I Fumi della Fornace a Valle Cascia | La festa del caos e della poesia

Il report per TourFest 2023

Pubblicato il 20/09/2023 / di / ateatro n. 193 | TourFest 2023

Poesia ma non solo

“A Valle Cascia, fumi della fornace rendono i giovani froci e puttane”: questa diceria è nata in virtù dell’eccentricità dei ragazzi di questa frazione di Montecassiano, nel maceratese, cresciuti all’ombra della fornace Smorlesi, che ha fatto della produzione di mattoni il fulcro dell’economia locale per oltre un secolo. Chiusa nel 2012, ha sollevato una questione ecologica che costituisce tuttora una ferita aperta per la comunità. Il collettivo Congerie, composto da quegli stessi giovani, attraverso una rilettura del dato storico propone una nuova narrazione. Reagendo delle malelingue, nel 2019 dà alla luce I Fumi della Fornace. Festa della Poesia.
Il tema della quinta edizione è La voce e l’alterità, declinato dai direttori artistici Valentina Compagnucci, Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi in un ampio ventaglio di interpretazioni, attraverso le diverse rassegne in cui sono inquadrati i appuntamenti ed eventi. Dai laboratori alle esposizioni, dai recital di poesie agli incontri editoriali, dalle installazioni alle performance, la proposta comprende ogni disciplina artistica, spaziando tra differenti formati.

I laboratori

Diastema, esercizi di apertura, curata da Elena Martuscello, si compone di tre laboratori.
Gli dei sono canti ha offerto un raccolto momento di condivisione. Con la guida di Elena Griggio e Stefania Ventura, i partecipanti hanno potuto saggiare attraverso il canto altri modi di stare insieme e di conoscersi. Si sono anche svolti esercizi di attivazione fisica e di esplorazione collettiva della presenza corporea di grande impatto. La mattina era affascinante vedere l’armonia delle voci diffondersi dal coro, spandendo in tutto il campo un clima disteso. Il laboratorio è poi stato associato a Kusali di Matteo Lucca, contribuendo alla realizzazione performativa di un fantoccio di pane, accompagnando il processo di impastamento e cottura con dei cori, per poi consumare la “scultura edibile” insieme a tutti i presenti.

Gemma Hansson Carbone, Die Like a Country, laboratorio di narrazione e canto del paesaggio

Il laboratorio Die Like a Country ha preparato la messinscena della performance, il riadattamento corale della premiata performance di Gemma Hansson Carbone, basata sul testo del poeta Dimitris Dimitriadis, e musicata per l’occasione da Timoteo Carbone, fratello dell’artista, che con lei ha co-diretto l’allestimento. Nell’ultima notte dei Fumi, i partecipanti al laboraorio, attraversando lo spazio del festival, hanno raccolto e condotto l’intero popolo del festival in processione fino alla sede del dopo festa. Il corteo sfilava al ritmo cadenzato e solenne dei versi. Il carattere fortemente liturgico e la violenza delle parole sembravano intonare un incantesimo, che culminava in una sorta di disperata maledizione.

Omaggio a Franco Ferrara

Valentina Lauducci, Sul greto dell’arsura

Corrispondenze dalla villeggiatura è uno spazio dedicato ogni anno a una diversa figura di spicco della scena poetica italiana nella forma di una mostra monografica. Quest’anno Sul greto dell’arsura, a cura di Valentina Lauducci, vede come protagonista Franco Ferrara, poeta ed esploratore: la mostra si focalizza su questi due aspetti di una poliedrica carriera. All’esposizione di articoli di giornale e delle prime edizioni dei lavori dell’autore sono affiancati la proiezione di una rara video-intervista e poemi che pendono dal soffitto della stanza, il tutto accompagnato dai testi a cura di Gianluca Armaroli.
Nella Casetta ecologica l’evocativo allestimento di Erika Gliozheni ha come chiave il viaggio. Ricrea un’atmosfera esotica in cui si riflette lo spirito avventuriero di Ferrara. Le corrispondenze, intese come “parole che viaggiano”, trovano spazio in un angolo che evoca un accampamento: tra tendaggi e tappeti si possono consultare le riproduzioni di diverse lettere inedite dell’autore, elaborate da Marianna Casafina, che ha curato l’intero progetto grafico della mostra. Una piccola testimonianza delle innumerevoli relazioni intrattenute con altri autori, dei quali sono esposti alcuni volumi della biblioteca dello stesso Ferrara. La mostra offre un assaggio dell’arte e della vita del poeta, grazie a un ambiente immersivo che supporta una narrazione che, per via dello spazio ridotto e della natura stessa del lavoro da esporre, sarebbe altrimenti risultata eccessivamente densa e verbosa.

