Alcuni frammenti sui frammenti

L'intervento al convegno Storie perdute. I 2000 frammenti del teatro greco, Accademia Olimpica, Vicenza, 8 novembre 2024

Pubblicato il 18/11/2024 / di / ateatro n. 201

Le riflessioni ispirate da questi frammenti hanno guidato l’intervista di Oliviero Ponte di Pino a Simone Derai (Anagoor), Serena Sinigaglia (ATIR) e Clemente Tafuri (Teatro Akropolis), nell’ambito del convegno Storie perdute. I 2000 frammenti del teatro greco, Accademia Olimpica, Vicenza, 8 novembre 2024.

Alcuni frammenti sui frammenti

La distanza dagli antichi

Di fronte agli antichi (o meglio, ai frammenti che di loro ci sono arrivati), il nostro atteggiamento è diviso tra due polarità.
Da un lato, sulla scia di Jan Kott, possiamo riconoscerci immediatamente in quei materiali. Vediamo Ilaria Cucchi o la madre di Federico Aldrovandi, e riconosciamo subito Antigone. In un rave party, cogliamo la permanenza del dionisiaco.
Al polo opposto, siamo consapevoli della distanza forse incolmabile che ci separa da quel mondo, come sottolinea Luca Ronconi.

“Non posso non vedere molte opere del passato come segnali provenienti da stelle luminose che non ci sono più. Quello che conta è l’energia originaria e non la realtà attuale. L’unica attualità che esiste è nel nostro occhio di lettori, e non nell’origine. Siamo di fronte a cose che non ci sono più, di cui ci arriva solo il riflesso. E’ proprio questo il loro fascino: il sapere, la propulsione, il bagliore di cose a cui corrisponde un vuoto, un niente. (…) Possiamo contare solo sull’aleatorietà del messaggio, sulla nostra memoria: una memoria del recupero non delle origini.”
(Luca Ronconi, dal programma di sala di Prometeo incatenato)

Eschilo, Prometeo incatenato, regia di Luca Ronconi (ph. Marcello Norberth)

Il fascino del frammento

Dall’antichità – e in genere dal passato – ci possono arrivare solo frammenti. C’è il riferimento alla totalità perduta, di cui il frammento è un lacerto. Ma il frammento nutre una tensione che manca all’opera compiuta e per questo ci affascina.

“Per i grandi le opere compiute hanno minor peso di quei frammenti la cui composizione si protrae per l’intera loro esistenza. Perché solo chi è più debole, più dissipato, prova una gioia impareggiabile nel concludere un’opera, e si sente con ciò restituito alla propria vita. Per il genio tutte le cesure, i duri colpi della sorte come il sonno sereno, rientrano essi stessi nella diligente operosità dell’officina. E di questa egli circoscrive nel frammento il campo d’azione. ‘Il genio è diligenza’.”
(Walter Benjamin, Strada a senso unico, p. 18)

La agency del frammento

Proprio per la sua natura incompleta, il frammento ci interroga e ha dunque il potere di emanciparci dalla nostra passività.

“Il pensiero espresso in forma incompleta è paragonato alle figure in rilievo, che muovono fortemente la fantasia poiché paiono ‘volere uscire dalla parete’: così l’esposizione incompleta – al modo del rilievo – di un pensiero, di un’intera filosofia, è talora più efficace dell’esposizione esauriente: si lascia di più al lavoro di chi guarda, questi viene spinto a continuare a compiere col pensiero ciò che gli si staglia davanti in così forte chiaroscuro, e a superare egli stesso quell’ostacolo che le aveva fino allora impedito di balzar fuori compiutamente.”
(Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano I, 178, vol. 1, p. 128)

La filosofia nasce (e forse muore) con i frammenti

In reazione alla totalità a cui aspiravano i grandi sistemi filosofici, Friedrich Nietzsche predilige la forma aforistica, e dunque frammentaria. La filosofia nasce dai frammenti e forse si conclude – almeno nella sua forma classica – con un’esplosione di frammenti.

