Passaggio in Mozambico | 1. Maputo, città creativa
La musica, il teatro, la danza, le Case della Cultura
Sono in Mozambico per il secondo anno per Construindo com a mùsica (Costruire con la musica), un percorso di capacity building incentrato sulla musica, e lo spettacolo in genere, come fattore di sviluppo socio-economico. Il progetto è promosso dal Ministerio da Cultura e Turismo de Moçambique in partenariato con Milano Musica, Comune di Milano, Diapason Progetti Musicali, realizzato dall’associazione A.G.A.P.E. e finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).
Nel 2022 ho seguito un ciclo di incontri con artisti e operatori e alcuni spettacoli del festival Raiz (Radice) e ne ho parlato nel reportage Costrurire con la musica in Mozambico.
L’esplorazione è proseguita quest’anno nella capitale Maputo, con incursioni nella vasta provincia di questo immenso paese, a Inhambane, Quelimane e in Zambézia, grazie anche ai consigli e alla guida degli amici impegnati nelle Case della Cultura, conosciuti nel corso del progetto. Queste organizzazioni, presidi culturali istituiti subito dopo l’indipendenza e diffusi in tutto il paese, hanno oggi urgente bisogno di rinnovarsi (ripensare e aggiornare funzioni e modalità di gestione), di ristrutturazioni e di attrezzature.
Uno degli obiettivi di Costruire con la musica è fiancheggiare il loro rilancio, favorirne la progettualità e la trasformazione in incubatori culturali. La sessione di formazione del 2023 cui ho partecipato come facilitatrice a fianco di docenti e operatori mozambicani e qualche italiano, era riservata agli operatori delle Case della Cultura e ad altri funzionari pubblici. Gli incontri sono stati interessanti sia dal punto di vista della riflessione sulle politiche culturali, sia della messa a punto e simulazione di tecniche e pratiche gestionali (la programmazione, la gestione dei festival, la valutazione di impatto, il marketing, la creazione e gestione di reti e servizi), sia del confronto fra sistemi dello spettacolo molto diversi, come quello mozambicano e quello italiano, milanese in particolare.
Il Comune di Milano, che con il Mozambico ha molti rapporti, è infatti fra i promotori del progetto e ha illustrato e si è confrontato sulle diverse forme praticate nella collaborazione fra ente pubblico e organismi privati per l’erogazione di servizi culturali.
IL LINK
Construindo com a mùsica
Gli spazi e i festival
Se in viaggio siete abituati a programmare la visione di spettacoli, Maputo può essere frustrante. I teatri non mancano, quasi tutti privati. Alcuni sono davvero belli e risalgono al periodo d’oro dell’epoca coloniale, ma molti sono chiusi, tutti o quasi piuttosto degradati. Gli anni del Covid sono stati duri e non ci sono programmazioni regolari e vere e proprie stagioni.
Anche i centri culturali che fanno capo agli organismi internazionali hanno una programmazione piuttosto frammentaria e annunciano la loro programmazione a breve termine, incluso il Centro franco-mozambicano, lo spazio polivalente più attrezzato della città, con una sala da 650 posti. Gli altri, come il Centro alemanno-mozambicano, l’Istituto Camoes (il centro culturale portoghese), il Centro culturale Brasile-Mozambico, hanno spazi di dimensioni contenute o all’aperto e sono pensati soprattutto per incontri, anche se ospitano spesso piccoli spettacoli.
Lo stesso vale per la prestigiosa Fundação Fernando Leite Couto e per i numerosi centri culturali che dispongono di bar e spazi per spettacoli musicali di piccole dimensioni (il più affermato è l’Associazione Nucleo de Arte).
Anche i locali con musica dal vivo di impronta commerciale non mancano, sono molto frequentati e sono il principale sbocco lavorativo per i musicisti, giovani e non. Alcuni hanno dimensioni medio grandi come la bella e nuovissima Galeria do Porto.
