La ricerca al tempo del copiaincolla

ovvero come incrementare l'impact factor di www.ateatro.it (grazie!!!)

Pubblicato il 21/05/2011 / di / ateatro n. 135

centone componimento letterario formato con versi di autori famosi, raccolti a volte con intento parodistico (Enciclopedia della Letteratura, s.v.)

Metodologia della ricerca

Abbiamo preso in esame un saggio (qui scaricabile in versione pdf), pubblicato da una autorevole rivista universitaria, Acting Archives, e abbiamo cercato di ricostruire il metodo che è stato seguito nella sua composizione.

Nella Parte prima della nostra ricerca, abbiamo dissezionato il testo, cercando di evidenziare la sua struttura.

Nella Parte seconda della ricerca, abbiamo effettuato una valutazione quantitativa dei vari tipi di scrittura presenti nel testo sotto esame (senza dimenticare che ci sono citazioni anche nelle note).

Nella Parte terza della ricerca, a partire da questa analisi, abbiamo cercato di dedurre le modalità compositive seguite dall’autore, che ringraziamo di cuore: infatti le numerosissime citazioni da www.ateatro.it hanno dato un notevole impulso all’impact factor della nostra rivista.
Speriamo di ricambiare il favore, fiduciosi che questo articolo possa dare una spintarella anche all’impact factor dell’aurtore e della rivista che l’ha pubblicato, grazie a una ampia citazione (pari a circa il 100% del testo), effettuata naturalmente per motivi di studio.

Parte prima

Nella tabella che segue, nella colonna di sinistra, abbiamo riprodotto il corpo del saggio, mettendo in risalto:

1. Le citazioni con virgolette (in rosso).
2. Le citazioni di citazioni con virgolette (in arancione).
3. Le citazioni camuffate (in verde).
4. Il testo originale (in nero).

Ovviamente è possibile che qualche citazione (palese o mascherata) ci sia sfuggita: vi saremo grati se ce la voleste segnalare.

Nella colonna di destra, abbiamo inserito:

1. Le nostre annotazioni (in grassetto).
2. Le note originali, precedute dal [numero di nota tra parentesi quadre].

Il compito ci è stato facilitato dalla consuetudine della nostra webzine con Robert Lepage, al quale abbiamo dedicato numerosi saggi, consultabili s.v. nella ate@tropedia.

Attore e macchina scenica nel teatro di Robert Lepage Attore-specchio-macchina
. .
Il rapporto tra tecnologia e teatro rappresenta una questione nodale nell’opera di Robert Lepage. Partendo da tale rapporto, spesso percepito da molta critica come sbilanciato sul versante della tecnologia, il regista ha sviluppato e affinato nel corso di oltre un ventennio una personale poetica scenica ‘polivisuale e policronica’(1), [1] B. Picon-Vallin, Hybridation spatiale, registres de présence, in Les écrans sur la scène, a cura di B. Picon-Vallin, Lausanne, Editions L’Age d’Homme, 1998, p. 33.
combinando la purezza dell’arte performativa all’automazione postindustriale’(2). [2] Cfr.: C. Innes, Machines of the Mind, http://moderndrama.ca/articles/machines_mind
Ogni suo spettacolo può infatti essere definito come un’opera ipertestuale, un vero e proprio testo multimediale. Come evidenziato da Thais Flores Nogueira Diniza, .
Combinando diverse strategie visive, verbali, linguistiche e musicali con le nuove tecnologie che arricchiscono l’esperienza teatrale, Lepage ha creato un teatro intermediale i cui effetti dipendono dai rimandi intertestuali e dai continui passaggi multimediali (3) [3] T. Flores Nogueira Diniz, Intermediality in the Theatre of Robert Lepage, pp. 1-15: 2, http://www.letras.ufmg.br/nucleos/intermidia/dados/arquivos/SIM3_Diniz_proof.pdf

