Il crocifisso, la poltrona e la querela | Un’inchiesta sulla politica culturale della destra al governo

Terza puntata (luglio-dicembre 2023)

L’inchiesta completa

03_07_23 | Roma | Biglietto a 5 euro per entrare al Pantheon

E’ il sito museale più visitato in Italia, circa nove milioni di visitatori ogni anno,

dice il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che ha voluto attuare il progetto dell’ingresso a pagamento già avviato dal suo predecessore Dario Franceschini. (…)

I soldi verranno divisi in tre parti: Ministero dei Beni Culturali, Curia, Comune di Roma. Il Ministero deve occuparsi della cura e della manutenzione del monumento. Il Comune deve invece pensare alla riqualificazione di piazza della Rotonda e la Curia destinerà parte di quei fondi ai poveri.
(Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, in Alessandra Arachi, Sangiuliano: da luglio biglietto a 5 euro per il Pantheon, “Corriere della Sera”, 12 giugno 2023)

07_07_23 | Roma | Gennaro Sangiuliano al Premio Strega

“Ho ascoltato le storie espresse nei libri finalisti: sono tutte storie che prendono e fanno riflettere… Proverò a leggerli”.
Attimo di disappunto, poi la conduttrice, Geppi Cucciari, fa partire la domanda: “Ah, non li ha letti?”
“Li ho letti perché ho votato per questi volumi, ma voglio approfondire”.
“Oltre alla copertina, dentro… Un bell’applauso al nostro ministro”, ha concluso Cucciari.
(Stella Cercasio, Votare libri senza leggerli, la gaffe di Sangiuliano, “la Repubblica”, 8 luglio 2023)

Il ministro Gennaro Sangiuliano e Geppy Cucciari a Valle Giulia per la serata finale del Premio Strega

11_07_23 | Andrea Abodi contro il coming out del calciatore Jakub Jankto

Per me è prima una persona e poi un atleta… Non faccio differenze di caratteristiche che riguardano la sfera delle scelte personali… E le scelte personali vanno rispettate. Se devo essere altrettanto sincero, non amo in generale le ostentazioni.
(Andrea Abodi, ministro per lo Sport e i Giovani, in Paolo Tomaselli, ”Il coming out di Jankto? Non amo le ostentazioni”. E’ bufera sul ministro Abodi, “Corriere della Sera”, 11 luglio 2023)

Jakub Jankto

Tanta gente ha paura di venire allo scoperto, per questo spero che il mio gesto possa aiutare qualcuno… Ci sono altri calciatori, mi sono arrivati i messaggi… Non pretendo che adesso facciano coming out anche loro, però forse il mio esempio li può aiutare.
(Jakub Jankto, giocatore del Cagliari, in Paolo Tomaselli, “Il coming out di Jankto? Non amo le ostentazioni”. È bufera sul ministro Abodi, “Corriere della Sera”, 11 luglio 2023)

15_07_23 | Torre del Lago | Alberto Veronesi licenziato dal festival pucciniano dopo aver diretto la Bohème bendato

Dalle grida “Vergogna, vattene a casa, buffine e leccaculo” che hanno accolto a ogni entrata il “direttore bendato” Alberto Veronesi, al pugno chiuso fatti scattare dal regista Christophe Gayral in risposta alle rimostranze finali per la lettura collocata tra autunno 1967 e maggio 1968 parigino. Due gesti: mesto sunto della preconcetta contrarietà alla Bohème che ha aperto il 69esimo Festival Puccini di Torre del Lago. Definista (senza averla vista) “comunista” per il contenuto e il messaggio da Vittorio Sgarbi che aveva invitato Veronesi a non dirigerla, poi almeno a bendarsi gli occhi.
(Angelo Foletto, La Bohème hippie l’imbeccata di Sgarbi al direttore bendato, “la Repubblica”, 16 luglio 2023)

Alberto Veronesi dirige Bohème a Torre del Lago

È un licenziamento ideologico… Non posso accettarlo… Mi presenterò a ogni recita.. E, se sul podio ci sarà un altro, chiederò i danni di lesa immagine.

La lettera con cui la Fondazione Puccini lo solleva dall’incarico di dirigere le prossime rappresentazioni di Bohème al Festival di Torre del Lago, non va giù ad Alberto Veronesi… Tanto più che il sostituto c’è già, il maestro Manlio Benzi, parmense, con alle spalle una solida carriera lirica. Le motivazioni del licenziamento?

Risibili… Sarei arrivato in ritardo una prova, non esiste che uno venga mandato via per questo.

Oltre al ritardo, ci sarebbero altri cinque punti che le vengono contestati…

Sciocchezze… Si dice che avrei fatto delle dichiarazioni prima dello spettacolo, e non è vero…

Si parla di mancanza di fiducia, appunto. Che vuol dire?

Forse che dirigere con la benda sugli occhi per non vedere quel che succede in scena non è proprio regolamentare? Ma non è scritto da nessuna parte che presentarsi mascherati sia un crimine! L’ho fatto perché non volevo tirarmi indietro, ma neanche condividere lo sfregio di vedere il capolavoro di Puccini tra pugni chiusi e bandiere rosse…

Ma lei non sapeva che l’ambientazione dell’opera nel Maggio francese?

Sì, ma avevamo concordato con il regista che non ci sarebbero stati simboli politici, solo ambientalisti, visto che alla fine la rivolta è riportata ai nostri giorni…

Il regista Christopher Gayral sostiene che le aveva mandato foto e bozzetti già sei mesi fa,. e lei li avrebbe giudicati interessanti…

Gayral è un bravissimo regista, appunto, ma quello che aveva illustrato non è quello che mi sono trovato davanti.

La benda deve aver comunque creato problemi ai cantanti, agli orchestrali. Da qui l’accusa di aver messo a repentaglio la serata.

Anche Karajan dirigeva a occhi chiusi! E nessuno ha mai avuto niente da ridire…

Paragone ardito, no?

Perché? Non ho sbagliato una nota, sfido a dire il contrario… La mia esecuzione può piacere o no, ma è stata impeccabile. Le ragioni di tanto accanimento sono altre..

Quali?

Ragioni politiche. In Toscana non hanno mandato giù che alle recenti elezioni di Lucca io abbia deciso all’ultimo di lasciare la lista Calenda per sostenere quella del sindaco di destra… Non me l’hanno perdonata, hanno preso la palla al balzo per farmi fuori.

Non solo la sinistra. Anche Massimiliano Baldini, responsabile della cultura della Lega in Toscana, l’accusa di sceneggiata politica…

Baldini ce l’ha con me da quando ci eravamo sfidati alle amministrative di Viareggio… Vecchi rancori.
(Alberto Veronesi, in Giuseppina Manin, Veronesi licenziato dal Festival: vendetta politica, farò causa, “Corriere della Sera”, 18 luglio 2023)

16_07_23 | Pompei | Parte il treno Roma-Pompei

Un treno che ogni terza domenica del mese collega Roma a Pompei, con una fermata a Napoli Centrale, in un’ora e 47 minuti. Sul viaggio inaugurale del Frecciarossa Trenitalia c’erano anche Giorgia Meloni e il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. «Questa iniziativa speriamo abbia un successo tale da essere implementata in termini di tratte e potrà essere più fruibile», ha detto la premier, “perché il nostro obiettivo è quello di collegare il grandissimo patrimonio che abbiamo anche a una fruibilità e una facilità di raggiungimento che in tempi come questi è fondamentale”. Anche il ministro punta ad aumentare le corse: “Se andrà bene aumenteremo il numero delle corse”, assicura, sottolineando poi l’importanza del sito archeologico campano, “Pompei è un’eccellenza. Si è concluso da poco il grande progetto Pompei, che ha ridato lustro a questo luogo dopo anni di degrado. Ma noi non ci fermiamo, sto provvedendo a finanziare nuove opere di scavo, nuovi allestimenti, nuovi miglioramenti di servizio”. Per ora, l’unica corsa prevista – la terza domenica di ogni mese – parte al mattino da Roma Termini alle 8.53 con fermata a Napoli Centrale alle 10.03 e arrivo alla stazione di Pompei alle 10.40. Ad attendere i viaggiatori diretti agli Scavi il bus navetta Pompei Link. Il ritorno è alle 18.40 con fermata a Napoli Centrale alle 19.23 e arrivo a Roma Termini alle 20.55.
(Massimo Ferraro, Meloni e Sangiuliano inaugurano il primo Frecciarossa Roma-Pompei. Previsto un viaggio al mese: “Se funziona verrà implementato”, “openonline”, 16 luglio 2023, alla pagina https://www.open.online/2023/07/16/treno-roma-pompei-meloni-sangiuliano-inaugurazione-video/)

Il servizio funzionerà solo una volta al mese, e l’apertura nel nuovo hub ferroviario a Pompei, un progetto da 35 milioni di euro che sta portando avanti non aprirà prima della primavera 2024. Nonostante tanto rumore per (quasi) nulla, l’evento è stata però l’occasione per riesumare vecchie polemiche, attorno a un modello di turismo orientato sempre più al consumo frenetico, e sempre più alienato dalla comunità che lo ospita.
Da anni, il progetto Roma-Pompei è contestato dagli operatori economici campani per un semplice motivo: prevede di saltare completamente lo stop a Napoli, e secondo i piani originali prevede la realizzazione di una passerella aerea che avrebbe collegato l’hub con il Foro degli scavi tagliando la città di Pompei dal flusso dei turisti. La paura è quella di un flusso mordi-e-fuggi che possa ridurre drasticamente le ricadute sull’indotto regionale, sotto forma di pizzette, bibite e souvenir acquistate presso le stazioni di raccordo e nei luoghi di attesa. Ora però, dopo mediazioni con le amministrazioni locali, il piano non prevede ancora una infrastruttura nuova di zecca ma solo lo sfruttamento delle tracce ferroviarie pre-esistenti.
(Paolo Mossetti, Perché il Roma-Pompei è il treno della discordia, “Wired”, 18 luglio 2023, alla pagina https://www.wired.it/article/pompei-roma-treno-diretto-turismo/)

Tremila viaggiatori in un trimestre, una media di 300 ogni domenica. Già oltre mille prenotazioni per il mese di ottobre, incluso il tutto esaurito di oggi. Sono i numeri del Frecciarossa Roma Termini-Pompei (e viceversa): dati che hanno spinto Trenitalia a confermare il collegamento ferroviario anche per tutto il 2024. Verrà effettuato ogni domenica, con corse straordinarie nei giorni festivi, per esempio il 1° novembre e l’8 dicembre.
Una decisione che viene commentata con soddisfazione dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. “I dati testimoniano il grande successo di un’iniziativa in cui abbiamo creduto fin dal principio”, dice il titolare del dicastero. “Facciamo le cose con gradualità”, aggiunge. “Dopo una prima fase sperimentale abbiamo reso settimanale il collegamento e i fatti ci hanno dato ragione.” E annuncia: “Pensiamo di estendere ulteriormente il servizio.”
(Massimo Ferraro, Il Frecciarossa Roma-Pompei prorogato per tutto il 2024. Il ministro Sangiuliano: “Grande successo”, “RAINews”, 15 ottobre 2023, alla pagina https://www.open.online/2023/07/16/treno-roma-pompei-meloni-sangiuliano-inaugurazione-video/)

20_07_23 | Monfalcone | La crociata anti-burkini della sindaca leghista

A lei vedere le donne musulmane immergersi in mare con indosso il burkini non piace proprio: lo considera un “comportamento inaccettabile” con “conseguenze insopportabili sulla salvaguardia del decoro del luogo”. E allora, visto che la sindaca, per evitare che lo “sconcerto”, suo e degli altri frequentatori delle spiagge che rientrano nel perimetro della città che amministra, si ripeta, ha deciso di passare ai fatti, vietando la balneazione con abiti diversi dal tradizionale costume da bagno. A tutti, uomini compresi… Anna Cisint, prima cittadina di Monfalcone, al suo secondo mandato e leader della Lega, fa di nuovo parlare di sé.
(Luana De Francisco, ”Niente bagno vestiti” La crociata anti-burkini della sindaca leghista, “la Repubblica”, 20 luglio 2023)

20_07_23 | Gennaro Sangiuliano riforma il Ministero della Cultura

Di prassi sono due le modalità con cui si procede alla revisione delle strutture ministeriali: per legge o attraverso regolamenti organizzativi in forma di decreti del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. Escludendo la legge, che ha paletti molto rigidi, viene in genere preferito il regolamento. Che però deve seguire un iter ben codificato: approvazione in CdM, parere del Consiglio di Stato, ritorno in CdM, parere delle competenti Commissioni parlamentari, registrazione della Corte dei Conti. Insomma, serve almeno un anno per completare tutti i passaggi. Ma evidentemente Gennaro Sangiuliano non vuol perdere troppo tempo per piazzare i suoi uomini alla testa degli uffici più strategici. E quindi cosa fa? Per liberarli, infila la modifica dell’organizzazione in un emendamento al decreto P. A., da presentare in extremis, confidando nella distrazione delle opposizioni. Un blitz che gli consentirà di bypassare commissioni parlamentari e magistrature, allontanando tutti gli attuali dirigenti entro pochi mesi.
La riforma prevede infatti di sopprimere la figura del Segretario generale per resuscitare i capi dipartimento, così come aveva deciso nel 2004 l’allora ministro Rocco Buttiglione. Uno schema rivelatosi presto fallimentare – mancava una figura di coordinamento e i Dipartimenti non comunicavano fra di loro – al punto che appena due anni dopo Francesco Rutelli lo cambiò per stabilire gli assetti che hanno fin qui resistito per oltre tre lustri.
Ebbene ora, con la modifica al decreto legge 75/2023, Sangiuliano vuole tornare all’antico: cioè i dipartimenti, aumentati da 3 a 5 rispetto a Buttiglione, sotto cui insisteranno le 11 Direzioni Generali (Cinema, Spettacolo, Musei, Archivi, Biblioteche…), oggi coordinate dal solo Segretario Generale. Risultato? Verrà ripristinata un’organizzazione che già non ha funzionato e creme e incrementati i posti, politicizzando incarichi che viceversa dovrebbero restare nell’orbita della PA… I capi dipartimento vengono di fatti nominati dal CdM, ma su proposta del ministro, senza interpello… E ai prescelti (che in teoria potranno essere tutti esterni) basteranno i requisiti minimi prescritti per legge. Una lettura tuttavia contestata da fonti del Collegio Romano, secondo cui “l’obiettivo è avere una gestione più abile ed efficiente., mentre la maggior parte dei dirigenti apicali verrà presa dall’interno”.
A ogni modo, grazie a questo meccanismo, al Ministero della Cultura entreranno molte più figure fiduciarie, oltre a quelle già previste per gli uffici di diretta collaborazione, controllate di fatto dal capo di gabinetto. Il governo non avrà quindi solo il potere di scegliersi direttamente i 5 massimi vertici del dicastero, ma di supervisionarne pure l’operato. Con buona pace della separazione tra indirizzo politico e indirizzo amministrativo, che è una regola aurea delle istituzioni repubblicane, appunto. Almeno sinora.
(Giovanna Vitale, Ribaltone alla Cultura, via i vecchi dirigenti per far posto ai fedelissimi, “la Repubblica”, 21 luglio 2023)

25_07_23 | Kum! Festival da Ancona a Pesaro

A tuonare contro la kermesse appena conclusa alla Mole sono stati il portavoce comunale di FdI, Angelo Eliantonio, il consigliere comunale Carlo Ciccioli, l’ex consigliere comunale Stefano Benvenuti Gostoli e la presidente dei giovani di Fdi Angelica Lupacchini. Ciccioli ha citato l’ordinanza con cui il Comune ha affidato l’organizzazione del Festival all’associazione culturale “Esserci” di Civitanova Marche. Il contributo messo sul piatto dal Comune è stato di 55.000 euro più la quota per l’ospitalità tra cui l’affitto delle sale e le spese di accoglienza quantificati in circa ulteriori 10.000 euro. A questi fondi si aggiungono i 15.000 euro messi a disposizione da “Mobilità e Parcheggi” e i 35.000 dalla Regione Marche per una quota pubblica complessiva di 115.000 euro. La parte privata è stata invece coperta da ulteriori 10.000 euro di sponsorizzazioni.
“Per dare quei 55.000 euro sono stati prosciugati i capitoli di spesa non solo della cultura, ma anche quelli per il turismo e dei servizi sociali”, ha denunciato Ciccioli. E’ stato fatto un atto di Giunta non verificato mai dal Consiglio Comunale. La cifra pubblica concessa al Kum! ammonta a 115.000 euro, ma le assegnazioni superiori ai 40.000 eur dovevano passare attraverso una gara o comunque una comparazione tra offerte diverse. Invece c’è stato un affidamento diretto e ora verificheremo la possibilità di presentare un esposto alla Corte dei Conti”.
L’attacco al Kum! però riguarda anche i contenuti del festival, con Eliantonio che ha citato l’occhiello dedicato all’edizione 2018: “Oltre che ‘Curare’, Educare’ e ‘Governare’ avrebbero dovuto aggiungere ‘Indottrinare’ visto il profilo dei relatori intervenuti e i temi trattati. Quando ci si chiede com’è fatto un radical chic basta assistere a un festival di questo tipo per capirlo. L’auspicio è che la prossima edizione sia nel nome del confronto e del risparmio perché sabato scorso sembrava di essere a un congresso di partito”. Ciccioli ha fatto riferimento ai personaggi intervenuti: “Quasi tutti collaboratori dei quotidiani ‘l’Espresso’ (sic) e ‘la Repubblica’ senza attenzione al pluralismo” e ai temi: “Tutto ruotava intorno al tema della ‘risurrezione’, e sabato sera il tema clou dell’evento è stata la ‘risurrezione della sinistra’, tanto per essere pluralisti. Non c’è stato un comitato scientifico se non lo psicanalista Massimo Recalcati (direttore scientifico del festival) e i suoi collaboratorin evento per «nuovi radical chic», organizzato con modalità che potrebbero finire presto all’attenzione della Corte dei Conti. Fratelli d’Italia attacca il Kum Festival, definendolo un evento organizzato per trattare ed esaltare un pensiero unico e finanziato con una procedura irregolare. A tuonare contro la kermesse appena conclusa alla Mole sono stati il portavoce comunale di FdI, Angelo Eliantonio, il consigliere comunale Carlo Ciccioli, l’ex consigliere comunale Stefano Benvenuti Gostoli e la presidente dei giovani di Fdi Angelica Lupacchini. Ciccioli ha citato l’ordinanza con cui il Comune ha affidato l’organizzazione del Festival all’associazione culturale “Esserci” di Civitanova Marche. Il contributo messo sul piatto dal Comune è stato di 55.000 euro più la quota per l’ospitalità tra cui l’affitto delle sale e le spese di accoglienza quantificati in circa ulteriori 10.000 euro. A questi fondi si aggiungono i 15.000 euro messi a disposizione da “Mobilità e Parcheggi” e i 35.000 dalla Regione Marche per una quota pubblica complessiva di 115.000 euro. La parte privata è stata invece coperta da ulteriori 10.000 euro di sponsorizzazioni.

“Per dare quei 55.000 euro sono stati prosciugati i capitoli di spesa non solo della cultura, ma anche quelli per il turismo e dei servizi sociali”, ha denunciato Ciccioli, “è stato fatto un atto di Giunta non verificato mai dal Consiglio Comunale. La cifra pubblica concessa al Kum! ammonta a 115.000 euro, ma le assegnazioni superiori ai 40.000 eur dovevano passare attraverso una gara o comunque una comparazione tra offerte diverse. Invece c’è stato un affidamento diretto e ora verificheremo la possibilità di presentare un esposto alla Corte dei Conti”.
L’attacco al Kum però riguarda anche i contenuti del festival, con Eliantonio che ha citato l’occhiello dedicato all’edizione 2018: “Oltre che ‘Curare’, Educare’ e ‘Governare’ avrebbero dovuto aggiungere ‘Indottrinare’ visto il profilo dei relatori intervenuti e i temi trattati. Quando ci si chiede com’è fatto un radical chic basta assistere a un festival di questo tipo per capirlo. L’auspicio è che la prossima edizione sia nel nome del confronto e del risparmio perché sabato scorso sembrava di essere a un congresso di partito”.
Ciccioli ha fatto riferimento ai personaggi intervenuti: “Quasi tutti collaboratori dei quotidiani ‘l’Espresso’ e ‘la Repubblica’ senza attenzione al pluralismo” e ai temi: “Tutto ruotava intorno al tema della ‘risurrezione’, e sabato sera il tema clou dell’evento è stata la ‘risurrezione della sinistra’, tanto per essere pluralisti. Non c’è stato un comitato scientifico se non lo psicanalista Massimo Recalcati (direttore scientifico del festival) e i suoi collaboratori”. Il consigliere ha poi rincarato la dose parlando anche da psichiatra e contestando le linee guida del festival che hanno seguito la visione psicanalitica di Jacques Lacan: “Marasca ne è innamorato, ma il gruppo dei lacaniani è una corrente minoritaria della psicanalisi il cui pensiero non è condiviso dal 90% del movimento psicanalista italiano”. Poi l’attacco all’assessore alla Cultura: “Uno dei temi trattati è stato ‘l’anarca’ e Marasca ne è l’esempio perfetto perché disdegna gli altri senza dar loro attenzione. E’ stato spazzato via tutto per lasciare spazio a un pensiero unico anche all’interno del pensiero psicanalitico”.
“La terza edizione non passerà liscia, faremo una battaglia in consiglio comunale e contesteremo anche pubblicamente anche se magari chiameranno la polizia”, ha concluso Ciccioli, che ha voluto tracciare il suo identikit dei frequentatori del festival, riunendoli sotto il neologismo da lui creato: i “kumisti”.
“Il kumista tipo sta con il cappello dentro la sala, ha la sciarpa che non serve a nulla dentro la sala e con un abbigliamento particolare che lo denota come un orfano dei figli del ’68”.
Attacco al Kum! anche dall’ex consigliere Stefano Benvenuti Gostoli: “La cultura è apprezzabile quanto accessibile a più persone possibile. L’amministrazione sbandiera questa manifestazione come l’evento clou della cultura, ma io stesso faccio fatica a comprendere cosa sia questo Kum! e a spiegarlo con meno di 10 parole. Ben vengano le iniziative specifiche e settoriali, ma la popolazione non è fatta solo da filosofi e psichiatri. Sembra più un corso di aggiornamento per gli addetti al settore”.
Sulla stessa linea Angelica Lupacchini: “E’ stato spacciato per un evento culturale dove in realtà si è parlato di affari politici con dei soldi pubblici. Nel momento in cui sabato si faun excursus di partito diventa un evento partitico mentre un evento culturale dovrebbe coinvolgere esponenti che la pensano in modo più ampio possibile. Si doveva coinvolgere Ancona e non solo i simpatizzanti di sinistra”. Il consigliere ha poi rincarato la dose parlando anche da psichiatra e contestando le linee guida del festival che hanno seguito la visione psicanalitica di Jacques Lacan: “Marasca ne è innamorato, ma il gruppo dei lacaniani è una corrente minoritaria della psicanalisi il cui pensiero non è condiviso dal 90% del movimento psicanalista italiano». Poi l’attacco all’assessore alla cultura: «Uno dei temi trattati è stato ‘l’anarca’ e Marasca ne è l’esempio perfetto perché disdegna gli altri senza dar loro attenzione. E’ stato spazzato via tutto per lasciare spazio a un pensiero unico anche all’interno del pensiero psicanalitico.”
(Gino Bove, Il Comune spende oltre 55 mila euro senza gara, attacco al Kum: “Festival radical chic”, “Ancona Today”, 23 ottobre 2018, alla pagina https://www.anconatoday.it/politica/kum-festival-fratelli-italia-polemica-ancona.html)

