Passaggio in Mozambico | 3. La danza, il teatro, le Case della Cultura
In viaggio alla scoperta della Zambesia
La danza: una tradizione viva
di Mimma Gallina
Di certo non studiano all’ECA (Escola de Comunicação e Artes dell’Università Mondlane) o all’ISARC (Instituto Superior de Artes e Cultura), le due facoltà specializzate in discipline artistiche, i ragazzi e bambini che la domenica fanno danza acrobatica per i turisti sulla spiaggia di Macaneta, vicino a Maraquene (una ventina di chilometri a nord di Maputo). Ma sono davvero molto bravi e simpatici, con numeri simili a quelli degli acrobati kenioti che arrivano spesso anche in Italia.
La danza è sicuramente l’espressione artistica più popolare, e dalle pratiche diffuse possono emergere gruppi di particolare qualità professionale, con risultati creativi originali.
A Magoanine, un quartiere a nord di Maputo, partecipo alle prove del gruppo di danza dell’Associação Cultural Londzovota di cui fanno parte una sessantina di giovani, impegnati anche nella musica e nel teatro. La coreografia, a cura di Daniel Mangue è un articolato montaggio di danze tradizionali ed è già stata presentata in diverse occasioni ufficiali e festival.
Non è facile eseguire danze tanto diverse fra loro, provenienti da zone lontane del paese e collegarle in una sequenza coerente e spettacolare, anche con intermezzi solisti. Fra queste Xigubo, danza guerriera della provincia de Maputo, Zorre, della provincia di Inhambane, Utsi e Mandiki, della provincia di Beira. Lo spettacolo è il risultato di una ricerca rigorosa, una prova di virtuosismo e un’esplosione di energia.
La danza guerriera Xigubo (solo maschile) è fra quelle da preservare. Preservare una danza significa in primo luogo studiarla, verificare chi ancora la pratica e dove, chi può trasmetterla, individuare i giovani potenzialmente interessati a praticarla, motivarli e organizzare l’insegnamento: non è facile. Di danze in estinzione ce ne sono parecchie.
Fra queste la danza Niketche, una danza della Zambesia: la Casa della Cultura di Quelimane ha organizzato un progetto itinerante nella regione per cominciare a mapparla. E’ una danza di seduzione e Paulina Chiziane l’ha scelta come metafora e titolo del suo romanzo Niketche, una storia di poligamia (La Nuova Frontiera, 2022). Chiziane ha vinto nel 2021 il Premio Camōes, il più importante riconoscimento assegnato agli scrittori di lingua portoghese: i suoi libri (tre quelli tradotti in italiano), assieme a quelli di Mia Couto, sono per me una scoperta nella scoperta, una guida affascinante all’incontro con questo paese.
Il giovane coreografo Linder Paulo Juliasse, che mi accompagnata nei giri nella provincia di Quelimane, mi racconta del suo progetto di fare uno spettacolo dal libro della Chiziane, fra danza e teatro (una bella idea).
Anche il direttore della Casa della Cultura di Quelimane, Elder Falso, è un coreografo e dedica alla danza una grande attenzione. Solo in città, fra tutti i distretti, ci sono circa 140 gruppi popolari di danza. Per essere eseguite al meglio le danze richiedono 25 elementi oltre ai musicisti, come dire che tutti o quasi, soprattutto le donne, trovano nella danza il principale modo di esprimersi e di vivere la comunità. Tendenzialmente il repertorio è di un paio di danze a gruppo, si incontrano e le provano tutte le settimane e le eseguono alle feste.
Nel quartiere di Sampene, accompagnata da José Francisco Vicente, funzionario pubblico impegnato nel sociale, che frequenta la Casa della Cultura di Quelimane, assisto alle prove di due gruppi di danza tradizionale, che eseguono le danze Yalula e Nhambalo. Fanno parte dei gruppi donne di tutte le età (gli uomini sono alle percussioni): sono appassionate, precise, affiatate e coordinate, in qualche passaggio frenetiche, anche le più anziane, le danze sono corali ma prevedono brevi sequenza soliste, i movimenti sono un invito al pubblico a unirsi alla danza, e le donne si alternano con allegria.