Associazioni e locali con spazi di spettacolo
I festival
Ma sono soprattutto i festival le organizzazioni portanti del sistema-spettacolo, anche se hanno spesso una durata molto breve, due o tre giorni. Sono numerosissimi a Maputo – i più noti per la musica sono Raiz, Azgo, il Festival del Jazz, per il teatro il FITI (Festival Internazionale del Teatro d’Inverno), per la danza il festival Kinani – ma sono la forma organizzativa più praticata in tutto il paese.
Costruire con la musica ha lanciato un questionario in quattro province – Maputo, Inhambane, Zambesia e Nampula – mappando per ora una cinquantina di festival: la musica e la danza risultano prevalenti, ma sono quasi sempre manifestazioni multidisciplinari, e quasi tutti ospitano anche stand gastronomici (i prodotti e i piatti locali sono un aspetto identitario forte) e di artigianato, alcuni includono la moda e sono molto spesso competitivi.
Li organizzano associazioni o promoter privati, ma spesso anche enti pubblici, come le Case della Cultura o le stesse Amministrazioni provinciali (che corrispondono alle nostre Regioni). Nonostante la funzione dei festival sia riconosciuta da tutti, anche i più affermati hanno grandi problemi di sostenibilità economica. Quelli privati non possono contare su contributi pubblici statali, provinciali o locali (se non raramente e in misura simbolica) e hanno difficoltà anche sugli altri fronti: il problema è la regolarità e continuità dei sostegni. Raiz, per esempio – che valorizza la musica di “radice” mozambicana e la sua trasformazione, promuovendo la diversità anche in un’ottica di confronto internazionale (con spettacoli, ma anche laboratori e residenze) – nel 2023 ha visto l’ultimo anno di un importante sostegno internazionale che non è stato ancora rimpiazzato (ma il direttore, Pak Ndjamena, non dispera e lavora su più fronti per risolvere il problema).
Anche Azgo promuove la diversità culturale, presentando prevalentemente musica contemporanea da tutto il continente africano (artisti anche molto noti a fianco degli emergenti), ma anche danza e cinema. E’ il più affermato, con un pubblico molto numeroso (migliaia di persone a concerto), ma è stato molto penalizzato dal Covid e ha oggi grosse difficoltà con gli sponsor, che sono da riconquistare anno per anno. Il suo ideatore, Paulo Chibanga – rientrato in Mozambico dopo una lunga attività internazionale come musicista – ha però nel tempo promosso l’attività di rete tra festival anche a livello internazionale e diversificato l’attività, promuovendo – a latere di Azgo – altre iniziative, fra cui una piattaforma per la registrazione e diffusione di contenuti online. L’anno scorso ha anche aperto un incubatore, uno spazio di servizio, X HUB, per appoggiare artisti e gruppi nella comunicazione e nelle pratiche burocratico-amministrative (una buona idea, un’iniziativa molto utile, e un luogo gradevole, anche con l’immancabile bar e spazio per musica dal vivo e piccoli eventi).
A fronte delle difficoltà, non manca la creatività, e non manca la partecipazione del pubblico: sul consumo di cibi e bevande e sull’affitto di stand si può sempre contare, ma il rischio è che siano la qualità e il livello dei compensi a essere penalizzati.
Quest’anno sono a Maputo in un periodo a cavallo fra alcuni festival importanti, mentre si prepara il Festival Nazionale della Cultura direttamente organizzato dal Ministero della Cultura, anche come risultato delle selezioni effettuate presso i festival provinciali. Un festival di Stato è una modalità organizzativa discutibile, secondo l’impostazione europea, ma è un appuntamento cui il Ministero e gli operatori attribuiscono una funzione promozionale fondamentale, quasi una compensazione rispetto agli scarsi interventi contributivi. E’ una manifestazione biennale, l’edizione finale è decentrata a rotazione in località diverse. E’ molto atteso: è forse l’appuntamento culturale più importante del paese).
Sono invece del tutto assenti vere e proprie istituzioni di spettacolo pubbliche (del resto, qualora se ne sentisse la necessità, non ci sarebbero i mezzi per crearle). Fa in parte eccezione la Companhia Nacional de Canto e Dança. E’ nata come compagnia di teatro e danza: la sua origine e funzione è strettamente collegata alla lotta per l’indipendenza, come racconta con passione uno dei suoi fondatori, David Abilio. Formalmente costituita nel 1979, la CNCD è sostenuta dal Governo per la sua forte funzione identitaria e e la reputazione internazionale.