Il cartellone culturale dorico, col budget tagliato del 50% a tutti gli appuntamenti programmati, saluta il festival La Mia Generazione e mette a rischio Kum! Proprio il direttore scientifico, Massimo Recalcati, e il coordinatore del festival Federico Leoni, ricostruiscono i rapporti intessuti con la nuova amministrazione comunale: “Il 22 giugno scorso Massimo Recalcati ha inviato al sindaco di Ancona, Daniele Silvetti, una lettera relativa al prosieguo di Kum nella città, dopo il cambio di amministrazione. Alla lettera erano allegati il programma e il budget del festival. Nel budget erano compresi tutti i costi, inclusa la direzione scientifica, da sempre calmierata a una cifra fuori mercato per favorire la realizzazione del festival ad Ancona, e tutte le entrate previste. Il budget tiene conto della peculiarità dell’anno elettorale, ed è inferiore rispetto al passato e proprio per questo una sua drastica riduzione renderebbe impossibile la realizzazione del festival ad Ancona. Ad oggi, quella lettera attende risposta e nessuno dell’amministrazione ha preso contatto con noi. Quando Kum! avrà ricevuto risposta alla comunicazione del 22 giugno, sarà possibile chiarire gli ulteriori e ultimi aspetti”. (…)
Il Festival, inoltre, respinge al mittente alcune dichiarazioni dell’assessore comunale alla cultura Anna Maria Bertini: “È lontano dalla realtà quanto dichiarato alla stampa (al “Carlino”, ndr) dall’assessora di Ancona, secondo cui ‘un referente di Kum! le avrebbe suggerito di tagliare i piccoli eventi’. Kum!, infatti, è nato ad Ancona e ha beneficiato di uno scambio fecondo con la comunità culturale della città. Negli anni le collaborazioni sono costantemente aumentate, con le scuole, con gli enti del terzo settore, con il socio-sanitario, e proprio con i festival nonché in forma di partnership per importanti progetti vinti spesso assieme al Comune. Teniamo a ricordare le collaborazioni con Corto Dorico, Cinematica, Amici della Musica, FAI solo per citarne alcuni, con l’aggiunta che Amici della Musica e FAI sono anche collaborazioni instaurate per l’edizione 2023. Questa rete di rapporti, non a caso, ha generato i KumLab, la tre giorni che precede il festival, e ha contribuito alla nostra decisione di affiancare al titolo Kum! la locuzione ‘Cantiere’. Non suggeriremmo mai a un’amministrazione di tagliare risorse ad altri festival o soggetti culturali per ottenere maggiori risorse, ma siamo, anzi, al servizio del territorio”.
(Pierfrancesco Curzi. I grandi festival a rischio “E’ impossibile fare Kum con questo poco budget Silvetti non ci ha risposto”, 25 luglio 2023, alla pagina https://www.ilrestodelcarlino.it/ancona/cronaca/i-grandi-festival-a-rischio-e-impossibile-fare-kum-con-questo-poco-budget-silvetti-non-ci-ha-risposto-b20bd536)

Prendendo atto delle vostre scelte politiche di fondo – e pur comprendendo i problemi in cui ogni anno versano i bilanci dei Comuni italiani – non posso che ribadire l’impossibilità di realizzare Kum! ad Ancona. È un grande dolore personale e, se mi permette, l’esito di una scelta politica miope, considerando il prestigio e l’indotto che negli anni Kum! ha reso alla città di Ancona. Avrei potuto proporre questo festival a Milano o nelle città dove insegnavo, ma ho preferito scegliere Ancona perché mi è sempre parsa la città più giusta per ospitare in un solo magnifico luogo, la Mole, un festival come questo considerato anche il profondo radicamento del mio nome sul vostro territorio. I risultati mi hanno dato ragione e mai avrei pensato che un cambio di amministrazione avrebbe potuto modificare questa sinergia così positiva che si è determinata tra cultura e città. Dopo la nostra positiva conversazione telefonica, non immaginavo di dovermi congedare in questo modo, avrei preferito proseguire il cammino di Kum! alla Mole, per il bene della città e delle Marche, ma ad oggi questo è davvero impossibile. (…)

Sposterete Kum! altrove?

Il programma 2023 è già pronto e prevede ospiti, come al solito, di grande qualità e prestigio. Il tema sarà la “Scuola”, la sua vita, i suoi problemi, il suo avvenire, la sua storia nel nostro paese. Se il sindaco di Ancona ribadirà i tagli ai fondi, ci troveremo in una condizione di esilio. Molte città in queste settimane hanno però offerto la loro disponibilità ad accoglierci. Io e i miei colleghi vorremmo però che il festival non fosse obbligato a migrare fuori dalla regione dove è nato.

C’è una scelta politica oppure semplicemente economica dietro il taglio delle risorse?

Ho parlato direttamente con Silvetti in una sola occasione e mi era parso molto deciso a rinnovare la sua fiducia a Kum! Non conosco però le pressioni politiche a cui è eventualmente stato sottoposto. I tagli nei confronti della cultura sono una discriminante nel modo di concepire la vita di una città. Dove c’è cultura c’è inclusione, condivisione, pensiero critico, educazione civica. Ho scritto al sindaco che sarebbe miope non saper riconoscere tutto questo.

Si sente offeso per questo trattamento?

E’ doloroso, per noi e per il popolo di Kum! che negli anni ha segnalato questo festival come uno tra i più qualificati sul territorio nazionale. Una città come Ancona dovrebbe tutelare questa gemma. Ma la politica a volte ha lo sguardo corto, non è capace di visioni. Vedremo.
(Massimo Recalcati, in Pierfrancesco Curzi, Recalcati al sindaco “Impossibile fare Kum, andiamo in un’altra città Scelta politica miope”, 3 agosto 2023, alla pagina https://www.ilrestodelcarlino.it/ancona/cronaca/recalcati-al-sindaco-impossibile-fare-kum-andiamo-in-unaltra-citta-scelta-politica-miope-09c9f3b3)

Abbiamo raggiunto un accordo con Massimo Recalcati: il Kum! Festival si farà a Pesaro, abbiamo individuato delle possibili date in aprile. Abbiamo scelto aprile, non sarebbe stato possibile farla, come di consueto, in autunno perché non avevamo abbastanza tempo a disposizione per organizzarla adeguatamente.
(Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, in Il Kum Festival si trasferisce a Pesaro , “ANSA”, 3 agosto 2023, alla pagina https://www.ansa.it/marche/notizie/2023/08/11/il-kum-festival-si-trasferisce-a-pesaro_17d95717-fe11-452b-9908-596d46e6c47a.html)

01_08_23 | Napoli | Carlo Fuortes sovrintendente del Teatro San Carlo
(ma una sentenza reintegra Stéphane Lissner)

Che Sangiuliano e Lissner fossero destinati a scontrarsi era scritto nelle stelle. E infatti l’avversione “a perfetta vicenda”, come si sarebbe scritto in una locandina del Settecento a proposito dell’attribuzione del titolo di “primo uomo”, quando i primi erano due, esplose platealmente alla riapertura del teatro dopo i restauri, il 3 aprile 2023. Sangiuliano chiese un minuto di silenzio per ricordare [Paolo] Isotta [critico musicale, n.d.r.], e la faccia di Lissner durante il minuto più lungo della sua vita diceva già tutto. Ma poi si scoprì che nella cartella stampa distribuita ai giornalisti c’era un testo del ministro nel quale Genny sentenziava, chissà su quali valutazioni estetiche, che “oggi il San Carlo non ha ancora una proiezione pari alla sua storia, al suo valore e potenzialità”. Bocciando di fatto il sovrintendente, che per inciso è anche direttore artistico. Per il ministro, sostituire Fuortes a Lissner significava prendere tre piccioni con una fava: sistemare il primo virgola, liquidare il secondo e dare un bel segnale di autarchia culturale, fuori i barbari e così via.
Nacque così quello che è passato alla moda come il famigerato “decreto Lissner”, che obbliga gli stranieri arrivati a settant’anni e pensionati all’estero ad andare in pensione anche in Italia. E, insomma, a rinunciare al loro incarico. Naturalmente non mollò la presa, si rivolse agli avvocati, li scelse bravi e vinse in tribunale. Benché il decreto nel frattempo sia diventato legge, chiaramente non può essere retroattivo e quindi non si applica (…) Gli esperti cui ci siamo rivolti, si sono limitati ad assicurare che il decreto, tutto sommato anche sensato nella sostanza, era chiaramente pensato ad personam e oltretutto scritto malissimo dai competenti, si fa per dire, uffici ministeriali. Quel che è certo è che la vittoria di Lissner in tribunale fu per il ministro una sconfitta personale e anche una clamorosa brutta figura, punto.
(Alberto Mattioli, Destra maldestra. La (s)politica culturale del governo Meloni, Chiarelettere, 2024, pp. 25-26).

11_08_23 | Lucca | Beatrice Venezi inaugura le Celebrazioni Pucciniane con L’inno a Roma

L’imbarazzo che continua a determinare in ogni occasione il Maestro Alberto Veronesi nelle vicende che riguardano le Celebrazioni Pucciniane del 2024, da lui stesso gestite presiedendo il Comitato di nomina nazionale, si taglia a fette e nessuno, anche i più dotati nell’arte della diplomazia come il sindaco di Lucca, è più in grado di soprassedervi. Questa volta è toccato alle conferenze stampa, promosse a Roma in Senato e in Comune a Lucca per comunicare il programma degli eventi, a fare da teatro alle estrosità – chiamiamola così per decenza – di Alberto Veronesi.
Prima, a Roma, in una sala pressoché vuota, priva di stampa nazionale ed internazionale significativa, sembrerebbe che di giornalisti veri e propri ve ne fosse solo uno, ha visto bene di criticare duramente Lucca perché ingrata verso la memoria di Giacomo Puccini e tutto questo malgrado avesse accanto lo stesso sindaco della città e la presidente dei Lucchesi nel Mondo, salvo poi attribuirsi tutti i meriti delle risorse portate sul territorio per la realizzazione delle strutture e degli eventi pucciniani sin dal 1998, quando ben sappiamo che intere generazioni di nostri amministratori, sia a livello locale che regionale e nazionale, si sono profusi in mille sforzi per assicurare alla Fondazione Festival Pucciniano e a tutte le realtà legate al nome del compositore sull’intera provincia di Lucca, finanziamenti importanti e decisivi per la vita di tali enti.
In comune a Lucca, poi l’apoteosi: malgrado sia il Delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri a presiedere il Comitato per le Celebrazioni Pucciniane, cioè l’attore principale, ha visto bene di non presentarsi lasciando con un palmo di naso sindaco di Lucca, assessore alla Cultura, Presidente del Teatro del Giglio, organizzatore del Summer Festival e la stessa Beatrice Venezi.
Tutto questo a ulteriore dimostrazione dei limiti della gestione, dell’organizzazione e della programmazione di un momento storico di portata nazionale e internazionale, i cento anni dalla morte di Giacomo Puccini, che invece rischiano di trasformarsi in un flop senza precedenti, riducendosi ad evento pressoché locale. (…)
Per fortuna il concerto di avvio delle celebrazioni dell’11 luglio a Lucca, grazie anche alla bravura e alla notorietà del direttore di orchestra Beatrice Venezi, è già prossimo al sold out e farà da contraltare a tutti gli errori commessi fino ad oggi dalla gestione Veronesi ma certo i dubbi su tutto quanto sta accadendo sono ogni giorno sempre più diffusi e solidi nell’intera comunità.
Sono davvero preoccupato anche perché Lucca ha giustamente presentato la candidatura a Capitale della Cultura Italiana per il 2026, cioè quando si festeggeranno i 100 anni della prima di Turandot, e tutte queste difficoltà nella conduzione del Comitato per le Celebrazioni Pucciniane ad opera di Alberto Veronesi rischiano di pregiudicare anche questo obiettivo.
(Massimiliano Baldini, consigliere regionale e responsabile del dipartimento cultura della Lega Toscana, Celebrazioni pucciniane, Baldini (Lega): “Sempre più imbarazzo per la gestione di Alberto Veronesi. Così Lucca rischia la candidatura a Capitale della cultura 2026”, “La Gazzetta di Lucca”, 8 luglio 2023, alla pagina https://www.lagazzettadilucca.it/politica/celebrazioni-pucciniane-baldini-lega-sempre-piu-imbarazzo-per-la-gestione-di-alberto-veronesi-cosi-lucca-rischia-la-candidatura-a-capitale-della-cultura-2026)

Il Concerto Inaugurale dell’11 luglio 2023 (ph. Alcide Lucca)

Non posso accettare censure e credo che neanche Puccini le avrebbe accettate.

Così Beatrice Venezi, dal palco del Summer Festival, ha annunciato stasera che avrebbe chiuso con l’esecuzione dell’Inno a Roma il concerto che apre le celebrazioni del centenario pucciniano (2024). Il brano è del maestro ma se ne appropriò il fascismo e fu caro al MSI. Non c’era nella scaletta, è stato un fuori programma.

Spero che l’esecuzione di questo brano sia un invito per il paese a riconciliarsi con la propria memoria storica e che l’arte e la cultura tornino al centro al di là delle posizioni politiche.
(Beatrice Venezi, in Beatrice Venezi suona l’Inno a Roma, “Non accetto censure”, “ANSA”, 12 luglio 2023, alla pagina https://www.ansa.it/toscana/notizie/2023/07/12/beatrice-venezi-suona-linno-a-roma-non-accetto-censure_5f68bb2a-9804-4a20-88c9-ffe382b2a9ba.html)

Il 2 gennaio 2021 Ignazio La Russa ancora non è presidente del Senato. In compenso, è già un estimatore dell’Inno a Roma, composizione per canto e pianoforte che nel 1919 Giacomo Puccini compone (di malavoglia) su commissione del sindaco di Roma, Prospero Colonna.
La Russa esalta l’inno in diretta Facebook, lanciandone una versione che Andrea Bocelli canta per Rai1, ignorando la stroncatura dello stesso Puccini: in una lettera alla moglie Elvira, a marzo 1919, il compositore definisce questo canto “una grande porcata”. Stasera (venerdì 4 agosto) la grande porcata finisce in televisione su Rai5, in prima serata, alle 21.15. Il canale culturale della RAI manda in onda il concerto che a Lucca martedì 11 luglio 2023 ha aperto le celebrazioni pucciniane. Sul podio la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, artista così a destra che “Dagospia” l’ha ribattezzata “bacchetta nera”. È sua l’idea di chiudere il concerto lucchese con l’Inno a Roma, espropriato a Puccini dal fascismo.
L’inno, che nelle intenzioni deve celebrare la fine della Grande guerra, a marzo 1919 ancora non è stato rappresentato, ma Puccini vuole prenderne le distanze prima del debutto, il 1° giugno 1919. Sembra intuire: nel 1922 il fascismo se ne impossessa (senza chiedergli il permesso). Ne fa incidere una versione al grande tenore Beniamino Gigli e poi lo pubblica in varie raccolte di Canzonette. Finito il ventennio, ci pensa Giorgio Almirante a portare avanti la tradizione: fa dell’Inno di Roma la sigla dei raduni di Msi, erede del disciolto (ma non dimenticato) partito fascista.
Beatrice Venezi non lo ignora. È artista attenta, preparata. (…) Quando, la direttrice d’orchestra sceglie l’Inno a Roma per il concerto di Lucca, sul palco del Summer Festival, sa bene cosa sta pescando nel repertorio pucciniano. “Una composizione brutta”, le ricordano gli esperti del Comitato Nazionale per le Celebrazioni Pucciniane, contrari a questo bis preparato. Venezi tira dritto, nel nome della cultura. E della libertà di scelta artistica, dice dal palco di Lucca.
In realtà, a leggere i verbali delle riunioni del comitato delle celebrazioni, sempre più in difficoltà, sembra un piano politico studiato bene. Per far arrivare sulla tv di Stato l’inno che tanto piace alla (sua) destra, ormai di casa in RAI. In molti programmi e in quasi tutte le reti.
Infatti, quando si tirano le somme, il concerto di apertura delle celebrazioni pucciniane, che doveva costare 150.000 euro (più 20.000 di imprevisti), costa 207.910,10 euro più eventuali 20mila euro. I prezzi sono aumentati – spiega il presidente del Comitato, il maestro Alberto Veronesi, convertito sulla via di Fratelli d’Italia – per due ragioni: il costo del palco del Summer Festival “più elevato dell’affitto del Teatro del Giglio”; il costo delle riprese del concerto da parte di Rai5, con i camion piazzati e l’ospitalità. Insomma, tutto come da copione. Inno compreso.
(Ilaria Bonuccelli, L’inno (fascista) di Puccini arriva su Rai5, “Il Tirreno”, 4 agosto 2023, alla pagina https://www.iltirreno.it/2023/08/04/news/l-inno-fascista-di-puccini-arriva-su-rai5-1.100357762)

23_08_23 | Taormina | Beatrice Venezi direttore artistico di Taormina Arte

Apprendo che è stato nominato un direttore artistico dalla Fondazione. Nel comunicato si dice anche che la Fondazione è costituita dalla Regione e dal comune di Taormina, ma io, che rappresento il 50% della fondazione, non solo non sono stato consultato, ma neanche informato della decisione. Non so se considerare questo gravissimo atto un sopruso perpetrato contro la città di Taormina oppure una semplice cafonata istituzionale. Quel che è certo è che da questo momento verrà meno la mia personale collaborazione con la Fondazione e proporrò al consiglio comunale di recedere dalla fondazione, revocando il conferimento della casa del cinema al patrimonio della fondazione.
(Mario Bolognari, sindaco di Taormina, in Venezi direttrice di Taormina Arte ma è polemica col sindaco, “la Repubblica”, 23 agosto 2023, alla pagina https://palermo.repubblica.it/cronaca/2022/08/23/news/taormina_beatrice_venezi_mario_bolognari_polemica-362721646/)

Il concerto di Capodanno di Beatrice Venezi a Nizza

Come da programma si è tenuto all’Opera di Nizza il concerto di Capodanno diretto da Beatrice Venezi. La direttrice d’orchestra italiana, direttore artistico della Fondazione Taormina Arte, vicina a Fratelli d’Italia, è stata contestata poco prima dell’inizio da quattro spettatori che dal loggione hanno gridato “Non vogliamo i fascisti” e hanno esposto uno striscione con la stessa scritta. Le urla dei contestatori sono state accolte da qualche critica da parte del pubblico in sala e da qualche applauso. Venezi ha indirizzato uno sguardo nella direzione dei manifestanti e ha poi avviato il concerto. Nei giorni scorsi una cinquantina di persone aveva già manifestato contro l’evento e a luglio gli stessi comitati avevano chiesto all’Opera di Nizza e al comune di annullare il concerto diretto dalla consigliera musicale del governo Meloni. Il direttore dell’Opera di Nizza, Bertrand Rossi, già a luglio aveva però respinto le accuse: “La musica ha il potere di superare gli schieramenti e di riunire gli individui attorno a un’esperienza comune. Bisogna separare l’arte dalla politica”.
(Beatrice Venezi (direttore artistico della Fondazione Taormina Arte) contestata al concerto a Nizza: “Non vogliamo i fascisti”, “stampalibera”, 3 gennaio 2024, alla pagina https://www.stampalibera.it/2024/01/03/beatrice-venezi-direttore-artistico-della-fondazione-taormina-arte-contestata-al-concerto-a-nizza-non-vogliamo-i-fascisti/)

24_08_23 | La Rai blocca Insider di Roberto Saviano

Non ci sarà Roberto Saviano nei palinsesti di viale Mazzini. A confermarlo è l’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio. “La scelta è aziendale, non politica!, spiega in una intervista sul “Messaggero”. Insider. Faccia a faccia col crimine, quattro puntate, già registrate, previste da novembre su Raitre, non sarà mandato in onda. “Quindi avete applicato anche a lui il codice Facci?”, chiede il giornalista. “Le ripeto: Saviano non è in palinsesto”, aggiunge Sergio che taglia corto, anticipando quella che presumibilmente sarà la cagnara che aizzeranno nelle prossime ore PD e M5S.
Ma in attesa delle “insorgenze” delle opposizioni al governo, ci pensano i giornaloni a parlare di “mannaia” sullo scrittore di Gomorra, come fa “La Stampa” (“Ha pesato il diktat di Salvini”, si legge). Alla base della decisione assunta in viale Mazzini nelle ultimissime ore, ci sarebbe la considerazione che il linguaggio usato ripetutamente da Saviano non sarebbe compatibile con il Codice etico cui s’ispira il servizio pubblico. Era stato lo scrittore ad innescare l’ennesimo scontro con il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, definito “ministro della malavita”.(…) Le parole di Sergio sono chiare, una risposta a chi tenterà di far passare la “cancellazione” di Saviano come un regolamento di conti. Si tratta infatti dello stesso principio applicato per Facci. Un principio a cui l’ad Sergio vuole tener fede di chiunque si tratti. Con l’intento di non trasformare la tv pubblica in un terreno di scontro politico quotidiano. (…)
Sugli addii di Fazio, Berlinguer, Annunziata, Gramellini, Sergio è stato chiaro: non è un fatto politico? Tenta di imbarazzarlo l’intervistatore. «Non lo so. Ci sono tanti altri conduttori, artisti, giornalisti che sono legati alle stesse idee delle persone che lei ha citato. E continuano a lavorare in RAI e molto bene. Fazio, mio amico da molti anni, è andato via prima che io arrivassi. Berlinguer, Annunziata e Gramellini erano tutti e tre, fino alla fine, nei nuovi palinsesti. Hanno fatto scelte personali che li hanno portati altrove». E apprezza a tal riguardo Federica Sciarelli, che ha dichiarato che se le pressioni politiche ci sono, si può cercare di evitarle invece di andare via. “Ho trovato efficace e condivisibile quell’intervista”, commenta Sergio. “Io al posto dei professionisti che sono andati via avrei fatto come la Sciarelli e come gli amici di Report. Perché in Rai si lavora bene”.
(Gabriele Alberti, Saviano fuori dal palinsesto RAI, il programma Insider non andrà in onda. L’ad: “Scelta aziendale, non politica”, “Il Secolo d’Italia”, 26 luglio 2023)

Lei è fuori dalla RAI. Come l’ha saputo?

Dal mio giornale, il “Corriere della Sera”.

Se lo aspettava?

Sì. È una decisione politica che si inserisce nella strategia più ampia di usare le azioni giudiziarie come grimaldello per impedirti di lavorare.

Che tipo di programma è Insider II?

