Incarnare il suono
Fictions di Annabelle Dvir a Rovigo per la XIX edizione del Festival Opera Prima
Si va al festival Opera Prima di Rovigo con la certezza che qualcosa di insolito salterà fuori dal cilindro di Massimo Munaro e del Teatro del Lemming, i quali ogni anno visionano le centinaia di proposte (647 per l’esattezza in questa XIX edizione) provenienti da tutto il mondo in risposta a un bando rivolto alle nuove creatività. Tra le nuove sorprese va senz’altro segnalata la performance Fictions di Annabelle Dvir, protagonista di una ricerca di inusuale forza e originalità tecnica e compositiva insieme al suo Women of Sounds Ensemble. In scena con Layil Goren e Dana Naim Hafouta, la coreografa e compositrice israelo-georgiana dà vita a un articolato corpo sonoro di cui le singole performer diventano carne risuonante, membra lanciate in aria in continui semiavvitamenti, in salti a gambe piegate, in verticali, e poi lasciate cadere a terra a incontrare una orizzontalità grave e ineludibile.
Gli slanci a figura intera portano i loro corpi a percuotere il pavimento cadendo su un fianco, a schiacciarsi al suolo, a volteggiare in coppie che rovinano sempre al tappeto e si risollevano e di nuovo cadono inesauste, accompagnate da un pot-pourri musicale (dai Jefferson Airplane a Claude Debussy ai Rolling Stones) e da testi surreali scanditi a tratti in un recitar cantando virtuosistico.
È un canto alla caduta come pratica di incarnazione del suono. Si ha l’impressione di assistere a una sorta di rituale destinato a percorrere il sottile confine fra piacere e dolore, fra realtà e immaginazione, per superarlo in uno stato di allucinata fantasia. Per la sua coerenza, la sintassi coreografica emerge prepotentemente e lo spettacolo si impone al pubblico come un’esperienza che si direbbe di ascolto visivo, o di visione auditiva.
Più oscuro il piano simbolico. I richiami a streghe, demoni e psichedelia appesantiscono lo spettacolo. Ma l’intenzione è quella di portare allo scoperto gli aspetti rimossi e misteriosi, perfino misterici, dell’universo femminile. E la connessione/reazione dei corpi con il suolo, i busti che si scoprono e appaiono colorati di strisce arcobaleno, la memoria muscolare cui alludono le reiterate posture e torsioni, smuovono nel profondo tematiche di genere. Una riflessione su codici e immaginari femminili e maschili (consapevolezza e istinto, sottomissione e dominazione) decostruiti e ricomposti in una dimensione androgina.
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