Qui sopra, il gruppo di danza Nhambalo di Sampene. L’incontro con i gruppi di danza Nhambalo e Yalula
Nella chiacchierata che segue, le portavoce dei gruppi, affiancate dai rappresentanti del quartiere, segnalano il bisogno e la difficoltà di avere capulane uguali per tutte – ma diverse per ciascun gruppo – per essere all’altezza delle feste e delle occasioni cui partecipano. Le capulane sono i teli-gonna dalle infinite combinazioni di colori: i disegni sono recenti o classici, comunque della tradizione africana, molto suggestivi: purtroppo le tessiture locali sono pochissime, la domanda è molto alta e sono realizzate e importate dall’India (quelle di cotone e di migliore qualità) o dalla Cina (quelle sintetiche). Per la giornata mondiale della danza, il 29 aprile, Elder Falso organizza un grande spettacolo, con il maggior numero di gruppi possibili: oltre che una grande festa, deve essere una splendida esplosione di colore.
Le Case della cultura: funzioni e trasformazioni di una rete storica
di Mimma Gallina e Lanfranco Li Cauli
La funzione delle Case della Cultura è – e può essere in prospettiva – molto articolata. Include la formazione, i corsi di cultura e di spettacolo, la programmazione degli spazi, l’organizzazione di festival, ma anche supporto all’associazionismo locale e alle organizzazioni professionali: uno degli obiettivi del progetto Costruire con la musica è fiancheggiarne la trasformazione in incubatori.
Ci sono però molte difficoltà a progettare e trovare risorse, i margini di autonomia sono minimi, per i direttori è difficile perfino mettersi a cercare risorse, la burocrazia e la sovrapposizione di compiti e responsabilità ostacola l’iniziativa: serve una riforma e ne sono tutti consapevoli, a cominciare dal Ministero.
Le strutture, per quanto costituiscano una rete “storica” diffusa su tutto il territorio nazionale, la spinta dorsale della politica culturale pubblica, sono spesso degradate, a volte inadeguate e le attrezzature non sono certo all’altezza dei compiti.
Per quanto riguarda questo aspetto il progetto Costruire con la musica ha una linea di finanziamento e interviene per quanto possibile per le Case della Culura di Inhmbane, Quelimane e Nampula.
Le Case della Cultura sono anche “strumento di pace”. Il Mozambico è stato pacificato poco più di trent’anni fa e restano delicate situazioni di conflittualità, soprattutto nelle regioni del Nord. È importante che i vertici del Ministero della Cultura considerino la loro funzione come un mezzo concreto di condivisione, confronto e incontro. Per questo è cruciale che le Case della Cultura siano disseminate sull’intero territorio e in particolare nelle aree più interne e periferiche, dove il pacifico presidio del “linguaggio dell’arte” può formare e preparare i cittadini a una forma diversa di convivenza.
Strategie e strumenti
di Lanfranco Li Cauli
Negli incontri con i direttori delle Case della Cultura e i funzionari pubblici coinvolti nel progetto Costruire con la musica, sono emerse diverse difficoltà nello svolgimento del loro lavoro quotidiano, tra cui le principali, come sopra accennato, rimangono la scarsità di mezzi economici e soprattutto la loro stessa previsione, oltre alla conseguente impossibilità – o quasi – di pianificare una programmazione artistica, produttiva, di ricerca di fondi e di promozione. Straordinaria però la capacità di ascolto e di partecipazione dei direttori nel corso delle giornate di studio e soprattutto nei momenti di laboratorio.
Hanno così avuto l’opportunità di dar forma ed espressione alle loro domande, talvolta non chiare, sul “come fare meglio”. Senza dubbio due settimane di corso non possono essere sufficienti per dare tutte le risposte (si è trattato però del primo di una serie di momeni di Capacity Building), ma la condivisione delle domande stesse e la ricerca di possibili proposte concrete su come rendere sostenibili e partecipate dai cittadini le attività delle case della cultura ha per certo gettato le prime solide basi su come avviare e impostare un lavoro di programmazione. Così si è insieme compresa l’importanza di individuare innanzitutto le priorità da gestire e soprattutto con un approccio di lavoro “modulare”, ovvero una metodologia che permetta di programmare e realizzare solo quanto sostenibile artisticamente ed economicamente. Un modello che negli anni può crescere con un continuo sistema di monitoraggio e valutazione dei risultati con il fine di migliorare il modello stesso.