Inebriante e seducente “fantasmagoria di luci colorate, proiezioni, scritte luminose, suoni e musica” (4), [4] R. Giambrone, Robert Lepage: il teatro ad orologeria, «The Rope», n. 2-3, marzo-ottobre 2008, pp. 101-110: 102, http://www.falsopiano.com/TheRope2-3.pdf
quello di Lepage è un “magico teatro di superfici, dove l’immagine si fa racconto e seduzione pura”(5), [5] Ivi.
nel quale “si fa largo uso di azioni fisiche, prospettive multiple, giochi di luci e di ombre, mentre la drammaturgia procede rapsodicamente per ellissi e flashback, in una scrittura di impianto cinematografico” (6). [6] Ivi, pp. 101-110: 101.
Ibridazione e ipertestualità, sperimentazione video, ricerca sul suono digitale sono alcuni degli elementi fondanti la scrittura scenica messa a punto spettacolo dopo spettacolo, a partire da La Trilogie des dragons (1985). Ibridazione e intertestualità sono le cifre di questo nuovissimo teatro giovane (Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage).
Nonostante il regista si definisca un formalista –in quanto per lui l’utilizzo della tecnologia permette di creare nuove forme Lepage in un’intervista a Radio Québec risponde alle accuse definendosi un formalista:
“La tecnologia implica chiaramente una forma, e io mi sono sempre definito un formalista (…). La tecnologia è interessante perché modifica la forma. Inventa nuove forme Gli scultori diranno che si fa una scultura con la pasta da modellare, si fa una scultura con il gesso, si fa una scultura con il marmo; è chiaro che è la materia che vi informa su come fare la vostra scultura, come raccontare quello che avete da raccontare. Trovo che le tecnologie siano proprio questo, cioè che i nuovi strumenti, le risorse che ci sono oggi pongono una sfida su come raccontare le cose”.
– va precisato che “la tecnologia nel teatro di Lepage non è mai fine a se stessa>”(7). [7] Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage, Pisa, BFS Edizioni, 2004, p. 83.
I supporti tecnologici rappresentano, infatti, per l’artista i moderni strumenti che ha a disposizione per sperimentare nuove possibilità di comunicazione, nuove strutture narrative:

la tecnologia –afferma- è interessante perché inventa nuove forme. Gli scultori diranno che si fa una scultura con la pasta da modellare, si fa una scultura con il gesso, si fa una scultura con il marmo; è chiaro che è la materia che vi informa su come fare la vostra scultura, come raccontare quello che avete da raccontare. Trovo che le tecnologie siano proprio questo, cioè che i nuovi strumenti, le risorse che ci sono oggi pongano una sfida su come raccontare le cose (8)

Per Lepage le tecnologie sono i nuovi mezzi a disposizione dell’artista contemporaneo, un po’ come un nuovo strumento (…) (Anna Maria Monteverdi; citazione da Lepage, traduzione di Anna Maria Monteverdi).

[8] Citato in A. Balzola, Anna Maria Monteverdi, Le arti multimediali digitali, Milano, Garzanti, 2004, p. 494.

Non è affatto in discussione l’impianto teatrale nel suo complesso (rappresentazione, recitazione, racconto), quanto le ricadute sul piano drammaturgico-narrativo prodotte dall’uso delle tecnologie a teatro. Siamo di fronte infatti a una ‘tecnologia’ che non intende stupire o spiazzare lo spettatore ma al contrario rassicurarlo (9).

Afferma Lepage:

La tecnologia nel teatro di Lepage non mette affatto in discussione l’impianto teatrale nel suo complesso (il concetto di rappresentazione, la funzione dell’attore, la narrazione) (Anna Maria Monteverdi, Attore specchio macchina, www.ateatro.it n.46.8).
La tecnologia scenica di Lepage non vuole suscitare meraviglia. Non vuole stupire lo spettatore ma al contrario rassicurarlo (Anna Maria Monteverdi, Il teatro di R. Lepage).

[9] Cfr.: Anna Maria Monteverdi, Metamorphosis of the stage. Robert Lepage and La face cachée de la lune, http://www.digitalperformance.it/?p=1539

Sono accusato di imprigionare me stesso con la tecnologia, ma la tecnologia è uno strumento che mi permette di esplorare le cose. Oggi abbiamo a che fare con un pubblico che ha un vocabolario narrativo molto sofisticato. Non sto dicendo che stiamo diventando più ‘cinematici’ o più televisivi ma che abbiamo trovato un modo per invitare quel pubblico a teatro (10) Citazione e traduzione di Anna Maria Monteverdi

[10] Anna Maria Monteverdi, Il laboratorio teatrale delle avanguardie, in A. Balzola, Anna Maria Monteverdi, Le arti multimediali digitali, cit., p. 84.

