#MilanoCORTEmporanea | Bookcity Milano: la capitale del libro e della lettura in festa
Un modello innovativo, incluso e partecipativo di festival raccontato da Oliviero Ponte di Pino
Oliviero Ponte di Pino è responsabile, insieme a Elena Puccinelli, del programma di Bookcity Milano, la grande festa del libro e della lettura che quest’anno giunge alla quinta edizione.
Lo sappiamo, qualunque cosa può finire in un libro. E dunque, se Bookcity è una manifestazione che parte dai libri, qualunque cosa può finire a Bookcity. E’ quello che accade con i mille eventi programmati in tre giorni in tutta la città, dove si racconta e si discute di qualunque argomento e si intrecciano migliaia di storie. Nei giorni di Bookcity Milano diventa davvero una città multidisciplinare, con i libri che invadono centinaia di spazi nella città.
Qual è il vostro tema di interesse prevalente (tecnologia, arte, musica, innovazione, teatro, editoria…)?
Il fulcro di Bookcity Milano è il mondo dell’editoria. Milano è la città d’Italia dove si producono e si leggono più libri, vi hanno sede numerose case editrici e librerie di catena e indipendenti, ed è dotata di un articolato sistema di biblioteche. E’ la città delle professioni creative e delle università, che trovano nei libri la linfa vitale per la formazione, ma anche per lo scambio e la diffusione delle idee.
Nasce dalla volontà del Comune di Milano e degli editori, che ha trovato espressione nelle quattro fondazioni editoriali (Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Fondazione Feltrinelli, Fondazione RCS-Corriere della Sera, Fondazione Umberto ed Elisabetta Mauri, che nel 2016 hanno costituito una associazione). E’ una manifestazione inclusiva e partecipata, bottom up (come altre manifestazioni analoghe a Milano, dal Fuorisalone a Pianocity). Per la quinta edizione nel 2015 circa 400 realtà cittadine (editori, fondazioni, associazioni, biblioteche, eccetera) hanno prodotto e promosso circa 1000 eventi in tre giorni, diffusi in oltre 200 spazi.
Qual è la vostra mission?
In primo luogo valorizzare e diffondere il libro e la lettura. Tutti gli eventi di Bookcity partono da uno o più libri, coprendo dunque una gamma pressochè infinita di interessi e curiosità, su tutte le materie e a tutti i livelli, con autori di best seller ed esordienti, narrativa, saggistica e poesia.
In secondo luogo valorizzare il mondo editoriale, facendo emergere la sua varietà e ricchezza, ma anche la sua importanza sul versante economico e occupazionale. Gli eventi dedicati ai mestieri del libro (ovvero incontri sulla filiera e sulla storia del libro, e sulla situazione dell’editoria, compresa la transizione verso le nuove tecnologie) sono numerosi e sempre molto affollati. E’ una crescita di consapevolezza che investe in primo luogo il mondo del libro, per la prima volta così ampiamente rappresentato; ma poi lo rende visibile all’intera società.
Cosa considera innovativo nel vostro modello?
Ci sono vari elementi di novità. In primo luogo la dimensione partecipata e inclusiva, un progetto fondato sulla capacità di fare rete, sull’intelligenza di chi produce, promuove e ospita gli eventi, ma anche sull’intelligenza del pubblico, sulla sua capacità di scegliere. Certamente uno degli assi portanti di Bookcity sono gli incontri con gli autori di successo, ma per certi aspetti sono più interessanti le centinaia di eventi più piccoli, destinati magari a poche decine di spettatori: sono fondamentali per l’ecologia del libro, per salvaguardare la bibliodiversità.
Un altro aspetto, che è conseguenza di questo, è la partecipazione e il coinvolgimento degli autori e del pubblico: lo scorso anno a Bookcity hanno preso la parola oltre 2000 persone (tra autori, presentatori-conduttori-moderatori, attori, musicisti) per un pubblico di 150.000 persone circa. Nell’ottica della audience participation, si tratta di abbassare la soglia d’accesso agli eventi culturali: gli eventi sono tutti gratuiti, nella programmazione si mescolano alto e basso, la stella pop e il dotto filologo, il poeta raffinato e il rapper tatuato. Bookcity è e vuole essere una festa, con molti eventi spettacolarizzati (con innesti di teatro, musica, cinema, video eccetera), all’insegna del piacere di leggere.
Un secondo aspetto: una manifestazione come Bookcity consente di sperimentare e praticare varie forme di lettura partecipata, magari con il supporto delle nuove tecnologie. Strategico è anche l’apporto di insegnanti e studenti: Bookcity Scuole ha coinvolto lo scorso anno circa 1400 classi, con l’obiettivo di portare Bookcity (e dunque il libro) nelle scuole, piuttosto che gli studenti agli eventi di Bookcity.
Quanto conta per voi essere a Milano e non altrove? E perché?
Probabilmente una manifestazione così in Italia poteva nascere solo a Milano, proprio perché è la capitale dell’editoria, perché nella metropoli esiste una rete di realtà, soggetti, esperienze, professionalità, in grado di attivarsi, collaborare e raggiungere il pubblico. La prima edizione di Bookcity è stata realizzata nel 2012 in poche settimane e ha subito coinvolto e arrivato l’intera città, a livello di proposta, produzione, comunicazione, partecipazione
Qual è il vostro modello di business?
Finora abbiamo seguito una regola semplice, che è stata il modello tra l’altro di Expo in città: a produrre gli eventi sono coloro che li propongono. Bookcity mette a disposizione di chi lo richiede una sala attrezzata per gli incontri: molti spazi sono di proprietà (o nella disponibilità) del Comune di Milano, a cominciare dal Castello Sforzesco, dalle Biblioteche Comunali, dai Musei Civici; altri sono di proprietà dello Stato; altre sale vengono messe a disposizione dai privati, da fondazioni, da associazioni no profit. Insomma, da realtà che hanno progetti di diffusione della cultura e che vogliono condividerli con la città.
Per quanto riguarda la comunicazione, abbiamo media partnership con alcuni grandi gruppi editoriali e con diverse emittenti radiofoniche.
Le risorse che raccogliamo dagli sponsor (che sono la maggior parte del budget di Bookcity) vengono utilizzate per sostenere una struttura molto leggera, per la logistica e per i costi di comunicazione. Ma siamo sull’ordine di poche centinaia di migliaia di euro.
Per sponsor abituali a ragionare in termini di diffusione del messaggio dall’alto in basso e sul rigido controllo della comunicazione, un festival 2.0 come Bookcity è difficile da capire: anche se in realtà è in sintonia con le esigenze e le modalità di comunicazione del pubblico più evoluto.
Se dovesse definirci “contemporaneo”…
Potrei rispondere che Bookcity è una manifestazione che si fonda sul contemporaneo, perché parte dalla produzione attuale dell’editoria italiana, che comprende le novità e i classici “nostri contemporanei”. Ma è una risposta troppo facile e banale. Bookcity cerca di essere contemporanea nel rapporto con il libro e con la cultura. Coinvolgendo la città, invadendo i suoi spazi, inventando nuove modalità di rapporto con il libro, con forme di lettura partecipata (social reading) e utilizzando i nuovi media (non a caso uno dei punti di froza di Bookcity è la comunicazione social) e allargando la base dei lettori.
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