Un programma su Don Peppe Diana, sacerdote ucciso dal clan dei Casalesi, sui collaboratori di giustizia che hanno permesso di svelare importanti rapporti tra mafia e politica e tra mafia e imprenditoria, e sui giornalisti… E sui giornalisti perseguitati…

La sua trasmissione sarebbe stata cancellata non per i contenuti, ma per le espressioni da lei usate sul vicepremier Salvini, non in linea con il codice etico RAI…

Quando voi giornalisti ora sarete attenti a tutte le dichiarazioni rese negli anni da chiunque  ha avuto una trasmissione in RAI, verificandone l’aderenza a un codice etico fatto per compiacere chi, nel 2015, scrisse “Cedo due Mattarella per mezzo Putin “, la possibilità che in RAI resti solo Peppa Pig è alta…

Il suo caso è paragonabile a quello di Filippo Facci?

Facci ha attaccato una persona inerme per difendere il potere. Io ho attaccato il potere. In realtà, l’equiparazione è una strategia politica dei media di destra che sono nelle mani di un parlamentare della Lega.

Se non condivide la linea di questa RAI, perché non ha ritirato lei la trasmissione?

Non ho mai subito dai miei referenti in RAI, Rosanna Pastore e Felice Cappa, alcuna pressione, cosa che è accaduta probabilmente ad altri. A me la trasmissione l’hanno direttamente cancellata. Un danno per le persone che ci hanno lavorato: soprattutto donne, coordinate da una donna, che stanno pagando per una vendetta politica”. (…)

Le pesa, talvolta, il ruolo simbolico che le si attribuisce?

Mi pesa la continua diffamazione, mi pesano gli attacchi personali a opera dei media di destra… Mi pesa questo squadrismo contro gli intellettuali. – non sono il solo – fatto su mandato di una parte politica… Sono attacchi violentissimi e quotidiani che non avvengano in nessun’altra democrazia avanzata…In Europa, Media Freedom Rapid Response ha incluso le cause contro di me tra i casi “azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica”. L’Italia è un paese che mette paura.
(Roberto Saviano, in Antonella Baccaro, ”L’Italia è un paese che fa paura. Subisco attacchi violentissimi, è squadrismo anti-intellettuali”, “Corriere della Sera”, 27 luglio 2023)

28_08_23 | L’indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 48 del 28 agosto 2023, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo relativo al “riordino e alla revisione degli ammortizzatori e delle indennità e per l’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori del settore dello spettacolo”.
L’indennità di discontinuità è riservata a coloro che nell’anno precedente la domanda hanno contratti di lavoro a tempo determinato, o autonomo, o intermittente a tempo indeterminato, con redditi inferiori a 25.000€ e almeno 60 giornate accreditate al Fondo Pensionistico Lavoratori Spettacolo (FPLS).
La misura è ridicola: sarà riconosciuta per un numero di giornate pari a 1/3 di quelle accreditate nell’FPLS, nella misura del 60% della media dei compensi con contribuzione, ma con un massimale inferiore a 53,95 € al giorno.
L’indennità di discontinuità per chi lavora nello spettacolo, per come è descritta nella bozza di decreto legge del Consiglio dei Ministri, appare come un sostegno alla miseria e non alla professionalità. Offrendo condizioni peggiorative rispetto agli ammortizzatori sociali già esistenti per il settore, non risponde alla Legge Delega dello Spettacolo, che prevedeva espressamente il riordino delle misure sociali esistenti verso una soluzione risolutiva e migliorativa.
È una proposta discriminatoria perché ancora una volta esclude i lavoratori intermittenti a tempo indeterminato dalla categoria dei discontinui, pur riconoscendo loro il diritto all’indennità, perdendo l’occasione di riconoscerli nel gruppo a) e garantire finalmente il sostegno che meritano.
L’aspetto più miope e censurabile della proposta sta nell’aver predisposto un sostegno meramente economico per i periodi di intervallo tra gli spettacoli, come se fossero periodi di disoccupazione, con iscrizione negli elenchi dei disoccupati e con proposte di formazione e riconversione professionale! Questa scelta contrasta direttamente con il riconoscimento di discontinuità strutturale del lavoro nello spettacolo e nega il riconoscimento di una specificità del settore, ovvero quella per la quale i tempi di non-lavoro sono tempi per studio, allenamento, aggiornamento, sopraluoghi, prove…
(Spettacolo: l’indennità promessa è diventata solo un’elemosina temporanea, “Fondazione Centro Studi DOC”, 29 agosto 2023, alla pagina https://www.centrostudidoc.org/index.php/2023/08/29/indennita-discontinuita-spettacolo-solo-elemosina-temporanea/)

A regime, a decorrere dall’anno 2024, sfruttando la copertura finanziaria di 40 milioni di euro, ai lavoratori dello spettacolo “discontinui” andranno in media circa 1.500 euro annui, arrivando in determinati casi anche oltre i 2.200 euro. Viceversa, per i requisiti maturati nell’anno 2022, le domande potranno essere presentate entro dicembre 2023 e potranno dar luogo, per coloro che risulteranno in possesso dei requisiti, a una indennità che potrà sfiorare i 4000 euro. Ai benefici economici si aggiungeranno anche vantaggi previdenziali: l’INPS accrediterà anche la contribuzione figurativa a favore degli stessi lavoratori. (…)

Dopo appena un anno siamo giunti all’obiettivo di dare una risposta concreta alle tante lavoratrici e lavoratori che non hanno grande visibilità, non appaiono sui palchi ma che svolgono un ruolo prezioso e indispensabile per permettere la messa in scena di importanti momenti culturali. D’ora in avanti sarà loro garantita una forma di sostegno al reddito necessario e fondamentale, su cui potranno contare ogni anno, insieme all’inserimento in percorsi di formazione continua e di aggiornamento professionale nelle discipline dello spettacolo. Ringrazio per il lavoro svolto il Ministro Calderone, il Sottosegretario Gianmarco Mazzi, gli esponenti della maggioranza, i Presidenti delle Commissioni Cultura di Senato e Camera, Roberto Marti e Federico Mollicone ma anche quelli dell’opposizione per il contributo offerto.
(Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, Spettacolo, Sangiuliano: “Al via i nuovi sostegni ai lavoratori del settore”, dal sito del MiC, 27 novembre 2023, alla pagina https://cultura.gov.it/comunicato/25575)

E’ del 15 luglio del 2022 l’introduzione della legge 106, recante delega al governo per il riordino delle disposizioni di legge in materia di spettacolo. Un riordino del settore che, tra le altre cose, prevedeva l’istituzione della cosiddetta indennità di discontinuità permanente, da rendere attuabile (o meglio attuativa) entro 24 mesi attraverso i ministeri di competenza di Cultura e Lavoro. (…)
Purtroppo per noi, però, il nuovo governo esecutivo ha stravolto l’impianto teorico di definizione dell’indennità come precedentemente proposta e l’ha trasformata in un banale e inutile sostegno economico, quasi un bonus una tantum, tradendo così lo scopo primigenio, pensato ed elaborato attraverso un lungo e complesso processo di confronto fra tutte le associazioni e i movimenti di categoria del settore, sindacati compresi.
Approvato quindi in via definitiva il 27 novembre 2023, lasciando inascoltati i pareri contrari palesati durante ben 78 audizioni in Commissione congiunta Cultura e Lavoro, possiamo dichiarare che il decreto legge sul “Riordino e revisione degli ammortizzatori e delle indennità e per l’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori del settore dello spettacolo” n. 175 del 30 novembre 2023 sia ormai una realtà, un’amara realtà, sbandierata in maniera propagandistica dal nostro Ministero della Cultura come una soluzione rivoluzionaria e/o importantissimo sostegno al nostro lavoro.
Ci troviamo tra le mani una misura peggiorativa rispetto a quelle già esistenti: criteri di accesso incoerenti, tempi di erogazione inadeguati, fondi insufficienti data la platea dei richiedenti – allargata inspiegabilmente in fase attuativa a soggetti che nulla hanno a che vedere con i comparti direttamente legati alla filiera del processo creativo -, incumulabilità con altre misure di sostegno al reddito che escluderà molto probabilmente tutta quella fetta di lavoratori autonomi che con l’abrogazione dell’Alas, prevista con questa manovra, non potranno nemmeno accedervi.
E i cui costi ricadranno anche su chi non ne potrà beneficiare, con un aggravio non solo per i datori di lavoro ma anche per i lavoratori e le lavoratrici.
(Debora Zuin, Indennità o indeGNità di discontinuità?, 9 dicembre 2023, alla pagina https://www.ateatro.it/webzine/2023/12/09/indennita-o-indegnita-di-discontinuita/)

Qualcuno si lamenta? È curioso. Dopo vent’anni di chiacchiere e inerzia totale da parte di tanti esecutivi, si attacca il primo e unico governo che, in un contesto generale di grande rigore per la tenuta dei conti pubblici, investe da subito ben 100 milioni di euro per il settore. Noi, orgogliosi di questa manovra, siamo dalla parte di quei ventimila lavoratori che ne trarranno beneficio immediato.
(Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura, in Spettacolo, Mazzi: “Nuova concreta indennità per i lavoratori, 100 mln da subito entro il prossimo 15 dicembre”, dal sito del MiC, 30 novembre 2023, alla pagina https://cultura.gov.it/comunicato/25595)

Matteo ORFINI (PD-IDP) (…) riferisce che il testo originario della legge di bilancio per l’anno 2023, presentato dal Governo Meloni, non stanziava alcuna risorsa per il finanziamento dell’indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo, sottolineando come fu proprio l’emendamento a sua prima firma a stanziare cento milioni di euro destinati a tale misura di sostegno.
Si rammarica, infine, di come il Governo abbia impiegato ben undici mesi per l’adozione dello schema di decreto legislativo sull’indennità di discontinuità, evidenziando come le difficoltà rilevate dai rappresentanti dell’INPS, intervenuti in audizione, non dovrebbero indurre il Governo a rallentare ulteriormente l’entrata in vigore
di tale importante provvedimento.
Ricorda al riguardo come l’INPS sia chiamato a individuare le soluzioni più opportune in attuazione delle norme che il Parlamento ha approvato.
Il Sottosegretario Gianmarco MAZZI replica brevemente all’onorevole Orfini ricordando che il ritardo nell’adozione del decreto da parte del Governo è dipeso dall’ostruzionismo dell’INPS al quale venne ribadito – anche dai membri della VII Commissione – che ad essa compete esclusivamente l’applicazione delle norme adottate dalle Camere e non di riscriverle e boicottarle.
(VII Commissione Permanente (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera dei Deputati, 30 luglio 2024, alla pagina https://www.camera.it/leg19/824)

02_09_23 | Venezia | Alla Biennale Cinema Pier Francesco Favino (e Federico Mollicone) contro gli attori stranieri che interpretano personaggi italiani

I Gucci avevano l’accento del New Jersey non lo sapevate?

dice ironico a margine dell’incontro per Adagio di Stefano Sollima, citando la produzione di Ridley Scott House of Gucci. Ma, ora, a far sbottare Favino è il film Ferrari di Michael Mann dove Adam Driver interpreta il patron della celebre scuderia automobilistica.

C’è un tema di appropriazione culturale, non si capisce perché non io ma attori di questo livello non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico. (…) Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Solo da noi. Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi.
(Pier Francesco Favino, in Favino torna alla carica, la battaglia sui ruoli soffiati agli attori italiani: “Assurdo che un americano faccia Enzo Ferrari”, “openonline”, 2 settembre 2023, alla pagina https://www.open.online/2023/09/02/mostra-cinema-venezia-favino-vs-attori-stranieri-ruoli-italiani/)

Ha ragione Favino, Ferrari è un gran film e spero vada bene, ma è particolare sentire attori stranieri interpretare personaggi italiani in inglese. Abbiamo grandi attori italiani all’altezza del sistema internazionale, il cinema nostrano abbandoni i complessi d’inferiorità verso le grandi star internazionali.
(Federico Mollicone, presidente Commissione Cultura, in Mostra Venezia, Mollicone: bene Favino ma vale anche per italiani che recitano in inglese, “AgiCult”, 2 settembre 2023, alla pagina https://www.agenziacult.it/notiziario/mostra-venezia-mollicone-bene-favino-ma-vale-anche-per-italiani-che-recitano-in-inglese/)

15_09_23 | Milano | Massimiliano Finazzer Flory consigliere di Amministrazione del Piccolo Teatro

Il nostro CdA è una squadra che gioca per vincere. La nostra linea è armonia, ordine e proporzioni di spazi e storie. Penso di portare esperienze e relazioni al servizio di un poter fare che stia insieme a un poter essere. Nel mio caso un’idea di istituzione “sacra” direi religiosa che ha una certa visione di Italia orgogliosa della sua Storia.
Ciò detto va ricordata la missione del Piccolo: promuovere l’internazionalizzazione della scena italiana. Da questo punto di vista l’Articolo 3 della nostra Fondazione indica di favorire il ricorso a giovani artisti e tecnici in particolare alla promozione del sistema Milano, favorendo il riequilibrio territoriale in Lombardia. Ecco, credo che la Regione Lombardia come socio fondatore abbia qualcosa da dire e dare di nuovo in questa direzione.
Nella sua visione, qual è la direzione ideale di un teatro d’Europa oggi in Italia?

Prima di tutto ripensare l’Europa a partire dalle sue radici, dalle sue sponde, dai suoi esodi, dai suoi errori, dai suoi valori muovendosi intorno a un’identità più profonda.
L’Europa è il volto dell’occidente con tutte le sue meravigliose contraddizioni, ha un portale estetico che sussurra ogni giorno chi siamo e perché siamo quello che siamo.
Per quanto riguarda la nostra produzione penso che le lunghe tenute siano uno degli indicatori che vanno affiancati anche però alla circuitazione inserita strategicamente, coerentemente allo spettacolo in questione. Per Strehler l’Arlecchino era infatti segno della continuità ideale del lavoro ma anche una bandiera. Quale è la nostra bandiera oggi?
(Massimiliano Finazzer Flory, in Giulia Alonzo, Appunti per un nuovo teatro umanista, partendo dal Piccolo di Milano, exibart, 22 febbraio 2024, alla pagina https://www.exibart.com/teatro/appunti-per-un-nuovo-teatro-umanista-partendo-dal-piccolo-di-milano/)

Vedi anche Piccolo Teatro: sarà un temporale o una tempesta? Una relazione di oltre 50 pagine: l’ispezione del MEF avrebbe riscontrato varie irregolarità, “ateatro”, 9 giugno 2022, alla pagina https://www.ateatro.it/webzine/2022/06/09/il-piccolo-teatro-sara-un-temporale-o-una-tempesta/)

20_09_23 | Il sostegno a festival, cori, bande e carnevali storici

La promozione del talento, dei territori e delle tradizioni popolari costituisce un importante strumento per la diffusione capillare dell’arte, per la costruzione di nuove opportunità lavorative e di occasioni aggregative. I festival, i cori, le bande e i carnevali storici sono linfa vitale per centinaia di realtà ed è per questo motivo che abbiamo incrementato le risorse e, in alcuni casi, persino triplicato gli investimenti.

Con il bando “Carnevali storici” è aumentata la dotazione di 1 milione, innalzando così l’importo complessivo a 3 milioni per il 2023. Per lo stesso periodo, nel bando “Festival, cori e bande” le risorse stanziate sono state triplicate e sono passate, quindi, da 1 a 3 milioni.

Abbiamo ritenuto necessario salvaguardare e valorizzare i carnevali storici, alcuni dei quali rappresentano un patrimonio culturale della Nazione da diversi secoli. Queste manifestazioni non raccontano solo il folclore, il divertimento, le sfilate dei carri, i cortei danzanti, la satira e i colori delle maschere, ma sono vere e proprie tradizioni popolari con un’identità forte per i territori – aggiunge Mazzi – Costituiscono un importante punto di riferimento per intere comunità, producendo occupazione e creando aggregazione. Allo stesso modo i festival, i cori e le bande musicali rappresentano uno strumento efficiente per la diffusione capillare dell’arte, la valorizzazione dei territori e la promozione dei nostri talenti. Per questo abbiamo ritenuto importante incrementare le risorse”.
(Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura, in Spettacolo, Mazzi: “Incrementati fondi per carnevali storici, festival, cori e bande”, Ministero della Cultura, 20 settembre 2023, alla pagina https://cultura.gov.it/comunicato/25236)

Per maggiori info è possibile consultare la pagina della Direzione Spettacolo al seguente link:
https://spettacolo.cultura.gov.it/category/contributi-extra-fus e le pagine dove sono pubblicati i singoli bandi:

BANDO CARNEVALI STORICI 2023 – D.M. 24 agosto 2023, rep. n. 278, recante “Criteri e modalità per l’erogazione, nell’anno 2023, del contributo per la tutela e la valorizzazione dei carnevali storici ai sensi del decreto del Ministro della cultura di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 4 maggio 2023, rep. n. 189, recante la “Definizione dei criteri di riparto e di attribuzione delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 632, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

BANDO “Festival, cori e bande”- D.M. 277 del 24 agosto 2023 recante “Procedura per l’individuazione dei soggetti e dei relativi progetti da sostenere, nell’anno 2023, nel settore dei festival, cori e bande”

20_09_23 | Giuseppe Valditara contro il “monopolio” dell’ANPI

“I valori dell’antifascismo sono anche i miei e la Resistenza è un valore prezioso. Però l’ANPI non ha il monopolio della resistenza.” (…)
La Convenzione con il Ministero, che scade domani e di cui si erano perse le tracce, sarà rinnovata, ma sarà allargata ad altre associazioni partigiane… L’obiettivo di depotenziare il racconto della resistenza fatto dall’ANPI, è servito… D’altra parte, per Valditara una cosa va detta: “Per essere ancora più espliciti, la resistenza non l’hanno fatta solo i comunisti, ma anche i cattolici, i liberali, gli azionisti e perfino i monarchici. Dunque, ci sarà una Convenzione per far conoscere l’importanza della Resistenza nelle scuole, ma con tutte le associazioni partigiane e non con una soltanto.”
(Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, in Giovanna Casadio, Valditara: “Non solo ANPI a scuola. La Resistenza non è un monopolio”, “la Repubblica”, 20 settembre 2023)

20_09_23 | Torino | La destra contro il direttore del Museo Egizio Christian Greco

Non confermerei Greco alla direzione del museo. Ha doti manageriali non comuni, ma ritengo esistano figure potenzialmente più qualificate che sono state penalizzate. Non dico per la direzione, ma addirittura per un posto nel CdA.
(Maurizio Marrone, assessore al Welfare e alle Migrazioni della Regione Piemonte, in Marina Paglieri e Sara Strippoli, Egizio, la destra attacca Greco e Torino insorge, “la Repubblica”, 20 settembre 2023.

Qualche anno fa Greco decise uno sconto solo per i cittadini musulmani e io chiesi ai cittadini di protestare inondando il centralino di telefonate. Lui mi denunciò, fui condannato in primo grado e assolto in secondo, vincendo la causa. E’ un direttore di sinistra che ha gestito il Museo Egizio di Torino in modo ideologico e razzista contro gli italiani e i cittadini di religione cristiana. Ha fatto sconti solo per i musulmani e mai per chi professa altre religioni. Va cacciato subito, meglio quindi se fa un gesto di dignità e se ne va lui. Incredibile che dopo aver gestito il Museo in modo ideologico ora chieda di mantenere la poltrona al governo di Centrodestra. Il Museo Egizio di Torino viene pagato dai cittadini e lui ascolta solo la sinistra. E’ un razzista contro italiani e cristiani. Si dimetta subito farebbe più bella figura.
(Andrea Crippa, vicesegretario della Lega, in Alberto Maggi, Museo Egizio di Torino caso politico. La Lega: “Cacceremo il direttore Greco”, “Affaritaliani”, 21 settembre 2023, alla pagina https://www.affaritaliani.it/politica/museo-egizio-di-torino-caso-politico-la-lega-cacceremo-il-direttore-greco-877077.html)

Il manifesto del Museo Egizio per visitatori di lingua araba

In realtà, l’iniziativa non era organizzata sulla base della religione dei visitatori, ma soltanto sulla base della lingua da loro parlata: anche italiani e cristiani, dunque, potevano usufruire dell’agevolazione qualora avessero dimostrato la loro confidenza con la lingua araba. Inoltre, l’iniziativa era accompagnata da tour, visite guidate e percorsi per famiglie nell’ambito di un progetto di mediazione culturale rivolto alla comunità torinese di lingua araba. Cosa accadde successivamente? La parola passò ai tribunali: Crippa, nel gennaio 2018, quando ricopriva l’incarico di leader del Movimento dei Giovani Padani affiliato alla Lega, aveva inscenato una telefonata a un falso centralinista del Museo, per creare un video contro l’iniziativa da diffondere a mezzo social. Con sentenza 1375 del 20-21 aprile 2020 del Tribunale di Torino, Crippa veniva condannato a un risarcimento danni di 15.000 euro poiché, secondo i giudici, l’iniziativa del leghista “incitava all’odio” ed era pensata per “spingere all’intolleranza con modalità tali da propagarsi in modo efficace”. La Corte d’Appello, con sentenza 727 del 9 giugno 2021, ribaltò la decisione del Tribunale, stabilendo che, pur essendo l’iniziativa del Museo Egizio una legittima scelta promozionale, altrettanto legittima era l’opposizione di Crippa, poiché secondo i giudici la critica politica può esprimersi anche attraverso una messinscena, a condizione che la modalità prescelta non sia tale da alterare la verità dei fatti (conta infatti il contenuto e non la forma, purché non venga manifestata “un’intrinseca valenza decettiva e ingannevole idonea per sé sola ad alterare, snaturandolo e falsificandolo, il contenuto del messaggio veicolato”). Si trattava poi di un momento storico peculiare, secondo i giudici, e l’iniziativa di Crippa aveva natura politica, in quanto realizzata in periodo di campagna elettorale, in un’epoca in cui il tema dei migranti era al centro dei programmi dei partiti di centrodestra. La Corte d’Appello ritenne quindi giustificato l’uso di “un linguaggio caratterizzato da tipiche procedure semiotiche notoriamente finalizzate non solo a convincere razionalmente il corpo elettorale, ma anche a persuaderlo facendo appello alla sua emotività”. Al video seguì poi, come rilevò la stessa Corte d’Appello, un “incivile e scellerato florilegio di ingiurie, contumelie, minacce e offese telefoniche e telematiche” al Museo Egizio, ma il video di Crippa non venne ritenuto responsabile per tali comportamenti. In sostanza, quello di Crippa fu legittimo esercizio del diritto di critica politica.
(Perché la destra sta attaccando il direttore del Museo Egizio? Per una cosa di 7 anni fa, “Finestre sull’Arte”, 21 settembre 2023, alla pagina https://www.finestresullarte.info/politica/perche-la-destra-sta-attaccando-direttore-museo-egizio-vicenda-7-anni-fa)

Il direttore è stato difeso “all’unanimità, con assoluta convinzione” dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione Museo delle Antichità Egizie, che ricorda come “in base all’articolo 9 del nostro statuto, la nomina e revoca del direttore spetta esclusivamente al Consiglio di amministrazione”. Dalla parte di Greco anche l’ex sindaca Chiara Appendino – quella di Marrone è “un’opinione personale” – e l’ex sindaco Piero Fassino, oltre a una lettera aperta firmata da 92 egittologi italiani. Dal suo canto il direttore sembra avere le idee chiare, a prescindere da quale sarà il suo futuro.