# I frammenti presocratici (e le tavolette orfiche): Hermann Diels, Doxographi Graeci (1879) e Fragmente der Vorsokratiker (1903)

# Friedrich Nietzsche (1844-1900): la fine della filosofia come sistema
# Ludwig Wittgenstein (1889-1951): l’atomizzazione dei fatti, le proposizioni del Tractatus Logico-Philosophicus (1921), che non aspirano alla totalità, ma si concludono con la proposizione “Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”.

Il teatro nasce dai frammenti

Come la filosofia, anche il teatro nasce dai frammenti. Non solo perché il corpus dei tragici e dei commediografi antichi ci è giunto incompleto, non solo perché dell’antico spettacolo ci mancano sia le musiche (che ne erano parte essenziale) sia le indicazioni sull’allestimento (comprese quelle sulle macchine sceniche). Ma anche perché – secondo il mito – Dioniso, il dio del teatro, è stato smembrato dai Titani.

Cratere di Prònomos, 410 a.C. circa, Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

“Ma i Titani si insinuano con l’astuzia: dopo di averlo ingannato con giocattoli fanciulleschi, ecco che questi Titani lo sbranarono, sebbene fosse ancora un bambino, come dice il poeta dell’iniziazione, Orfeo il Tracio: ‘la trottola, il giocattolo rotante e rombante, le bambole pieghevoli e le belle mele d’oro delle Esperidi dalla voce sonante’.
E non è inutile menzionarvi come oggetto di biasimo i simboli inutili di questa iniziazione: l’astragalo, la palla, la trottola, le mele, il giocattolo rotante e rombante, lo specchio, il vello.
(Clemente Alessandrino, Protrettico, 2, 17-18)

Lo specchio di Dioniso

Dioniso bambino, mentre si guarda nello specchio, vede sé stesso e il mondo. E viene smembrato dai Titani.

Champignon Magique

Jean Tinguely e Niki de Saint-Phalle, Champignon Magique (1989)

La frammentazione del teatro

In questo sacrificio dionisiaco, il teatro – il corpo dello spettacolo – si segmenta a vari livelli.

# Le sezioni in cui è diviso: per esempio, atti e scene. Anche le tragedie antiche seguivano precise partizioni: prologo, parodo, gli episodi intervallati dagli stasimi, gli intermezzi con i commenti del coro, esodo.

# I ruoli/personaggi che prevede il plot; le battute e le didascalie in cui è segmentato il testo.

# I diversi elementi che compongono la scrittura scenica: testo, gesti, intonazioni, suoni (lo spazio sonoro), immagini, scene (lo spazio), costumi…

Ma fino a che punto deve spingersi la segmentazione?
Quali sono le unità elementari da cui far partire la composizione/il montaggio?

(il “teatrogramma”, secondo il concetto messo a punto e utilizzato da Louise George Clubb nello studio delle influenze del teatro rinascimentale italiano su Shakespeare, è “un’unità teatrale modulare o una microstruttura che, per ‘fissione e fusione’, si trasforma e si combina con altri moduli in vari modi. I tipi di unità modulari includono
i personaggi, le relazioni tra i personaggi, le azioni, i dialoghi, i temi, topoi, i gesti, i movimenti, i luoghi della scena, gli oggetti di scena, le unità linguistiche e altro ancora. I teatrogrammi possono comprendere concetti drammatici, come la trama, ma anche quello che accade sulla scena fisica e incarnata.” [Robert Henke, prefazione a Louise George Clubb, Renaissance Theatergrams: from Italy to England, ETS, 2024, p. 11])

Sul versante della parola
# Il testo nella sua integrità? (l’ideologia, strumento della la regia critica)
# Il ruolo? (la convenzione attoriale) Il personaggio? (la psicologia)
# La battuta? La singola parola? (Luca Ronconi)
# I fonemi? (lo strutturalismo, Carmelo Bene e la phoné; le sillabe di John Cage) (oltre il significato, la musica)

