TourFest2024 | Inclusione, rappresentanza, coesistenza per guardare la realtà con altri sguardi

Santarcangelo Festival

Pubblicato il 10/08/2024 / di and / ateatro n. 197 | TourFest 2024

Uno sguardo sul festival
di Francesca Faelutti

Le balene cantano per sopravvivere, per accoppiarsi, per viaggiare […]. 52 Blue è un esemplare unico: emette suoni alla frequenza di 52 hertz, un tono così alto che nessun’altra balena può sopportare la sua compagnia.

Così piazza Ganganelli si trasforma in una canzone chitarra e voce prima, in una danza poi, fino a un oceano costellato di balene. Stili performativi diversi con naturalezza sfociano l’uno nell’altro, dalla triste canzone, inascoltata come quella della balena, al movimento circolare, ripetitivo, essenziale ma limpido. L’artista crea l’oceano, nuota insieme alle balene, dà loro vita con il suo respiro.
Così piazza Ganganelli, centro di Santarcangelo e dell’omonimo festival, si anima, tra appassionato pubblico, curiosi e curiose passanti. 52blue di Francisco Thiago Cavalcanti è uno degli eventi di questa 54esima edizione (dal 5 al 14 luglio 2024), tra i festival di arti performative più longevi in Italia.
30 compagnie, oltre 170 proposte tra danza e teatro contemporaneo ma anche talk, workshop, warm up e dj set trasformano la località romagnola in una città-festival. Dal 2022 la direzione artistica è affidata al curatore polacco Tomasz Kireńczuk che sottolinea come questa edizione, dal claim while we are here, voglia essere “un luogo di incontro e di scambio” per guardare diversamente la realtà che ci circonda, i corpi e gli spazi che sono, o non sono, intorno a noi.

Drone, skyline

Non poteva esserci titolo più adatto, quando si arriva here al Santarcangelo Festival si ha subito la percezione di essere immersi in uno spazio altro: il pubblico abituale di Santarcangelo ne è ben a conoscenza, il pubblico neofita vi si immerge immediatamente. E non è un caso che l’atmosfera sia questa: le proposte artistiche, dagli spettacoli al talk, hanno tra gli obiettivi la riflessione su tematiche di inclusione, rappresentanza, coesistenza.
Oltre che dalle scelte artistiche, l’attenzione a tematiche attuali passa anche dalle azioni concrete messe in campo, come quelle rivolte alla sostenibilità.
Dal 2012 è attivo Presente Sostenibile, un progetto che si impegna a minimizzare l’impronta ecologica della manifestazione. La Guida per festivalierə ecoresponsabili comunica in modo chiaro le iniziative: dalla raccolta differenziata presso i punti di ristoro, ai punti di distribuzione gratuita dell’acqua, fino a progetti più ampi come le riciclette, bici recuperate utilizzate da staff, artisti e artiste.
Attenzione alla sostenibilità ambientale è anche proporre, nel ristorante allestito St’Orto, frutta e verdura di stagione, locali, e materie prime selezionate del territorio. Il menù comprende piatti vegetariani e vegani ed è assente carne bovina, la più impattante a livello di emissioni. Il punto bar Ri-sorso serve cocktail di recupero utilizzando parti solitamente scartate di frutta e verdura, idea creativa e originale per rinfrescare le calde, e lunghe, serate festivaliere.
while we are here, il filo conduttore della 54esima edizione, è anche quello che collega le Perle sparse – Perles fanné par tous di Vashish Soobah. Una mappa geografica e multimediale, sul viaggio dal proprio paese d’origine, Mauritius, all’Europa e viceversa. La storia della famiglia di Soobah viene narrata attraverso la riprese, girate a Mauritius dall’artista stesso, proiettate sullo sfondo, canti e musica séga, simbolo della diaspora, e il gesto che l’artista compie di tessere una mappa che è la rappresentazione della sua identità così come degli spostamenti dei suoi genitori da e verso il paese d’origine.

Vashish Soobah

Altra testimonianza del passato coloniale, in questo caso dei Caraibi, è Rectum Crocodile di Marvin M’toumo, un racconto in cui animali, piante e esseri umani si susseguono narrando la loro storia e le violenze subite durante il colonialismo tra discriminazioni, schiavitù, stupri e mascolinità bianca. Uno spettacolo intenso in cui i e le performer muovono e disarticolano i loro corpi tra dichiarazioni, accuse.

Marvin M’toumo (© Albane Durand-Viel, Sarah Marachly)

Anche per Valentina Medda gli elementi naturali sono centrali: 12 donne, di spalle al pubblico, punteggiano il suggestivo paesaggio del fiume Marecchia (dieci minuti di auto da Santarcangelo), completamente in secca, con movimenti coreografici ripetitivi e ipnotici. Gesti semplici e astratti, accompagnati da un linguaggio preverbale, connettono le lamentatrici all’ambiente, in un crescendo che si trasforma in litanie che affascinano il pubblico di The last lamentation.
Di tutt’altro tema la performance di Sandra Calderan e Rébecca Chaillon. La gouineraie affronta con umorismo e orgoglio il lesbismo tra aneddoti personali, decostruzione della famiglia patriarcale e rottura costante della quarta parete; uno spettacolo potente, nella sua semplicità, che riesce a veicolare la profondità dei messaggi trattati grazie alla comunicazione diretta delle due protagoniste che trascinano con loro la folta platea del C’entro Supercinema.