Vale la pena soffermarci sui riferimenti al cinema e alla televisione fatti in questo passaggio, per approfondire successivamente le questioni più squisitamente legate all’uso drammaturgico-espressivo della tecnologia. .
Il cinema è un riferimento fondamentale per Robert Lepage. Oltre a sottolineare l’influenza –da lui spesso dichiarata – della cultura audiovisiva, cinematografica e televisiva sul suo teatro, va ricordato che Lepage è anche attore e regista cinematografico (11). Il cinema è un riferimento fondamentale per Robert Lepage, il quale spesso ha dichiarato che la cultura audiovisiva, cinematografica e televisiva ha da sempre influenzato il suo teatro portandolo a “réinventer le vocabulaire narratif” (Anna Maria Monteverdi, Attore specchio macchina, www.ateatro.it n. 46.8).
[11] Il suo primo film è l’hitchcockiano Le Confessional (1995) le cui eco riverberano in Les sept branches de la rivière Ota. Segue Le Polygraphe (1996), tratto dall’omonimo spettacolo teatrale. Il 1997 è la volta di ispirato a Les sept branches de la rivière Ota. Possible Worlds (2000) è tratto invece da un dramma di John Mighton. Nel 2003 gira La face cachée de la lune, adattamento cinematografico dell’omonimo spettacolo del 2000.

Rovesciando i termini utilizzati da Jean-François Caron nel suo Robert Lepage cinéaste: vers une nouvelle écriture, si può tranquillamente affermare che non è possibile analizzare il teatro di Lepage senza tenere conto delle sue produzioni cinematografice. (12). [12] «Il semble impossible d’analyser ses films sens tenir compte de ses productions théâtrales qui lui on valu une renommée internationale» (J. F. Caron, Robert Lepage cinéaste: vers une nouvelle écriture, in Le cinéma au Québec, a cura di S. A. Boulais, Québec, Fides, 2006, p. 141).
Al di là del medium impiegato le due esperienze condividono, infatti, immaginario, temi, stile e scrittura nel segno di una pratica artistica originale e multidisciplinare. (13) [13] Cfr.: Ivi.
Per il regista il cinema (come la televisione) è innanzitutto un modello drammaturgico oltreché narrativo: .
In Québec non c’è tradizione letteraria. Il nostro Molière è ancora in vita, ha cinquant’anni e si chiama Michel Tremblay. La tradizione letteraria non è presente come in Europa. La nostra tecnica di scrittura deriva effettivamente dalla televisione o dal cinema. Il teatro non è ufficializzato dalla scrittura: non si parla di scrittura teatrale ma piuttosto di uno spazio di scrittura cinematografica affiliata al teatro. Per quanto mi riguarda trovo la scrittura cinematografica più teatrale del teatro, risponde veramente alle regole della tragedia greca: le sceneggiature sono strutturate, sono dei sistemi shakespeariani. Mi stupisco dunque molto che la gente di teatro rifiuti questa scrittura. Con lo