Incarnare il suono

Fictions di Annabelle Dvir a Rovigo per la XIX edizione del Festival Opera Prima

Pubblicato il 22/06/2023 / di / ateatro n. 189

Si va al festival Opera Prima di Rovigo con la certezza che qualcosa di insolito salterà fuori dal cilindro di Massimo Munaro e del Teatro del Lemming, i quali ogni anno visionano le centinaia di proposte (647 per l’esattezza in questa XIX edizione) provenienti da tutto il mondo in risposta a un bando rivolto alle nuove creatività. Tra le nuove sorprese va senz’altro segnalata la performance Fictions di Annabelle Dvir, protagonista di una ricerca di inusuale forza e originalità tecnica e compositiva insieme al suo Women of Sounds Ensemble. In scena con Layil Goren e Dana Naim Hafouta, la coreografa e compositrice israelo-georgiana dà vita a un articolato corpo sonoro di cui le singole performer diventano carne risuonante, membra lanciate in aria in continui semiavvitamenti, in salti a gambe piegate, in verticali, e poi lasciate cadere a terra a incontrare una orizzontalità grave e ineludibile.

Fictions di Annabelle Dvir (foto Loris Slaviero)

Gli slanci a figura intera portano i loro corpi a percuotere il pavimento cadendo su un fianco, a schiacciarsi al suolo, a volteggiare in coppie che rovinano sempre al tappeto e si risollevano e di nuovo cadono inesauste, accompagnate da un pot-pourri musicale (dai Jefferson Airplane a Claude Debussy ai Rolling Stones) e da testi surreali scanditi a tratti in un recitar cantando virtuosistico.

È un canto alla caduta come pratica di incarnazione del suono. Si ha l’impressione di assistere a una sorta di rituale destinato a percorrere il sottile confine fra piacere e dolore, fra realtà e immaginazione, per superarlo in uno stato di allucinata fantasia. Per la sua coerenza, la sintassi coreografica emerge prepotentemente e lo spettacolo si impone al pubblico come un’esperienza che si direbbe di ascolto visivo, o di visione auditiva.

Fictions di Annabelle Dvir (foto Loris Slaviero)

Più oscuro il piano simbolico. I richiami a streghe, demoni e psichedelia appesantiscono lo spettacolo. Ma l’intenzione è quella di portare allo scoperto gli aspetti rimossi e misteriosi, perfino misterici, dell’universo femminile. E la connessione/reazione dei corpi con il suolo, i busti che si scoprono e appaiono colorati di strisce arcobaleno, la memoria muscolare cui alludono le reiterate posture e torsioni, smuovono nel profondo tematiche di genere. Una riflessione su codici e immaginari femminili e maschili (consapevolezza e istinto, sottomissione e dominazione) decostruiti e ricomposti in una dimensione androgina.

Fictions di Annabelle Dvir (foto Loris Slaviero)




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