Profondo Umano ad Alba | Alla ricerca dell’identità, fragile vaso d’argilla tra individuo, società e ambiente
Il report per TourFest 2023
La terza edizione di Profondo Umano si apre con una mostra di forte impatto che, in una selezione di una ventina di dipinti accompagnati da schizzi in cui la mano dell’artista sembra non potersi alzare dal foglio, ci restituisce con pochi tratti storie che non vogliono – e non possono! – essere dimenticate.
Nella sua mostra Neurocromie. Ai confini del sé perduto Giancarlo Giordano ci presenta sguardi, corpi e stralci di vita: uomini e donne che tra il 1969 e il 1992 sono stati reclusi nell’Ospedale Psichiatrico di Racconigi e che l’artista oggi ultraottantenne ha assistito in quei ventitré anni in qualità di infermiere. Sono sofferenze e soprusi che bussano alla sua memoria e che l’artista, ancora oggi, con sguardo rispettoso e benevolo, accoglie e trasforma artisticamente in una pittura di denuncia volta a restituire un’identità personale a tutti quei volti che l’hanno persa, ostaggi di un sistema oppressivo e soffocante.
A partire da queste immagini potenti e provocatorie che hanno introdotto e accompagnato il festival in quasi tutta la sua durata, il tema identitario, in una proposta di eventi variegata e trasversale, si pone al centro della terza edizione di un festival che fin dal suo titolo si fa portatore di un messaggio o, per usare le parole del direttore artistico Francesco Cordero, di “un’affermazione che nella sua profondità va sondata e indagata”.
Origini e scenari di un festival di natura spirituale
Profondo Umano nasce ufficialmente nel 2021, ma le sue radici si ritrovano nella stretta collaborazione tra l’Associazione Corale Intonando (ente di Promozione Sociale che organizza il festival) e il longevo festival Torino Spiritualità, che dal vicino capoluogo piemontese si estende a Alba, in una decennale proposta culturale congiunta.
Da questa proficua comunione di intenti, nel 2021 la proposta evolve e si trasforma in un nuovo progetto che vede un gruppo di giovani coalizzarsi in un team di lavoro che, coordinato dal direttore artistico Francesco Cordero, dà vita al festival Profondo umano.
A lavorare a tutte le fasi del festival è soprattutto un team di giovani adulti albesi o delle zone limitrofe, che si costruiscono una proposta sostenuta da diversi enti e istituzioni del territorio.
Dall’“Errare è umano” della prima edizione all’“Abitare poeticamente il mondo”, Profondo Umano è approdato alla terza edizione del 2023 a “Identità: fragili vasi d’argilla”: il festival si regge sulla spirituale spina dorsale che l’ha visto nascere e che ne definisce l’approccio fortemente introspettivo, e si propone di maturare in un’offerta culturale sempre più radicata nel territorio delle Langhe.
Tra identità personali, sociali ed ecologiche
Su cosa si fonda la nostra identità umana? Si scopre o si costruisce? Cosa ci rende “profondamente umani”? Quale spazio all’ “altro da me”? Quale relazione tra io e noi? Quali le tante sfumature identitarie e il senso del nostro andare?
A partire da una proposta così ambiziosa, Profondo Umano propone una serie di eventi di diversa natura tra Alba e le vicine colline che invitano persone di diverse generazioni a un’esplorazione profonda della propria esistenza, per riflettere sulle varie sfaccettature di un termine di così ampia risonanza come quello che sintetizza il tema di questa edizione.
L’esplorazione inizia con una conversazione intima con i volti fissati sulla tela da Giancarlo Giordano, incontrati da scolaresche e visitatori: occhi vivi che ci interrogano e noi che non sappiamo se riusciamo a reggere quegli sguardi. Imprescindibile partire da sé, provare a rispondere alla domanda “chi siamo” con una narrazione che, in quanto tale, si muove e ci muove, ci fa incontrare altri volti, ci chiede di guardarli.
A viaggio inoltrato, tra camminate e passeggiate letterarie, dialoghi, laboratori e pillole online che attraversano il festival, la storia di Elzear Bouffier, narrata da Jean Giono e interpretata da Paolo Tibaldi nel suo reading musicale di fronte a un migliaio di giovanissimi studenti e studentesse albesi, ci conduce verso nuove sfumature identitarie collettive. L’uomo che piantava gli alberi è un racconto di tenace ostinazione, di attaccamento e radici, di alberi che rivitalizzano terre abbandonate. È lo stesso monito con il quale si conclude la partecipata lectio di Stefano Mancuso, nella splendida cornice delle “Cantine Ceretto”: a conclusione di un’appassionata indagine sulla natura e i suoi macrocosmi, lo scienziato ci dice che abbiamo la possibilità di rimediare agli ingenti danni prodotti al nostro pianeta: basta piantare un po’ meno che mille miliardi di alberi.
Dovremmo adottare un nuovo stile di vita, come testimonia tra gli altri da Ettore Chiavassa, impegnato nella riscoperta dei sentieri del Roero e volontario dell’Associazione Canale Ecologia che da anni lavora per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente. Con lui, il festival propone a camminatori più o meno esperti tre passeggiate immersive (all’alba, al tramonto e notturna) che, accompagnate da suggestioni letterarie o musicali, facilitano un’immersione profonda nel luogo e nello spazio che quella piccola comunità itinerante abita per qualche ora, in una dimensione in cui l’uomo non è che uno degli elementi di un grande sistema interconnesso.
Tra queste e altre occasioni di dialogo e confronto, Profondo Umano ci pone di fronte a un’ininterrotta ricerca di senso: a ognuno il compito di trovare il suo. E’ un percorso necessario per tracciare vie percorribili in un tempo dove la questione identitaria (e profondamente umana) si fa fumosa e difficile, dove non si può ignorare l’interconnessione tra l’uomo e ogni altra forma di vita, in un pianeta in forte difficoltà: “in un mare immenso in cui è difficile perdere la rotta (…) sembra urgente lanciare qualche ancora” di riflessione da cui (ri)partire nella propria esplorazione.