Nel corso delle giornate di lavoro è stato dato ampio spazio alla presentazione e allo studio di strategie e strumenti di marketing culturale lavorando su due fronti.
Il primo focalizzato sul “pubblico” e dunque sulla definizione delle “formule di accessibilità” per gli spettatori (prezzi, gratuità, servizi dedicati, eccetera), con l’obiettivo da un lato di cercare e creare un pubblico fedele con cui avviare un rapporto continuo durante l’intero anno (ricerche e analisi, creazione di database, eventi dedicati, eccetera), dall’altro di dotarsi di strumenti di comunicazione e promozione con un mix di media tradizionali e digitali, da inserire in una visione di pianificazione e di monitoraggio dei risultati raggiunti.
Il secondo focalizzato sulla ricerca di partner e sponsor privati che possano sostenere le progettualità delle Case della Cultura. In particolare, si è lavorato sull’importante della creazione di rapporti “creativi” con potenziali sponsor. È così emersa l’importanza che questi rapporti devono avere una visione di medio-lungo periodo e che non debbano essere di mera “fornitura economica”, ma di veri e propri partner dei progetti, a cui poter contribuire anche con specifici know-how manageriali; questo sempre nel rispetto della regola della “’intoccabilità” del contenuto artistico che deve rimanere di esclusiva competenza di chi ne è responsabile.
Le strutture delle Case della cultura e i cambiamenti climatici
di Mimma Gallina
Per le strutture, ai problemi cronici si sono aggiunti gli eventi atmosferici catastrofici.
Inhambane
Alla Casa della Cultura di Inhambane sono quasi terminati i lavori dopo il ciclone del 2019 – oltre 1000 morti in tutto il paese – che l’ha completamente scoperchiata. La stessa sorte è toccata al Cinema Teatro Tofo, di proprietà privata, un bell’edificio storico dall’altra parte della strada. Prossimamente riaprirà con una sala per spettacolo, una per esposizioni, un’area-incubatore per imprese culturali, una sala di incisione e spazi per lezioni. Mentre il laboratorio di pittura-scultura è già aperto. Spazi relativamente piccoli e raccolti, che ne faranno un centro culturale accogliente.
In attesa, gli spazi esterni sono molto colorati e attrattivi. Tutta la città è costellata di bellissimi murales. Inhambane è ricca di monumenti del periodo coloniale e ha un grande potenziale turistico, anche per la vicinanza di tre spiagge meravigliose (Tofinho, Tofo e Barra: dove si tiene anche un festival molto partecipato) che dispongono di numerose strutture alberghiere, anche relativamente abbordabili. Collegare spettacolo e turismo, anche in una prospettiva di internazionalizzazione, è una delle scommesse per la zona.
Quelimane
Anche la Casa della Cultura di Quelimane ha subito danni da un ciclone, quello molto più recente del marzo 2023.
Sono meno gravi, ma quando piove, piove nel salone principale, molto grande, e che la domenica viene affittato a una chiesa (che lascia a disposizione le sedie per le altre manifestazioni).
La Casa dispone di alcuni spazi per ufficio, di una stanza e dell’atrio utilizzati per i corsi di musica e per altri corsi (danza, perfino judo), di uno spazio indipendente per le prove di teatro, di spazi all’aperto e può essere ulteriormente ampliata (il direttore coltiva anche il sogno di una possibile foresteria).
Le amministrazioni provinciale e comunale di Quelimane non sembrano insensibili ai luoghi della cultura: la vecchia cattedrale sconsacrata (dove si fanno spettacoli il sabato e la domenica: lo spazio scenico però è la zona altare, molto piccolo) e la biblioteca sono state restaurate di recente. Ma per la Casa della Cultura occorrono ora interventi urgenti.
Anche se gli eventi climatici non sono estremi, la pioggia è spesso un problema: anche la Casa della Cultura di Nampula, la più a nord del progetto e molto attiva è in una posizione infelice, quando piove rischia di allagarsi e sta cercando soluzioni abbordabili a un problema che sembra peggiorare negli anni.
Il Museo del Cinema di Maputo
A Quelimane (ma anche a Nampula e in molte altre località del paese) non c’è nemmeno un cinema. Ce n’erano tre, ma sono chiusi da decenni e sono apparentemente irrecuperabili: intere generazioni non hanno mai visto un film su grande schermo.