I suoi obiettivi sono la “ricerca, preservazione e diffusione delle manifestazioni artistiche e culturali (specialmente danza, ma anche canto, poesia e racconti) dei vari gruppi etnici che compongono il Mozambico”. E’ una compagnia molto numerosa, affermata a livello internazionale, con un’attività rilevante anche per dimensione economica, organizza a volte scambi e collaborazioni (anche con l’Italia), ma non ha un cartellone di rappresentazioni pubbliche (anche se prova in uno degli spazi più belli della città, ma inagibile, il Cine Teatro Africa).
Un paese ricchissimo e poverissimo. E una capitale vibrante
Quello degli spazi è uno dei problemi sollevati da artisti e operatori dello spettacolo dal vivo nei tre giorni di discussione organizzati nel 2022 dal progetto Costruendo con la musica. Gli altri sono il riconoscimento sociale ed economico del lavoro artistico, l’inadeguatezza delle normative, la scarsità e la scarsa trasparenza dei finanziamenti pubblici (che dire irrisori è un eufemismo) e la difficoltà di reperire sostegni privati (la sostenibilità economica, insomma), la carenza di formazione, soprattutto manageriale e tecnica (ma anche artistica, di base e intermedia), gli eccessi di burocrazia, le difficoltà di distribuzione e di internazionalizzazione… insomma, problemi simili a quelli che abbiamo in Italia – e che forse ha lo spettacolo in tutto il mondo – ma molto, molto più gravi… e qualcuno in più.
Particolarmente complessi sono i problemi logistici, con riferimento a costi, infrastrutture e servizi, che ostacolano la diffusione dello spettacolo nel paese e la partecipazione: il problema per il pubblico è spesso come raggiungere il luogo di spettacolo.
Si discute molto anche del tema del biglietto: se, quando e dove applicarlo e come quantificarlo. Il pagamento del biglietto ha un significato economico e simbolico – come ovunque – ed è collegato al riconoscimento del valore e della professionalità e alla formazione del pubblico, ma non è ovviamente possibile prescindere dalla situazione sociale ed economica del paese.
Il Mozambico è uno dei paesi più ricchi di risorse ma è fra i dieci più poveri del mondo, anche se non lo si direbbe, in questa città in frenetica trasformazione: da un anno all’altro nel centro di Maputo sono sorti diversi grattacieli e sono migliorati tangibilmente molti servizi (per esempio, la pulizia delle strade e i taxi). Ma, per quanto le dimensioni demografiche siano relativamente contenute (1.766.000 abitanti nell’area metropolitana), il territorio è esteso e disperso e le persone si stringono sui chapas per ore per raggiungere i posti di lavoro, il costo della vita poi è altissimo.
Maputo è il cuore del paese, cresce sulle sue contraddizioni ed è particolarmente attrattiva, anche per gli artisti: ne ospita una grande concentrazione che rende il tessuto culturale in tutti i campi estremamente dinamico.
Nei documenti ufficiali si parla di vibração cosmopolita, mentre i siti turistici definiscono Maputo “vibrante”. Il Comune intende chiedere il riconoscimento da parte dell’UNESCO come città creativa, ed è auspicabile che questa scelta possa attrarre investimenti e favorire interventi strutturali. Anche nel piano governativo turistico pluriennale del 2015 si ipotizzava di farne una “città festival” sul modello di Edimburgo, assieme all’antica capitale Ilha del Mocambique, che è già patrimonio UNESCO ed è la principale meta del turismo culturale per la concentrazione di siti culturali, musei, eventi (Ilha è in effetti una città bellissima, una Venezia tropicale).
