Una utilissima inutilità che cambia il volto della città e dei quartieri

Il convegno Il valore sociale e culturale dell’arte di strada commentato con Giuseppe Boron

Pubblicato il 15/06/2024 / di / ateatro n. 198

Il 7 maggio 2024 al Teatro Carcano di Milano si è discusso del Valore sociale e culturale dell’arte di strada. L’iniziativa, promossa da FNAS (Federazione Nazionale Artisti di Strada), ha sviluppato una riflessione articolata sul contributo degli artisti performativi alla rigenerazione urbana e alla trasformazione delle città, esplorando il ruolo degli amministratori, i regolamenti, le esperienze del passato, le prospettive future e la potente funzione formativa dell’arte di strada.
Hanno partecipato artisti, funzionari e amministratori delle Istituzioni milanesi e della città di Torino, urbanisti e spettatori. L’incontro è stato particolarmente partecipato e FNAS pensa di renderlo un appuntamento fisso, inserendo ogni anno temi e approfondimenti sempre diversi su arte e spettacolo di strada a vari livelli: locale, nazionale e internazionale.

La funzione trasformativa dell’arte nello spazio pubblico

Commentiamo i principali temi affrontati nell’inconro con Giuseppe Boron, presidente di FNAS, musicista, che fa arte di strada da quarant’anni.
Punto di partenza dell’incontro è la percezione del concetto e della funzione di Arte di Strada, secondo FNAS:

qualsiasi forma d’arte che utilizzi spazi pubblici o aperti al pubblico e che sia caratterizzata da indipendenza, estemporaneità, assenza di ogni forma di contrattualizzazione e/o retribuzione e che accetti come unica eventuale forma di contributo quella spontanea e liberale del pubblico.

Ph. Marco Flores (foto in mostra in occasione del convegno)

Un concetto non sempre condiviso dalle città e dagli abitanti che vedono l’artista quasi come

un mendicante, un corpo estraneo, denunciato, irriso, disturbato, addirittura cacciato. Questo perché non si ha una precisa cognizione del ruolo sociale e culturale dell’artista che si esibisce nello spazio comune e pubblico.

Eppure la strada è unica:

affrontarla e vincerne tutte le sfide è un momento formativo per i giovani artisti e gli studenti delle scuole d’arte. L’arte di strada può anche rappresentare un importante momento di formazione per il pubblico; il primo passo verso l’intercettazione di nuovi pubblici sta alla base dei processi di Audience engagement e development, tanto cari allo sviluppo del sistema culturale contemporaneo. Il pubblico incontra nello spazio pubblico musica, teatro, clownerie, magia, pittura, danza, circo e ne può rimanere colpito, affascinato, rapito e cominciare da qui un proprio percorso di conoscenza. Terzo importante aspetto è quello di come i luoghi delle città cambino forma proprio attraverso l’Arte di Strada che agisce anche da collante sociale. Quanto questo sia fondamentale per la vita dei quartieri lo dimostrano centinaia di incontri che gli artisti e le artiste hanno quotidianamente sul territorio, nei mercati, nei centri commerciali, nei luoghi di incontro e aggregazione sociale. Tutto questo può avvenire solo attraverso rapporti etici fra artisti e cittadini, di reciproco rispetto che non può essere legato solo al rispetto dei regolamenti comunali. L’incontro è organizzato anche per sottolineare la necessità di un’etica dell’artista e una coscienza del cittadino.
(dal comunicato stampa di lancio dell’incontro)

Ph. Marco Flores (foto in mostra in occasione del convegno)

Il Codice Etico dell’artista di strada

Giuseppe Boron ci tranquillizza rispetto agli episodi di intolleranza, che non sono in realtà frequenti, ma sottolinea l’importanza del codice etico dell’artista di strada. Pubblicato sul sito di FNAS, è frutto di anni di esperienza di diversi artisti.
Nello specifico l’artista:

1. Si esibisce ed esibisce la sua arte con rispetto.
2. Si pone cordialmente nei confronti, degli abitanti e degli esercenti della città ospitante senza limitare la libertà altrui con volumi eccessivi o ostruire passaggi.
3. Non sporca e non danneggia l’ambiente in cui opera.
4. Non questua, non compromette o turba la quiete pubblica e rispetta le leggi e i regolamenti in materia di arte di strada delle città ospitanti riservandosi il diritto alla protesta nelle sedi appropriate di fronte a regolamenti ingiusti e/o vessatori.
5. Aiuta le forze dell’ordine nella comprensione dei regolamenti e delle leggi portandone sempre con sé una copia.
6. Si pone sempre in maniera rispettosa e cordiale nei confronti di altri artisti incontrati nelle strade, aiutandoli e consigliandoli, se serve, nella comprensione dei regolamenti e degli usi, rispettando le distanze ed i tempi delle esibizioni e facilitando l’avvicendamento e rotazione sulle stesse aree.
7. E’ cosciente che la responsabilità di ciò che fa è individuale, ma che un suo comportamento scorretto, soprattutto se protratto nel tempo, può danneggiare tutti
(dal sito della FNAS)

IL LINK
Il Codice Etico della FNAS.