zapping, ciascuno può seguire una storia senza che venga raccontata in maniera lineare. Davanti al suo televisore uno spettatore può guardare contemporaneamente il calcio e un dibattito. E finisce per trovare il filo di ciò che guarda. E’ come a teatro, è in grado di trovare il filo tutto da solo, sa che questo è un flashback (…) Troppa gente considera il teatro qualcosa di superato (14). Citato e tradotto da Anna Maria Monteverdi
[14] Citato in Anna Maria Monteverdi, Robert Lepage tra cinema e teatro, http://www.digitalperformance.it/?p=1529
Oltre ad essere un modello drammaturgico privilegiato, il cinema è spesso anche fonte di ispirazione tematico-narrativa. Ad esempio: .
In Les sept branches de la riviére Ota un’equipe di cineasti americani sta filmando un documentario su Hiroschima; in Les aiguille set l’opium il protagonista è a Parigi er un lavoro di postproduzione di un film, in Le Polygraphe la protagonista è un’attrice che dopo molti provini è stata scelta per girare un film . (15) [15] Anna Maria Monteverdi, Integrazione tecnoespressiva e métissage artistico nel teatro di Robert Lepage, www.ateatro.it 87.50, http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=87&ord=50
Le qualità di sintesi, scarto e il ritmo di stampo cinematografico scandiscono l’impianto drammaturgico spettacolare costruito dal regista, facendo ricorso in chiave teatrale all’immaginario tecnico del grande schermo: flashback, primo piano, carrelli.
Il racconto scenico è diviso in vere e proprie sequenze in cui spazio e tempo diversi e lontani vengono rappresentati in maniera fluida grazie a un montaggio parallelo di azioni e situazioni (16).
[16] Cfr.: J. F. Caron, Robert Lepage cinéaste: vers une nouvelle écriture, in Le cinéma au Québec, cit., p. 144.
Suddiviso in ventidue brevi sequenze, Le Polygraphe fa esplicito riferimento al linguaggio dello specifico cinematografico portando in scena dissolvenze, flashback, primi piani, proiezioni, slow motion, accelerazioni, alternates scene. (17). (Le Polygraphe) suddiviso in ventidue brevi sequenze con soluzioni di vera “cineficazione”: dissolvenze, flashback, primi piani, proiezioni, slow motion, accelerazioni, alternate scenes, con richiami espliciti al linguaggio cinematografico (Anna Maria Monteverdi, Integrazione ….ateatro n 87).
[17] «Alla fine degli anni Ottanta Robert Lepage portava in teatro con Le Polygraphe un vero e proprio “spettacolo cinematografico”: simulazioni di riprese, punti di vista insoliti come fossero inquadrature di una macchina da presa, applicazione del montaggio alternato alla drammaturgia, uso frequente del flashback e del flashforward» (Anna Maria Monteverdi, Nuovi media, nuovo teatro?, www.ateatro.it 101.12, http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=101&ord=12).
La narrazione