Ma dal 2015 è successo di tutto in questo paese: la disastrosa crisi con la Banca Mondiale (a causa di una brutta storia di corruzione), un’apparente ripresa, poi il Covid e altri alti e bassi… Ma soprattutto ci sono state le sempre più rilevanti scoperte di giacimenti di gas, pietre preziose e minerali rari nel Nord del paese, che non sono certo estranee al risorgere del terrorismo (che con le differenze etniche e religiose non c’entra niente o quasi) e alle rivolte sociali nelle province di Capo Delgado e Pemba. L’economia di questo paese che fu, e per molti aspetti è ancora, un paese socialista, è oggi basata sulle concessioni (per informazioni e un’analisi della situazione attuale e della storia recente del Mozambico, vedi il capitolo dedicato in Mario Giro, Guerre nere. Guida ai conflitti nell’Africa contemporanea, Guerini e Associati 2020).
Questo non impedisce che nelle intenzioni, o almeno nei documenti governativi, una delle linee di sviluppo sia collegata a un rilancio del turismo (in mano oggi prevalentemente a multinazionali e a investimenti sudafricani), e a tutta la filiera delle industrie culturali e creative, musica compresa (magari in nome dell’identità nazionale la moçambicanidade).
E’ molto attivo in questo senso, ma potrebbe forse essere potenziato in termine di risorse e definizione delle funzioni, l’Instituto Nacional das Indústrias Culturais e Criativas, diretto da alcuni mesi dalla dinamica Matilde Muocha, fra l’altro coautrice con Christina Farinha di una ricerca commissionata dalla Comunità Europea per la definizione delle strategie di cooperazione culturale (Farinha, C., Muocha, M. (2022), Diagnóstico e Proposta de Estratégia para a Cooperação Cultural da União Europeia em Moçambique, European Development Fund (EDF)).
Intanto Maputo “vibra” e – anche capitando in città fra un festival e l’altro – gli spettacoli da vedere, gli incontri cui partecipare, i luoghi da visitare non mancano di certo e le opportunità – non sempre facili da intercettare – si accavallano.
Alla scoperta della timbila (e della moçambicanidade)
Presso 16Neto, un centro culturale con un bar e un piccolo spazio all’aperto per musica dal vivo, danno un concerto per band e timbila, lo strumento iscritto dall’UNESCO nel patrimonio immateriale dell’umanità dal 2008.
E’ un’occasione speciale, suona la Timbila Groove Band, attiva dal 2009, con Horacio Bande, un figlio d’arte: il padre Venancio è stato il principale interprete della timbila e la massima autorità in materia. Il gruppo – che arriva dalla città di Inhambane, territorio di origine di questo strumento – pratica un genere musicale che definisce “di fusione”: ritmi tradizionali mozambicani e altri ritmi universali (jazz, regue…) sono ricreati in funzione della timbila, che resta il punto di forza. La versatilità di questo strumento è sorprendente, la combinazione con tastiere, percussioni e chitarra genera una sonorità ricca e originale, che può favorire l’incontro della tradizione con tendenze e gusti contemporanei.
Alcuni brani sono melodici, forse perfino un po’ sentimentali. Il titolo dello spettacolo è una chiave di lettura. Mahungo Ya Khanane Kuango significa “i problemi del mio cuore” (nel senso – leggo su FB – di sentimenti dell’individuo, ma anche dei problemi sociali che lo riguardano da vicino). Ma le parole sono poche, resta prevalente il ritmo sottolineato anche dalle brevi incursioni di un gruppo di donne, con danze tradizionali (ngalanga e makharra).
Preservare e valorizzare gli strumenti tradizionali e in particolare la timbila è fra le missioni della Band, che ha partecipato a progetti internazionali a questo scopo.
Anche una delle azioni di Costruire con la musica va in questa direzione. Già dal 2017 le attività di Music Fund e Milano Musica (fra i promotori del progetto) hanno dedicato una maggiore attenzione alle tradizioni musicali mozambicane, attraverso scambi interculturali sulle pratiche di costruzione degli strumenti musicali, in particolare grazie a Ozias Macoo, talentuoso costruttore di mbira e allo stesso tempo riparatore di strumenti ad arco, che ha appreso le tecniche della liuteria in occasione di vari stage con professionisti cremonesi, a Maputo e nella città di Stradivari.
In luglio si è quindi tenuto un laboratorio per la costruzione degli strumenti musicali tradizionali.