Secondo Boron,

Trasmettere questa visione ai giovani dovrebbe essere parte della politica culturale delle amministrazioni e i mezzi per farlo oggi più che mai sono i media. Il Comune di Torino ha scelto di adottare il Codice Etico, mentre a Milano si è scelto di esternalizzare la gestione della piattaforma per la prenotazione degli spazi, che a nostro parere andrebbe completamente rivoluzionata.
Molte cose si potrebbero fare. Rendere la piattaforma un servizio pubblico, per esempio, ovvero inserire informazioni e tutorial su cosa e come fare per praticare l’arte di strada a Milano. Portare esempi positivi. Renderla più interattiva con una parte legata a domande e risposte e segnalazioni, ma dubito che si possa fare nulla perché è uno strumento commerciale, in mano a un’azienda privata che lo utilizza solo ed esclusivamente per i propri scopi commerciali.

IL LINK
La piattaforma theopenstage.

La critica alla piattaforma è uno dei temi ricorrenti, anche se uno degli obiettivi è coinvolgere e sensibilizzare il Comune di Milano.

Le modalità e le possibili facilitazioni nell’utilizzo artistico dello spazio pubblico

L’incontro è articolato in due tavole rotonde.
La prima, condotta con competenza e sensibilità dalla Vicepresidente del Municipio 1 di Milano, Alessia Del Corona Borgia, ha affrontato le modalità e le possibili facilitazioni nell’utilizzo artistico dello spazio pubblico, a partire dall’esperienza e dalle pratiche in atto a Torino (la città più avanzata in questo ambito). La funzione di trasformazione delle persone coinvolte è stata sottolineata dagli operatori mentre l’urbanista Claudio Calvaresi ha descritto come l’arte di strada possa rendere collettivo lo spazio pubblico.

La prima tavola rotonda: Le modalità e le possibili facilitazioni nell’utilizzo artistico dello spazio pubblico

Nel suo intervento “Pubblica amministrazione e facilitazione all’utilizzo artistico dello spazio pubblico, Marco Ciari (Servizio Giovani e Pari Opportunità della Città di Torino) spiega che per fare arte di strada nel capoluogo piemontese non serve nessun permesso. Le procedure fanno infatti riferimento al Codice Etico di FNAS, considerato un supporto per l’amministrazione, molto preciso e rispettoso del pubblico oltre che dei diritti degli artisti. Nell’ottica della semplificazione, alcuni aspetti si risolvono attraverso l’autocertificazione, mentre per risolvere i problemi più complessi si punta al dialogo con le organizzazioni formali e informali degli artisti e del territorio, promuovendo momenti di confronto.
Dal punto di vista urbanistico, Claudio Calvaresi ha sottolineato come lo spazio pubblico venga sistematicamente “privatizzato” (per esempio con le automobili che occupano i marciapiedi) e come la sua natura collettiva vada conquistata. In questo l’arte di strada gioca un ruolo particolare: l’artista costruisce uno “spazio domestico”, è come se fossimo convocati a casa sua. Ma lo spazio domestico diventa “collettivo”: c’è interazione fra il lavoro dell’artista e i messaggi che si scambia con chi partecipa, i commenti, gli applausi… Si crea “convivio”. Si costruisce una comunità di “iperdiversi”, convocati dall’artista in forma del tutto occasionale, estemporanea. L’arte di strada ha natura imprevista: passando in uno spazio, si trova una cosa inattesa, un’anomalia, si apprende attraverso la sorpresa.
Le testimonianze di due artisti di strada come Daniele Romano di Collettivo Clown e Dario Buccino, musicista, mettono l’accento sulla funzione formativa per gli artisti e educativa rispetto al pubblico dell’arte di strada e sulla scelta dei luoghi: l’arte di strada può essere un presidio di sicurezza, un presidio sociale che può contribuire a far cambiare il punto di vista rispetto a uno spazio, a una zona della città, soprattutto nei quartieri periferici.
Alcuni temi tecnici, fondamentali per la convivenza artisti-territorio, tornano nel corso dell’incontro: in particolare quello dell’amplificazione e delle necessarie limitazioni in proposito, che devono tener conto delle situazioni specifiche. Nel centro di Milano, per esempio, le limitazioni riguardano gli orari diurni per evitare di recare disturbo agli uffici. Si esclude il collegamento con la rete elettrica (che implicherebbe licenze di spettacolo), nessun problema invece per le amplificazioni su trolley a pile, limitatamente ai decibel autorizzati.