Ripeto: io non ho assolutamente bisogno di poltrone. Possono anche mandarmi via dall’Egizio, se vogliono. Mi resterà comunque l’Egitto. (…) Non faccio politica, mi dedico all’antico e non alla contemporaneità. Sono un egittologo e lo rimarrò anche se dovessi andare a servire cappuccini in un bar di Porta Nuova,

ha dichiarato Greco, invitando Meloni a visitare il museo, dove la “accoglierà”.
(Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, in Antonio Di Noto, La Lega all’attacco del direttore del Museo Egizio di Torino Greco: “Si dimetta, è razzista”, “Open”, 21 settembre 2023, alla pagina https://www.open.online/2023/09/21/andrea-crippa-vs-greco-museo-egizio-razzista/)

Crippa ha una visione parziale, la promozione del 2018 era una giusta operazione di marketing… I nuovi attacchi rafforzano il direttore, lo rendono inamovibile… E non credo che Meloni la pensi allo stesso modo di cinque anni fa.
(Vittorio Sgarbi, in Diego Longhin, ”Via il direttore dell’Egizio”. Dopo FdI, la fatwa della Lega. Ma Sgarbi difende Greco, “la Repubblica”, 22 settembre 2023)

Per l’Italia avere il Museo Egizio di Torino è un elemento di orgoglio, e la Fondazione sceglie in autonomia il profilo più adatto a ricoprire la direzione. (…) Non conosco personalmente Christian Greco, ma gode di ottima fama e in molti ritengono che abbia lavorato bene. Di questo non posso che essere felice. Chi ha l’onere e l’onore di amministrare i numerosi enti culturali della nostra nazione deve farlo secondo criteri ispirati alla competenza, alla professionalità e alle conoscenze scientifiche. Chi lavora seguendo questi criteri con rigore e professionalità avrà sempre il mio rispetto e potrà contare sulla massima collaborazione da parte del Ministero.
(Gennaro Sangiuliano, Sangiuliano: “Non conosco Greco ma è competente, non c’è nessuna campagna per cacciarlo”, “La Stampa”, 23 settembre 2023, alla pagina https://www.lastampa.it/cultura/2023/09/23/news/sangiuliano_non_conosco_greco_ma_e_competente_non_ce_nessuna_campagna_per_cacciarlo-13400249/)

04_10_23 | Venezia | Luca Cerizza curatore del Padiglione Italia della Biennale Arte 2024

Dopo l’open call indetta dal Ministero per la Cultura, è arrivata finalmente (a pochi mesi dall’inaugurazione), la nomina di Luca Cerizza a curatore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia. Si tratta in sostanza di una delle notizie più importanti per la scena culturale e artistica a livello nazionale. Il problema è che dopo molte ore dall’annuncio non si trova traccia di questa notizia sul sito del Ministero della Cultura, né sul progetto che coinvolge l’artista Massimo Bartolini, perché in realtà l’annuncio è stato fatto dal sottosegretario Vittorio Sgarbi, già curatore del Padiglione Italia nel 2011, e dal suo ufficio stampa, in maniera piuttosto inconsueta e impropria.
La nota del sottosegretario riporta anche un giudizio abbastanza tranchant sulla proposta curatoriale di Cerizza, secondo Sgarbi “difficilmente comprensibile” e che quindi merita di approfondimenti. Quasi a completamento di questa poca convinzione che il sottosegretario ripone nel progetto vincitore (selezionato da una commissione nominata ad hoc dal ministro), si legge anche che “il curatore lavorerà a stretto contatto con il nuovo diretto generale Angelo Piero Cappello, il quale seguirà anche un progetto sul fumetto in collaborazione con Igort”. (…) L’enigma si complica dopo l’uscita anche dell’artista proposto da Cerizza, ovvero Massimo Bartolini, di cui si legge ormai ovunque tranne che sul sito del Ministero e in nessuno degli atti pubblicati nella sezione legata all’open call.
L’uscita di Sgarbi è evidentemente inadatta in relazione alla rilevanza della notizia in questione e peraltro indebolisce quella che dovrebbe essere la massima rappresentazione dell’arte italiana, promossa dal Ministero stesso. La perplessità maggiore proviene proprio dalla confusione dei piani e dei ruoli, tipico vizio italiano, con cui viene messa in discussione dalla politica la libertà del curatore di decidere e proporre un progetto sulla base di regole di ingaggio chiare. Il sottosegretario Sgarbi, curatore a suo tempo di uno dei peggiori Padiglioni Italia che la memoria ricordi, dovrebbe rispettare le procedure di selezione pubblica indette dal Ministero stesso e il relativo lavoro della commissione. Si tratta della prima volta, infatti, che il Ministero per la Cultura seleziona il curatore del Padiglione Italia attraverso un bando pubblico e credo che sia una operazione meritoria che va proprio nella direzione opposta dell’ingerenza della politica nelle scelte culturali.
(Marco Trulli, Una nomina inconsueta. Il Padiglione Italia secondo Vittorio Sgarbi, in “Artribune”, 4 ottobre 2023, alla pagina https://www.artribune.com/arti-visive/2023/10/padiglione-italia-nomina-luca-cerizza/)

04_10_23 | Roma | Sergio Castellitto presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia

Tanto tuonò che piovve, ovvero tutto come ampiamente preannunciato, anche se con polemiche annesse. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha nominato Sergio Castellitto alla presidenza del Centro Sperimentale di Cinematografia. Il celebre attore e regista, che quest’anno ha compiuto settant’anni, guiderà una delle più importanti istituzioni cinematografiche italiane, fondata nel lontano 1935.
Da segnalare inoltre che Pupi Avati, Giancarlo Giannini, Cristiana Massaro, Andrea Minuz, Santino Vincenzo Mannino e Mauro Carlo Ciampotti sono stati designati quali componenti del Consiglio di Amministrazione: i primi tre sono stati scelti direttamente dal ministro, gli altri nominati su proposta degli altri ministri.
“La designazione di un CdA di così alto profilo guidato da una personalità di assoluta qualità umana e professionale come Sergio Castellitto e composto da nomi prestigiosissimi, ci fa capire quanto le polemiche dei mesi scorsi fossero pretestuose. Volevamo elevare la qualità e lo abbiamo fatto”, è il commento del ministro Sangiuliano.
(Stefano Biolchini e Andrea Chimento, Sergio Castellitto alla presidenza del Centro Sperimentale di Cinematografia, “Il Sole-24 Ore”, 4 ottobre 2023, alla pagina https://www.ilsole24ore.com/art/sergio-castellitto-presidenza-centro-sperimentale-cinematografia-AFG20Q6)

05_10_23 | Torino | I nuovi consulenti del Salone del Libro

Nei giorni scorsi, Benini ha inviato un’email agli attuali consulenti – un gruppo di diciassette professionisti del mondo editoriale – per ribadire di avere “la possibilità, il desiderio e anche il dovere di tentare di fare una cosa nuova, e di assumermene la responsabilità”. Un’email di congedo, non si sa se inviata a tutti gli interessati, che si chiude con la “garanzia” che ciascuno di loro avrà spazio, con i propri libri, nelle prossime edizioni.
(Paolo Morelli, Malumori al Salone del Libro, balletto sui consulenti, “Corriere della Sera”, 6 ottobre 2023)

“Raccolgo una grande eredità, un Salone così in salute che posso permettermi di pensare di percorrere delle strade nuove. Poi ci sono elementi di continuità, al centro di tutto c’è l’amore per i libri e per la letteratura”. Lo ha detto la nuova direttrice del Salone del Libro Annalena Benini a margine de “Il Salone che verrà”, presentazione del progetto 2024-2026 della rassegna torinese che si è svolta al Teatro Gobetti.
“Ci sono sette sezioni, che in futuro potranno arricchirsi perché servono i temi per raccontare il mondo che si muove”, ha aggiunto. “Ho pensato che non c’era un modo migliore per farlo se non attraverso i temi, l’arte, la letteratura, il cinema, l’editoria, l’informazione, la leggerezza e il pianto”. Ci sarà una lingua ospite e non un paese, nel 2024 sarà il tedesco.
La sezione Editoria sarà affidata a Teresa Cremisi, presidente di Adelphi. Gli incontri di questa sezione avranno l’obiettivo di mostrare al pubblico del Salone le differenze tra gli editori, il lavoro artigianale dell’editore, il suo rapporto con gli autori e con i lettori.
La sezione Arte sarà curata da Melania Mazzucco, per una sezione dedicata alle scritture d’arte, oltre che alle opere: storie di artiste e di artisti internazionali, avventure nascoste che hanno cambiato il nostro sguardo.
La sezione Romanzo sarà affidata a Alessandro Piperno, che ci guiderà in un viaggio nelle letture, nei romanzi amati o odiati dai grandi scrittori. Si entrerà quindi nell’officina segreta di chi legge per scrivere e per vivere. Che cosa cerca in un romanzo uno scrittore? Come legge? Che cosa lo attrae?
La sezione Romance sarà affidata a Erin Doom, maggiore esponente del genere in Italia, autrice di romanzi da milioni di copie. Erin Doom dialogherà al Salone con le voci internazionali del Romance che hanno conquistato il mondo dei giovani lettori, indagando il futuro della letteratura a partire dai classici che hanno formato la nostra educazione sentimentale.
La sezione Leggerezza sarà curata da Luciana Littizzetto. I suoi incontri indagheranno la narrativa capace di penetrare tra le luci e le ombre della vita per dare anche spensieratezza a lettrici e lettori. Inoltre mostrerà come il linguaggio televisivo possa costruire spazi di intrattenimento e di risate.
La sezione Informazione sarà curata da Francesco Costa. Con la consapevolezza che la rete, i social network e i giornali online hanno trasformato completamente il nostro modo di leggere e informarci, Costa incontrerà i maggiori esponenti italiani e internazionali dell’informazione, indagando le trasformazioni e i fallimenti del mondo delle notizie.
La sezione Cinema sarà curata da Francesco Piccolo, che mostrerà – attraverso gli incontri con i suoi ospiti – il viaggio attraverso cui la letteratura si trasforma in opera cinematografica o in serie tv, evidenziando i cambiamenti di immagini e di linguaggio e la centralità del lavoro di registi, sceneggiatori, attori e produttori.
Oltre le sette sezioni, ci sarà una redazione che insieme alla squadra editoriale del Salone lavorerà al programma: Paola Peduzzi, Igiaba Scego, Francesca Sforza, Tiziana Triana.
I collaboratori tecnici saranno invece: Ilide Carmignani, per l’area traduzione; Lorenzo Fazzini, per i rapporti con l’editoria religiosa; Giusi Marchetta, Eros Miari e Andrea Falcone, per l’area ragazzi e scuole; Sara Speciani, per l’area professionale e Federico Vergari, per l’area sport e fumetto.
(La nuova squadra di Annalena Benini per il Salone del Libro, “RAINews”, 5 ottobre 2023, alla pagina https://www.rainews.it/tgr/piemonte/articoli/2023/10/la-nuova-squadra-di-annalena-benini-per-il-salone-del-libro–c7ed051f-4c79-44d4-98c2-4b7cc2bb6a2f.html)

08_10_23 | RAI | Report indaga sulla famiglia La Russa

“Va subito affermato che dopo quasi due mesi di costose ricerche e di troupe sguinzagliate in varie regioni d’Italia, non avendo potuto trovare nemmeno un briciolo di attività non solo illegali, ma anche solo inopportune di Ignazio La Russa, Sigfrido Ranucci e i suoi compagni”, il riferimento è ai giornalisti di Report, “hanno optato per cercare disperatamente di infangare suo padre e la sua famiglia”. Sarebbe questo l’aspetto che ha fatto infuriare il presidente del Senato e segnalato, attraverso una nota, dal suo portavoce. “Ricostruzioni del tutto difformi dalla verità e gravemente lesive dell’onore di chi, a cominciare dal defunto Antonino La Russa che oggi avrebbe 110 anni, in vita sua mai è stato oggetto neanche di un avviso di garanzia per qualsivoglia ragione”. Prima ancora di andare in onda, la puntata di Report apre di nuovo un fronte con gli esponenti del partito di maggioranza. Le anticipazioni della trasmissione sono state riportate da diversi organi di stampa.
E ancora, prosegue la nota, “Report ‘accusa’ Antonino La Russa di essere stato dopo il 1956 vicepresidente della Liquigas, società di quel finanziere Michelangelo Virgillito, tuttora osannato come benefattore della Chiesa e che mai ha avuto problemi giudiziari e che la trasmissione di Ranucci falsamente accusa per un episodio risalente al 1938. Ben 18 anni prima che il padre del presidente La Russa lo conoscesse. Ripetiamo: 18 anni prima di conoscerlo”. Il portavoce del numero uno di Palazzo Madama, poi, biasima il passaggio di Report in cui verrebbe riportata l’accusa di un pentito, “secondo il quale nel 1994 il senatore Antonino La Russa avrebbe, insieme al figlio Vincenzo, chiesto voti in ambienti criminali a favore di Forza Italia”.
“La circostanza già di per sé falsa e calunniosa, appare peraltro impossibile”, continua il comunicato, “alla luce del fatto che da anni Antonino La Russa non era più candidato e il figlio Vincenzo, peraltro mai appoggiato elettoralmente dai familiari, era candidato non con Forza Italia bensì con l’UDC di Pier Ferdinando Casini. E quel che più conta è che mai tale circostanza ha avuto alcun seguito giudiziario, anche minimo, né mai è stata contestata agli interessati che l’hanno potuta leggere solo su un ‘giornaletto’ all’epoca dei fatti”. Il portavoce di La Russa respinge anche le altre accuse che sarebbero presenti nell’inchiesta di Report, “dai call center agli eletti di Paternò, fino ai rapporti con un socio di un piccolo bar comprato per aiutare il barista”.
La nota si conclude con l’annuncio di un possibile ricorso alle sedi penali, nelle quali sarà chiamata a rispondere “Report stessa”. La Russa, infatti, “ha dato mandato ai suoi legali di presentare querele per diffamazione aggravata nei confronti di giornali e media che hanno pubblicato e diffuso stralci di accuse inverosimili e senza aver compiuto alcuna doverosa verifica. Stralci di accuse fornite loro dalla stessa trasmissione condotta da Ranucci. Vedremo la trasmissione di questa sera per poi affrontare fake news e vergognose ricostruzioni nei modi che la legge consente pur consci della convinzione di impunità che accompagna questo tipo di pseudo inchieste giornalistiche”.
(Report, La Russa infuriato con Ranucci per l’inchiesta sulla sua famiglia: pronto a querele, “Il Post”, 8 ottobre 2023, alla pagina https://www.open.online/2023/10/08/la-russa-vs-report-inchiesta-famiglia-padre-querele/)

13_10_23 | “Nessun simbolo pro-Hamas sui beni culturali italiani”

La bandiera palestinese esposta per alcuni minuti il 12 ottobre 2023 a Castel Sant’Elmo, Napoli

Non ci sarà alcun tipo di tolleranza verso coloro che permetteranno di esporre striscioni o vessilli a favore di Hamas sui beni culturali delle città italiane. Per quanto riguarda quanto accaduto ieri a Napoli, in particolare a Castel Sant’Elmo, dov’è stata esposta una bandiera della Palestina, poi immediatamente rimossa, viste le manifestazioni annunciate per le prossime ore, ho chiesto al direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, responsabile ad interim dei musei campani, la massima attenzione affinchè nessuno utilizzi i siti culturali statali per esibire simboli anti-Israele.
(Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, in Israele, Sangiuliano: “Nessun simbolo pro-Hamas sui beni culturali italiani”, Ministero della Cultura, 13 ottobre 2023)

15_10_23 | Dopo aver lasciato la RAI, Fabio Fazio debutta con successo su La Nove con Che tempo che fa

Non me lo aspettavo, facevo i conti con gli ascolti della rete, il 5,6% di share, dati che potevano essere accettabili. Li abbiamo superati, è stato un anno bellissimo, ma siamo ancora all’inizio del cammino e bisogna sperare di mantenere il risultato. Il punto di forza del programma è Luciana Littizzetto.

Ogni domenica commentate la politica, si respira aria di libertà.

Io la definirei aria di contemporaneità, valore per certi versi superiore. Per me coincidono i due termini, la libertà è la possibilità di essere contemporanei quindi di adeguarsi al momento, è il contrario di reprimersi.

Il caso Scurati, gli scioperi sabotati: cosa pensa di quello che sta accadendo in RAI?

Sono uno di quelli non compatibili con la nuova narrazione. Ricordo sempre che il mio contratto non fu rinnovato da chi c’era prima e da chi è arrivato. Da quanti anni si dice che la RAI deve trovare un’autonomia dalla politica? Da sempre. Invece è connessa, ed è sempre più complicato. Al di là della politica, la televisione bisogna saperla fare. (…)

Riceve telefonate dai politici?

Grazie a Dio nessuna. Ma non le ricevevo neanche prima. (…)

“Tu scrivi Giorgia”: la cartellonistica di Atreju

Come altri personaggi è finito nella cartellonistica elettorale di Meloni con gli sfottò di Atreju: “Anche se lui ci rimane male tu scrivi Giorgia”. Che effetto le ha fatto?

E’ una cosa molto sgradevole, nel senso che quando si indica una persona fisica, un cittadino comune addirittura come avversario, come simbolo, ovviamente non è tranquillizzante. Del resto sono abituato, negli anni scorsi il ministro degli Interni (Matteo Salvini) nei telegiornali, nelle piazze, sui giornali, mi aveva pubblicamente ricordato più di 120 volte, quindi il modo è sempre lo stesso. Pazienza. I comportamenti di solito qualificano quelli che li mettono in atto.
(Fabio Fazio, in Silvia Fumarola, Fabio Fazio: “La mia idea di libertà è la contemporaneità. Se il potere ti attacca non ti senti tranquilli, “la Repubblica”, 11 maggio 2024)

Bisognerebbe raccogliere la sfida, lavorare perché arrivi in tv un Fazio liberal-conservatore.
(Alessandro Giuli, in Stefano Cappellini, Giuli: “Basta lamentele, la destra ora ha bisogno di un Fazio conservatore”, “la Repubblica”, 25 maggio 2023)

16_10_23 | Roberto Saviano condannato a 1.000 euro di multa per aver diffamato Giorgia Meloni (che ne voleva 75.000)

La presidente del Consiglio lo aveva accusato di diffamazione, visto che Saviano aveva usato la parola «bastardi» per lei e Matteo Salvini. Il Pm, Pietro Pollidori, aveva chiesto la pena pecuniaria di 10.000 euro perché “quell’espressione non si può usare in nessun contesto”, ma la colpa è “di lieve entità”.
L’avvocato di Giorgia Meloni, Luca Libra, aveva invece chiesto la pena “per l’offensività del termine”, così per “la diffamazione per eccessiva gravità, e chiedo 75.000 euro”.
Meloni non si è mai presentata in aula. Il giudice monocratico di Roma ha respinto la richiesta avanzata dal difensore di Saviano di sentire in aula la premier. Saviano accusa: «Il potere che si scherma con il parlamento» quando viene tirato in ballo dalla giustizia, e invece «usa le querele: davvero non vediamo la sproporzione?»
Il ruolo della querelante, ha detto il pm, una deputata allora e presidente del Consiglio oggi, non la limita nello sporgere querela. “In questa sede non si discute l’opportunità”, ma “la legge è uguale per tutti”, ha aggiunto, “anche per lo scrittore”.
L’avvocato Antonio Nobile avevo chiesto che venisse ascoltata anche Meloni come assunzione di nuovi mezzi di prova. Lo scrittore ha voluto rendere dichiarazioni spontanee. Questa querela “è intimidazione”. E ha ricordato la cancellazione del suo programma RAI. “Una strategia che sta avvenendo in Ungheria, dove Victor Orban decide quali voce isolare» e «colpisce alcuni perché tutti gli altri intendano”.
Il procedimento è legato a una vicenda del 2020, quando l’autore di Gomorra, che si batte da sempre per i diritti dei migranti, nel corso di Piazzapulita, usò l’epiteto “bastardi” per i leader di Fratelli d’Italia e Lega.
Nello specifico, Saviano stava parlando della morte di un neonato della Guinea davanti agli occhi della madre, il piccolo Yusuf, durante una traversata nel Mediterraneo, una storia che scosse il pubblico italiano: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: ‘taxi del mare’, ‘crociere’… ma viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini: bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile tutto questo dolore descriverlo così? Legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”. (…)
Nel corso della precedente udienza, il 27 giugno erano presenti anche Paola Belloni, la compagna della leader Pd Elly Schlein e la scrittrice Michela Murgia, morta a seguito di un tumore il 10 agosto.
La leader di Fratelli d’Italia ha deciso di non ritirare la querela dopo essere diventata presidente del Consiglio, e non è l’unica volta in cui, nonostante il nuovo ruolo che la pone in una posizione di forza, ha deciso di procedere in tribunale, lo sta facendo anche contro questo giornale. In entrambi i casi, avvocato dell’allora parlamentare Andrea Delmastro Delle Vedove, che dopo la vittoria alle elezioni della destra è stato promosso sottosegretario alla giustizia.
(Vanessa Ricciardi, Saviano condannato, come si è arrivati alla sentenza, “Il Domani”, 12 ottobre 2023, alla pagina https://www.editorialedomani.it/politica/italia/meloni-contro-saviano-sentenza-giornalisti-in-tribunale-pktg7on4)

16_10_23 | Milano | Vittorio Sgarbi contro il Museo del Digitale all’ex Diurno di Milano

Non sembra che il luogo più adatto per un museo di arte digitale sia l’ex Albergo Diurno di Porta Venezia a Milano, caratterizzato da memorabili arredi di stile art déco. Per l’annunciato restauro è obbligatorio massimo rigore. Ciò che è digitale non può comportare alterazione degli spazi, intrusioni di elementi tecnologici e l’abbattimento dei cubicoli dei bagni… L’arte digitale è immateriale, e non può farsi spazio a colpi di piccone, ù

continua il Sottosegretario. Una richiesta di interventi rigorosi sul Diurno che Sgarbi gira alla soprintendente Emanuela Carpani, ricordandole che per questo restauro il Ministero della Cultura ha stanziato sei milioni di euro. Al direttore generale dei musei, Massimo Osanna, dice:

Non credo che voglia farsi complice della sua distruzione.
(Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, in Annarita Briganti, in Arte digitale, Sgarbi boccia il Museo Nazionale nell’ex Diurno, “la Repubblica”, 16 ottobre 2023)

20_10_2023 | Gennaro Sangiuliano vuole tagliare la credit tax cinema. Poi fa dietrofront