Da programma

Abbecedario dei paesaggi: Valentina Compagnucci ed Elisa Michelini

Quest’anno Abbecedario dei paesaggi, a cura di Valentina Compagnucci ed Elisa Michelini, ha inaugurato un nuovo format. Le storie, i ricordi e le suggestioni che si raccolgono dialogando con gli ospiti vengono riassunte in una parola dagli stessi ospiti, poi una di questa parole viene estratta a sorte e riportata nell’abbecedario, fino a formare una preziosa collezione di spunti per la rilettura del territorio. Con queste modalità si sono tenuti due appuntamenti: il primo per parlare della fornace e del suo passato, grazie alle testimonianze dei cittadini che hanno vissuta questa vicenda sulla propria pelle, e del suo futuro con il nuovo proprietario Paolo Dignani. Il secondo ha trattato invece del rapporto tra i festival e i territori su cui operano, attraverso gli interventi degli organizzatori.

Lucamatteo Rossi, Il libro di Isaia

La programmazione serale prevedeva, olret a concerti e recital, anche eventi teatrali. Il libro di Isaia di Lucamatteo Rossi è il secondo momento della trilogia dell’Antico Teatro Ebraico. Dal buio oltre il fondo della scena aperta emergono i quattro interpreti, tra cui lo stesso Rossi. Comincia la lettura, le singole voci si inseguono, si accoppiano e si separano, i “tutti” alternati a dialoghi dal ritmo ora minacciosamente incalzante, ora sdraiato nella disperazione, ma sempre colmo di inquieta presenza. I versi si accordano e si rincorrono di bocca in bocca, intessendo in una fuga tempestosa le visioni di infinite sublimi devastazioni. Gli interventi musicali ben si accordano con il tono del pezzo e con l’incedere cadenzato e ipnotico della recitazione, contribuendo a creare un’atmosfera di timore sacrale. L’associazione del testo alle acrobazie vocali degli interpreti esalta il carattere immaginifico delle Scritture e la loro possente poesia.
Molto atteso il recital di Mariangela Gualtieri, l’ultima sera del festival. La poetessa ha declamato per il pubblico alcune delle sue più note poesie. Sola sul palco, un taccuino bianco appeso in vita, con voce delicata e precisa, ha liberato la dolcezza delle sue parole.

Gaetano Palermo e Michele Petrosino, Still

Vari interventi performativi sono stati raccolti nella Rassegna incolta | Dintorni. Teorie e pratiche per corpi sonori, a cura di Diana Capone e Giulia Pigliapoco. Alcuni eventi si svolgevano in contemporanea ad altre attività del programma, mettendosi in dialogo con essi e con le persone coinvolte, come 13-21 di Elena Rivoltini, installazione sonora tra i tavoli della zona ristoro durante la cena. O come Still di Gaetano Palermo e Michele Petrosino, che prevedeva che quest’ultimo restasse immobile per diverse ore discretamente seduto tra coloro che assistevano alle varie conferenze. Pur passando inosservata a uno sguardo disattento, la sua presenza non poteva più essere ignorata quando si notava che gocciolava acqua, senza posa, fino a infradiciare i suoi abiti da viaggio e formare una pozza sotto di sé.
Ultimo appuntamento della giornata, l’after festival Universo a sonagli a cura di Simone Doria, ha ospitato dj sempre diversi, talvolta introdotti da esibizioni musicali di carattere introspettivo, come Furtherset di Tommaso Pandolfi, anche autore dei disegni della mostra Graforama, esposti nell’area principale del festival. Furtherset evocava un’atmosfera di onirica trascendenza, trasportando il pubblico in un viaggio ultraterreno con sonorità insieme possenti e impalpabili.

Tommaso Pandolfi, Furtherset

I dj-set veri e propri oscillavano tra generi musicali anche distanti con disinvoltura, e sempre rimanendo estremamente coinvolgenti. Dagli spettatori allo staff, tutti insieme ballavano con slancio, un mare di corpi sotto la luna che ribolliva e s’agitava instancabile, finché non cessava la musica e oltre. Nel prato buio della Foresta Nera,, a ridosso del bosco, stava l’installazione sospesa Rudimento terzo di Lorenzo Melloni: un anello, composto di moduli realizzato impiegando alcuni elementi lignei recuperati dalle installazioni delle edizioni precedenti, vegliava sulla folla danzante come un occhio luminoso. Il ritmo era travolgente, il mood scatenato, le giornate del festival culminavano in un’orgia di emozioni.

