Il coro tra messinscena e messa in vita

All'Olimpico di Vicenza con la direzione di Ermanna Montanari e Marco Martinelli l'Orestea di Theodoros Terzopoulos e l’Edipo di Alessandro Serra

Pubblicato il 17/10/2024 / di / ateatro n. 201

Con la direzione artistica affidata per un biennio a Ermanna Montanari e Marco Martinelli il Ciclo di Spettacoli Classici all’Olimpico di Vicenza ritrova una dimensione internazionale e uno sguardo alto sul teatro contemporaneo nel suo rapporto con l’antico. L’immagine-concetto del “coro”, scelto come guida dai due curatori, è perfettamente coerente con il loro lungo percorso culturale, basti pensare alla ricerca originalissima di Ermanna Montanari sulle potenzialità performative della voce e ai lavori di entrambi con “cori” di adolescenti in giro per il mondo, alle “chiamate pubbliche”, alle grandi costruzioni, appunto, corali. Al coro Martinelli ha dedicato uno dei suoi folgoranti libretti (Coro, edizioni Akropolis).
Il programma del primo anno declina con coraggio e intelligenza il dispositivo prismatico prescelto. Tra il prologo primaverile con Meredith Monk e la misterica conclusione di Giovanni Lindo Ferretti, passano sul palco palladiano l’Orestea di Theodoros Terzopoulos e quella testoriana di Evelina Rosselli, l’Edipo di Alessandro Serra e l’Elettra di Serena Sinigaglia, ma anche una delle tre imprese collettive in calendario: un Pluto. God of Gold firmato da Martinelli con la partecipazione di 65 adolescenti dell’entroterra napoletano e di Vicenza.
Radice del teatro e specchio della polis, esperienza poetica e gesto politico, il coro è una pratica originaria delle Albe, coltivata dagli anni della “Romagna africana” fino ai progetti della non-scuola e alle grandiose “chiamate pubbliche” con una perseveranza “asinina” la cui motivazione è ben svelata da Martinelli nel suo Farsi luogo (Cue Press): “Più che la messa in scena mi interessa la messa in vita, un corto circuito, un legame infuocato tra gli artisti e i cittadini”.
La messinscena interessa invece a Theodoros Terzopoulos e ad Alessandro Serra, entrambi intenti alla riemersione dell’energia dionisiaca attraverso un diverso ma altrettanto raffinato e profondo lavoro sul corpo e sulla voce.

<em>Orestea</em>, regia di Terzopoulos (foto Daniel Bertacche)

Orestea, regia di Terzopoulos (foto Daniel Bertacche)

L’Orestea fisica di Theodors Terzopoulos

Gli attori di Terzopoulos sono addestrati con un training collaudatissimo (un vero e proprio metodo insegnato in tutto il mondo) che fa risalire le parole dall’organismo, il ritmo dal respiro. Gli esercizi sul diaframma portano alla liberazione del linguaggio inscritto nel corpo. Dopo oltre sei mesi di prove e il debutto a Epidauro l’estate scorsa, l’Orestea del maestro greco ha fatto vibrare l’Olimpico di echi remoti in cortocircuito con il presente. Nelle tre ore e mezza di spettacolo, campo d’azione diventa il corpo degli interpreti (più di trenta) che percorrono in formazioni ritmiche lo spazio scenico circolare, innervando le linee di forza indicate dagli otto spicchi segnati a terra e circondati da panni intrisi di sangue. Piedi, mani, spalle, fiato, tutto il corpo si muove ritmicamente. I performer tracciano segmenti di tensione. Costruiscono scene corali, spesso in tempi dispari, ma sono capaci di assoli potenti. La Cassandra di Evelyn Assouad percorre con le spalle a terra il diametro della scena strisciando con voce sussultante, con lamenti angosciosi. La Clitennestra di Sophia Hill ha parole che diventano urli, pronuncia le ferite con salti di tono sugli acuti.