Da 100 a 14 milioni, passando per quel 5% in meno previsto per tutti i ministeri. La giornata che si era aperta con la lettera in cui il ministro dei Beni Culturali Gennaro Sangiuliano annunciava al collega dell’economia Giancarlo Giorgetti. Taglio da 100 milioni al cinema (sul miliardo totale), si è chiusa con la cifra di 14 milioni, che la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni ha rivelato alla platea di un convegno alla Festa di Roma: “Alla cifra”, ha spiegato, “va aggiunto quel 5% di riduzione previsto per tutti i ministeri… Ma vi assicuro che non ce ne accorgeremo”. Questa cifra “serve per un intervento chiesto da Sangiuliano, per di destinarli ad altri interventi”. Già in tarda mattinata il presidente dell’Anica Francesco Rutelli aveva fatto capire che quella lettera di Sangiuliano era una storia nata e già finita, grazie ai febbrili incontri degli ultimi giorni fra il Ministro e le varie sigle di settore (Anica, apa, CNA, cinema e audiovisivo, DOC/it, unita, 100 autori, WGI, AGCICAGC)…
Resta l’allarme dell’opposizione. “Non ha precedenti che un ministro della Cultura inviti il collega del MEF a tagliare i fondi al cinema oltre quelli richiesti. Un settore strategico per tutta l’Italia, la cui sofferenza è nota a tutti. Ci opporremo in ogni sede.”, così Elli Schein, leader del PD. E Matteo Renzi: “Dopo aver cancellato la 18 App, il ministro propone di tagliare anche sul cinema. Allucinante… Finiremo con il rimpiangere Tremonti.”
(Arianna Finos, Sangiuliano taglia il cinema: “Rinuncio a 100 milioni”. Poi il dietrofront a metà, “la Repubblica”, 20 ottobre 2023)

Si dichiara “crocifisso sui giornali da una casta molto, molto ricca”, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, tornando alla previsione di un taglio ai fondi del tax credit per il cinema, che in questi giorni ha infiammato il mondo dell’audiovisivo italiano. Sangiuliano si dice attaccato perché si è permesso di toccare “questo santuario di potere. Il tax credit è passato dai 400 milioni del 2019 ad oltre 800 milioni. Una cifra enorme. Che cui si potrebbero fare tante cose”. (…) A margine dell’evento L’Italia vincente, la kermesse di Fratelli d’Italia al Teatro Brancaccio di Roma per festeggiare un anno di governo Meloni, il ministro si rivolge al titolare del dicastero della salute, Orazio Schillaci, anche lui presente all’evento, buttando lì che “si potrebbero acquistare tante macchine per la TAC per abbattere le liste di attesa”, riallocando una parte dei fondi previsti. E specifica: “Aver parlato di una riforma non significa non ritenere l’audiovisivo fondamentale. Un’industria importante per l’Italia, che riconosco e davanti alla quale mi inchino… ma solo per aver pensato di rendere il sistema più efficiente, uno viene crocifisso”.
(Sangiuliano: “Io crocifisso da una casta di ricchi”, “la Repubblica”, 23 ottobre 2023)

27_10_23 | Niente Miss Italia per Vittorio Sgarbi

Sono felice che le violente polemiche contro di me abbano ottenuto il risultato di dimostrare la mia incompatibilità con Miss Italia. Faccio con onore il sottosegretario, per fare il presidente di Miss Italia occorre essere almeno ministro.
(Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, in Adriana Logroscino, Sgarbi niente Miss Italia. Lui non molla e va in tv. Sangiuliano e le deleghe? “Revoca? Valuteremo”, “Corriere dlla Sera”. 12 ottobre 2023)

24_10_23 | Giuliano Amato presidente della Commissione AI per l’Informazione
Ma poi Giorgia Meloni lo licenzia. Al suo posto padre Paolo Benanti

Il governo Meloni ha affidato a Giuliano Amato, costituzionalista di 85 anni, la guida della nuova commissione sull’intelligenza artificiale nel campo dell’editoria, ribattezzata “commissione algoritmi”. Già deputato, ministro e presidente del Consiglio, oltre che avvocato, Giuliano Amato lascia la presidenza della Corte costituzionale per dedicarsi alle nuove tecnologie. (…)
A nessuno, tranne che ad Alfredo Barachini, sottosegretario del governo Meloni all’editoria e all’informazione, in quota Forza Italia. Scelta decisamente in controtendenza rispetto ad altri paesi, come per esempio il Regno Unito. Londra ha infatti messo alla guida di una commissione simile Ian Hogarth, 38 anni, imprenditore nel settore digitale, laureato in ingegneria informatica e specializzato in machine learning.
La commissione guidata da Amato avrà il compito di valutare i rischi e le opportunità che l’applicazione dell’intelligenza artificiale può avere nel mercato dell’editoria e sul giornalismo.
(Kevin Carboni, Giuliano Amato presiede un comitato su intelligenza artificiale ed editoria, “Wired”, 24 ottore 2023, alla pagina https://www.wired.it/article/giuliano-amato-commissione-algoritmi-intelligenza-artificiale-barachini-meloni/)

Quella di Fratelli d’Italia e della Lega continuiamo a chiamarla destra, ma di sicuro non ha la cultura politica di Reagan né della Thatcher né di Major. È un’altra cosa, che ha che fare con l’ideologia dell’ostilità e del rancore. (…) È percepita come un nemico anche la Corte Costituzionale, ossia il più alto organo di garanzia della Carta il cui compito è garantire anche i diritti di carcerati, migranti, omosessuali. Agli occhi degli elettori della destra populista le Corti finiscono per apparire espressione e garanzia di quelle minoranze che turbano il loro ordine. L’abbiamo visto in Polonia e Ungheria: le prime a essere messe nella lista nera sono state le Corti europee, poi le Corti nazionali. (…) Da noi è ritenuto inconcepibile, ma potrebbe accadere.
(Giuliano Amato, in Simonetta Fiori, Giuliano Amato: “Democrazia a rischio. L’Italia può seguire Polonia e Ungheria”, “la Repubblica”, 2 gennaio 2024)

Sul tema della Commissione, credo si sappia che non è stata una mia iniziativa e ho tendenzialmente detto quello che pensavo, ma al di là di questo non ho nulla da dire nello specifico al professor Amato. Sono rimasta francamente basita particolarmente dalle dichiarazioni che riguardano il tema della Corte Costituzionale. Allora, come funziona? Articolo 135 della Costituzione dice che la Corte Costituzionale è composta da 15 membri, di cui un terzo nomina il Presidente della Repubblica, un terzo nomina il Parlamento, un terzo di nomina delle magistrature ordinarie e amministrativa. Perfetto. Perché si pone il problema? Si pone il problema perché entro la fine di quest’anno, 2024, il Parlamento, che oggi ha una maggioranza di centrodestra, deve nominare quattro giudici della Corte Costituzionale. E quindi c’è un rischio di deriva autoritaria. Ora, lei capisce che questa idea della democrazia per la quale quando vince la sinistra chiaramente deve poter avere tutte le prerogative che riguardano la maggioranza e quando vince la destra no, oltre a essere un po’ bizzarra, temo che necessiti di alcune modifiche di carattere costituzionale. Tipo, potremmo scrivere all’articolo 135 i giudici della Corte Costituzionale sono nominati dal PD sentito il parere di alcuni intellettuali e di Giuliano Amato. Non lo so, se il PD vuole presentare questa proposta di riforma, lo può fare, io non la voto, ma in ogni caso non credo che si possa dire che se una maggioranza di centrodestra esercita le stesse prerogative che la sinistra ha esercitato, senza guardare in faccia a nessuno, questo possa essere considerato una deriva autoritaria. Penso che sia piuttosto una deriva autoritaria considerare che chi vince le elezioni, se non è di sinistra, non abbia gli stessi diritti degli altri.
Nella mia idea di democrazia questo non esiste. E il mondo nel quale la sinistra ha più diritti degli altri, per quello che mi riguarda, è finito. Tutti hanno gli stessi diritti, le stesse prerogative, sono scritte nei nostri regolamenti, nella nostra Costituzione. Gli italiani decidono chi debba esercitare quelle prerogative con le elezioni e questa è la normale democrazia. La democrazia che abbiamo conosciuto per cui la sinistra fa quello che vuole e chi non è di sinistra invece non ha diritti non è il mio mondo e farò di tutto per combatterlo.
(Giorgia Meloni, in Conferenza del Presidente Meloni, “governo.it”, 4 gennaio 2024, alla pagina https://www.governo.it/it/articolo/conferenza-stampa-del-presidente-meloni/24717)

È una commissione della Presidenza del Consiglio, ma lascio senz’altro l’incarico. (…) Peccato, ci perdono qualcosa… Ma a me semplificherà la vita. (…)
Io non ho assolutamente parlato dell’elezione dei giudici della Corte. Ho evidenziato un altro problema, come sa chi ha letto davvero l’intervista. Ho parlato dell’accoglienza delle decisioni della Corte, chiunque l’abbia eletta, e ad oggi in Italia non è mai stata la presidente del Consiglio a porre questa questione. Hanno cominciato altri esponenti della sua maggioranza, ma non lei.
(Giuliano Amato, in Giovanni Bianconi, Giorgia Meloni critica Giuliano Amato. Lui: lascio la commissione, ma non ha capito le mie parole sulla Consulta, “Corriere della Sera”, 5 gennaio 2024, alla pagina https://roma.corriere.it/notizie/politica/24_gennaio_05/giorgia-meloni-critica-giuliano-amato-lui-lascio-la-commissione-ma-non-ha-capito-le-mie-parole-sulla-consulta-426982a4-e464-4409-a68f-780de01bfxlk.shtml)

Prendiamo atto delle dimissioni del presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato dalla Commissione AI per l’Informazione e andiamo avanti con rinnovata determinazione nel lavoro intrapreso, consapevoli di quanto sia cruciale il settore dell’informazione e della necessità di indagare l’impatto dell’intelligenza artificiale su ogni suo aspetto portando alla luce opportunità, rischi, delineando perimetri etici e possibili sinergie a tutela dell’occupazione e del diritto d’autore. (…)
Padre Benanti è il nuovo presidente della Commissione AI per l’informazione. Professore della Pontificia Università Gregoriana, è l’unico italiano membro del Comitato sull’intelligenza artificiale delle Nazioni Unite. In questi mesi di lavoro ho potuto conoscere la sua competenza e il suo equilibrio. Per questo sono onorato che abbia accettato l’incarico.
(Alberto Barachini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria, in Commissione Algoritmi, Amato lascia la presidenza in polemica con Meloni. Barachini: “Al suo posto padre Benanti” , dalò sito della FNSI, 5 gennaio 2024, alla pagina https://www.fnsi.it/commissione-algoritmi-amato-lascia-la-presidenza-in-polemica-con-meloni-barachini-al-suo-posto-padre-benanti)

27_10_23 | Venezia | Pietrangelo Buttafuoco presidente della Biennale

E’ stato infranto un altro tetto di cristallo. La Fondazione La Biennale è stata considerata dalla sinistra un feudo in cui collocare amici e accoliti. Buttafuoco, finalmente, afferma un cambio di passo che il governo Meloni vuole imprimere in ogni sede culturale e sociale della nazione: solo personalità scelte per lo spessore, la competenza e l’autorevolezza.
(Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario dei senatori FdI, in Antonella Baccaro, Buttafuoco alla guida della Biennale. FdI esulta: era un feudo della sinistra, in “Corriere della Sera”, 27 ottobre 2023)

Pietrangelo Buttafuoco l’ho cresciuto io, e le assicuro che il suo pensiero è rimasto lo stesso di quando saliva sulla mia 500 per andare ai comizi del Movimento Sociale: un uomo di destra, senza dubbio.
(Rino Ardica, ex deputato MSI, in Concetto Vecchio, La Biennale svolta a destra. A Venezia arriva Buttafuoco l’intellettuale convertito all’Islam, in “la Repubblica”, 27 ottobre 2023)

Uno che non ha mai rinnegato nulla, non si è mai definito antifascista, un fervente missino.
(Fabio Granata, assessore del Comune di Siracusa con deleghe a tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali, UNESCO, Università, Sviluppo e valorizzazione del turismo, Legalità e trasparenza, in Concetto Vecchio, La Biennale svolta a destra. A Venezia arriva Buttafuoco, l’intellettuale convertito all’Islam, “la Repubblica”, 27 ottobre 2023)

Buttafuoco dirige teatri, pubblica i suoi libri con Mondadori, ha condotto Otto e mezzo, fatto parte del CdA dell’Università di Enna, collabora alla Fondazione Leonardo Civiltà delle Macchine gestita da Luciano Violante. E per un breve periodo, dopo “Il Secolo” – nella redazione di via della Mercede, con Italo Bocchino – “Il Foglio” (dove firmò un pezzo memorabile sui funerali del padre) e “Panorama”, ha pure scritto per le pagine culturali di “Repubblica”.
A un certo punto si è convertito all’Islam. E anche questa è una contraddizione, la conferma di uno spirito trasgressivo. Agli amici perplessi spiegò la sua scelta così: “I musulmani portano quei valori che saldano l’uomo alla vita, alla famiglia, all’onore”. L’abbraccio di Maometto gli costò il mancato sostegno alla candidatura a governatore della Regione Sicilia di Giorgia Meloni otto anni fa. (…)
In quel momento era ritenuto più vicino a Matteo Salvini: “E’ l’unico che abbia saputo realizzare un’incubatrice dove preparare il futuro della destra”, spiegò al tempo. Oggi i rapporti con la premier sono di nuovo ottimi.
(Concetto Vecchio, La Biennale svolta a destra. A Venezia arriva Buttafuoco, l’intellettuale convertito all’Islam, “la Repubblica”, 27 ottobre 2023)

Destra e sinistra sono categorie superate.

Del tutto? Mi pare che in politica in Italia certi valori siano rivendicati, eccome

Guardiamo il mondo. Destra e sinistra sono state soppiantate da una nuova lotta di classe tra sopra e sotto. Sotto ci sono i paesi ormai ex poveri, nuovi marxisti ricchi di figli e tecnologia, dalla Cina a una parte dell’Africa. E sopra ci sono i trotskisti, quelli dell’establishment, inclusa la cultura cosiddetta woke. E’ questo il nuovo conflitto, perché il Novecento è finito e l’Occidente non si sente tanto bene. E infatti, sul piano dello scontro ci si è spostati dal razzismo al classismo.
(Pietrangelo Buttafuoco, in Roberta Scorranese, “Da giovane aprii una libreria e Sciascia venne a trovarmi. Non sopporto i premi letterari Cacciari è un autore che resterà”, “Corriere della Sera”, 11 agosto 2024)

04_11_23 | Angelo Piero Cappello direttore generale Creatività Contemporanea

È Angelo Piero Cappello il nuovo direttore generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura al posto di Onofrio Cutaia. Già dirigente dell’Area della Promozione Culturale del Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, Cappello ha maturato una ventennale esperienza negli Istituti Italiani di Cultura all’estero e ha coordinato la Collezione d’Arte Contemporanea della Farnesina, delle cui opere in mostra ha curato il catalogo.
Angelo Piero Cappello nuovo direttore generale Creatività Contemporanea
Cappello, che per quattro anni ha diretto il Centro per il Libro e la Lettura del MiC, è parte del Consiglio di Amministrazione della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e del Comitato tecnico scientifico della Fondazione Michetti per l’Arte Contemporanea. È consigliere scientifico del MuSa – Museo di Salò e della Fondazione della Casa-museo Il Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera. Saggista, si è occupato principalmente di cultura artistica e letteraria del Novecento, e tra gli altri ha curato l’edizione delle opere di Gabriele d’Annunzio Studi su Gesù e Il Piacere.
Cappello – affiancato da un Comitato tecnico scientifico per l’arte e l’architettura contemporanee composto da Claudio Varagnoli (presidente), Alessandra Barbuto e Francesca Canfora – dovrà ora dirigere dal Complesso di San Michele le ampie attività della DGCC, come la cura di iniziative di promozione e sostegno alle imprese culturali e creative sul territorio nazionale, la promozione della ricerca, della conoscenza e della produzione culturale. Oltre a ciò, in virtù del suo ruolo, Cappello sarà anche commissario del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia.
(Giulia Giaume, Angelo Piero Cappello nuovo direttore generale Creatività Contemporanea< “artribune”, 4 novembre 2023, alla pagina https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2023/11/angelo-piero-cappello-direttore-generale-creativita-contemporanea/)

10_11_23 | Milano | Geronimo La Russa consigliere di amministrazione del Piccolo Teatro

La politica?

Ho una foto a casa che tengo in salotto. Mio papà davanti a via Mancini 8, sede storica del Msi, che tiene me in braccio, con ancora i pannolini.

Non hai avuto scelta.

La nostra non è una famiglia monocolore. Mio nonno, fascista da sempre, è stato senatore del Msi per 25 anni. Ma suo figlio Vincenzo è stato parlamentare Dc. Anche io avrei potuto fare altre scelte. Non vivo l’ambiente del partito punto e basta. Un mio carissimo amico è Filippo Scognamiglio, dichiaratamente di sinistra.

Litighi mai con lui?

Sempre. Cerchiamo di trovare una convergenza e non la troviamo mai.

Il tuo amico più di sinistra?

Filippo Maraffi, consigliere di zona, Rifondazione Comunista. È una persona intelligentissima, un veterinario, si impegna da matti, è interista. Nel tempo libero scrive tutti i quiz per il Trivial Pursuit».

Qual è stato il tuo primo atto politico?

Volantinaggi a 14 anni insieme ai ragazzi del Fronte della Gioventù.

Incidenti?

Grazie a Dio no. L’intolleranza vera l’hanno vissuta i miei genitori, macchine incendiate, appostamenti sotto casa. Andavano al cinema e dovevano entrare dopo l’inizio del film, a luci spente, per non farsi riconoscere. Io stesso da ragazzino non ero ben visto. Ero sempre il figlio del fascista. Che poi mio padre non era fascista.

Questa è un po’ grossa.

L’MSI non era il PNF. Io venivo additato come se mio padre fosse uno delle SS. Dovevo stare attento a dove andavo. Non sono mai andato in un centro sociale.

Ti manca?

Disprezzo quello che fanno, tipo drogarsi. Il mio amico Filippo Scognamiglio mi ci voleva portare, lui li frequentava.

Ci andava a drogarsi?

Andava ai concerti. Alla fine abbiamo deciso di non rischiare. Se mi riconoscevano mi facevano la pelle. (…)

Il gossip milanese ha registrato anni fa una tua incursione a casa di Roberto Vecchioni.

Si usciva in tanti ragazzi sui motorini e ci si imbucava alle feste.

E quella volta da Vecchioni?

Arrivai con una ventina di amici. Ci furono dei furti. Anche tre dei miei amici, è stato accertato, rubarono qualcosa. Ci rimasi talmente male che da allora non li frequentai più.

Come ti definiresti, politicamente?

Un conservatore.

Ti identifichi con la corrente di tuo padre, Destra Protagonista?

Sì, ma sono molto amico di tutti i giovani militanti di Destra Sociale, a partire dal vice segretario nazionale, Carlo Fidanza. (…)

Liberati da tuo padre.

Ho onori ed oneri. Su questo argomento non posso parlare a ruota libera». (…)

Hai mai fatto il saluto romano?

Una volta, per scherzo, quando mi sono vestito da Balilla a carnevale. Un’altra volta mi sono mascherato da Giulio Cesare. E facevo il saluto romano autentico.
(Geronimo La Russa intervistato da Claudio Sabelli Fioretti, “Corriere Magazine”, 14 aprile 2005)

Via Rovello 2: la lapide sulla facciata di Palazzo Carmagnola

Il ritrovo per il flash mob lanciato dalla sezione dell’ANPI Audrey Hepburn contro la nomina di Geronimo La Russa nel consiglio di amministrazione del Piccolo Teatro di Milano era fissato per le ore 11.00 di sabato 18 novembre 2023, proprio davanti alla targa che campeggia sulla facciata di Palazzo Carmagnola, dove ha sede il Piccolo Teatro.
L’appello è stato accolto dal presidente dell’ANPI milanese Roberto Cenati, che ha sottolineato come “in un luogo dove si amministra un’istituzione cardine della storia e dell’attualità culturale di Milano si deve arrivare legittimati da un percorso di competenze e di maturità culturale che attribuisca strumenti solidi, per costruire una cultura comune”.
Stessa idea espressa dal Sindaco di Milano Giuseppe Sala, che in un’intervista al “Corriere della Sera” aveva manifestato le sue “remore” in quanto “il Piccolo Teatro, insieme alla Scala, è la principale istituzione culturale di Milano e deve essere un punto di arrivo e non di partenza”.
Questa mattina si è così raccolto in via Rovello il folto nocciolo duro del pubblico del Piccolo Teatro di Milano, con le delegazioni dell’ANPI, per una protesta pacifica, fatti di canti, raccolta firme e fiori depositati sotto la targa. E per chiedere a Geronimo La Russa di rassegnare le dimissioni.
L’appello lanciato dalla sezione ANPI Audrey Hepburn ha raccolto 800 adesioni tra cittadini, cittadine, sezioni ANPI e organizzazioni del mondo culturale: Partigiani In Ogni Quartiere, Memoria Antifascista, Fondazione Roberto Franceschi Onlus, Radio Popolare, Banda degli Ottoni, ATIR Teatro Ringhiera, Manifatture Teatrali Milanesi, Teatrandomilano.it, Presidi Culturali Permanenti, Amleta, Facciamo La Conta, Collettivo Clown, Teatro Del Barrios, Pem Habitat Teatrali, Fiore Meraviglioso, Compagnia Anfiteatro, Compagnia Pane E Mate, Compagnia Le Brugole, Nudoecrudoteatro, Compagnia Oyes, Tavolo Clown Milano, Arcimondini, Disturbi Teatro, Teatro degli Instabili (ANPI Codé Montagnani Marelli), Saltimbanchi Senza Frontiere, Sarte Di Scena, Coro Resistente, Associazione Italia Cuba Circolo di Milano, Them Romano-Iru Italia (sede nazionale Lanciano-Ch), Circolo Arci Scighera, CSA Baraonda, GAS Feltre, Associazione Duetti, 1/2 Ets, La Stecca, Teatro Fornace, Collettivo Zam, Compagnia Alma Rosé, Associazione Culturale ILINX APS, Baia del Re, Arci Milano.
Tra le persone che hanno firmato l’appello ci sono Tiziana Pesce, Silvia e Claudia Pinelli, Heidi Giuliani, Paolo Rossi, Sabina Guzzanti, Laura Curino.
(La manifestazione davanti al Piccolo Teatro contro la nomina di Geronimo La Russa nel consiglio d’amministrazione, in Ateatro, 18 novembre 2024, alla pagina https://www.ateatro.it/webzine/2023/11/18/la-manifestazione-davanti-al-piccolo-teatro-contro-la-nomina-di-geronimo-la-russa-nel-consiglio-damministrazione/)

15_11_2023 | Davide Desario presidente della Giuria per la Capitale della Cultura

Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha firmato il decreto di nomina della Giuria per la selezione della città Capitale italiana della cultura 2026. La giuria, presieduta dal direttore dell’Adnkronos Davide Desario, è composta da esperti indipendenti nel settore della cultura, delle arti, della valorizzazione territoriale e turistica: Virginia Lozito, Luisa Piacentini, Andrea Prencipe, Andrea Rebaglio, Daniela Tisi, Isabella Valente.