Sul versante del gesto
Come segmentare il flusso dell’improvvisazione? La sequenza di un’azione? Il gesto? (i greci utilizzavano gli schemata, nel senso dei gesti compiuti dagli attori-danzatori, che sono gli elementi costitutivi della coreografia e offrono figurazioni (statiche o dinamiche) immediatamente riconoscibili dal pubblico, perché attinte dal repertorio degli schemata già noti e codificati: vedi Oliviero Ponte di Pino, Per una grammatica del gesto (Maria Luisa Catoni, La comunicazione non verbale nella Grecia antica, Bollati Boringhieri, 2008) (anche il teatro No giapponese conosce dei momenti di staticità (mie), in cui la postura dell’attore con tutta la sua evidenza di significati viene offerta alla contemplazione e alla decodifica dello spettatore)

Come segmentare il corpo dell’attore?

Sul versante della polis
E poi ci sono le differenze – le disuguaglianze, i conflitti – che frammentano la città e che possono trovare espressione sulla scena, dando al teatro una dimensione politica.

Il regista | La frammentazione del testo

Nel lavorare sui testi (non solo i classici), Luca Ronconi frammenta le battute, sia nello spazio grafico della pagina (per esempio per Baccanti con Marisa Fabbri) sia nel tempo delle prove e dello spettacolo. Il vuoto che circonda ogni parola evoca la distanza che dobbiamo percorrere per riappropriarcene, nella ricchezza dei suoi significati e nelle relazioni con gli altri elementi testuali.

“Come in tutti i miei precedenti lavori, invece di puntare su una visione univoca del testo, preferisco organizzare lo spettacolo (è del resto della lettura del testo stesso a suggerirlo) sulla compresenza di diverse interpretazioni: l’opera di Eschilo non viene considerata un blocco monolitico, ma, secondo il principio di discontinuità, un insieme disuguale che dia luogo a uno spettacolo scrupolosissimo, rispettoso del testo stesso, ma fatto di tanti prismi, di dissimili frammenti, destinati a ricostruirsi in un tutto alla fine nella mente dello spettatore.
Analogamente il coro, anziché venire considerato un tutto unitario, viene smontato e scomposto in singoli nuclei indipendenti, che conducono separatamente il loro discorso.”
(Luca Ronconi, in Franco Quadri, Il rito perduto, Einaudi, p. 199)

Eschilo, <em>Orestea</em>, regia di Luca Ronconi

Eschilo, Orestea, regia di Luca Ronconi

L’attore | La frammentazione del testo

Lo stesso percorso di frammentazione deve seguire l’attore. Anche quando si supera (o si nega) la distribuzione delle battute tra i diversi personaggi, come nelle Baccanti allestite all’Istituto Magnolfi Prato con Marisa Fabbri come unica interprete (dove la segmentazione tra i diversi personaggi era sostituita da una segmentazione tra i diversi spazi dove si svolgeva l’azione scenica).

<em>Baccanti</em> di Euripide, regia di Luca Ronconi (1978)

Baccanti di Euripide, regia di Luca Ronconi (1978) Laboratorio Teatrale di Prato. Nella foto, Marisa Fabbri.

“Il lavoro che inizialmente la Fabbri affronta incontrando un copione armata essenzialmente del bisturi forgiatole dalla linguistica, intesa nella sua accezione più ampia, si configura dunque come necroscopico sezionamento letterale del corpo del testo, alla ricerca sia delle sue componenti prime, lessicali, irriducibili, sia delle dinamiche sintattiche, metriche o prosodiche che legano tali segmenti in macro unità interpretative al di fuori di ogni modello di personaggio e usando al più la categoria operativa di ‘funzione’, o ‘figura’, come mero tramite di comunicazione o superficie di contatto tra sé e la totalità della scrittura.”
(Claudio Longhi, Marisa Fabbri, Le Lettere, p. 476)