Costituita da una successione di quadri (alcuni dei quali esclusivamente visivi) solo apparentemente slegati tra loro e aventi continui spostamenti di tempi e di luoghi, mette il pubblico teatrale nella condizione di dover indagare il senso, ricostruendo l’enigmatica vicenda (18)
[18] Anna Maria Monteverdi, Integrazione tecnoespressiva e métissage artistico nel teatro di Robert Lepage, www.ateatro.it 87.50,
http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=87&ord=50
In Le Polygraphe il regista realizza una scena “integrata” dove cultura e linguaggio visivo dei media si fondono perfettamente nella pratica teatrale. Con Le Polygraphe si preannuncia l’interesse di Lepage verso una scena “integrata”, che attinga con disinvoltura al linguaggio e alla cultura dei vari media (Anna Maria Monteverdi, Integrazione tecno espressiva www.ateatro.it n. 87)
Come evidenziato dalla Monteverdi Il teatro di Robert Lepage

maschera un universo cinematografico che influenza narrazione interpretazione e scenografia, prendendone a prestito, al di là dei limiti dei generi e dei linguaggi, forme e modalità. (19).

[19] Anna Maria Monteverdi, Attore-specchio-macchina, www.ateatro.it 46.8,
http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=46&ord=8

Il cinema funge addirittura da fonte di ispirazione per scrivere il teatro ‘con la luce e con le ombre’ (20). E’ il caso di Les sept branches de la riviére Ota (1994) nel quale [20] O. Ponte di Pino, Una tecnica del destino, in Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage, cit, p. 8.
Lepage porta con disinvoltura sulla scena teatrale un montaggio parallelo di tipo cinematografico grazie anche all’introduzione del video: la scenografia, che ad un primo livello ricostruisce la tipica casa giapponese formata da porte scorrevoli semi-trasparenti è composta in realtà da sette pannelli di spandex che oltre ad “inquadrare” i personaggi, isolandoli dal resto dell’azione, fungono da schermi di proiezione. (21).
[21] S. Russo, La confessione cinematografica di un fan di Alfred Hitchcock, www.ateatro.it 86.48,
http://www.trax.it/olivieropdp/mostranew.asp?num=86&ord=48
Oltre ad ispirarsi ai tagli, alle inquadrature, all’impostazione visiva del cinema nel suo complesso, il regista “struttura la scena stessa come se fosse un grande schermo” (22): [22] Anna Maria Monteverdi, Attore-specchio-macchina, www.ateatro.it 46.8,
http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=46&ord=8
“i sette pannelli che compongono la casa giapponese in Le sept branches de la riviére Ota, il muro in Le Polygraphe, la parete scorrevole in La face cachée de la lune, l’enorme cornice televisiva in Apasionada” (23). [23] Anna Maria Monteverdi, Integrazione tecnoespressiva e métissage artistico nel teatro di Robert Lepage, www.ateatro.it 87.50,
http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=87&ord=50
In tutti questi spettacoli

La trama è spesso suddivisa in sequenze e quadri che ritagliano e isolano la scena letteralmente incorniciandola, ricreando vere e proprie inquadrature e movimenti della macchina da presa, mentre la storia procede attraverso originali raccordi imitando le modalità e le tecniche del film secondo un procedimento narrativo non linare, con distorsioni temporali in forma di analessi (flashback) e prolessi (flashforward) che mettono in crisi la cronologia stessa del racconto (24).

[24] Ivi.

Nell’impianto scenico-spettacolare predisposto da Lepage un ruolo fondamentale è affidato agli schermi ( di diversa forma e dimensioni). Su di essi (plasma, lcd, spandex) vengono proiettati video (registrati e live) diapositive, istantanee fotografiche, sequenze cinematografiche, immagini 3d generate al computer, effetti cromatici e giochi di ombre.

La scena di Lepage è costellata da una vera polifonia di linguaggi e di immagini: video (live o registrate), diapositive, istantanee fotografiche, immagini in 3 D generate al computer, o semplici luci colorate o effetti creati con la tecnica delle ombre. (Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage)

Come acutamente sottolineato da Anna Maria Monteverdi, tali immagini assolvono una funzione drammaturgica ben precisa: Nel teatro di Lepage le immagini assolvono una funzione drammaturgica ben precisa (Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage):
evidenziano –scrive- un sottotesto, creano un contesto e l’atmosfera emotiva, mostrano l’interiorità o la memoria del protagonista, diventando suo ‘deuteragonista’ immateriale (soprattutto negli spettacoli ‘solo’) o specchio autoriflessivo; le immagini rivelano nel senso fotografico (dunque ‘chimico’) del termine, cioè fanno venire alla luce (25)

[25] Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage, cit., p. 97.

Vale la pena soffermarsi su questo punto ricostruendo l’impianto scenico di alcuni spettacoli di Lepage.
In La face cachée de la lune (2000) la scena progettata da Carl Fillon
.
Costituita da semplici pannelli scorrevoli su binari, può aprirsi e scoprire il suo lato interno ‘nascosto’ ed è attraversata dall’attore grazie a un’apertura circolare che in base alle esigenze narrative, diventa oblò della lavatrice, astronave o apparecchio per la TAC; quando il corpo dell’attore è nella parte ‘nascosta’ della scena, viene ripreso da telecamere invisibili e le immagini vengono restituite in diretta, ma con effetto rallentato, sulla parete frontale, dando l’impressione di un cosmonauta che viaggia nello spazio in assenza di gravità (26).
[26] Anna Maria Monteverdi, Attore-specchio-macchina, www.ateatro.it 46.8, http://www.ateatro.org/mostranew.asp?num=46&ord=8