Il rito dei fumi

L’anima del festival è il rito teatrale collettivo In quest’ora ripida, che grazie alla regia di Giorgiomaria Cornelio esprime la poetica dei Fumi della Fornace. Primo di una serie di lavori a venire del ciclo L’ufficio delle tenebre, è l’erede della manifestazione di teatro itinerante di Congerie, attorno alla quale nel 2019 ha originariamente preso forma il festival. Modellata sulla processione della festa locale della Madonna delle Rose, che da anni non percorre più le strade di Montecassiano, la performance si metteva in relazione con il territorio e la sua storia, per rivalutare in una nuova narrazione i traumi passati e i futuri possibili di una comunità. Significativamente, quest’anno è stato possibile mettere in scena il rito nel piazzale della fornace Smorlesi, per la prima volta nella storia dei Fumi.
Dalla zattera all’ingresso dell’area del festival, si leva un canto. La musica cresce, chiama a raccolta, e conduce in processione il pubblico fino ai cancelli della fornace, dove ripiomba il silenzio. Una volta entrati, gli spettatori si dispongono davanti all’ampia scena orizzontale dello spazioso cortile: sullo sfondo del relitto del complesso industriale si intervallano pile di mattoni, macchinari, mucchi di detriti e file di corpi coperti da lenzuoli. Il piazzale è costellato di figure immobili, sole o in gruppo, in divisa o seminude. Poi comincia lo spettacolo. L’azione è diffusa, accompagnata da versi amari. Gli attori paiono indaffarati come formiche, ciascuno chiuso nella propria desolante opera. Un paesaggio brulicante che ospita e partecipa della brutalità lirica del lavoro, della carne, della vita. All’ora del tramonto i mattoni si fanno più rossi, come la polvere e il sangue dei corpi. Il pezzo procede scandito da immagini potenti, che insieme alla narrazione poetica di Lucamatteo Rossi ci sprofondano in uno scenario di ancestrale violenza. Gli interpreti, circa una trentina, sono persone di ogni età, il direttivo e gli abianti della zona del festival: la variegata composizione del gruppo incarna la dimensione collettiva del rito.

Un festival, una festa

“Benedetto sia il disordine che non si ama. Benedetto sia il disordine, sempre, ancora di più”.

Il caos da cui sorgono i >Fumi della fornace è fertile di possibilità. I ritardi sul programma annunciato, la segnalazione talvolta vaga degli spazi o dei servizi, e altri limiti organizzativi, per quanto innegabili, non rappresentano quasi mai degli effettivi impedimenti. La preparazione delle location, la gestione degli spettatori e degli ospiti, e tutti gli ingranaggi della macchina del festival operano a vista. Il modo in cui i membri del direttivo si muovono fluidamente tra i ruoli, da organizzatori ad allestitori, da performer a spettatori, in un continuo balletto, coinvolge in mutevoli dinamiche l’intero festival.
Questa mobilità strutturale e il carattere colloquiale dell’interfaccia della manifestazione attivano i partecipanti. Ispirano apertura. Si diffonde una generale disposizione all’incontro. L’inclusione di laboratori che sfociano in performance contribuisce a far sì che ci si senta a tutti gli effetti parte di questa strana creatura/creazione collettiva, parte attiva di una “comunità convocata” (questo è il “pubblico”, nelle parole di Giorgiomaria Cornelio). L’atmosfera è molto diversa da quella che vive la normalità di Valle Cascia: si cercano anche solo temporaneamente alternative nei modi di relazionarsi a questo luogo, rinnovandolo nello sguardo di tutti.
È commovente riconoscere che la maggior parte delle persone giunte a Valle Cascia sia stata realmente chiamata dal bisogno e dalla volontà autentica di incontrarsi, per creare insieme qualcosa di bello ed esserne parte. Nell’apertura ricettiva alle possibilità e agli esiti più imprevisti, I Fumi della Fornace sono davvero una festa, un esperimento creativo e sociale dall’esito imprevedibile, una realtà instabile che ama assaporare il brivido dell’incertezza, nell’aria colma di tensione, fremente e sospesa in un fervore comune. L’energia che si crea è tangibile e travolgente. Lo si vede quando negli after festival, sulla pista da ballo elettrizzata, esplode una frenesia incontrollabile.

Il futuro della Fornace

Il recente acquisto della fornace ha aperto la strada a possibilità a lungo sognate. Insieme al nuovo proprietario Paolo Dignani, diversi enti, in collaborazione con il Dicea (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale) della Sapienza di Roma, hanno iniziato una mediazione per riqualificare il complesso industriale, con il fine ultimo di renderlo un centro culturale gestito in concerto da più realtà. Per i Fumi della Fornace, in prima fila nell’attuazione di questo processo, i recenti risvolti rappresentano la realizzazione della loro originaria visione di cambiamento: è una svolta importante nella storia di Valle Cascia, la cui geografia viene oggi ridisegnata dalle azioni delle persone e dalle spinte culturali e artistiche che accoglie.

Giorgiomaria Cornelio, In quest’ora ripida

L’anno prossimo la sesta edizione del festival tratterà di Conversione e conversioni, intese come mutamento, ma anche alterazione della percezione e degli stati di coscienza. Un tema sicuramente nelle corde della manifestazione, che risuona in maniera felice con la sua poetica e la sua grammatica di distorsione e rinascita. Molte aspettative anche per i prossimi lavori dei ragazzi del collettivo, con Il libro dei salmi a chiudere la trilogia dell’Antico Teatro Ebraico e i capitoli che seguiranno In quest’ora ripida in questo nuovo ciclo di rappresentazioni.
Da malavoce a fiaba, dalla Specie storta all’Ufficio delle Tenebre, la leggenda dei Fumi della Fornace vive e trova nuovo corpo nelle parole dei giovani di Congerie, ridisegnando la geografia di un luogo dato per spacciato e ora gravido di avvenire.




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