TourFest 2024 | Territori e comunità: curarsi con la sostenibilità
Una intervista a Serena Bavo, direttrice artistica di Earthink Festival
Con il titolo Curami, a settembre si è svolta la XIII edizione di Earthink Festival, la manifestazione itinerante che porta la sostenibilità in giro per il Piemonte. Abbiamo incontrato l‘ideatrice e direttrice artistica Serena Bavo per un bilancio e qualche curiosità, tra coinvolgimento del pubblico e altri progetti in cantiere.
Come è andata la tredicesima edizione del festival?
SB: Molto bene, per diversi motivi. Primo, l’affetto mostrato dalla comunità nei luoghi visitati, come a Casabianca di Asti, dove gli abitanti ci hanno accolto con calore: ci hanno ospitato, preparato la cena e persino pulito gli spazi per gli spettacoli. Questo per noi è un grande traguardo perché uno degli obiettivi del festival non è solo portare spettacoli, ma anche connettersi ai luoghi e valorizzarli. In Valchiusella, dove lavoriamo tutto l’anno, la partecipazione era già consolidata, ma Casabianca è stata una bella sorpresa. Poi abbiamo riscontrato un aumento della partecipazione del pubblico, soprattutto tra i giovani. Dunque anche il progetto “Young World” ha funzionato bene: alcuni ragazzi hanno deciso di continuare con noi e sono molto motivati.
Come riuscite a coinvolgere il pubblico giovane?
SB: Non c’è una formula magica. Coinvolgere i giovani porta automaticamente altri giovani. Il progetto “Young World”, per esempio, ha avuto questo effetto: i ragazzi coinvolti hanno portato amici, che a loro volta hanno conosciuto il festival e sono tornati anche ad altri eventi. Inoltre, scegliamo spettacoli con linguaggi che attraggano i giovani, come Hypergaia: Legacy, che è stato rappresentato in un pub, creando un’atmosfera coinvolgente. Infine, ci vuole pazienza: bisogna lavorare con loro tutto l’anno.
Che tipo di attività proponete ai giovani durante l’anno?
SB: Organizziamo workshop intensivi su temi di loro interesse. Con “Young World” abbiamo offerto formazione sulla sostenibilità e sulle arti performative, poi abbiamo dato loro libertà creativa e un budget per ideare una restituzione. Ne è nata una performance che rifletteva sulle loro paure per il futuro e sull’importanza della comunità. Hanno anche creato una fanzine, che il prossimo anno diventerà una pubblicazione trimestrale del festival. Ora stiamo pensando di dedicare una parte della programmazione a produzioni Under 35.
Secondo te, si avvicinano più per il tema o per la possibilità di espressione?
SB: Entrambi. Il tema della sostenibilità li tocca molto da vicino, ma restano perché trovano uno spazio libero e non giudicante. Per esempio, la fanzine è stata interamente curata da loro, dai testi alla grafica, dimostrando la loro creatività e professionalità.
Tredici anni fa la sostenibilità non era un tema centrale. Perché avete deciso di dedicarci una manifestazione?
SB: Per me era una necessità personale. Già nel 2012 sentivo questo tema urgente, così ho utilizzato gli strumenti che avevo a disposizione: teatro, spettacolo dal vivo e arte performativa. All’epoca se ne parlava poco, e gli spettacoli che affrontavano l’argomento erano spesso didattici, rivolti ai bambini. Negli anni, però, il tema è diventato centrale anche nella produzione culturale, e oggi riceviamo proposte artistiche di alta qualità. Nel 2013 abbiamo lanciato un piccolo bando per incentivare la produzione artistica legata alla sostenibilità. Offrivamo un sostegno economico, una settimana di residenza artistica e la possibilità di essere inclusi nel festival con un cachet. Ne sono nati spettacoli interessanti, come quello della compagnia La Ribalta, Il settimo continente sull’isola di plastica, che è stato replicato numerose volte. È stato un contributo significativo per stimolare l’interesse artistico su questi temi.
Il festival è diventato itinerante. Come avete creato connessioni con le comunità locali?
SB: Il festival è nato itinerante nel 2012, ma nel 2014 è diventato stanziale a Torino. Tornare nei piccoli borghi è stato come ritrovare le origini. Lavoriamo con referenti locali che vivono nelle comunità tutto l’anno e, prima del festival, organizziamo attività per connetterci con gli abitanti. Quest’anno, per esempio, abbiamo realizzato la mostra Territori, con ritratti fotografici e interviste agli abitanti sui loro rapporti con la natura e la sostenibilità. Questi contenuti erano ascoltabili tramite QR code sui ritratti. Queste attività preparatorie ci permettono di creare relazioni significative con le comunità.
State già lavorando alla prossima edizione?
SB: Sì, inizieremo nell’ultimo weekend di agosto in Valchiusella, toccando tre comuni dell’Alta Valle. Poi arriveremo a Torino e concluderemo a Casabianca di Asti nella prima metà di settembre.
Prossimi appuntamenti?
SB: Collaboriamo al progetto “Territori in Luce” in Valchiusella, che include Cinema Ambiente e la performance Passo lento, una fiaba per bambini che dà voce al fiume Chiusella, alle montagne e ai fiori. Gli eventi continuano fino a dicembre, con il supporto del Comune di Vidracco e altri partner. L’obiettivo è promuovere un turismo lento e sostenibile, con nuove attività e sentieri tracciati.
E poi c’è REC 2030…
SB: REC 2030 è nato durante il Covid come podcast per raccontare progetti e attività legati agli obiettivi dell’Agenda 2030. Ogni episodio unisce gastronomia e musica: invitiamo gli ospiti a condividere una ricetta e una playlist, come se fossero a cena. Il progetto è diventato anche un evento live. Finora abbiamo intervistato circa 35 persone, e i podcast sono disponibili sul sito di Radio Banda Larga che ospita il format. Ogni intervista è un piccolo ingrediente della grande ricetta della sostenibilità.
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