Il Giardino delle Esperidi a Campsirago | Teatro, paesaggio, territorio

Il report per TourFest 2023

Pubblicato il 07/07/2023 / di / ateatro n. 193 | TourFest 2023

Fare teatro è come giocare a biliardo

Fare teatro è un po’ come cucinare: la quiche preparata da Oliviero Ponte di Pino per la serata inaugurale del Giardino delle Esperidi, il banchetto partecipativo Cucine(s) di Floriane Facchini, un progetto artistico che invita gli abitanti del comune di Valgreghentino a coltivare l’arte di stare insieme intorno alla pratica della cucina: ogni persona del pubblico è invitata a portare la propria pietanza preferita e a raccontarne la ricetta che sarà poi scritta e scambiata con gli altri partecipanti.

Fare teatro è un po’ come fare ricerca scientifica. O giocare a biliardo. Puoi fare delle ipotesi sui possibili esiti del lancio, ma non avrai mai la certezza matematica che sarà così. Bisogna sempre confrontarsi con la realtà… l’attrito dell’aria, gli ostacoli imprevisti, un margine di errore.
Con questa immagine propostaci da Sjoerd Wagenaar, artista audio-visivo, scenografo e regista, alla presentazione del festival nello spazio Bolzano29, si apre la XIX edizione del Giardino delle Esperidi.
Nato nel 2005 con la volontà di riportare l’attenzione sulla relazione tra teatro, paesaggio e spettatore, è oggi uno dei più importanti festival di performing arts nel paesaggio. Organizzato dal 2008 da Campsirago Residenza, centro di ricerca e di produzione con direzione artistica di Michele Losi, coinvolge i Comuni di Colle Brianza, Olgiate Molgora, Ello, La Valletta Brianza, Sirtori, Valgreghentino e Olginate.

Il rapporto con il territorio

Il Giardino delle Esperidi è un festival diffuso in diverse località della provincia di Lecco, con 18 spettacoli e performances che si integrano o addirittura nascono nel territorio e nel contesto naturale. Aldo Morto di Frosini/Timpano è uno spettacolo di impostazione frontale che si confronta con un palco all’aria aperta: la musica del vicino bar e i commenti di chi passeggia mettono in risalto le capacità di Daniele Timpano di reggere il palco. In Humana Foresta, performance esperienziale della Compagnia Teatrale Petra in co-produzione con Campsirago Residenza, il pubblico è invitato a passeggiare nel bosco riscoprendolo con gli occhi di un bambino, a interagire con gli elementi naturali e, con un azione performativa e di gioco, osservare come l’uomo può essere parte dei processi naturali.
Alberi Maestri di Campsirago Teatro è ormai un classico del teatro nel paesaggio. Dopo le versioni per adulti e per bambini, quest’anno grazie all’Associazione Fedora si è potuto presentare una versione accessibile.
Punto di ritrovo di fronte alla baita degli Alpini di Ello. Volti sorridenti attorno a un tavolino con flyer, locandine del festival e una mappa tattile del tragitto che andremo a fare. A ogni partecipante il direttore artistico del festival Michele Losi consegna una cuffia wireless: sarà lui a guidarci in questo percorso assieme all’Associazione Fedora. Prima di iniziare, ci raggiunge l’ex sindaco di Ello, che si unirà a noi per raccontarci della Marcita, luogo in cui avverrà lo spettacolo e che con passione sta preservando.
Cuffie in testa, camminando in fila indiana imbocchiamo il Sentiero della Marcita.
L’esperienza è lenta, i racconti nelle cuffie sono accompagnati da una traduttrice in lingua dei segni, che stregato tutti con la sua gestualità. Come se rivelasse sfumature nascoste del testo all’interno dello spazio naturale che ci circonda. Ogni tanto ci fermiamo ad ammirarla, ad ascoltare e osservare il paesaggio. Poi andiamo avanti, sempre più tranquilli e radicati rispetto a quando siamo partiti. Scorriamo nel bosco un po’ come i ruscelletti che ci circondano.
Alberi Maestri ci riconnette con verità che abbiamo dimenticato, ma che popoli che ci hanno preceduto conoscevano bene e rispettavano (un esempio da seguire). Ci ricorda da dove veniamo, ci riporta con i piedi per terra: non sull’asfalto, ma sulla terra scura, umida e fertile del bosco. Finiamo in cerchio e in silenzio torniamo verso la strada.