L’attore | La frammentazione dell’azione

“L’attore che lavora in un sistema spettacolare codificato costruisce il ‘montaggio’ attraverso un processo di alterazione fisica del comportamento ‘naturale’ e ‘spontaneo’. (…) Il risultato di tutti questi processi, che utilizzano i procedimenti del comportamento e della fisiologia per amplificarli ricreandone un equivalente, è una serie di partizioni ben precise e fissate.”
(Eugenio Barba e Nicola Savarese, L’arte segreta dell’attore. Dizionario di antropologia teatrale, Argo, p. 118)

L’autore | La frammentazione dell’Io

Heiner Müller alla dimostrazione del 4 novembre 1989 a Berlino

“La prima esigenza è il bisogno molto elementare di distruggere illusioni. Sì, ci provo gusto a distruggere illusioni, forse perché le mie sono andate in frantumi molto presto e ora voglio provare l’effetto che farà sugli altri.”
(Heiner Müller, Tutti gli errori. Interviste e conversazioni 1974-1989, Ubulibri, p. 43)

Il testo | L’interpretazione a partire dai frammenti

Di fronte al materiale magmatico del mito, i frammenti possono suggerire interpretazioni diverse da quelle correnti.

“Edipo dà il nome ad un altro dei poemi omerici del ciclo tebano, l’Edipodia, del quale non restano frammenti consistenti; è perciò impossibile ricostruirne l’esatto contenuto, benché paia plausibile che in esso dovessero essere trattate le principali vicissitudini dell’eroe, presumibilmente la vittoria sulla Sfinge, l’ascesa al trono di Tebe e la scoperta dell’incesto. La presenza degli ultimi due punti sembra confermata da una testimonianza di Pausania, il quale (…) afferma che i figli di Edipo noti alla tradizione non nacquero dalla moglie incestuosa, bensì da una seconda moglie, identificabile con Euriganeia, figlia di Iperfante (…) La nascita di figli dall’unione incestuosa sarebbe una novità introdotta solo successivamente nella tradizione.”
(Elisa Bizzarri, Frammenti di Edipo. La figura di Edipo nei frammenti poetici di età arcaica e classica, “Itinera. Rivista di filosofia e teoria delle arti”, 7, 2014, pp. 9-33)

Da questo frammento, emerge una versione del mito che sfugge all’interoretazione freudiana.
Diverso è anche l’Edipo di Euripide, di cui restano 18 frammenti: Edipo non si acceca, ma viene accecato dai servi di Laio; e quando Edipo viene esiliato da Tebe, Giocasta (che non si è uccisa) lo aiuta nella fuga.

La ricomposizione

Philip Glass e Robert Wilson, <em>Einstein on the Beach</em>, 2012 (foto Lesley Leslie Spinks)

Philip Glass e Robert Wilson, Einstein on the Beach, 2012 (foto Lesley Leslie Spinks)

Così come il corpo di Dioniso, smembrato dai Titani, viene ricomposto, così anche il corpo frammentato del teatro viene ricomposto. Su diversi livelli, e con diversi punti di vista.
La ricomposizione può avvenire ricostruendo una narrazione lineare, un plot (per ridare unitarietà ai materiali). In alternativa, la narrazione può seguire una struttura ramificata (tenendo aperte diverse opzioni e possibilità di sviluppo narrativo, magari a scelta del lettore/spettatore).
La composizione può anche obbedire a ragioni di ordine prettamente musicale o architettonico, a prescindere da ogni struttura narrativa, come accade in molti spettacoli di Bob Wilson o di Pina Bausch.
Una modalità di ricomposizione particolarmente cara a Walter Benjamin è la collezione, ovvero “la vertigine della lista”, per dirla con Umberto Eco.
Un’altra modalità, quella scelta da Ludwig Wittgenstein per il Tractatus Logico-philosophicus, consiste nell’inanellare i “fatti” nelle proposizioni che si possono dire all’interno di quel sistema: nel 1930 Kurt Godel dimostrerà che in qualunque sistema sufficientemente complesso, oltre a proposizione di cui è possibile determinare la verità o la falsità, esistono proposizioni indecidibili. Nessun sistema può essere “completo”.
La sequenza può anche essere causale, come accade con le sillabe dei Diari di David Henry Thoreau che John Cage pronunciava nelle 11 ore di Empty Words (1978), determinando la scelta e l’ordine dei frammenti utilizzando l’I-Ching.
L’intelligenza artificiale sminuzza enormi quantità di dati (testi, suoni o immagini) e le ricompone su base probabilistica in testi, canzoni, immagini e filmati che ci paiono dotati di senso.