15_11_2023 | Roma | Alla Galleria Nazionale la mostra Tolkien. Uomo, Professore, Autore

Il ministro Sangiuliano (…) ha parlato di Tolkien come di uno scrittore conservatore, antifascista sì ma anche anticomunista. Che voleva conservare valori, a cominciare da quelli di comunità, di amicizia, di sacralità della vita. Ha anche spiegato di avere molto apprezzato, tra i personaggi tolkieniani, l’ottimismo e la gioia di vivere di Tom Bombadil, il dominus della Vecchia Foresta che incarna la saggezza della natura continuamente da lui celebrata con danze e canti.
(Annalisa Terranova, Finalmente la grande mostra su Tolkien. Sangiuliano orgoglioso: la rivendico. E confessa di amare Tom Bombadil, “Il Secolo d’Italia”, 8 novembre 2023, alla pagina https://www.secoloditalia.it/2023/11/finalmente-la-grande-mostra-su-tolkien-sangiuliano-orgoglioso-la-rivendico-e-confessa-di-amare-tom-bombadil/)

Rory Kinnear è Tom Bombadil nel Signore degli Anelli di Peter Weir

Rory Kinnear è Tom Bombadil nel Signore degli Anelli di Peter Weir

Il più anziano, ecco chi sono. Ricordate, amici, quel che vi dico: Tom era qui prima del fiume e degli alberi; Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda. Egli tracciò i sentieri prima della Gente Alta, e vide arrivata la Gente Piccola. Era qui prima dei Re e delle tombe e degli Spettri dei Tumuli. Quando gli Elfi emigrarono a ovest, Tom era già qui, prima che i mari si curvassero; conobbe l’oscurità sotto le stelle quand’era innocua e senza paura: prima che da Fuori giungesse l’Oscuro Signore.
(Tom Bombadil risponde a Frodo, in J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, libro I, cap. VII, “Nella Casa di Tom Bombadil”)

Meloni ha rimarcato più volte quella sorta di debito giovanile che il mondo postfascista sembra avere nei confronti di Tolkien, moltiplicando nei suoi interventi pubblici citazioni e frasi ad effetto e arrivando a rievocare – nelle pagine di Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee (Rizzoli, 2021) – come nei locali della sezione missina di Colle Oppio a Roma, dove è cresciuta politicamente, ci si riunisse per il «richiamo del corno», dal corno di Boromir che nella saga tolkieniana chiamava a raccolta la Compagnia, per discutere settimanalmente, mentre i giovani militanti arrivavano ad animare dei tableaux vivant impersonando hobbit e elfi nel parco antistante la sede. (…)
Se per il “Times” con questa mostra “la destra vuole esplicitamente controllare la cultura”, il “Guardian” riflette sul fatto che Tolkien venga utilizzato “per scopi populistici e nazionalistici” e che proprio questa iniziativa evidenzi come sotto l’aspetto “moderato” di Meloni, “sotto la superficie”, si nasconda “un’agenda culturale profondamente preoccupante”.
Perché la domanda che accompagna l’evento romano contiene in sé già una parte della risposta. Perché proprio Tolkien? E cosa rappresenta per la destra italiana cresciuta nel solco del neofascismo e prima ancora delle vicende degli sconfitti del 1945?
In questo ambiente si è soliti considerare come una sorta di proprio “luogo della memoria” il primo Campo Hobbit, che si svolse nel giugno del 1977 in provincia di Benevento per iniziativa dei giovani missini. In quella fase, come notava Marco Revelli già a metà degli anni Ottanta – in La destra radicale, un volume fondamentale curato dal compianto Franco Ferraresi (Feltrinelli, 1984), “nel fantastico mondo tolkieniano, intreccio di saga nordica e di narrativa eroica medievale, la ‘nuova destra’ ha trasferito in buona parte il proprio immaginario identificante, e da esso ha tratto molti dei propri simboli”. Non si trattava soltanto di immaginare “la realizzazione in chiave fantastica della propria ‘concezione del mondo’, ma anche dell’occasione per ricostruire un nuovo “senso della comunità” non più sui vecchi stereotipi mitizzati, ma su un’inedita trama simbolica di più rapida ed efficace circolazione».
In altre parole, ci si impegnava per abbandonare la propria auto-rappresentazione come “esuli in patria”, ripiegati esclusivamente sul passato, per giocare in campo aperto ma attraverso un cornice che mantenesse in qualche modo inalterata l’irriducibilità di fondo al presente. Non a caso, è sulla traccia di quanto un pugno di giovani neofascisti francesi andava tentando già all’indomani del Sessantotto parigino, la futura Nouvelle Droite, che si compie nel nostro paese «la conquista» di Tolkien da parte della destra giovanile. Due le parole chiave che, in sintesi, definivano quel passaggio per molti versi storico che sta ora riemergendo intorno all’idea di una nuova egemonia culturale da contrapporre alle idee della sinistra: identità e comunità.
Ricorrendo ancora alle analisi di Revelli – in questo caso espresse ne Le due destre (Bollati Boringhieri, 1996) -, in quella fase germinale, la «nuova destra» che in Italia attraversava anche le sezioni missine, ed in particolare il mondo giovanile del partito e gli ambienti “rautiani”, “all’assolutizzazione della logica di mercato come unico modello di rapporto sociale – all’utilitarismo come unica religione della modernità – opponeva le sfere terribili del sacro e delle forze primordiali, alla societé marchande i miti del sacerdote del guerriero, i regni irriducibili della qualità sottratta allo scambio. Allo sradicamento, infine, alla modalità diffusa di una società ormai priva di appartenenze, opponeva la riscoperta delle radici, la presa di coscienza della propria specifica identità”.
In tale prospettiva, l’opera di Tolkien, riletta nei termini di un conflitto costante tra il bene e il male, tra la tradizione e la modernità, diviene il simulacro di una realtà imperitura, un’epopea che attraverso il mito declina un lessico immortale e immutabile. Qualcosa che assomiglia molto alla definizione che ha offerto già da tempo e con illuminante chiarezza Marcello Veneziani nel suo La cultura della destra (Laterza, 2002) spiegando come “la cultura della destra coincide con quella che un tempo si definiva Weltanschaung, visione del mondo e della vita; è il linguaggio delle idee senza parole per dirla con Oswald Spengler”. Miti, riti, mentalità, religioni e costumi “che hanno permeato secoli e popoli”: “l’archetipo della cultura per la destra”, suggerisce perciò Veneziani, “coincide con l’idea di tradizione”.
In questo senso, proporre proprio J. R. R. Tolkien come emblema della lunga marcia verso l’egemonia culturale che la destra si appresta a percorrere, non significa, come si potrebbe essere portati a pensare, che si stia scartando dal repertorio della nostalgia in odore di Ventennio e Minculpop, quanto piuttosto ad attingere ad una fonte ben più profonda e che in qualche modo previene lo stesso Novecento totalitario. Del resto, una delle citazioni tolkieniane più amate in questi ambienti non è forse “Le radici profonde non gelano mai”?
(Guido Caldiron, Destra, un’egemonia in nome degli hobbit, “il manifesto”, 14 novembre 2023, alla pagina https://ilmanifesto.it/destra-unegemonia-in-nome-degli-hobbit)

Il ministro Gennaro Sangiuliano alla conferenza stampa della mostra Tolkien. Uomo, Professore, Autore

Giorgia Meloni alla mostra Tolkien. Uomo, Professore, Autore

L’esposizione, tra il 15 novembre 2023 e l’11 febbraio 2024, ha fatto registrare 80.226 visitatori, di cui ben 2.091 nell’ultima giornata.

La mostra su Tolkien è stata uno straordinario successo di contenuti, sottolineato dalla grande partecipazione di pubblico, molti visitatori in più di quanti vanno alla Galleria Nazionale di Arte Moderna. Il dibattito che si è sviluppato intorno a questa mostra, anche da parte di chi ha inteso criticarla, è stato altresì positivo perché quando si discute attorno alla letteratura è sempre un bene. Di Tolkien restano infatti alcuni valori: la solidarietà, l’amicizia, la difesa della natura e soprattutto la salvaguardia dell’umano, dell’individuo con la sua spiritualità che un certo nichilismo vorrebbe cancellare.
(Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, ideatore della mostra Tolkien. Uomo, Professore, Autore, in Mostra Tolkien, oltre 80mila visitatori. Sangiuliano: “Straordinario successo”, Ministero della Cultura, 13 febbraio 2024, alla pagina https://cultura.gov.it/comunicato/25909)

16_11_23 | Milano | Piergaetano Marchetti presidente del Piccolo Teatro

Oggi, giovedì 16 novembre 2023, il Consiglio Generale della Fondazione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa, riunitosi nella Sala Giunta di Palazzo Marino, ha provveduto alla nomina, come previsto dallo Statuto, dei nuovi Membri del Consiglio di Amministrazione, nelle persone designate dai due Soci Fondatori (Comune di Milano e Regione Lombardia), dal Socio Sostenitore (Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi) e, in quanto Teatro d’Europa, dal Ministero della Cultura.
Il nuovo Consiglio di Amministrazione è così composto: Giulia Amato e Piergaetano Marchetti per il Comune di Milano, Emanuela Carcano e Massimiliano Finazzer Flory per la Regione Lombardia, Enrico Brambilla per la Camera di Commercio, Antonino Geronimo La Russa per il MiC.
Su designazione del Comune di Milano, Piergaetano Marchetti è stato nominato Presidente della Fondazione.
(Piccolo Teatro di Milano: nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione. Piergaetano Marchetti nominato presidente della Fondazione, “WebLombardia”, 16 novembre 2023, alla pagina https://www.weblombardia.info/2023/11/16/piccolo-teatro-di-milano-nominato-il-nuovo-consiglio-di-amministrazione/)

23_11_23 | La direttiva del Ministero dell’Educazione e del Merito “Educazione alle relazioni”: tre mesi di corsi nelle scuole superiori

La scuola deve educare a sentire l’altro, all’empatia, alla cultura del rispetto, superando il pregiudizio, la discriminazione, la prepotenza. Questo e altro sta alla base del mio progetto “Educare alla relazioni”.
(Giuseppe Valditara, ministro dell’Educazione e del Merito, in Viola Giannoli, Nelle scuole arriva l’ora per educare alle relazioni. Valditara vuole in aula psicologi e influencer, “la Repubblica”, 20 novembre 2023)

Le istituzioni scolastiche, nell’ambito della loro autonomia, possono attivare iniziative progettuali che prevedano il coinvolgimento attivo degli studenti anche in gruppi di discussione coordinati da docenti, per realizzare un processo di maturazione educativa, con il seguente percorso approvato dagli organi collegiali:
a) indicazione di un docente referente per ogni istituzione scolastica coinvolta;
b) costituzione di gruppi di discussione – focus group – aventi come unità funzionale di riferimento la classe. Si opererà su ogni singola classe individuata dal dirigente scolastico di ciascuna scuola aderente, previa acquisizione del consenso dei genitori e degli studenti coinvolti;
c) individuazione, per ogni gruppo-classe, di un docente che possa fungere da animatore-moderatore;
d) svolgimento di un’adeguata formazione di ciascun docente-moderatore, secondo un programma che il Ministero dell’istruzione e del merito predispone anche con il supporto di organismi scientifici e professionali.
(dalla Direttiva n. 83 del 24 novembre 2023 “Educazione alle relazioni”, Ministero dell’Istruzione e del Merito, 23 novembre 2023, alla pagina https://www.miur.gov.it/documents/20182/7414469/Direttiva%2Bn.%2B83%2Bdel%2B24%2Bnovembre%2B2023.pdf/)

“Dal momento che la scuola italiana ha bisogno di serenità e non di polemiche, ho deciso di non attivare l’incarico di garanti del progetto ‘Educazione alle relazioni’ a suor Monia Alfieri, Paola Concia e Paola Zerman. Rinnovo loro i ringraziamenti per la disponibilità e la generosità dimostrate. Il progetto ‘Educare alle relazioni’ andrà avanti senza alcun garante. Nel suo svolgimento concreto si continuerà il dialogo con le associazioni rappresentative dei genitori, dei docenti e degli studenti”. Così il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.
Concia, ex deputata PD, femminista, attivista per i diritti LBGTQI e responsabile da anni di Didacta, la fiera annuale della scuola, avrebbe dovuto coordinare il progetto. Nel comitato di garanti erano state scelte anche suor Monia, rappresentante del Consiglio Nazionale della Scuola della CEI, e Zerman, avvocata dello Stato già candidata alle ultime elezioni politiche nel Partito della Famiglia di Mario Adinolfi. Un insieme di personalità e appartenenze politiche molto diverse, per garantire equilibrio.
La nomina di Concia aveva creato scompiglio nella maggioranza, in particolare tra esponenti della Lega. La prima protesta è stata quella di Matteo Montevecchi, consigliere regionale del Carroccio in Emilia-Romagna, che ha chiesto subito le dimissioni dell’attivista femminista. Successivamente una protesta formale nella nota della responsabile Famiglia del partito, Simona Baldassarre: “Non c’è bisogno di nomi o soluzioni divisive per educare alle relazioni”.
Anche alcuni esponenti Fratelli d’Italia non avevano accolto felicemente la scelta del ministro nei giorni scorsi e apprezzano oggi la nuova direttiva: “L’educazione alle relazioni si fa con le materie, soprattutto quelle umanistiche”, ha detto la sottosegretaria al Ministero dell’Istruzione e del Merito, Paola Frassinetti. “Da Dante e Beatrice a I Promessi sposi: abbiamo tante opportunità per evidenziare le posizioni più consone a portare avanti una cultura del rispetto”.
(Educazione alle relazioni, il progetto va avanti senza garanti. Valditara: “Serve serenità”, “RaiNews”, 9 dicembre 2023, alla pagina https://www.rainews.it/articoli/2023/12/educazione-alle-relazioni-il-progetto-va-avanti-senza-garanti-valditara-serve-serenita-b283aa07-df3f-4df6-821b-2f8489cd4414.html)

Sull’onda emotiva del femminicidio numero 83 dell’anno (ma il conto sta già salendo), il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara propone di istituire un’ora a settimana di “Educazione alle relazioni”, con gruppi di “discussione e autoconsapevolezza”. Dodici incontri facoltativi nell’arco di tre mesi, con insegnanti addestrati in un paio di incontri da psicologi ed esperti. Saranno le singole scuole e classi a decidere se partecipare a questa “azione di sensibilizzazione per mezzo di gruppi di discussione e autoconsapevolezza secondo il metodo del training group”, sotto la guida di un moderatore-docente: insomma, un “conduttore unico delle coscienze”, con la definizione che Aldo Grasso utilizza per i talk show (oltretutto il trainer non dovrebbe essere conosciuto dai membri del gruppo: l’insegnante, anche per il suo potere su studenti e studentesse, non è certo la figura più adatta alla funzione).
Arriveranno altre lezioni di saggezza impartite dsgli adulti per ripetere ai ragazzi che non è bene ammazzare le ragazze e alle ragazze che non è bello farsi ammazzare dai ragazzi. Pare una versione ancora meno efficace della famigerata e bistrattata ora di Educazione Civica. Con un’aggravante: nella scuola italiana, di fondo cattolica e moralista, l’educazione sessuale è un tabù: siamo uno dei pochi paesi dell’Unione Europea in cui non è materia obbligatoria perché, come proclama a nome della Lega il sottosegretario Rossano Sasso, “L’educazione sessuale ai bambini è una nefandezza”. Ragazze e ragazzi possono informarsi su YouPorn e OnlyFans. (…)
Più che un’ora di talk show buonista in classe, le scuole e i genitori potrebbero proporre ai ragazzi e alle ragazze un laboratorio teatrale. È una pratica che aiuta a prendere coscienza di sé e del proprio corpo, a entrare in relazione con gli altri, a costruire un gruppo, a imparare che giudicare gli altri non è né importante né necessario. Viene praticata da centinaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia, per il puro piacere di fare insieme qualcosa di bello, ma anche per esplorare temi che a scuola (e in molte famiglie) è molto difficile affrontare: la guerra, l’immigrazione, la malattia, il bullismo, le dipendenze, e anche i sentimenti che sulla scena sono protagonisti.
La nostra è una società individualista, competitiva, narcisista, giudicante, frettolosa. La scuola (e i social network) si basano su questi meccanismi. Proporre una pratica fondata su principi diversi non risponde ai criteri di efficienza e produttività che dovrebbero ispirare ogni nostra scelta. Sfuggono alla logica del Merito, che questo governo ha accoppiato all’Istruzione (salvo poi promuovere la corte di figli, sorelle e cognati, in genere mediocri e incompetenti, sulla base dell’atavico familismo amorale).
La mediazione del teatro – che vuol dire prima di tutto mettere in gioco corpi e relazioni – apre spiragli di consapevolezza e di umanità. Consente ai ragazzi e alle ragazze di esprimersi e di collaborare tra loro. Non vengono trattati come potenziali delinquenti o cavie di terapie psico-farmacologiche. In sala prove non sono ignoranti immaturi inchiodati al banco da indottrinare e ammaestrare. Non sono futuri lavoratori a cui trasmettere nozioni, tecniche e competenze (destinate a diventare obsolete nel giro di qualche anno). Imparano (insieme) che si può sbagliare e rifare, possibilmente meglio (insieme). Per scoprire che ciascuno di noi ha caratteristiche e doti che non corrispondono a un voto. Per scoprire che per ottenere un risultato, dobbiamo tutti fare del nostro meglio. Per riscoprire il valore della lentezza.
Il teatro ci consente di immaginarci diversi da quelli che siamo, esplorando gli scenari del possibile, per noi e per gli altri. Aiuta a sviluppare le aspirazioni personali e collettive, e alcune capacità: per esempio a parlare in pubblico, una dote richiesta anche a venditori e direttori commerciali. Non si tratta dunque di formare legioni di attori e attrici, ma di vivere un’esperienza che aiuta a crescere con gli altri e può essere utile per affrontare la vita adulta.
Famiglie, educatori, operatori sociali, pubblici amministratori, politici dovrebbero capire che il teatro può essere uno strumento straordinariamente utile ed efficace. Soprattutto dopo la pandemia, visto che la fascia degli adolescenti è stata probabilmente quella che più risente delle costrizioni di quei mesi terribili.
(Oliviero Ponte di Pino, Femminicidi e educazione sentimentale, “Doppiozero”, 22 novembre 2023, alla pagina https://www.doppiozero.com/femminicidi-e-educazione-sentimentale)

24_11_23 | 2 milioni di euro per la cultura

Il Ministero della Cultura ha stanziato complessivamente 2 milioni di euro per tre nuovi bandi emanati dalla Direzione Generale Spettacolo. L’obiettivo è quello di favorire l’accessibilità alle attività delle artiste e degli artisti con disabilità, di valorizzare le attività di spettacolo dal vivo negli Istituti e nei luoghi di cultura e di promuovere la musica jazz. Gli intenti sono di valorizzare quelle iniziative in grado di intercettare nuovo pubblico, favorire la rigenerazione dei territori e dei relativi spazi culturali e, non da ultimo, rendere la cultura e lo spettacolo dal vivo sempre più fruibile da tutti.
(Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura, in Spettacolo, Mazzi: “2 milioni di euro per una cultura sempre più accessibile a tutti”, Ministero della Cultura, alla pagina https://cultura.gov.it/comunicato/25564)

07_12_23 | Firenze | Eike Schimdt candidato sindaco dalla destra

Esprimo i miei complimenti al direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, per avere acquisito oggi la cittadinanza italiana. Ha dimostrato con il suo lavoro e impegno l’attaccamento alla nostra comunità nazionale e ai simboli più importanti della nostra identità.
(Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, in Cultura, Sangiuliano: “Auguri a Schmidt, dimostra attaccamento a nostra comunità”, Ministero della Cultura, 28 novembre 2023)

Sono contento di essere tedesco, fa parte della mia storia, ma ormai sono da tanto tempo in Italia. Ho vissuto in Germania meno di Anna Maria Luisa dei Medici.
(Eike Schmidt, in Claudio Bozza, Dagli Uffizi alla tentazione politica. Schmidt, prove da anti Nardella, in “Corriere della Sera”, 20 novembre 2023)

Per Firenze pensano a un argentino o a un tedesco. Non ci sono più i sovranisti di una volta.
(Matteo Renzi, in Claudio Bozza, Dagli Uffizi alla teantazione politica. Schmidt, prove da anti Nardella, in “Corriere della Sera”, 20 novembre 2023)

Ho considerato anche un po’ offensivo per Napoli che qualcuno si facesse nominare direttore di Capodimonte, poi se ne andasse a fare la campagna elettorale, mettendosi in aspettativa. E poi, se non viene eletto a Firenze, ritorna a Capodimonte. Napoli è una grande capitale del mondo, non si può offendere la dignità di Napoli in questo modo: vado e vengo. Ha lasciato il cappello sulla sedia a Capodimonte, non gli faremo trovare neanche la sedia.
(Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, in Claudio Carollo, De Luca attacca Eike Schmidt, la promessa al candidato sindaco sconfitto a Firenze e direttore di Capodimonte, “V.notizie”, 24 giugno 2024, alla pagina https://notizie.virgilio.it/de-luca-attacca-eike-schmidt-promessa-candidato-sindaco-sconfitto-firenze-direttore-di-capodimonte-1626079)

07_12_23 | RAI | Pino Insegno non condurrà la nuova stagione dell’Eredità

Fratelli miei, popolo di Roma verrà in giorno della sconfitta ma non è questo sono qui per presentare una donna straordinaria, senza nulla togliere a tutta la coalizione. Una donna, una madre, la prima presidente donna di un partito italiano e la prima donna di un partito europeo. Signori miei, verrà il giorno della sconfitta ma non è questo: Giorgia Meloni.
(Pino Insegno al comizio conclusivo della campagna elettorale di Fratelli d’Italia in piazza del Popolo, in Pupo e Pino Insegno, la coda lunga del comizio del centrodestra a Roma con la Meloni, “ANSA”, 22 settembre 2022, alla pagina https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2022/09/23/pupo-e-pino-insegno-la-coda-lunga-del-comizio-del-centrodestra-a-roma-con-la-meloni_ce5213e6-232f-48b4-910f-2fa8b654d21d.html)

Se uno sale sul palco del Primo Maggio nessuno dice niente. Se uno va a presentare un’amica, Giorgia Meloni, tutti a dargli addosso. Mi hanno tacciato di fascismo, ma si rende conto? Ma qua nessuno ha professato antisemitismo o posizioni contrarie all’aborto, ma di che stiamo parlando? Ripeto: è razzismo verso chi non si professa di sinistra.

Ha preso posizione, la gente non sapeva che lei fosse di destra.

Non è vero, già tanti anni fa appoggiai Storace nella sua campagna elettorale. Ero impegnato in un progetto molto importante con la Regione Lazio: avevo fondato un’accademia nazionale che formava ragazzi gratuitamente, creava occupati. Questa società avrebbe dovuto gestire la parte artistica del progetto dopo le elezioni, ma poi non se ne fece più nulla. E sa perché? Mi hanno boicottato perché sono di destra.

Chi?

Non posso fare nomi, non è stato il nuovo presidente della Regione Lazio, che conosco. Ma certe persone ci hanno detto: noi con i fascisti non ci parliamo. Eppure era un progetto che era in realtà era di sinistra. Ma nessuno sa niente. Neanche che io sono Commendatore della Repubblica per meriti sociali: mi fece Napolitano. E non dirò mai perché mi fu data l’onorificenza, sono cose private.

Si definisca politicamente.

In realtà sono democristiano. Ho sempre votato DC, ora che non c’è più sono un centrista moderato, come lo è Giorgia Meloni del resto. (…)

Lei lavora in tv.

Parliamone. Sono stato allontanato dalla tv per quattro anni, dopo 1.600 puntate e una serie di successi incredibili.

