Il teatro per rieducare alla condivisione
Andrea Esposito nuovo direttore creativo del Teatro Bellini di Napoli
Il Teatro Bellini di Napoli, inaugurato il 6 febbraio del 1878, dopo un periodo di declino che aveva portato al rischio della chiusura, è stato rilanciato nel 1988 da Tato Russo, con la messiscena dell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht per la regia dello stesso Tato Russo. Nel 2010 la gestione è passata ai suoi figli, Roberta, Gabriele e Daniele Russo.
Nel 2020 il Teatro Bellini ha affiancato alla direzione artistica una nuova figura, quella del direttore creativo.
Andrea, come direttore creativo, qual è il tuo ruolo all’interno del Teatro Bellini?
Questa funzione di solito esiste più nelle aziende che nei teatri, ma i fratelli Russo, quando ci siamo incontrati durante la pandemia, avvertivano l’esigenza di mettere mano all’organizzazione del Teatro Bellini. Stavano cambiando tantissime cose ed era evidente che i teatri non avrebbero riaperto a breve e probabilmente quando avrebbero riaperto non sarebbe stato come prima. Così abbiamo messo a punto insieme un progetto che necessitava di una figura che non fosse né quella del dramaturg né quella di un altro direttore artistico, ma di una funzione che normalmente esiste nelle agenzie, nelle aziende, nei grandi media group, il direttore creativo che pensa un po’ in toto a una serie di strategie legate allo spazio oltre che all’offerta.
Com’è caratterizzato lo spazio del Bellini?
Non è un teatro inteso come una sala con un foyer antistante: è situato in un condominio di cinque piani, un palazzo storico che ha al suo interno una sala molto grande di circa 1000 posti con 4 ordini di palchi. Poi c’è una seconda sala che tecnicamente è un ridotto ma in realtà ridotto non è perché ha un palco notevole: ha una cubatura molto ampia e una platea di 120 posti. In più il teatro ha tutta una serie di altri spazi che noi adesso stiamo valorizzando perché fanno parte del nostro progetto: intendiamo convertirli in luoghi di accoglienza e di spettacolo, anche se in forme diverse dal classico spettacolo frontale.
Questo enorme palazzo storico situato nel pieno centro di Napoli ci rende unici: non esiste in centro a Napoli uno spazio così grande, tutti gli altri spazi – di rappresentazione e no – sono molto più piccoli. Questo in una condizione post-pandemica e futuribile rende il Bellini un posto unico, in grado di accogliere pubblici diversi e soprattutto grandi masse. Non può più essere uno spazio che accoglie il pubblico solo la sera per farlo partecipare a uno spettacolo, ma la sua una forma gli consente di essere davvero un luogo aperto. Già nel progetto dei Russo di questi ultimi anni c’era questa idea: infatti all’interno ci sono già una libreria, Laterza Agorà, e uno spazio bar piuttosto grande. Si sono svolti tanti eventi che non erano legati allo spazio frontale: per esempio si ballava, si facevano corsi di tango.
La mia idea è stata mettere insieme questi progetti, declinandoli in un modo più organico, facendo vivere lo spazio che vive per la maggior parte della giornata, per tutta la settimana e in particolare nel fine settimana, anche rivolto ai bambini, che non sono il pubblico del futuro ma quello del presente.
…più che un teatro è un monumento
Questo palazzo storico si dice sia nato un po’ come contraltare del Teatro San Carlo, che era il tempio della lirica. Il Bellini, pur nascendo anch’esso come teatro lirico, rappresentava l’anima borghese della città: era il teatro in cui l’alta borghesia napoletana veniva a vedere gli spettacoli. Si diceva: “Il San Carlo per la grandezza e il Bellini per la bellezza”.
Veniva percepito come molto bello perché rispetto al San Carlo, inaugurato circa 100 anni prima, aveva criteri estetici e architettonici più moderni. Non vogliamo certo ritornare al passato, ma ricollocare il teatro nella città e nel tessuto urbano e sociale della città.
Come s’inserisce in questa linea il teatro ragazzi?
È una categoria discriminante e discriminata. In realtà dai 6 ai 16 anni c’è grandissimo spazio per attività nuove che aggreghino e che offrano una possibilità di stare insieme in uno spazio post-pandemico, senza la frontalità della scuola. Uno spazio sicuro di crescita e di condivisione. Il progetto Area Kids è un’idea che io sto portando avanti con grande forza. L’intrattenimento, legato allo spettacolo, è soltanto una piccola parte dell’offerta: Area Kids è anche un’area didattica, di pedagogia, e soprattutto di gioco: questo aspetto cercheremo di farlo esplodere il prossimo Natale e in maniera più organica dall’anno prossimo. Attività per tutti sempre aperte saranno disponibili anche per le famiglie. Intendiamo fare del teatro un luogo di socialità e di accoglienza.
E per i ragazzi più grandi cosa offre il Bellini?
È una fabbrica di eventi e ha anche un grande spazio dedicato alla Factory, di cui Mimmo Borrelli è il direttore artistico. E’ un grande asset di questo progetto: l’Accademia per gli attori. Bisogna tener presente che in questa città, così importante per il teatro, negli ultimi sette-otto anni i migliori attori sono usciti da questa scuola, anche grazie a Gabriele Russo. Vogliamo rilanciare questo progetto: Factory, Academy, Area Kids e la possibilità di ampliare gli spazi di spettacolo in maniera più organica e in altre aree del l’edificio. Per questo stiamo allestendo nuovi spazi, che prima erano locali di servizio, di scarico e di carico: così potremo organizzare ancora più incontri, presentazioni, dibattiti, sempre nel segno della qualità e mostrando di saper intercettare il nuovo.