Punti di vista sul montaggio | L’attore

Per descrivere la ricomposizione della partitura gestuale degli attori (anche nelle forme spettacoilari delle tradizioni orientali), Richard Schechner parla di “comportamento reastaurato”.

“Un comportamento restaurato è un comportamento vivente trattato come un regista cinematografico tratta una pellicola. Ogni striscia deve essere risistemata, ricostruita. Essa è indipendente dai sistemi causali (sociale, psicologico, tecnologico) che l’hanno portata all’esistenza: ha un comportamento proprio. (…) Originando un processo (…) le strisce di comportamento non sono più loro stesse dei processi, ma degli oggetti, dei materiali.”
(Richard Schechner, in Eugenio Barba e Nicola Savarese, L’arte segreta dell’attore. Dizionario di antropologia teatrale, Argo, p. 118)

Punti di vista sul montaggio | Il regista

L’accostamento dei frammenti genera nuove possibilità di senso.

“Nel montaggio del regista le azioni, per diventare drammatiche, debbono ricevere un’altra valenza che abbatte il significato e le motivazioni per cui le azioni erano state composte dagli attori. (…) Ciò che fa trascendere le azioni e le spinge al di là del loro significato illustrativo, deriva dalla relazione per cui sono poste nel contesto di una situazione. Messe in relazione con qualcosa d’altro, diventano drammatiche. Drammatizzare un’azione significa introdurre un salto di tensione che la obbliga a svilupparsi verso significati differenti da quelli originari. Il montaggio, insomma, è l’arte di porre le azioni in un contesto che le faccia deviare dal loro significato implicito.”
(Eugenio Barba e Nicola Savarese, L’arte segreta dell’attore. Dizionario di antropologia teatrale, Argo, p. 120)

(Il principio è alla base del surrealismo [“belle come l’incontro fortuito di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio”, scriveva Lautréamont] e dello straniamento brechtiano)

Punti di vista sul montaggio | Il testo

Un testo può essere composto solo di citazioni (diventando addirittura un genere lettarario, il centone), oppure di frammenti. Contro i cristiani è un testo ricostruito a partire dalle citazioni nel testo che lo confutava: è il negativo di un negativo, costruito per frammenti.

“Quando, verso l’anno 248, si accingeva a confutare le critiche contro i cristiani contenute in un libro inviatogli dal suo caro discepolo, amico e benefattore Ambrogio, Origene non sapeva che con la sua replica, destinata a vincere i secoli, avrebbe proprio lui trasmessa ai posteri la memoria d’un’opera e d’un autore che altrimenti sarebbero caduti nell’oblio più completo.”
(Salvatore Rizzo, “Premessa al testo”, in Celso, Contro i cristiani, Rizzoli, p. 11)

Punti di vista sul montaggio | L’autore

Tradizionalmente, i testi teatrali si presentavano come unità organiche, ben costruite (la pièce bien faite), e se possibile basate sulle unità aristoteliche di tempo, di luogo e d’azione. Con qualche inquietudine dei classicisti rispetto alla libertà di Shakespeare… Ma la tradizione novecentesca, a partire da James Joyce, ha disintegrato e reiventato le forme narrative. Questo movimento ha investito anche la scrittura drammaturgica.