Perché?

Non me la sento di parlarne, ho paura che le mie dichiarazioni mi si ritorcerebbero contro. Ho un bel lavoro, gestisco a livello artistico la Regione Marche, faccio il formatore a livello internazionale, perché mettere a rischio tutto questo? Forse un giorno parlerò e creerò un hashtag tipo #MeToo che farebbe esplodere una bomba.
(Pino Insegno, in Valentina Colosimo, Pino Insegno “Io sono democristiano e Giorgia Meloni non è un’estremista”, “Vanity Fair”, 23 settembre 2022, alla pagina https://www.vanityfair.it/article/pino-insegno-giorgia-meloni-intervista-comizio-destra-signore-anelli)

Sarà un mercante seducente?

Pensavo di andare in onda nudo, no? (ride)

Scherzi a parte, in studio la vedremo in giacca e cravatta?

Niente giacca, no. Indosserò delle camicie molto carine con il colletto button-down.

L’emozione del ritorno in RAI la sente?

Fortissima: è quella di tutte le prime volte, dei debutti. Ed è giusto così.
(Pino Insegno, in Giusy Cascio, Parte “Il mercante in fiera” su RAI2 con Pino Insegno, “Sorrisi e Canzoni TV”, 25 settembre 2023, alla pagina https://www.sorrisi.com/tv/programmi/parte-il-mercante-in-fiera-su-rai2-con-pino-insegno/)

La nuova settimana de Il mercante in fiera è iniziata lunedì scorso con una lieve, lievissima, ripresa: 2,58% di share nella prima parte “Fuori Due” e 2,66% nella seconda, pari a 528mila spettatori. Pur tornando sopra la pericolosa soglia del 2% (la settimana precedente era crollato anche all’1,6% e 301mila spettatori) il programma di Pino Insegno sembra non riuscire a uscire dalla crisi di ascolti che sta facendo affondare il programma anche contro le reti minori. Ecco perché in casa RAI si sta starebbe riflettendo già da tempo sul futuro del game show.
Secondo il sito “Dagospia”, i vertici della tv pubblica avrebbero già deciso e Il mercante in fiera chiuderà i battenti. I numeri avrebbero condannato Pino Insegno, che sta facendo peggio delle serie tv estere che occupavano quella fascia di RAI2 a costi decisamente più ridotti. Per scongiurare questa ipotesi, tuttavia, il presentatore amico e pupillo di Giorgia Meloni avrebbe due settimane di tempo, in cui si testeranno nuove soluzioni per “salvare” il programma. Si è parlato di un cambio di collocazione nel pomeriggio, mentre ieri è spuntata l’ipotesi concorrenti vip.
(Pietro Guerrini, Il flop di Pino Insegno: RAI in crisi, pronta la cancellazione del Mercante in fiera, “liberomagazine”, 11 ottobre 2023, alla pagina https://www.libero.it/magazine/news/flop-pino-insegno-crisi-rai-ipotesi-cancellazione-103680)

Il mercante in fiera è agli sgoccioli, ma non il futuro di Pino Insegno in RAI, come più di qualcuno aveva insinuato. Il programma si ferma a dicembre e non riprenderà, a causa degli ascolti bassi. Sulla prossima collocazione del conduttore, invece, ancora nessuna novità.
Di certo resta in RAI. “Il contratto è blindato e riguarda la conduzione de Il mercante in fiera e L’eredità o un programma similare. Quindi se gli propongono la conduzione di Affari tuoi va benissimo, ma se lo lasciano in panchina, ancorché pagato, allora ci muoveremo diversamente”, ha tuonato qualche settimana fa il manager di Insegno, e ha ragione. Il conduttore ha un contratto di due anni, dunque resta a disposizione. Ma quanto guadagna? Il quotidiano “Domani” parla di un milione di euro, mentre per “Dagospia” il cachet sarebbe più alto.
“La cifra incassata dal conduttore vicino a Giorgia Meloni sarebbe di 1.200.00 per due anni” si legge. Un compenso milionario – anche se non confermato – per cui qualche critica, tutto sommato, può concedersi il lusso di mandarla giù.
(Lisa Di Giuseppe, Pino Insegno, l’uomo da un milione di euro in lotta per un programma in Rai, “Domani”, 15 novembre 2023, alla pagina https://www.editorialedomani.it/politica/italia/pino-insegno-stipendio-quanto-guadagna-rai-vfqs79am)

Chi pensa che Pino Insegno si sia “accontentato” di Reazione a catena dopo la notizia del dietrofront sulla sua conduzione de L’eredità è sulla strada sbagliata. Parola di Diego Righini, il manager di Insegno. (…)

La verità è che la RAI ha formalizzato a noi una richiesta ben precisa. Noi sin da subito volevamo Reazione a catena perché è il programma di Pino, un conduttore abituato a fare share massimi su RAI1. Avevamo avanzato la richiesta sin da quando alla direzione del Daytime c’era Simona Sala. Non si è potuto fare perché Liorni aveva un contratto per quella trasmissione e ha voluto condurre fino all’ultima puntata, senza mollarla prima.
Per Pino Insegno L’eredità sarebbe stato un programma nuovo. Poi la RAI ci ha detto: “Il contratto di Liorni ora è scaduto, si è liberato il posto di Reazione a catena, volete farla voi?” Pino ha detto subito di sì e la RAI ci ha inviato una pec per chiederci il permesso, è una lettera formale a firma di Angelo Mellone, attuale direttore Intrattenimento Daytime.

Righini ammette di non provare simpatia per il manager Lucio Presta che rappresenta Marco Liorni, che dal 2 gennaio sarà al timone proprio de L’eredità al posto di Pino Insegno:

Non se ne può più di questa comunicazione comandata dalla sinistra della RAI e da Lucio Presta. Io nella vita sono abituato ad affrontare il nemico frontalmente, non a prendermela con i suoi scagnozzi. La guerra è con lui. Lui mi fa la guerra e io la faccio a lui. Lui si nasconde, io no. Nei momenti caldi l’ho incrociato in RAI e, come dire, ha abbassato lo sguardo e se n’è andato. C’ha 16 conduttori… ma che vuole? Perché deve rompere a Pino? Forse perché non vuole vederlo competere coi suoi… Adesso Presta farà di tutto perché lui ha timore che Pino faccia l’1-2% in più rispetto a Liorni.

Ma in che modo?

Farà uscire le polemiche… Reazione a catena andrà in onda a giugno, lui a maggio comincerà a rompere: “È opportuno far condurre a Pino Insegno Reazione a catena?” Tutti i giorni questa tiritera.
(Diego Righini, manager di Pino Insegno, in Mario Manca, Pino Insegno, parla il manager: “È stato lui a lasciare L’eredità, tutto va come previsto”, “Vanity Fair”, 17 dicembre 2023, alla pagina https://www.vanityfair.it/article/pino-insegno-manager-e-stato-lui-a-lasciare-eredita-reazione-a-catena)

Benvenuti a Reazione a catena! Grazie a voi ma soprattutto grazie all’amico e grande professionista Marco Liorni che non solo ci ha dato la linea per cominciare la nostra prima puntata, ma ci ha lasciato in eredità un gioco straordinario, che ho avuto anche la fortuna di condurre,

ha detto. A dargli la linea, però, sono Nunzia De Girolamo e Gianluca Semprini, i conduttori di Estate in diretta.
(Pino Insegno esordisce nella conduzione di Reazione a catena, in Pino Insegno a Reazione a Catena: la gaffe su Marco Liorni all’esordio. Gli ascolti lo premiano, critiche sui social, “Corriere Adriatico”, 4 giugno 2024, alla pagina https://www.corriereadriatico.it/spettacoli/pino_insegno_reazione_a_catena_marco_liorni_gaffe_ascolti_oggi_le_ultime_notizie-8160099.html)

Ho grande difficoltà a vederlo. Ho visto qualche fotogramma, ma perché mi trovavo dentro l’ufficio di un direttore della RAI il giorno in cui è tornato in onda. Sono riuscito a seguire una puntata intera solo l’altra notte, perché non riuscivo a dormire, e devo dire che Pino è riuscito a portare il suo stile in un programma che peraltro aveva già fatto.
(Marco Liorni, in Aldo Dalla Vecchia, Marco Liorni L’eredità (che non lascia) e Sanremo: “Qualche idea ce l’ho…”, “Oggi”, 7 luglio 2024, alla pagina https://www.oggi.it/people/programmi-tv-spettacoli/2024/07/07/marco-liorni-leredita-che-non-lascia-e-sanremo-qualche-idea-ce-lho/)

07_12_23 | Milano | Grida “Viva l’Italia antifascista!” alla prima della Scala: identificato dalla Digos

È stata una serata inusuale la Prima della Scala, che quest’anno ha aperto la stagione con Don Carlo diretto da Riccardo Chailly. Inusuale per la presenza nel palco reale, dove solitamente siede il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che non ha potuto presenziare, della senatrice a vita Liliana Segre, accomodata accanto al sindaco Giuseppe Sala, e vicino al presidente del Senato Ignazio La Russa.
Inusuale per le urla partite dal loggione, ‘No al fascismo’ prima dell’inno di Mameli e ‘Viva l’Italia antifascista’ dopo seguita dagli applausi. (…)
“Se uno viene alla Scala a urlare o agli Ambrogini a fischiare ha un problema”: così il vicepremier Matteo Salvini ha commentato le grida. “Alla Scala si viene per ascoltare, non per urlare”, ha aggiunto dicendo che l’opera è “bellissima”. “Non l’ho sentito”: il presidente del Senato Ignazio La Russa così ha spiegato nel secondo intervallo del Don Carlo di non avere udito l’urlo.
(“Viva l’Italia anti-fascista”. Un grido alla Prima della Scala, “Ansa”, 7 dicembre 2023, alla pagina https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/teatro/2023/12/07/viva-litalia-anti-fascista.-un-grido-alla-prima-della-scala_b901ff16-0eb0-4968-b322-0b2cde4c4cfb.html)

A dire il vero non ho gridato, ho detto quella frase con calma e tranquillità. Mi è venuta di getto, è stato lo sfociare logico di tutta una riflessione precedente. Ma ho detto una cosa lapalissiana, non mi aspettavo proprio tutto questo can-can.

E invece il suo intervento ha dato vita alla polemica principale che ha animato ieri sera la Prima, perché Vizzardelli è stato identificato dalla Digos durante il primo intervallo. Per la Questura di Milano l’identificazione “è stata effettuata quale modalità ordinaria di controllo preventivo per garantire la sicurezza della manifestazione” e “non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase”, ma per Vizzardelli

è stato tutto un po’ inquietante, dentro di me ho pensato che allora siamo veramente sulla soglia di un parafascismo, il dubbio non può non venire.
Quando mi hanno fermato ero un po’ scocciato, ho spiegato che non avevo fatto niente e non capivo perché volessero identificarmi. Poi l’ho buttata sul ridere, ho detto che il vero reato sarebbe stato dire “Viva l’Italia fascista”, a quel punto potevano legarmi e portarmi via. Si sono messi a ridere anche loro e mi hanno dato ragione.
(Marco Vizzardelli, loggionista della Scala, in Identificato alla Scala, “siamo allo Stato parafascista”, “ANSA”, 8 dicembre 2023, alla pagina https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/12/08/un-giornalista-lo-spettatore-che-ha-urlato-viva-italia-antifascista_4c7c7115-de4c-4cad-abd6-b79a6b488608.html)

11_12_23 | Padova | Filippo Dini nuovo direttore del Teatro STabile del Veneto

Amo ritenermi un capocomico contemporaneo più che un regista.
(Filippo Dini, direttore del Teatro Stabile del Veneto, in Filippo Dini alla guida della direzione artistica della Fondazione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto, 11 dicembre 2023, alla pagina https://www.teatrostabileveneto.it/news-tsv/filippo-dini-guida-la-direzione-artistica-del-teatro-stabile-veneto)

Ho ereditato dal mio maestro, Carlo Cecchi, la convinzione che gli attori sono la figura centrale del teatro. E io li amo molto, prima di tutto perché sono un attore e ne comprendo la fragilità e la ricchezza. E poi perché la tradizione teatrale italiana è quella del grande attore, non del grande regista. Ma altrettanto importanti saranno gli autori: abbiamo bisogno di parole alte e di pensieri alti in questa epoca un po’ disgraziata.
(Filippo Dini, direttore del Teatro Stabile del Veneto, in Anna Bandettini, Dini: “Mettiamo al centro autore e attore”, “la Repubblica”, 21 giugno 2024)

Dagli archivi di Ateatro
Cesare Galla, Il presidente dello Stabile del Veneto Giampiero Beltotto non ama la critica: “Ci sono giornalisti che sarebbe doveroso schiaffeggiare in pubblico”, “Ateatro”, 5 agosto 2020 (alla pagina https://www.ateatro.it/webzine/2020/08/05/il-presidente-dello-stabile-del-veneto-giampiero-beltotto-non-ama-la-critica-ci-sono-giornalisti-che-sarebbe-doveroso-schiaffeggiare-in-pubblico/

15_12_23 | Roma | Paolo Corsini ad Atreju

Non solo apre la kermesse di Fratelli d’Italia, nonostante il ruolo di vertice ricoperto nella tv di Stato avrebbe consigliato maggiore prudenza. Ma, nel suo discorso dal palco, il direttore degli Approfodimenti RAI Paolo Corsini si spinge molto più in là. Chiedendosi, con voce strentorea: “Come sta il nostro partito?” (…) Non contento, si accomuna ai dirigenti di FdI come se fosse uno di loro: “Ora parliamo un po’ di noi, della festa di Atreju”. Quindi attacca, pur senza nominarla, la leader dell’opposizione Elly Schlein.
(Giovanna Vitale, Ad Atreju da militante: “Noi di FdI”. Bufera sul direttore dei talk della RAI, “la Repubblica”, 16 dicembre 2023)

Credo che un giornalista del servizio pubblico debba garantire un atteggiamento sempre equidistante, a prescindere dal contesto in cui opera.
(Marinella Soldi, presidente RAI, in Giovanna Vitale, Ad Atreju da militante: “Noi di FdI”. Bufera sul direttore dei talk della RAI, “la Repubblica”, 16 dicembre 2023)

Quando si estrapolano parole dal contesto in cui sono state espresse, si corre il rischio di prestarsi a facili critiche e strumentalizzazioni. (…) Non sono un militante, non sono nemmeno mai stato iscritto a un partito.
(Paolo Corsini, in Antonella Baccaro, Bufera sul direttore RAI ad Atreju “Il nostro partito”. Il PD insorge, “Corriere della Sera”, 16 dicembre 2023)

15_12_23 | RAI | Le foibe, Mussolini, Marconi e Mameli nel palinsesto inverno-primavera 2024

La grande storia italiana sarà protagonista delle fiction – e non solo – della prossima stagione Rai. Nel palinsesto per l’inverno-primavera 2024, di cui il CdA ha preso atto ieri, ci sono infatti titoli come La Storia per la regia di Francesca Archibugi, tratto dal capolavoro di Elsa Morante, e il tv movie Folle d’amore – Alda Merini con Laura Morante, ma anche La lunga notte. La caduta del Duce con Alessio Boni nei panni di Dino Grandi e la regia di Giacomo Campiotti; La rosa dell’Istria con Andrea Pennacchi e la regia di Tiziana Aristarco; Mameli di Luca Lucini e Ago Panini, con Riccardo De Rinaldis, Amedeo Gullà e Neri Marcorè; la mini-serie su Guglielmo Marconi, con Stefano Accorsi, prodotta in occasione nel 150° anniversario della sua nascita.
Alcuni di queste produzioni, che portano la firma del precedente ad Carlo Fuortes, erano già state annunciate nella presentazione dei palinsesti di luglio. Si affiancheranno a produzioni ormai familiari per il pubblico come Makari e Lolita Lo Bosco e a esordi nel genere come quello di Edoardo Leo nella serie Il clandestino. Tra i programmi si registrano la conferma di Avanti Popolo di Nunzia De Girolamo, Far West di Salvo Sottile, il ritorno di Presadiretta di Riccardo Iacona e di Che ci faccio qui di Domenico Iannaccone. Non è stato confermato, invece, Mercante in fiera con Pino Insegno, mentre entra in palinsesto Indomabili, programma affidato a Edoardo Sylos Labini che in quattro puntate racconterà le figure di Giuseppe Mazzini, Gabriele D’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti e Giovannino Guareschi. (…)
La presentazione dei palinsesti è stata accolta da alcune testate con un misto di sarcasmo e sufficienza, dietro i quali si ravvisa la solita idea che ci siano pezzi di storia e cultura che appartengono ad alcuni e pezzi di storia e cultura che appartengono ad altri e non una storia nazionale che appartiene a tutti e come tale va conosciuta, scoperta o riscoperta. Così, per esempio, per “Repubblica” la fiction sull’esodo riguarda “uno storico cavallo di battaglia dei sovranisti” e i personaggi che saranno raccontati da Sylos Labini sono “legati all’immaginario dei Meloni boys”, mentre per il “Corriere” “piaceranno ai sovranisti”. Per “La Stampa” si tratta di “fiction nostalgiche”.
Solo che, come spiegato dalla responsabile di RAI Fiction Maria Pia Ammirati, citata dallo stesso quotidiano di Torino, “tutti e tre i titoli citati, la caduta di Mussolini, il biopic su Goffredo Mameli e l’esodo istriano, sono nati prima del governo Meloni: sono contratti attivati due o tre anni fa per essere pronti per la messa in onda dell’anno prossimo”.
(Federica Parbuoni, “Nella fiction RAI spazio alla grande storia: foibe, Mameli, la caduta di Mussolini. Ed è subito biasimo”, “Il Secolo d’Italia”, 15 dicembre 2023, alla pagina https://www.secoloditalia.it/2023/12/nella-fiction-rai-spazio-alla-grande-storia-foibe-mameli-la-caduta-di-mussolini-ed-e-subito-biasimo/)

Il progetto nasce da una stesura teatrale: l’idea era di vedere cosa succedesse all’interno di una stanza, con queste persone che lavoravano intorno al Duce. La storia è diventata necessaria per quello che è accaduto nel nostro Paese, dove finché non ci sarà un racconto pacificante su quanto successo è difficile crescere, se non si fanno i conti col passato.
(Luca Barbareschi, Eliseo Entertainment, produttore di La lunga notte. La caduta del Duce, in Alessio Boni, “il mio Dino Grandi nella Lunga Notte, “ANSA”, 23 gennaio 2024, alla pagina https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/tv/2024/01/23/alessio-boni-il-mio-dino-grandi-nella-lunga-notte_5103e1cc-3b4b-42cd-84a4-4306b8c47838.html)

Abbiamo cominciato a girare la serie molto prima che il governo attuale salisse al potere. Tanto che sul set ci prendevamo in giro ironizzando “però, andiamo di moda”. In più, interpretare non significa avallare un personaggio. Il revisionismo e la politica attuale non c’entrano assolutamente nulla. Siamo stati attentissimi nella ricostruzione con gli sceneggiatori Franco Bernini e Bernardo Pellegrini. Altrimenti avremmo realizzato un documentario e sarebbe stato un progetto diverso. (…)

Lei ha già interpretato personaggi reali come ad esempio Giorgio Ambrosoli in Il prezzo del coraggio. Il suo metodo è “evocare senza imitare”. Come si è preparato?

Ho guardato diversi documentari su Grandi, letto cronache dell’epoca. Ne ho analizzato la postura, i gesti delle mani. Se ci si limita solo a imitare qualcuno, l’interpretazione diventa un fattore estetico e non interiore. L’attore deve captare pezzi dell’anima invece, altrimenti si trasforma in una macchietta. Ad ogni modo non è stato così semplice entrare in quel clima, nella mente fascista.

In che senso?

Ho faticato ad allenarmi nel saluto romano davanti allo specchio, ad esempio. Non è stato proprio così automatico. Quando fai qualcosa ci devi credere. E devi essere credibile. Bruno Ganz è finito sul lettino dell’analista dopo essere stato Hitler nel film La caduta, gli ultimi giorni di Hitler. Comunque questo è il mestiere degli attori.
(Alessio Boni, che interpreta Dino Grandi in La lunga notte. La caduta del Duce, in Michaela K. Bellisario, L’attore Alessio Boni è Dino Grandi in L’ultima notte. La caduta del Duce: “Fare il saluto romano non è stato facile”, “Io Donna”, 28 gennaio 2024, alla pagina https://www.iodonna.it/spettacoli/tv/2024/01/28/lattore-alessio-boni-e-dino-grandi-in-lultima-notte-la-caduta-del-duce-su-raiuno-fare-il-saluto-romano-non-e-stato-facile/)

La programmazione della miniserie su Mameli, si inserisce in quel “nuovo storytelling”, di cui parlava l’AD RAI Roberto Sergio, nella lettera ai dipendenti dell’azienda, con (…) tanto di polemiche sull’impronta della destra sovranista nel palinsesto RAI.
“Non capisco perché Mameli debba avere questo pregiudizio”, disse Agostino Saccà responsabile di Pepito Produzioni durante la presentazione della serie, “è di tutti. Inoltre la sua è stata la prima tessera del Partito d’Azione, fondato da Mazzini a Roma”. (…)
“Il Risorgimento è un periodo storico complicato”, aveva sottolineato Maria Pia Ammirati (presidente di RAI Fiction, n.d.r.), “noi cerchiamo una chiave popolare, che possa permettere di entrare in un momento fondante della storia del nostro aese, narrando la vicenda di Goffredo Mameli che per me e tanti altri italiani è abbastanza sconosciuta, per capire chi fosse davvero questo ragazzo che scrisse il Canto degli Italiani a soli 19 anni e morì tre anni dopo per difendere il sogno di una Italia unita e per una patria che ancora non c’era: sogno per lui infranto, che poi però vedrà la luce. Con questa fiction, celebriamo anche i temi dell’amicizia e della passione”.
(“Mameli. Il ragazzo che sognò l’Italia”: trama, cast (e polemiche) della miniserie in onda da stasera, “la Repubblica”, 12 febbraio 2024, alla pagina https://www.repubblica.it/spettacoli/tv-radio/2024/02/12/news/mameli_trama_cast_e_polemiche_della_miniserie_in_onda_da_stasera-422116221/)

Subito bollata come fiction “di destra”, Mameli è un progetto immaginato e approvato assai prima che Meloni arrivasse a Palazzo Chigi (e bisogna capire davvero poco di televisione anche solo per ipotizzare che una fiction Rai si metta su in pochi mesi, neanche nella Silicon Valley). Da noi però è sempre il contesto, cioè la maggioranza che si prende la RAI, a dare la cornice ideologica della messa in onda, e la stessa fiction può essere di lotta e di governo. Così, Mameli che dice “i bimbi d’Italia si chiaman balilla” con Fratelli d’Italia primo partito fa subito controegemonia ed esempio purissimo di “nuovo storytelling” del direttore generale Giampaolo Rossi. (…)
Mameli come una rockstar, spiegano i registi della miniserie. Come un trapper della generazione zeta che però nel cuore ha la patria e la poesia, anziché Rolex e Lamborghini, e invece dei selfie firma autografi per le strade alle giovani mazziniane e garibaldine, in estasi per quel suo “Canto degli italiani” che va subito fortissimo. Un Mameli che già a vederlo nei promo sembrava Timothée Chalamet in Wonka, patriota e metrosexual (l’attore è Riccardo De Rinaldis Santorelli, tante pubblicità, qualche serie, un po’ di Don Matteo, e un nome in effetti da eroe risorgimentale). (…) Mameli è giovane e bello, crede in un sogno, lotta con tutto sé stesso per inseguirlo. Potrebbe essere un ballerino di Amici.
(Andrea Minuz, Fratelli di fiction. La storia torna in RAI ed è subito autocoscienza nazionale, “Il Foglio”, 17 febbraio 2024, alla pagina https://www.ilfoglio.it/televisione/2024/02/17/news/fratelli-di-fiction-la-storia-torna-in-rai-ed-e-subito-autocoscienza-nazionale-6230150/)

Sono figlio di genitori comunisti, il che tra l’altro fa di me una minoranza perché nel Veneto bianco “genitori comunisti” vuol dire mosche bianche, se mi passa il gioco di parole. Quindi, ripeto, anche in questo momento estremamente confuso mi picco di essere uomo di sinistra. Mio papà a 17 anni era partigiano e per una soffiata è stato catturato e deportato nel campo di concentramento di Ebensee in Austria, mia mamma a 15 anni ha visto suo padre ucciso dai tedeschi e mio zio, il fratello di mia madre, era un partigiano pluridecorato della Brigata Garibaldi. Sono cresciuto con il mito della Resistenza. Però la storia degli istriani e dei dalmati un po’ la conoscevo perché sono figlio di genitori anziani – adesso si dice primipari attempati –, mio padre era del 1927 e mia mamma del ’29. O meglio, pensavo di conoscerla.