Fra i docenti il musicista e musicologo Luka Mukavele: le sue riflessioni sottolineano quanto il rapporto dei mozambicani con questi strumenti, represso dalla colonizzazione e sminuito dalla penetrazione delle mode musicali occidentali, sia costitutivo della cultura e dell’identità nazionale.
La moçambicanidade è un concetto che investe tutte le componenti della cultura (non solo arte e musica, ma gastronomia, moda, paesaggio…) e ritorna in tutti i discorsi ufficiali e nei programmi politici, fin dai tempi dell’indipendenza, ma è molto sentito e condiviso anche dagli artisti e dalla gente. Non è una visione chiusa: in un paese che si estende per 2.800 chilometri di costa lungo l’Oceano Indiano, si sono intrecciate e convivono pacificamente diverse etnie africane, e poi indiani, arabi, libanesi, cinesi, europei (naturalmente portoghesi ma anche inglesi, svedesi…). L’identità è un crogiuolo, si vede nell’aspetto e nei volti delle persone, e ne sono tutti consapevoli e anche orgogliosi. La tradizione è da tutti intesa come qualcosa di vivo e dialogante, e la moçambicanidade è un valore che va letto alla luce di 220 anni di colonizzazione portoghese, della lotta dura per un’indipendenza molto tardiva rispetto agli altri paesi africani nel 1975 (senza dimenticare i 12 anni di guerra civile, che si è conclusa solo nel 1992 con gli accordi di pace negoziati dalla Comunità di Sant’Egidio e siglati a Roma) e della necessità di riappropriarsi, conoscere, riconoscere e affermare le proprie specificità culturali, senza chiusure, e senza gerarchie. Nasce da qui anche il bisogno di preservare e valorizzare gli strumenti musicali e le danze tradizionali.
Progetto “Costruire con la musica”, Laboratorio per la realizzazione di strumenti musicali tradizionali (giugno-luglio 2023)
Gli strumenti tradizionali sono moltissimi. Tra quelli praticati dai partecipanti al laboratorio: Chityatya Kalimba, Mbira njari, Mbira Nyunganyunga, Mbira dzaVadzimu, Xizambi, Tchakare, Mbvoko, Xincumbwa, Xibabadoni, Kankubwe, Koliko Namukavi, Miyeteteia, Nyanga, Mbhalapala, Meyeya,Dzele, Hosho/Goxa Matchatchu.
Costruire strumenti musicali tradizionali non è semplice: occorrono legnami speciali (per la timbila il mwendje, una pianta tutelata e dalla crescita lenta), le tecniche costruttive non sono di facile realizzazione ed è effettivo il rischio che le competenze si perdano. Durante il giro nelle provincie scopro che disporre di questi strumenti e di docenti qualificati per insegnarli è un problema. Eppure la costruzione e commercializzazione può essere un fattore fondamentale di sviluppo professionale e economico, tanto dal punto di vista artigianale che artistico.
Nel quartiere di Mafalala, oggi centrale e particolarmente vivace (ma tuttora simbolo di segregazione e marginalità), presso la sede di Machaka assisto alle prove della band musicale: è un’associazione culturale riconosciuta, il nome vuol dire “famiglia” e l’accoglienza è così calorosa che sembra di essere davvero in famiglia. Machaka lavora prevalentemente nel quartiere, con i bambini di strada, ed è composta da professionisti di notevole qualità in tutti i campi: il gruppo di danza nel 2022 ha accolto il Presidente Mattarella nella sua visita ufficiale e, per quanto riguarda il teatro, sono stati anche a Modena, ospiti dal Teatro dei Venti con cui hanno fatto un laboratorio anche a Maputo. Tuttavia solo alcuni riescono a vivere di questo lavoro (grazie anche alla partecipazione ai progetti di Agape).
Chitarre, percussioni e timbila: il gruppo esegue alcuni pezzi del suo repertorio. In questo caso la timbila non è protagonista, il peso degli strumenti si equivale, ma colpisce la creatività delle percussioni, con strumenti classificati e piccoli oggetti originali, creati e montati ad hoc.
Passaggio in Mozambico | 1. Maputo, città creativa
Passaggio in Mozambico | 2. Incontri fra musica e teatro
Passaggio in Mozambico | 3. In viaggio alla scoperta della Zambesia
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