Alberi Maestri – ph. Alvise Crovato

Dall’alba al tramonto

Il rapporto con il territorio si estende dal bosco e dalla terra agli astri. In particolare al sole come grande organizzatore dei ritmi terrestri. E così anche la durata delle giornate segue un nuovo andamento. Troviamo infatti sul programma due spettacoli, uno all’alba e uno al tramonto, a sottolineare questi due passaggi del sole.
A inaugurare l’esperimento è La capra della compagnia Bocchi/Scarrocchia, una delle tre prime nazionali del festival. Si instaura una forte relazione con lo spazio, grazie alla scenografia naturale: una radura immersa nella pineta de La Fura a Ello, dove alberi altissimi e profumati diventano quinte viventi tra le quali si muovono gli attori. Lo stesso accade con la performance site-specific Sun Followers, altra prima nazionale prodotta da Campsirago Residenza con la regia dell’olandese Sjoerd Wagenaar, sulle Piramidi di Montevecchia: un’esperienza che valorizza il territorio, sfruttando i terrazzamenti orientati secondo i punti cardinali: se si assiste alla performance del tramonto, una volta osservato scendere il sole, girandosi per tornare indietro si viene sorpresi dalla silenziosa presenza della luna.
Le due domeniche del festival sono giornate lunghe. Iniziano alle 5.36 del mattino per finire la sera tardi, ma regalano a chi è abbastanza avventuroso e tenace da seguirle un’esperienza forte, totalizzante. Il tempo si dilata per permettere ritmi più umani, momenti di pausa e socializzazione tra uno spettacolo e l’altro, come la colazione organizzata da La Fura all’interno del suo fiabesco spazio (e ovviamente per spostarsi tra le diverse località).
Anche le esibizioni acquisiscono maggiore forza. Forse perché, come nelle performance itineranti, avviene un ricollocamento ulteriore dell’uomo all’interno di specifiche coordinate spazio-temporali, o magari perché sembra di tornare a una ritualità tipica delle origini del teatro.

Sun Followers – ph. Alvise Crovato

Necessità

Una programmazione di qualità, il tema di fondo del legame con la natura, la sperimentazione artistica e il ritmo delle giornate… Ma al Giardino delle Esperidi si respirava anche un altro tema.
Nella presentazione del direttore artistico della XIX edizione del Festival, mentre raccontava le difficoltà incontrate quest’anno nella realizzazione della manifestazione, Michele Losi ha raccontato, che visti i ritardi nei bandi per il sostegno alla produzione teatrale e dei fondi PNRR, il festival ha dovuto rinunciare a molti artisti già ingaggiati: “Ma nonostante questo, Esperidi 2023 si farà perché sarebbe una sconfitta non farlo.”
La necessità di continuare perché si crede fortemente nel progetto. La necessità, condivisa da Sjoerd Wagenaar, di affrontare tematiche quali la relazione dell’uomo con il paesaggio e l’agricoltura, anche dal punto di vista culturale. Non per imporre soluzioni, ma per fare ricerca (artistica o scientifica, che sia) ed esplorare tematiche che spingano lo spettatore a ragionare con la propria testa e a mettersi in discussione.

Egemonia culturale, ambiente e uso dei fondi PNRR

Talk a cura di Oliviero Ponte di Pino. Intervengono e discutono insieme Massimo Rebotti, Michele Losi, Silvia Dezulian

 




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