E’ davvero grave, ed è un peccato anche perché il Mozambico ha avuto una produzione cinematografica importante per la sua storia: il Museo del Cinema di Maputo conserva pellicole di grande valore (digitalizzarle tutte sembra una missione impossibile e i funzionari sono sconfortati, ma una collaborazione è in corso con la Cineteca di Bologna) ed espone una collezione di bellissime locandine: la grafica è un altro punto di forza di questo paese.
A maggior ragione sembra importante che le Case si attrezzino anche per proiezioni cinematografiche.
Teatro di palco e di sensibilizzazione a Quelimane
di Mimma Gallina
Presso la Casa della Cultura di Quelimane provano con regolarità due gruppi di teatro professionisti, attivi entrambi da più di vent’anni, Os Retratistas e Relampaga: tutti e due fanno sia teatro di sensibilizzazione e di comunità (soprattutto con bambini e nei quartieri più disagiati) sia teatro di palco.
Os Retratistas lavorano su un progetto articolato e con diversi obiettivi, finanziato dall’Unicef. La scena cui assisto riguarda la prevenzione della filariase (che provoca ritenzione di liquidi ed è incurabile), ma può riguardare in genere le malattie trasmesse dalle zanzare, lo scopo è sensibilizzare rispetto alla necessità di mettere le reti sui letti.
E’ una situazione molto divertente, con personaggi ben caratterizzati: una moglie porta a casa la rete ma il marito decide di usarla per pescare; un pescatore più anziano – che si è beccato la malattia – cerca di fargli capire a cosa serve. Possiamo immaginare la rappresentazione in un villaggio, le reazioni divertite e la successiva immancabile discussione (ai mozambicani piace molto discutere, intervengono senza difficoltà in occasioni pubbliche).
Gli attori di Relampaga provano lo spettacolo che presenteranno sabato e domenica alla cattedrale: Dono da Morgue (Regalo dall’obitorio), sotto la guida del regista Aximo Martins.
Anche in questo caso i personaggi sono molto caratterizzati, ma – per quanto si tratti di commedia e di satira – l’impostazione della recitazione è più psicologica. I temi che la compagnia tratta sono comunque di rilevanza sociale e politica: riguardano la corruzione, la poligamia, le elezioni.
Alla scoperta della Zambesia: “dove il Mozambico si abbraccia”
di Mimma Gallina
La città di Quelimane si è progressivamente impoverita dalla fine del colonialismo e non si è mai del tutto ripresa. Dieci anni fa ci si è messa anche la diffusione dei parassiti che hanno distrutto le piantagioni di cocco (in compenso pare si siano trovati minerali preziosi in zona… ma non è detto che sia una fortuna).
Gli zambesiani sono comunicativi e creativi, amano andare in bicicletta (e si sono inventati il sistema di taxi-bicicletta per cui sono molto conosciuti nel paese), la danza, il teatro, la musica, le feste, la buona cucina. Anche i grandi concerti commerciali sono più diffusi che in altre città del paese e molto partecipati: ci sono ben due promoter che li organizzano con ospiti nazionali e internazionali (da Zimbabwe e Sudafrica soprattutto), con ottimi risultati economici: biglietteria, sponsor, proventi connessi.
Da Quelimane parto alla scoperta della Zambesia, il cuore del paese.
Il festival di Praia de Zalala
L’appuntamento di spettacolo più importante della provincia è il festival estivo di Praia de Zalala (fra ottobre e novembre), un evento di due giorni che è stato sospeso in periodo Covid ma va verso la quindicesima edizione.
Zalala è la più bella spiaggia della zona (a 25 chilometri circa dal capoluogo) e la location è suggestiva: la partecipazione è gratuita, il pubblico è numerosissimo e viene da tutto il paese, si sistema ad anfiteatro sulle dune (il mare è alle spalle del palco), e si ferma anche a dormire durante la notte sotto gli alberi.
Il programma è multidisciplinare, nazionale e internazionale, per ora limitatamente a paesi lusofoni. Molto importante è anche la gastronomia: la cucina zambesiana è la più famosa del paese ed è una fondamentale componente identitaria e un importante fattore di attrazione. Il festival è promosso dal settore Cultura e Turismo della Provincia della Zambesia, che copre gran parte dei costi, ma nelle ultime edizioni la gestione è stata esternalizzata.