Evelyn Assouad è Cassandra nell'<em>Orestea</em> di Theodoros Terzopoulos (foto Daniel Bertacche)

Evelyn Assouad è Cassandra nell’Orestea di Theodoros Terzopoulos(foto Daniel Bertacche)

Foto Daniel Bertacche

Unica delle trilogie classiche a esserci pervenuta per intero, riflette i cambiamenti in atto nella società e nella politica ateniesi del V secolo avanti Cristo. E poiché la vicenda affronta il tema della giustizia – la natura della giustizia – non stupisce che il regista abbia interrogato il testo antico alla luce del mondo contemporaneo che sembra attonito, impotente, incapace di affrontare le controversie internazionali. Se allora si trattava del passaggio dalla giustizia vendicativa a una giustizia dialettica, basata sul logos, e quindi sull’istituzione di tribunali e sull’organizzazione di processi, oggi la dinamica sembra invertita nei conflitti in corso. Per questo Terzopoulos prima accenna a qualche riferimento al presente (un canto in arabo, una raffica di mitra sulla folla), per lasciare emergere alla fine, in tutta la sua violenza, una attualizzazione che suona come una critica durissima alle false democrazie occidentali. Scendendo dai gradoni della cavea, un cittadino ateniese (Tasos Dimas) esorta le Eumenidi a ritirarsi nelle profondità della terra, esaltando il nuovo ordine mondiale: “Welcome to the New World”. Mentre riprendono le raffiche e le detonazioni, dai notiziari arrivano schegge di inquietante e contraddittoria attualità: i morti a Kiev e a Gaza, gli indici Dow Jones e Nasdaq.

L’Edipo in grecanico di Alessandro Serra

Per riaccendere il mito, Serra si affida alla forma dei sentimenti, ovvero agli archetipi, e legge la vicenda di Edipo come “la storia dell’Uomo che giunge a un risveglio interiore dopo aver attraversato il dolore ed essersi ricongiunto all’infanzia”. Il copione tiene insieme Edipo re e Edipo a Colono, oltre che i racconti del mito. L’attento studio intorno ai movimenti, alle posture alla gestualità degli attori, da leggere come geroglifici secondo la lezione mejercholdiana, porta il regista a mettere in rilievo la lingua del corpo fatta di schemàta emotivi o comportamentali, quali paura, stupore, vergogna.
Serra è uno straordinario costruttore di immagini (anche se qui meno incisive che nei precedenti spettacoli) entro le quali i personaggi si muovono in una dimensione onirica. Alla traduzione italiana, ritenuta inadatta all’altezza del tragico, si è preferita una versione (di Salvino Nucera) in lingua grecanica, antica ma viva, musicale e sensuale. I canti composti da Bruno De Franceschi sgorgano intensi dallo spazio acustico in cui si trasforma il corpo stesso dei performer. Il coro crea forme, modula l’azione, sembra realizzare l’indicazione aristotelica di considerarlo unitariamente come uno degli attori. Talvolta diventa anche servo di scena.

<em>Edipo</em>, regia di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

Edipo, regia di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

Edipo, regia di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

L’Edipo di Jared McNeill è potente, la sua voce risale dalle profondità oscure del grecanico e si fa canto rauco, sprigiona volumi stentorei. Canta il coro, canta la “cagna cantatrice” che è la Sfinge, anche i dialoghi sono melodiosi. Serra è troppo accorto per lasciarsi illudere circa la possibilità di ricreare il mito. In un’epoca di macerie, dichiara, non c’è altro da fare che lavorare su ciò che resta: le parole, la voce. Trasformare in energia sonora le emozioni. Suoni e figure costruiscono così un’architettura drammaturgica capace di suscitare contenuti psichici, aure, campi di energie sottili, con i relativi rischi di sdrucciolamento nell’esoterico se non nel chiesastico.

Jared McNeill nell<em>’Edipo</em> di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

Jared McNeill nell’Edipo di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

Va da sé che risuona oltremodo suggestiva la tragedia di Edipo nel teatro che fu inaugurato nel 1585 proprio con l’opera di Sofocle. In questo allestimento, come va di moda dire oggi, site-specific, Serra non resiste alla tentazione – sempre scivolosa – di misurarsi con l’ingombrante scenografia di Scamozzi: prevedibile la sagomatura di alcune statue in nicchia, ma semplicemente perfetta l’uscita di Edipo che si allontana nell’illusionismo prospettico verso una morte liberatoria, consegnandosi nudo alla propria matrice originaria, in una Tebe che diventa Colono che diventa il bosco sacro che diventa pura visione. Scrive Serra nelle note di regia: “Il teatro è un’allucinazione creata dal coro e condivisa con gli spettatori”.

<em>’Edipo</em>, regia di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

Edipo, regia di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

<em>’Edipo</em>, regia di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)

Edipo, regia di Alessandro Serra (foto Roberto De Biasio)




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