“Quando lo sviluppo della trama, con la sua logica interna, perde la sua centralità, quando la composizione non viene più considerata come una qualità organizzativa, ma come un’imposizione produttiva, come un semplice trucco di una logica d’azione che serve solo a fabbricare cliché (…), allora il teatro si confronta con le possibilità che si aprono oltre il dramma, e non necessariamente oltre la modernità.”
(Hans-Thies Lehmann, Postdramatic Theatre, p. 26)

Con il postmoderno, l’autore abbandona le strutture narrative lineari, chiuse. Cambiano anche le modalità di composizione e scrittura. Heiner Müller lamentava che

“Il collage a teatro non viene pressoché utilizzato come metodo.”
(Heiner Müller, Tutti gli errori. Interviste e conversazioni 1974-1989, Ubulibri, p. 20)

Oggi spesso un autore (o un regista) costruisce i suoi testi a partire dal montaggio di frammenti di varie origini, con date di composizione spesso diverse. E’ accaduto con Hamletmachine di Heiner Müller, uno dei prototipi del postdrammatico, ma non solo.

“Il mio testo nasce anche come recupero di materiali inutilizzati. Quella che ora viene rappresentata a Bochum è stata scritta in realtà in periodi diversi, come altre opere che hanno vissuto un analogo processo di assemblaggio. La prima parte ad esempio, Riva abbandonata, risale a trent’anni fa, tranne pochi cambiamenti effettuati in seguito. Il testo centrale, il vero e proprio dramma di Medea, è già scritto da circa quindi anni. Veramente nuova e solo l’ultima parte, Paesaggio con argonauti.”
(Heiner Müller, Tutti gli errori. Interviste e conversazioni 1974-1989, Ubulibri, p. 103)

Punti di vista sul montaggio | Lo spettatore

Anche l’attenzione dello spettatore è intermittente, frammentata. Lo spettacolo vive e si ricompone solo nella memoria.

“E’ una presunzione tipica della gente di teatro quella di dire: ‘Ho incatenato l’attenzione del pubblico’. Non è vero. L’attenzione non la puoi incatenare perché per natura è intermittente; non sarebbe umana se non ci fossero altri piani. Questa disposizione del pubblico all’intermittenza l’ho sempre apprezzata. (…) Ritengo (…) che i grandi modelli siano stati sempre quelli che hanno tenuto conto e rispettato questa naturale tendenza dello spettatore. (…) In teatro e all’opera, le rappresentazioni sono strutturate proprio sulla libertà dello spettatore di distrarsi. (…) Per lo spettatore è sì importante ciò che vede, ma è ancora più importante e più ricco quello che riesce a immaginare.”
(Luca Ronconi, in Luca Ronconi e Gianfranco Capitta, Teatro della conoscenza, Laterza, pp. 29-30)

Paul Klee <em>Angelus Novus</em>

Paul Klee Angelus Novus

Un paesaggio di rovine

Abbiamo da sempre familiarità con i frammenti. Conviviamo da millenni con le rovine degli imperi del passato e a volte immaginiamo di ricostruirli.

“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.”
(Walter Benjamin, Angelus Novus)

Un paesaggio geopolitico frammentato

“Il ‘paesaggio geopolitico frammentato’ che il presidente della Blackrock, Larry Fink, ha definito una nuova forza strutturale decisiva per i profitti del suo fondo, è destinato a durare. E anche gli amministratori delegati si stanno preparando per il nuovo mondo. Nella sua riunione di luglio con gli investitori della Tesla, Elon Musk ha suggerito la sua soluzione all’ascesa della geopolitica: ‘La cosa migliore che possiamo fare è avere fabbriche in molte zone del pianeta’, ha detto. ‘Se le cose si mettono male in una zona, possiamo comunque andare avanti nelle altre’.”
(Shawn Donnan e Enda Curran, Il mondo frammentato, “Internazionale”, n. 1531, 29 settembre 2023)

La totalità in ogni frammento?

Contro i miopi. Credete dunque che sia opera frammentaria, perché ve la si dà (e si deve dare) a pezzi?”
(Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano II, 128, Mondadori, Milano 1976, vol. 2, p. 49)




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