Gli operatori che lo organizzano hanno effettuato una prima ricerca (e intendono approfondirla), per valutare il ruolo che già ha e potrebbe avere per la crescita del turismo, soprattutto domestico, e ottenere gli appoggi necessari per farlo decollare, alzare ulteriormente la qualità della programmazione, raccogliere una quota più rilevante di sponsorizzazioni private.
Anche in Zambesia il potenziale turistico è notevole, tanto sulla costa che, e forse di più, spingendosi all’interno (anche se per il momento la promozione del territorio e la presenza di strutture ricettive è piuttosto limitata).
La strada che corre verso il Malawi, il grande lago Niassa e la Tanzania non è perfetta, e con molti lavori in corso, ma si attraversano paesaggi meravigliosi.
Si passa il grande fiume Licunga a Mocuba, “dove tutti i cammini si incrociano e il Mozambico si abbraccia”, come segnala il cartello stradale.
Qualche decina di chilometri più avanti, nel distretto di Ile comincia una singolare catena di montagne dalla forma conica – sarebbero formidabili palestre di roccia – che arriva fino alle piantagioni di the della città di Gurue, in una posizione splendida ai piedi del monte Namuli.
Errego
Nel distretto di Ile visito la Casa della Cultura di Errego, una città piccola ma vivace.
La sala principale ha circa 400 posti, è nata come cinema-teatro ancora in periodo coloniale, non è più attrezzata per proiezioni e avrebbe bisogno di una ristrutturazione, oltre che di attrezzature, anche per gli spazi più piccoli e all’aperto. Ma nonostante questo si fanno lezioni di musica (con gli strumenti possibili) e si supportano i gruppi di danza e teatro che sono molto numerosi.
Del gruppo di lavoro che la anima fa parte Cesar Joaquin Tepa: attore e regista, si è diplomato al corso in imprenditoria dello spettacolo presso ISARC: è un tecnico a 360 grandi, che era capitato qui come insegnante e ci è rimasto. Segue soprattutto progetti teatrali di sensibilizzazione, in questo momento sta lavorando sul tema dei matrimoni precoci.
In questa esplorazione ho la fortuna di essere molto ben accompagnata. Oltre al coreografo Linder e a Cesar, che dopo Errego si aggrega al nostro gruppo, c’è Raul Raul Olimpio Oscar de Araujo, che è l’autista ma frequenta anche il gruppo di danza della Casa della Cultura di Quelimane e ha una grande esperienza e un’ottima conoscenza del territorio (è una persona preziosa, in grado di rispondere a qualunque domanda, storica, ambientale, politica, culturale).
Gurue
La Casa della Cultura di Gurue ha un salone ancora più grande, forse un migliaio di posti, e altri spazi: una piccola biblioteca, un grande spazio all’aperto, un locale per musica dal vivo (con gestione esternalizzata, che sembra un posto vivo e abbastanza attrezzato).
Anche qui si ospitano prove dei gruppi di teatro, ma la situazione sembra meno vivace, gli operatori lamentano l’assenza di strumenti musicali (quindi non si fanno lezioni di musica) e soprattutto gli ostacoli burocratici, che paralizzano tutte le possibili iniziative. Emerge ancora una volta la necessità di una riforma strutturale per le Case della Cultura, che tenga conto dei problemi anche delle più decentrate, e conceda più autonomia. In compenso a Gurue c’è un cinema funzionante.
Questa città ai piedi del monte Namuli è ricca di tradizioni, una quintessenza di moçambicanidade, non a caso ha ospitato la prima edizione del festival di danza Niketche.
Il mio viaggio del 2023 alla scoperta di questo magnifico paese non può chiudersi che con una cena zambesiana tipica: le specialità più famose sono “mucapata“, un piatto a base di un tipo di fagioli molto piccoli, cotti con riso e cocco, gamberoni cucinati con cocco e manioca, e soprattutto “galinha alla zambesiana” (decisamente ruspante).
Spero di avervi fatto venire voglia di visitarlo e di conoscere la sua bellissima gente.
Passaggio in Mozambico | 1. Maputo, città creativa
Passaggio in Mozambico | 2. Incontri fra musica e teatro
Passaggio in Mozambico | 3. La danza, le Case della Cultura e la scoperta della Zambesia
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