivide proprio questo tipo di esperienza e su questa consapevolezza basa gran parte dei propri progetti, grandi o piccoli che siano. Secondo me questa è un’importantissima risorsa di senso. La potenza della nostra regione è la nostra capacità di fare rete, di condividere e di difendere reciprocamente il nostro lavoro.
Studiando qua e la ho imparato che il senso della comunità è il “munus”, quella specie di diritto/dovere più forte di ogni individualismo possibile. Al centro del nostro lavoro c’è il munus del circo contemporaneo come forma di vita ancor prima che forma d’espressione, una forma di vita che spesso non coincide con i criteri della normalità che ci è stata insegnata. Al centro c’è il rischio, la fatica, il coinvolgimento personale, la fragilità che tutti noi operatori custodiamo quando ne parliamo. Secondo me è questo che lo rende ancora oggi così affascinante per il pubblico, il quale se volesse semplicemente vedere delle acrobazie potrebbe tranquillamente stare seduto sui propri divani con lo smartphone. Penso che le attuali istituzioni che si occupano di circo in FVG abbiano imparato tutto questo soprattutto grazie agli incontri di circo in Val Colvera dove ci conoscemmo un decennio fa, in quel 2013. La potenza del nostro settore in FVG è che tutti in un modo o nell’altro abbiamo lavorato insieme sia artisticamente che spostando panche e piantando picchetti ed è così che continueremo a costruire il futuro.
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