Come vi siete rapportati con la pandemia?
La pandemia è stata un acceleratore di processi. Stiamo affrontando una sfida che avremmo affrontato comunque. Occorre uscire da quel mondo del teatro un po’ troppo autosufficiente, autoreferenziale: dobbiamo aprirci al pubblico. Sono convinto che nel mondo post-pandemico il teatro sia l’arte più futuribile di tutte. Siamo ubriachi di audiovisivi, con le immagini abbiamo un rapporto ossessivo. In questa pandemia abbiamo toccato con mano il valore della parola dal vivo: oggi dire una cosa dal vivo, in presenza, acquisisce un significato nuovo.
Per l’arte del futuro, nei prossimi anni, la possibilità di uscire da casa e andare in un luogo aperto, plurale, libero e senza condizioni è importante. Ripeto spesso che il teatro, compresa tutta la zona del bar, deve diventare uno spazio accogliente senza condizioni: per poter accedere al Bellini non è necessario comprare un biglietto, perché è un palazzo storico, un patrimonio della città. Se vuoi vederlo, puoi entrarci. Forse già l’anno prossimo organizzeremo le visite guidate, perché abbiamo una sala storica meravigliosa, e anche gli spazi attigui come il foyer sono posti bellissimi. Abbiamo ristrutturato anche la parte della libreria grazie a un architetto di fama internazionale come Giuliano Andrea Dell’Uva, che sta dando lustro anche ad altre aree che prima erano meno valorizzate.
C’è un pensiero per i vecchi abbonati?
Non lasceremo mai indietro il pubblico storico del teatro, quella fascia di età medio alta che è un po’ il nocciolo duro del pubblico non solo napoletano ma italiano. Abbiamo fatto un rebranding sia del logo sia dell’immagine del teatro. Ho voluto far mettere sotto al logo cinque category – teatro, danza, musica, kids, digital – che servono a targettizzare l’offerta.
Il teatro deve sempre essere riconoscibile in una chiave multidisciplinare, perché sappiamo che il teatro del Novecento si è andato a ibridare e contaminare. Adesso è arrivato il momento di riposizionare l’offerta. C’è tanta prosa classica di ottima qualità e la vogliamo mettere in evidenza per i vecchi abbonati. Ci sono idee innovative, con l’idea di accogliere quello che ha caratterizzato gli ultimi dieci quindici anni, contaminando i teatri italiani e organizzarlo al meglio per differenziare la proposta.
Quindi il tuo principale interlocutore è la direzione artistica?
Lavoriamo insieme per portare avanti soprattutto i nuovi asset, a partire dal rilancio dell’Area Kids come spazio d’incontro e di crescita dei cittadini di domani. La città di Napoli è in controtendenza rispetto all’Italia e all’Europa: non c’è calo demografico, la città è uno dei centri storici più grandi d’Europa e più densamente abitati, dove si fanno più bambini che altrove. Non vedo come uno spazio di queste dimensioni non debba essere prevalentemente dedicato all’accoglienza di questo pubblico.
E concretamente cosa state facendo?
Abbiamo avviato una relazione con una compagnia che si chiama Il Teatro nel Baule, con la quale abbiamo elaborato un programma che è già in corso, con un riscontro molto positivo di pubblico, nei giorni di sabato e domenica, con attività con i bambini sia la mattina sia il pomeriggio. In varie parti del teatro si stanno facendo laboratori.
Per Natale, in corrispondenza con la chiusura delle scuole, vogliamo tenere il teatro sempre aperto per dare l’opportunità ai bambini di partecipare a iniziative. Vogliamo allestire un’area natalizia, facendola costruire ai bambini, creando uno spazio dove i bambini possano esprimersi e stare insieme.
I bambini hanno subito la pandemia senza avere gli strumenti per affrontare il problema. Ma nella nostra società, a parte la scuola, qual è l’unico balsamo per curare tutto ciò, se non il teatro? Il teatro è libero e ci si può fare potenzialmente di tutto, stare insieme e rieducare alla condivisione. Se svolge una funzione pubblica, il teatro deve necessariamente e obbligatoriamente essere là dove c’è più urgenza. Questo nostro spazio ha una responsabilità molto ampia, perché è un’enorme casa.
Andrea Esposito, giornalista, critico, nasce a Napoli e si appassiona fin da piccolissimo alla storia dell’arte con l’obiettivo di diventare un giorno un archeologo. Dopo la maturità classica e la Laurea magistrale in Lettere e Filosofia conseguita all’Università di Venezia Cà Foscari, lavora a cavallo tra cinema e teatro in diversi festival internazionali (Mostra del cinema di Venezia, Napoli Teatro Festival Italia…) senza mai tralasciare l’impegno per la scrittura su riviste, cataloghi e pubblicazioni specialistiche. Nel 2012 aderisce al nascente progetto Fanpage.it dove si occupa prima dell’area cultura e in seguito di molti dei più importanti progetti editoriali del gruppo realizzando interviste, inchieste, reportage e video branded che hanno ottenuto milioni di visualizzazioni. Dal 2020 ricopre il ruolo di direttore creativo del Teatro Bellini di Napoli.
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