Calderan-Chaillon (©marikel_lahana)

Anche Agata Siniarska in null&void analizza il tema della guerra e delle interconnessioni che essa genera. L’artista si immedesima nella terra, nel paesaggio, in tutto ciò che non è umano ma non per questo non subisce i violenti effetti dei conflitti. La sofferenza del pianeta si percepisce dalle urla soffocanti, dai movimenti convulsi, dagli elementi scenici che finiscono per asfissiare la performer e la Terra stessa.

Agata Siniarska, null&void (©Dajana Lothert)

Il clima è elettrizzante all’interno del tendone da circo di Imbosco. L’attesa è di nuovo per Rébecca Chaillon che, per festeggiare la fine del festival, decide di diventare lei stessa The Cake. La performer si trasforma in una sorta di torta edibile, ingerendo gli ingredienti uno a uno fino a essere letteralmente assaggiata dal pubblico, che “mangia” la performer-torta leccandola e mordendola.

Rebecca Chaillon

Il brindisi finale apre all’ultimo evento di Santarcangelo Festival: in pochi minuti il tendone diventa una discoteca e dj animano la serata, come è stato per tutte le sere precedenti, con dj set sempre differenti. Ma questa sera è diversa, è l’ultima. Sotto il tendone non si trova solo il pubblico ma anche operatori, operatrici, tecnici e tantissimi artisti e artiste.

Perché Santarcangelo Festival è proprio questo: una festa collettiva, uno spazio aperto per tutti e tutte, un luogo di riflessione, apertura, inclusività dove ci si può esprimere senza giudizio ed essere semplicemente sé stessi.

Nel cuore del festival
di Alice Squitieri

“Durante i giorni del festival, questo borgo, piccolo e borghese, si trasforma in un luogo altro, capace di aprirsi all’intero mondo”: con queste parole il direttore artistico del festival, Tomasz Kireńczuk, presenta a noi stagistə, a pochi giorni dal nostro arrivo, l’ambiente in cui ci siamo immersə, alcunə per casualità, alcunə per curiosità, altri con profonda consapevolezza. Quello che ancora non avevamo inteso è che non solo Santarcangelo nei giorni di festival si apre al mondo, ma che in quei giorni, per noi, si sarebbe trasformato nel mondo stesso.
Il mio viaggio inizia il 10 giugno, con una valigia gigante, un treno in ritardo e soprattutto molta ansia per quello che mi aspetta: contribuire alla costruzione di uno dei principali festival di teatro danza in Italia, che sarebbe iniziato dopo un mese circa.
Ero del tutto sola, in un ambiente diverso rispetto a ciò che conoscevo, ma ho trovato, una volta arrivata, una famiglia in cui c’è spazio e soprattutto rispetto per tuttə, un gruppo unito con un grande obiettivo comune, dedito alla realizzazione di un qualcosa che per quel mese e mezzo si trasforma nell’unico pensiero possibile e ammissibile. Tutto è destinato a scomparire quando ci si immerge con così tanta passione dentro la realizzazione di un festival, e questo è esattamente quello che accade in questa realtà, in cui artistə, operatorə e staff convivono per far funzionare al meglio il frutto del lavoro di un intero anno.

Francisco Thiago Cavalcanti (ph. Jamille Queiroz)

Durante la mia permanenza a Santarcangelo ho lavorato presso l’Ufficio Segreteria Organizzativa, a stretto contatto con l’Ufficio Produzione, contribuendo quindi alla realizzazione concreta degli spettacoli, scoprendo e conoscendo direttamente compagnie e nuove realtà. Ho contribuito alla produzione dei workshop, battezzati ormai a tradizione del festival, e dei warm up, esibizioni artistiche aperte al coinvolgimento di tuttə e volute fortemente quest’anno per la prima volta da una direzione artistica che guarda con attenzione alla comunità che ospita il festival. Quest’esperienza mi ha permesso di entrare a stretto contatto con artistə come Catol Teixeira, Agnietė Lisičkinaitė, Francisco Thiago Cavalcanti, Arianna Ulian e Sara Sguotti, personalità diverse tra loro per inclinazioni artistiche ma accomunate dal forte interesse per la condivisione della loro arte al pubblico. L’estremo entusiasmo e la viva partecipazione di bambini, uomini, donne e anziani Santarcangiolesi e non, ha arricchito le esibizioni degli artistə, colorandole di sfumature inedite e spesso facendo emergere emozioni altrimenti soppresse. La potenza dell’arte e della danza è stata la protagonista indiscussa di queste iniziative aperte al pubblico e situate in luoghi centrali e vivi del paese, come la piazza, rendendo i warm up e i workshop straordinariamente coinvolgenti anche per coloro che sono totalmente esternə al settore teatrale.
Santarcangelo Festival è una grande squadra, in cui tuttə sono a stretto contatto con tuttə, per realizzare qualcosa di spettacolare. La vera forza del gruppo è saper accogliere le particolarità e le sfumature di ciascunə per rendere ancora più unico il festival, che si colora grazie alle persone che lo creano e lo amano.




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