Diciamo che a scuola non l’ha studiata nessuno di noi, silenzio totale per decenni, forse lei ne sapeva qualcosa perché è nato in Veneto…

Credevo di conoscere bene quel periodo, sta di fatto che sapevo poco di ciò che era successo in Istria e al confine orientale italiano, nonostante la vicinanza geografica. Purtroppo è una memoria non particolarmente condivisa, molto viva in chi ha genitori e nonni istriani, decisamente meno nel resto degli italiani. Molto è cambiato negli ultimi anni, adesso a scuola si studia già di più perché vent’anni fa è stato istituito il “Giorno del Ricordo”, però da esperto del 25 aprile posso dire che le varie Giornate, se non sono preservate con una pratica continua e un ricordo costante della loro importanza, diventano dei giorni più o meno di vacanza in cui si cerca di commemorare qualcosa. Un po’ come accade con i nomi delle strade: alla fine chi abita in una via raramente sa perché è famoso il personaggio a cui è dedicata e fatica a legarlo a una “memoria operativa”, cioè utile per la sua vita e per la vita politica della sua comunità. Insomma, ben vengano le Giornate, io sono favorevolissimo, anche rinfrescandole attraverso fiction, libri o film, però devono corrispondere ad un impegno attuale.

Prima di interpretare la parte del medico Antonio Braico si è documentato?

Ho letto vari libri e ho parlato con testimoni. Ho anche ascoltato con estremo interesse i racconti di vita vissuta di alcuni colleghi attori di Trieste, discendenti dell’esodo, persone che conosco bene e che stimo molto. (…)

Il film mostra la ferocia del regime di Tito?

La cosa che mi piace molto è che si parla chiaramente di foibe e di tutto ciò che accadde in quegli anni, si vede con chiarezza il motivo per cui la popolazione è costretta ad abbandonare tutto ciò che ha, ma senza alcun compiacimento su immagini di violenza. In questo, c’è una delicatezza da tragedia greca. Inoltre la storia è soprattutto quella del dopo, ovvero la partenza e il dolore dell’essere respinti dagli italiani, ma poi il saper mettere radici in una nuova terra, come la rosa del titolo. (…)

Come ogni anno, il 10 febbraio spunteranno negazionisti e, peggio, giustificazionisti.

Quando qualcuno sostiene che i partigiani sono assassini monto su tutte le furie, così – non dico allo stesso modo, perché di mezzo c’è anche la mia storia di famiglia – mi scaldo quando ancora sento dire “nelle foibe sono finiti quattro morti per sbaglio” o “se la sono cercata”. Negare la storia vuol dire essere condannati a ripeterla a breve.
(Andrea Pennacchi, protagonista di La rosa dell’Istria, in Lucia Bellaspiga, Giorno del Ricordo. Pennacchi: “Io, figlio di comunisti dico: guai a chi nega le foibe”, 2 febbraio 2024, alla pagina https://www.avvenire.it/agora/pagine/pennacchi-guai-a-chi-nega-le-foibe)

Mi sembra che in questa serie venga fuori il grande problema etico e morale che si pone Marconi sul fascismo. La maggior parte delle grandi invenzioni tecnologiche vengono dal campo militare e bellico e invece Marconi fa una delle più grandi invenzioni tecnologiche dell’umanità per uno scopo civile, puramente civile. (…)
Quando gli chiedono di fabbricare il famigerato “raggio della morte” che compariva anche sui fumetti dell’epoca lui non solo non lo realizza ma viene anche controllato e spiato, così come raccontiamo nella serie, perché non capivano a cosa stesse lavorando. Lui stava lavorando a qualcosa di molto lontano, senza nessuno scopo bellico, una sorta di proto-radar che assurdamente sarà determinante per gli scontri in mare. (…) Marconi era un uomo che creava ponti, non muri e men che meno aveva velleità che le sue invezioni potessero diventare distruttive. E’ bello che nella miniserie si racconti questa parte meno conosciuta ovvero del suo conflitto con il potere, quando il potere ha cercato di prevaricare un’idea di scienza libera.
(Stefano Accorsi, protagonista della serie Marconi. L’uomo che ha connesso il mondo, in Accorsi, “Marconi era un uomo che creava ponti e non muri”, “ANSA”, 7 maggio 2024, alla pagina https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/tv/2024/05/07/accorsi-marconi-era-un-uomo-che-creava-ponti-e-non-muri_22dc22a5-aedd-4083-bc0d-fc327b3ed98d.html)

Gli scogli politico-narrativi da evitare sono due: il rapporto con il fascismo, che è stato di piena adesione, ma che negli ultimi anni si fa problematico, diventa qui ancora più discutibile (e retorico) in nome dell’indipendenza della ricerca scientifica. Questa idea di un Marconi in contrasto con il regime viene poi rafforzata dalla disputa personale con Mussolini: Marconi stava lavorando alla messa a punto di quello che oggi chiamiamo radar mentre il duce pretendeva da lui l’invenzione di un “raggio della morte”, un’arma segreta per sconfiggere il nemico. Il racconto delle straordinarie scoperte di questo scienziato-imprenditore (brevetta ogni scoperta) viene ancora una volta risolto con il flashback, complice un’intervista con una giornalista italo-americana, coinvolta in un gioco di spionaggio. Poi c’è il problema Accorsi, che da troppo tempo non fa che interpretare sé stesso con preoccupante staticità, lontano da una figura, quella di Marconi, di un uomo geniale, dalla personalità complessa e dal fascino travolgente.
(Aldo Grasso, L’agiografia di Marconi e la preoccupante staticità di Accorsi, “Corriere della Sera”, 21 maggio 2024)

15_12_23 | Roma, Firenze, Milano | I nuovi direttori dei musei di prima fascia
Renata Cristina Mazzantini alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Simone Verde alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, Angelo Crespi alla Pinacoteca di Brera di Milano

Sarà l’attuale presidente del museo MA*GA di Gallarate Angelo Crespi a dirigere la Pinacoteca di Brera. Crespi, che ha prevalso su Verde e Beatrice Bentivoglio-Ravasio (direttrice della Soprintendenza per Biella, Novara, VCO e Vercelli) e che succederà a James Bradburne in un momento topico di passaggio alla Grande Brera, era già stato anche direttore del settimanale culturale “Il Domenicale” (da non confondersi con l’inserto del “Sole-24 Ore”, quello di Crespi era una testata fondata da Marcello Dell’Utri) ed era stato consigliere del ministro dei Beni Culturali del governo Berlusconi Sandro Bondi.
(Nuovi direttori di museo per Uffizi, Capodimonte, Galleria Nazionale e Brera, in “artribune”, 15 dicembre 2023, alla pagina https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblica-amministrazione/2023/12/nuovi-direttori-museali/)

17_12_23 | Nuovo bando per le rievocazioni storiche: 2 milioni di euro

Il Ministero della Cultura ha stanziato 2 milioni di euro per il nuovo bando del Fondo Nazionale per la Rievocazione Storica emanato dalla Direzione generale Spettacolo. Le tradizioni sono parte del patrimonio culturale, valorizzano le nostre radici, consentono una proiezione dell’identità nazionale e tengono unite le nostre comunità. L’obiettivo è quello di affiancare gli operatori culturali coinvolti per valorizzare il nostro passato rendendolo parte attiva della vita culturale delle città, del territorio e delle periferie.
(Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura, in Rievocazioni storiche, Mazzi: “2 milioni di euro per il nuovo bando”, Ministero della Cultura, 17 dicembre 2023, alla pagina https://cultura.gov.it/comunicato/25681)

Per maggiori info è possibile consultare la pagina della Direzione Spettacolo al seguente link:

Bando del Fondo Nazionale per la Rievocazione Storica – Modalità di accesso e criteri di riparto

20_12_23 | Roma | Elon Musk ad Atreju

Elon Musk è dunque giunto nella Capitale per partecipare al festival di Fratelli d’Italia. Un legame di stima reciproca lega l’imprenditore a Giorgia Meloni. I due si erano già incontrati a giugno a Palazzo Chigi per discutere di intelligenza artificiale e del calo di natalità in Italia.
Ad assistere all’incontro di sabato 16 dicembre centinaia di persone assiepate nella sala Emanuela Loi, un enorme gazebo di plastica trasparente che, con il sole di Roma, si trasforma a poco a poco in una specie di serra. Quello presente è un pubblico variegato, non composto di soli militanti o simpatizzanti di Fratelli d’Italia. Come alcuni giovani studenti di ingegneria informatica sentiti da Wired, che in Musk vedono un “visionario, un genio sempre andato in controtendenza” che, a loro parere, potrebbe dare un importante contributo nello sviluppo dell’intelligenza artificiale in Italia e che, grazie al social X, rappresenterebbe “una speranza per il futuro della libera informazione”.
Un dialogo a tutti campo, quello con il suo intervistatore, il giornalista Nicola Porro: dal problema del calo demografico in tutto il mondo all’intelligenza artificiale, passando per l’immigrazione e la questione ambientale. Il tutto condito da alcune battute sui grandi dilemmi della vita umana e dell’universo.
Elon Musk si presenta sul palco con il figlio, nato da gestazione per altri. Una pratica condannata da Fratelli d’Italia con la volontà di perseguirlo come un crimine universale. “Credo che sia importante avere bambini e creare nuove generazioni. Sembra banale dirlo, ma i tassi di natalità sono ogni anno più deludenti”, dice in apertura l’imprenditore sudafricano. Il tema della demografia gli serve per lanciare una sorta di allarme su eventuali futuri investimenti in Italia: “Io auguro la prosperità a tutti i paesi. Ma se volessi aprire un’azienda in questo paese, ci saranno abbastanza persone che ci possono lavorare?”.
Restando su temi di più stringente attualità, incalzato da Porro Musk rivendica il suo impegno per il clima: “Io sono un ambientalista. Credo però che il cambiamento climatico non sia, nel breve termine, una minaccia così grande. Non si può fare a meno, nell’immediato, di petrolio e combustibili fossili. Ci vorrà tempo per la piena sostenibilità, ma penso che la perdita di speranza per il futuro sia sbagliata”.
Una parola, futuro, che ritorna in quasi tutte le risposte del patron di Tesla e X, al quale non si può fare a meno di chiedere un parere sull’intelligenza artificiale e sui risvolti del suo utilizzo. “Bisogna fare molta attenzione: si tratta di un’arma a doppio taglio, che sarà in grado di fare praticamente tutto, ma che non ha una coscienza. Serve una normativa che funga da arbitro, come in tutti i giochi”, dice.
Forse deludendo il pubblico vicino al governo, sull’immigrazione Musk sembra quasi non volersi pronunciare in maniera marcata (“sono a favore di quella legale, contrario a quella illegale”), ma sul tema della libertà di parola, tema che lo lega al suo operato con il social X, non ha dubbi: “È il fondamento della democrazia. Dobbiamo essere disposti ad ascoltare anche chi dice cose che non ci piacciono”. Parlando di SpaceX, infine, Musk conclude con un azzardo quasi filosofico: “Siamo gli unici esseri viventi dotati di coscienza in questa galassia. Viva l’umanità”.
(Giovanni Esperti, Cosa ha detto Elon Musk alla festa di Fratelli d’Italia, “Wired”, 16 dicembre 2023, alla pagina https://www.wired.it/article/elon-musk-atreju-fratelli-italia/)

Abito scuro e camicia bianca button down ma con ai piedi scarpe da trekking, Musk ha fatto dimenticare così ai presenti la sua immagine di capitalista anarcoide, dalla vita personale disordinata e figli ottenuti con la gestazione surrogata, consumatore di droghe, speculatore con criptovalute, dal licenziamento facile e a favore del libero mercato spinto tanto da suscitare perplessità persino negli Stati Uniti. Contraddizioni che vengono però sottolineate da vari esponenti del centrosinistra: nel mirino finisce in particolare la volontà del patron di Tesla di ricorrere alla gestazione per altri. Zan per il PD, Fratoianni e Bonelli per AVS, Magi per Più Europa accusano “la destra di ipocrisia”. La Gpa “non è reato”, afferma Nicola Fratoianni, “se hai soldi e potere, non è resto se sei ricco, bianco e amico loro”.
In effetti, anche le idee di Musk sul fronte economico cozzano con alcuni punti dell’agenda del partito e del governo (o meglio di una sua componente) composta anche da misure di controllo dei prezzi e sussidi. Malgrado sia contro i gli aiuti pubblici, va detto, le aziende di Musk ne hanno spesso fatto incetta e, un tempo critico contro il negazionismo climatico e a favore dell’elettrico spinto, ora l’imprenditore riconosce la necessità di una transizione dove il petrolio e il gas “non siano demonizzati”. Posizioni, assieme all’allargamento delle maglie sui commenti e post in X, che gli hanno attirato la simpatia della destra americana ed europea e critiche dalla UE.
(Elon Musk ad Atreju 2023, sul palco con il figlio, “ANSA”, 16 dicembre 2023, alla pagina https://www.ansa.it/canale_tecnologia/notizie/tecnologia/2023/12/16/elon-musk-ad-atreju-2023-sul-palco-con-il-figlio_2c183e95-29e7-41d5-8411-7944c3883bf1.html)

20_12_23 | Roma | La Regione Lazio vuol comprare il Teatro Eliseo per 24 milioni
(ma poi fa marcia indietro)

Con un emendamento al bilancio di previsione del 2024 la maggioranza di centrodestra in Regione vorrebbe stanziare 24 milioni per acquistare il Teatro Eliseo che oggi, attraverso una società, è di proprietà di Luca Barbareschi che lo ha acquistato nel 2018.

Non è vero che il teatro è chiuso, è in ottime condizioni, ci sono i miei uffici, semplicemente non lo utilizzo perché non ho i fondi per fare una programmazione decente. (…)

I soldi immaginati dalla Regione, la stessa cifra a cui Barbaresxchi ha messo in vendita il teatro attraverso un’agenzia immobiliare, non sarebbero troppi.

Io ho comprato questo teatro con i miei soldi, speso 7,8 milioni usciti dalle mie tasche, poi ne ho messi altri sette per rifarlo nuovo, ora ci sono diversi fondi internazionali interessati ad avere un bellissimo salotto davanti alla Banca d’Italia, il teatro è mio, c’è un mercato, se qualcuno mi dà 20 milioni e qualcun altro vuole prenderlo dovrà pareggiare l’offerta.

E però intanto il teatro è senza programmazione…

L’Eliseo è stato boicottato sistematicamente dall’ex ministro della Cultura Dario Franceschini. Come faccio io a competere con gli altri teatri se l’Argentina prende nove milioni l’anno tra Ministero, Comune e Regione, il Piccolo di Milano ne prende 12 e noi, quando andava bene, prendevamo 500.000 euro? I finanziamenti sono diversi, ma i costi delle produzioni sono gli stessi.

E però nel 2017 e nel 2018 il Ministero stanziò 4 milioni l’anno ad hoc per l’Eliseo, fondi che la Corte Costituzionale ha detto fossero addirittura illegittimi.

Lasciamo perdere quella sentenza assurda, comunque quello stanziamento, anche se Franceschini era ministro, di certo non lo volle lui, intervenne personalmente l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che era una persona intelligente e andava a teatro a differenza dei politici di oggi, ma quei soldi non ci sono più, il Ministero non ci fornisce più alcun finanziamento da tre anni, lo stesso vale per Comune e Regione.

Per questo lo ha messo in vendita?

Non voglio più tenerlo. In teatro ci rimango come direttore artistico se qualcuno mi vuole e mi dà uno stipendio, ma di conti non mi occuperò più.
(Luca Barbareschi, in Gdr, Luca Barbareschi: “Per l’Eliseo non ho chiesto soldi a nessuno”, “Il Foglio”, 21 dicembre 2023)

Teatro Eliseo, Roma, sul catalogo di un’agenzia immobiliare

Un passo indietro sull’acquisto del Teatro Eliseo di Roma da parte della Regione Lazio. I fondi inizialmente destinati a questo acquisto andranno infatti ad altri teatri, cinema ed edifici storici. Il sub emendamento alla manovra regionale, scritto dopo una riunione fiume dei gruppi in consiglio, ha visto sparire il nome del teatro, ci sarà invece un piano di “interventi straordinari per la valorizzazione dei teatri, delle sale cinematografiche del Lazio, dei palazzi storici, dei luoghi di culto, degli spazi archeologici e ricreativi”.
Prevista la destinazione di risorse ai Comuni, al fine di finanziare, “fino a un importo massimo pari a euro 1.000.000, gli interventi di recupero, ristrutturazione, manutenzione straordinaria, messa in sicurezza, rimozione delle barriere architettoniche, efficientamento energetico e ammodernamento tecnologico degli immobili, di proprietà pubblica o privata, con possibilità di acquisto delle strutture interessate da parte dei Comuni”. La Giunta regionale risolve così la vicenda che aveva fatto infuriare le opposizioni, con lo stanziamento iniziale di 24 milioni di euro per comprare il teatro romano di proprietà dell’attore Luca Barbareschi.
(Regione, stop ad acquisto dell’Eliseo, fondi ad altri teatri, “TGR Lazio”, 21 dicembre 2023, alla pagina https://www.rainews.it/tgr/lazio/articoli/2023/12/regione-stop-ad-acquisto-delleliseo-fondi-ad-altri-teatri-69807d43-d49f-423d-97e2-0ffd14a5e897.html)

21_12_23 | Luciano Lanna direttore del Cepell

La lettura è l’attività più propria dell’essere umano, è il presupposto di tutto ciò che definisce la nostra specifica dimensione culturale. L’atto del leggere non è infatti un fatto istintivo come il mangiare, il bere, il far fronte ai fenomeni atmosferici, il proteggersi. Ma è la conferma di una antica consapevolezza filosofica: la scrittura e la lettura sono processi non naturali e biologici, ma modalità attraverso cui l’uomo inventa la propria creatività e crea conseguentemente lo spazio per la propria libertà autentica. L’essere umano, lo sosteneva e spiegava già Aristotele, riesce a inventare la scrittura e la lettura perché privo di specifici mezzi di difesa (corna, artigli, unghie), e perché privo di quei riflessi condizionati che decidono naturalmente dell’habitat di altri animali – ali per gli uccelli, branchie e pinne per i pesci – è quindi spinto a costruirsi un habitat suo proprio, anche mentale e culturale, in cui poter vivere ed esperire al meglio le sue qualità. (…)
Dopo le epoche del papiro, della pergamena, della carta, del libro stampato è evidente che siamo in presenza di un’ulteriore rivoluzione della lettura e dei suoi supporti che, con la digitalizzazione globale, nelle pratiche d’uso quotidiane ha soppiantato da qualche decennio la centralità del medium “libro” per prospettare una modalità della lettura sempre più diversificata e trasversale in termini di formato e di diffusione.
(Luciano Lanna, Luciano Lanna è il nuovo direttore del Cepell: “La lettura è l’attività più propria dell’essere umano, è il presupposto della nostra dimensione culturale”, “Cepell”, 21 dicembre 2023, alla pagina https://cepell.it/luciano-lanna-e-il-nuovo-direttore-del-centro-per-il-libro-e-la-lettura-la-lettura-e-lattivita-piu-propria-dellessere-umano-e-il-presupposto-della-nostra-dimensione-culturale/)

21_12_23 | Venezia | Carlo Ratti alla Biennale Architettura 2025

“Saremo un giorno in grado di progettare un edificio che sia intelligente come un albero?” Carlo Ratti, professore del MIT e del Politecnico di Milano, curatore della prossima Biennale Architettura di Venezia, pone un quesito per accogliere “nuove rotte per il futuro, suggerendo un ventaglio di soluzioni ai problemi più pressanti del presente. A partire dalla crisi climatica”. E chiama a collaborare, per la sua prossima mostra, dal 10 maggio al 23 novembre 2025, “una compagine estesa che deve integrare arte, ingegneria, biologia, scienza dei dati, sociale, politica e planetaria, collegando ciascuna di esse alla materialità dello spazio urbano”, ha spiegato lo studioso, tra i dieci più citati al mondo nel campo della pianificazione urbana, nel presentare il suo progetto insieme con il presidente della Fondazione Pietrangelo Buttafuoco.
Annunciato il tema: Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva, “da cui deriva ‘intelligenza’, ma è una scelta che indica anche un’espansione delle associazioni di significato. La sillaba finale, ‘gens’, significa ‘gente’: da qui emerge una immaginaria radice alternativa, che suggerisce un futuro dell’intelligenza multipla e inclusiva, che sfugga ai limiti della focalizzazione sull’intelligenza artificiale”. Oggetti, edifici e piani urbani saranno disposti lungo l’asse dell’intelligenza multipla e diffusa, seguendo le sezioni di Intelligenza Naturale, Artificiale e Collettiva. “Mentre l’introduzione sarà focalizzata su Venezia”, continua Ratti, “vulnerabile di fronte alla crisi climatica, potrebbe offrire diverse ricette di salvezza”. Mostra laboratorio che uscirà dai luoghi istituzionali: il Padiglione Centrale, in ristrutturazione, sarà sostituito da progetti speciali in grado di trasformare porzioni di città. “Venezia”, ha concluso Ratti, “diventerà un laboratorio vivente”. Quanto alle partecipazioni straniere “incoraggerò un coordinamento sul tema per fornire risposte alla sfida chiave del nostro tempo”.
(Simona Antonucci, Alla Biennale Architettura di Carlo Ratti le intelligenze che costruiranno il domani, “Il Messaggero”, 8 maggio 2024, alla pagina https://www.ilmessaggero.it/spettacoli/cultura/venezia_biennale_architettura_2025_curata_da_carlo_ratti_intelligens_naturale_artificiale_collettiva-8104177.html)