La proiezione mostra, concretandola in immagine, l’esperienza interiore del personaggio, permettendo all’autore di mostrare l’invisibile. Il teatro in questo senso produce un nuovo sguardo, un’inedita “esperienza” visiva, sollecitando lo spettatore a guardare come normalmente non si guarda, perché il teatro mostra l’invisibile (Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage)
Effetti di straniamento prodotti da un processo di frammentazione e moltiplicazione dell’immagine vengono letteralmente ‘incarnati’ dalla scena –sempre ideata da Fillon- in Elseneur (1995). Qua come ricordato dalla Monteverdi .
Un enorme pianale metallico quadrato può alzarsi in verticale a 180°, sollevarsi parallelamente al palco, diventando indistintamente muro, soffitto o parete. Il dispositivo (detto “la macchina”) contiene, invisibile, un disco circolare, che permette, solidale con la parete o autonomamente, ulteriori rotazioni, lente o veloci; quest’ultimo dispositivo circolare ricorda l’enciclema, la piattaforma rotante che nel teatro greco veniva usata per mostrare quanto avveniva all’interno di un ambiente.
Esattamente collocato al centro del disco, un varco rettangolare usato come una porta, finestra o tomba. Alla struttura furono aggiunti due schermi laterali e un fondale. La scena, oltre alla struttura mobile, era così costituita da tre enormi pareti modulari; quelle che affiancavano la scena furono ricoperte di spandex e servivano per proiettare le immagini (in movimento e fisse) in diretta, raddoppiando Amleto, ingigantendolo o sezionandone una porzione del volto, producendo l’effetto di una visione stereoscopica (la visione contemporanea ma separata dei due occhi).(27)
[27] Ivi (Anna Maria Monteverdi, n.d.r.). Vedi anche: A. Lavander, Hamlet in pieces, New York, Continuum, 2001, pp. 93-150.
Lo spettacolo è strutturato come una ‘solo performance’ con un unico attore (Lepage stesso nella prima edizione) ad interpretare tutti i ruoli. In quest’ottica le proiezioni video hanno una funzione fondamentale in quando ‘agiscono’ come personaggi virtuali in rapporto con l’attore in carne ed ossa. .
Emblematico il quadro in cui Amleto incontra Rosencratz e Guilderstein. Immerso in un blu soffuso il protagonista è al centro della scena. Alternativamente ‘indirizza’ la sua recitazione alla destra e alla sinistra del palco dove sono posizionate due microcamere. Le immagini che queste catturano proiettandole sulle pareti laterali sono in pratica i primi piani alternati di Rosencrantz e Guilderstein che dialogano con Amleto in scena. Di particolare intensità la scena dell’incontro con Rosencratz e Guilderstein che altro non sono che la parte destra e la parte sinistra del suo volto ripreso in diretta da due microcamere. (Anna Maria Monteverdi, attore specchio macchina, www.ateatro.it 46)
Allo stesso modo il duello finale tra Laerte e Amleto è reso attraverso un gioco di soggettive, alternativamente proiettate sulla scena, riprese da una piccola telecamera montata alla base dell’impugnatura della spada (28). Nel duello finale, una microcamera posizionata sull’elsa della spada di Laerte e di Amleto, riprende alternativamente quello che nel gergo televisivo si definisce il campo e il controcampo (Anna Maria Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage)

[28] Cfr.: C. Innes, Gordon Craig in the multi-media postmodern world: from the Art of the Theatre to Ex Machina, http://www.moderndrama.ca/articles/ gordon_craig_multimedia_postmodern_world_art_theatre_ex_machina_christopher_innes

Gli apparati elettronici, pannelli, schermi, sono sempre -in Lepage-

Metafora di uno sguardo, interno o multiplo, e intervengono per mostrare il rimosso, il lato nascosto dealla realtà, esattamente come i personaggi, storici o immaginari, che hanno il ruolo di testimoni-antagonisti, non sono altro che proiezioni (specchi o riflessi) di un interno di sé, manifestamente diviso e letteralmente spezzato in due, che reclama la propria esistenza. (29).

[29] Anna Maria Monteverdi, Metamorphosis of the stage. Robert Lepage and La face cachée de la lune,
http://www.digitalperformance.it/?p=1539

Come suggerito da Cristopher Innes, gli schermi sono fondamentali per le performance multimediali del regista così come lo sono gli screens nel teatro di Gordon Craig: (30) [30] Cfr.: C. Innes, Gordon Craig in the multi-media postmodern world: from the Art of the Theatre to Ex Machina,

Perfida_de_Perfidis

2011-05-21T00:00:00




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