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Fruitor passiv. Un dispositivo nelle direzioni artistiche partecipate di Roger Bernat nei festival dell'estate

Pubblicato il 30/05/2023 / di / ateatro n. 190 | Focus AdoleScen[z]a

Laura Valli e Boger Bernat

E’ stato presentato in anteprima a Bergamo (in attesa del debutto a Kilowatt), al festival Up to You, Fruitor Passiv, il progetto del regista catalano Roger Bernat per investigare come vengano scelti gli spettacoli nei festival e i ragionamenti messi in atto dalla direzione artistica.
In collaborazione con Qui e Ora, è nato un dispositivo che riproduce, testimonia e tergiversa intorno a questa esperienza.
Durante la serata bergamasca abbiamo scoperto LeRE.M, un progetto che propone la creazione temporanea di REdazioni Multil.ingue, visioni e linguaggi. Le RE.M sono gruppi di visione interculturale che puntano all’interazione tra culture attraverso l’arte vissuta da spettatrici e spettatori. Ideato da Luca Lòtano e attivo, in diverse forme, dal 2016; nel 2023 il progetto è attivo a Roma, Bergamo e Bruxelles.
Ve ne restituiamo un estratto tratto dalla restituzione di Fruitor Passiv.

Come together. Visioni della REM Up To You 2023 su Fruitor Passiv
di Roger Bernat/FFF e Qui e Ora

Fruitor passiv

Come si scelgono gli spettacoli per un festival?
Quali sono i ragionamenti che una direzione artistica affronta?
Esistono criteri puramente estetici?
Da che spettacolo mentale, da che copione ideologico tiriamo fuori le nostre opinioni sugli spettacoli altrui?
Quali gli scontri, le discussioni artistiche, economiche, etiche e politiche?
Che quota di finzione ammette lo scenario del dibattito?

A partire da queste – e altre – domande è nato il progetto condotto dal regista catalano Roger Bernat/FFF, produzione e curatela Qui e Ora, co-produzione Capotrave–Infinito e Kilowatt Festival, con il sostegno di Risonanze Network e MIC. Il dispositivo riproduce, testimonia e tergiversa intorno all’esperienza delle direzioni artistiche partecipate.

[…]

Che tipo di teatro vorrei?

Un teatro che dia significato alla quotidianità.
Un teatro che porti speranza.
Un teatro che stimoli.
Un teatro che arricchisca.
Un teatro che faccia vedere ciò che di norma non si vede.
Un teatro che mostri e proponga altri sguardi e altre realtà.
Un teatro che porti in scena corporeità diverse, come ad esempio la disabilità.
Un teatro che permetta di superare i pregiudizi.
Un teatro che mostri che tutti possono esprimersi, senza vergogna, senza paura, andando oltre a quelli che possono essere percepiti come “ostacoli”, “mancanze” o “differenze”.
Un teatro che faccia riflettere su ciò che diamo per scontato.
Un teatro che faccia discutere.
Un teatro fantastico, che rientri nella dimensione della fiaba, che racconti storie e porti mitologie nuove, che faccia sognare.
Un teatro partecipato e collettivo che porti al dibattito su temi concreti.
Un teatro che crei relazioni tra attori e pubblico ma soprattutto all’interno del pubblico.
Un teatro che si preoccupi della parte dopo la performance.
Un teatro che si sa raccontare alla città.
Un teatro che venga da altri paesi per conoscere altri punti di vista.
Un teatro che parli della cultura di altri paesi.
Un teatro che parli di temi difficili: violenza contro le donne, salute mentale, discriminazione, perché la forma dello spettacolo permette di passare i concetti, le idee con le emozioni.
Un teatro che parli di come le comunità di altri paesi vedono le donne.
Un teatro che rifletta sulla violenza contro gli uomini.
Un teatro che faccia ridere, le persone qui a Bergamo non comunicano, non ridono.
Un teatro per i ragazzi, perché c’è il teatro per i bambini e per gli adulti, giovani ma adulti, e per i ragazzi?
Un teatro che tenga conto della mentalità anche di altre culture e sappia che mostrare il corpo nudo è difficile.
Un teatro con corpi che ballano, con immagini e con meno parole.
Un teatro capace di avvicinare persone di altre religioni.
Un teatro che regali alla città una dimensione di gioia e di festa.

Il progetto

IL LINK

Il testo integrale di Re.M.




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