Ph. Marco Flores (foto in mostra in occasione del convegno)

Il ruolo dell’artista e dell’arte di strada oggi

La seconda tavola rotonda, condotta da Eleonora Ariolfo (Direttrice FNAS). approfondisce il Ruolo dell’artista e dell’arte di strada oggi. Anche su questi aspetti si alternano diversi artisti: lo stesso Boron, Valerio Sacca (attore e burattinaio della Compagnia Burattini Aldrighi), Rita Pelusio (attrice e regista), Veruska Mandelli (musicista e assessora alla Cultura Municipio 8 di Milano). Non manca la voce di un urbanista, Michele Cerruti (Fondazione Pistoletto di Biella). Mentre non è presente il rappresentante dell’Assessorato allo Sport, Turismo e Politiche Giovanili del Comune di Milano, assai atteso perché a Milano relazioni e regolamentazione delle arti di strada non sono di competenza della Cultura, come sottolinea Mandelli.

La seconda tavola rotonda: Il ruolo dell’artista e dell’arte di strada oggi

Giuseppe Boron sottolinea il cambiamento del contesto in cui operano oggi gli artisti di strada: se una volta ci si spartiva la piazza tranquillamente, oggi i collegamenti web hanno aperto al mondo (a Milano per Natale si sono registrati decine di migliaia di collegamenti alla piattaforma). E’ giusto che sia così, ma da parte della politica e della gente la percezione rischia di non essere corretta. L’arte di strada attiene ai diritti civili. Sapere cosa si può e non si può fare quando si occupa uno spazio pubblico è un problema etico, non commerciale. L’arte nello spazio pubblico è fatta anche da tanti professionisti, ma non è lavoro: diverso è operare in strada e presso festival, per eventi site specific, e per queste attività sono necessari regolari contratti. E’ necessario un riconoscimento per l’arte di strada in quanto interdisciplinare, e sono necessari finanziamenti ad hoc.

Arte di strada o spettacolo in strada

Appare dunque necessario promuovere e valorizzare la dimensione di libera espressione dell’arte di strada. Ma l’esercizio di questo diritto non rischia molto concretamente di scontrarsi con discriminanti di professionismo-non professionismo, con la necessità di una selezione a fronte del sovraffollamento degli spazi? E il “cappello” resta una pratica identitaria? Chiediamo a Boron di approfondire questo punto, che ha posto come una questione di principio:

L’arte di strada attiene ai diritti dei cittadini. Qualsiasi cittadino abbia qualcosa da esprimere artisticamente può farlo utilizzando lo spazio pubblico basta che lo faccia rispettando il regolamento comunale. Quindi quando si fa arte di strada non esistono professionisti e non professionisti.
Le ragioni per cui la si pratica possono essere molteplici e anche molto lontane dal “cappello”. Quando invece subentrano organizzatori, programmi, festival, iniziative, eventi, allora si entra nel campo del lavoro e bisogna rispettarne – anche qui – le regole: contratti, rispetto dei lavoratori, occupazione di suolo pubblico, diritti d’autore. L’arte di strada è una cosa, lo spettacolo di strada un’altra. Noi chiediamo un riconoscimento di specificità a livello professionale per le Outdoor Arts.

Però la distinzione non è così chiara, come si evince anche dai casi esposti e dalla discussione.
Il caso di cui parla Michele Cerruti, urbanista della Fondazione Pistoletto di Biella riguarda Torino, l’individuazione di “spazi non accomodanti” dove progettare interventi di arti performative. Gli spazi coinvolti erano i controviali e i progetti hanno generato un dibattito approfondito sugli interventi nello spazio pubblico. E’ stata una grande opportunità politica. Si è parlato di come regolamentare e sostenere queste pratiche, se tutti hanno diritto di partecipare alla cultura e anche di produrla. Un livello più avanzato prevede il riconoscimento degli artisti come shareholders, ovvero come soggetti che devono occuparsi della città. Gli artisti sono stati coinvolti sulla questione centro-periferia, su immaginazione e consapevolezza dello spazio. Luoghi complessi come i controviali sono stati visti in maniera diversa, che può produrre cambiamenti. Gli artisti dovrebbero affrontare le questioni urbane, essere coinvolti.
Ma per alcune discipline la pratica dell’arte di strada è particolarmente complessa, richiede proposte e scelte che ne valorizzino la specificità. Le ricorda Valerio Sacca, burattinaio di tradizione: fare i burattini di strada è possibile, ma le zone di passaggio sono le meno indicate, è necessario alzare il volume per farsi notare. Si rappresenta un “mondo antico”, i suoi dialetti. La drammaturgia è importante e c’è il problema della durata, di come coinvolgere nuovo pubblico, di come rinnovare il repertorio. I luoghi corretti sono quelli di arrivo, come i parchi, non quelli di transito. E’ necessario creare postazioni fisse per burattini e teatro figura, come recentemente si è fatto a Milano, nel Municipio 1, con una postazione all’interno dei Giardini Montanelli (un riferimento che ha consentito di ricordare il burattinaio Luciano Dosi e la moglie Iris).
Più tecnicamente accessibile, ma di grande complessità professionale, il teatro in strada: Rita Pelusio sottolinea l’importanza formativa che riveste per gli attori, non sempre riconosciuta nelle scuole e dai singoli professionisti, e quanto sia importante promuoverlo anche con atti poetici simbolici (i ride di paraciclismo per esempio).

Relatori e promotori dell’incontro. Da sinistra a destra: Alessia del Corona Borgia, Assessora alla cultura del Municipio 1; Eleonora Ariolfo, direttrice di FNAS; Giuseppe Boron, presidente FNAS; Elisabetta Radice, direttrice del teatro Carcano; Rita Pelusio, attrice; Valerio Saccà, burattinaio, con il suo Meneghino

Centro e periferie

La voce dalla platea di uno spettatore appassionato, non occasionale, riporta la discussione sul tema del rapporto centro-periferia. Milano dovrebbe recuperare la dimensione metropolitana, “non fare regolette ma promuovere la diffusione”. Lo spettatore ha chiamato nel suo quartiere artisti di strada: “l’artista contribuisce a dare un tono paesano al quartiere, quello che manca alla città”. Fa l’esempio del rapporto degli artisti con i bambini, e se il cappello soffre si potrebbe promuovere il baratto.
Secondo Boron, è importante portare arte di strada in periferia, ma sono inconcepibili postazioni senza pubblico, come a volte succede nella denfinizione astratta delle mappe e nella logica dei regolamenti: i politici devono capire che senza pubblico non c’è arte di strada. Poi il pubblico torna, e la periferia può essere meglio del centro: i milanesi sono più generosi dei turisti e piazza Duomo “è un delirio”.

Gli chiediamo come si può rimediare:

L’arte performativa è sempre data dall’incontro tra artista e pubblico, se manca uno dei due non esiste arte performativa, perciò vanno sempre create le condizioni perché ciò avvenga. Il rischio si evita studiando insieme agli artisti gli spazi dove può avvenire la performance.
A Milano i municipi 1 e l’8 sono i più attivi, ma tendenzialmente sono tutti accoglienti, anche perché si sta parlando di arte gratuita o comunque a costi ragionevoli.

Incentivare la presenza nelle periferie (per esempio con premialità per l’assegnazione successiva di spazi centrali), e l’attribuzione di slot “a scacchiera” (con l’alternanza di centro e periferia), può funzionare, ma funziona solo se gli spazi periferici sono scelti con cura.
Emerge anche il rischio che la presenza degli artisti di strada possa essere decorativa, un po’ la foglia di fico di politiche inadeguate o improvvisate rispetto al tema della rigenerazione urbana e ai problemi delle periferie in genere.
In cortese polemica con gli urbanisti, Alessandra Lanciotti (artista romana del consiglio direttivo di FNAS) sottolinea che l’arte “non è un cerotto”. Ma se le insofferenze rispetto alle pratiche amministrative milanesi sono diffuse, la descrizione della situazione romana sembra metterle in una luce migliore.
A Roma in centro hanno vietato l’arte di strada, il dialogo si è chiuso. Gli artisti vengono mandati – del tutto impreparati – in quartieri come San Basilio. Il risultato è stato lo sfascio delle amplificazioni, furti, un artista è stato picchiato…

Un’inutilità utilissima

Come è possibile una condizione così svantaggiata come quella di Roma? Chiediamo a Boron quali sono i “diritti” garantiti per l’arte di strada su tutto il territorio nazionale:

Non esistono diritti garantiti. La Costituzione dà alle amministrazioni locali la competenza per regolamentare in materie locali e quindi ogni Comune regolamenta più o meno come crede.

Ma si resiste. Lanciotti ricorda:

L’arte di strada rivoluziona il punto di vista: si paga dopo e non prima, l’arte va al cittadino e non viceversa. E’ inutile, di un’inutilità utilissima.

Sul finale la discussione si anima e emergono posizioni diverse sui temi del lavoro, sulle tutele e i diritti, sulla differenza fra “arte di strada” e spettacolo di strada” o “spettacolo in strada”, sulla giusta remunerazione, sul fastidio per i bandi….
Ci sarà molto da discutere nei prossimi anni.

Ph. Marco Flores (foto in mostra in occasione del convegno)




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