Il killer dei sacchetti in versione rap
Sid. Fin qui tutto bene di Girolamo Lucania con Alberto Boubakar Malanchino, produzione Cuboteatro
Un personaggio di immaginazione, un racconto di fantasia, ma delineati così nel dettaglio da sembrare reali. Sid ha 17 anni, forse 16, o addirittura 15. Non conosciamo la sua età, solo che frequenta le scuole superiori di una grande metropoli – potrebbe essere Torino, Roma, Milano. Fin da subito, però, sappiamo che è italiano. Sid lo dichiara apertamente, con un pizzico di orgoglio. Europeo di nascita, con origini algerine. Adolescente nato e cresciuto ai bordi della periferia, trascorre le giornate facendo cazzate con gli amici – piccoli furtarelli per guadagnarsi il denaro facile. Ma non solo. Sid è anche – o forse soprattutto – un appassionato di cultura che, per uscire dalla monotonia di una vita deludente e senza troppi stimoli, di nascosto legge, ascolta musica e recita. Recita sempre e ovunque. Il suo palcoscenico è il mondo.
Sid porta le cicatrici di un rapporto complicato con il padre – che non vuole che il figlio faccia l’attore – unito a tre grandi fratture che hanno segnato il suo destino, la sua essenza più intima. La prima è legata al suo grande amore, Djaja: lui le regala libri e dischi, lei lo caccia accusandolo di averli rubati. Con la professoressa, Sid quale – tra le mura della casa di lei – legge libri, ascolta musica, discute di arte e cultura. Un piccolo spiraglio di luce che ha il sapore di una nuova esistenza, lontana dalla criminalità e dalla violenza. Una vita che però non può esistere, perché la professoressa ha la sua famiglia – costruita con cura, amore e dedizione – a cui non ha intenzione di rinunciare. Sid non riesce ad accettare questo rifiuto, fino all’atto estremo: violentare la donna, che accidentalmente cade a terra perdendo la vita. E, infine, la terza e ultima frattura. Forse la più dolorosa, la più inaspettata: il suicidio dell’amico.
Sid veste sempre di bianco, il colore del lutto per la religione islamica e i musulmani. E la morte Sid, la conosce da vicino. Ha ucciso e uccide. Bollato dai telegiornali nazionali “il killer dei sacchetti”, colleziona buste di plastica dei marchi di alta moda – Armani, Valentino, Vuitton – che utilizza per soffocare le sue vittime. Omicidi atroci e cruenti che altro non sono che l’apice di un tormento profondo e radicato, il simbolo del fallimento di un individuo e di un’intera società, di una sconfitta personale e collettiva.
Tutto questo è SID – Fin qui tutto bene, monologo incalzante, travolgente e a tratti “rappato”, – interpretato da Alberto Boubakar Malanchino, che diventa un concerto hip-hop con musica dal vivo suonata dai musicisti Ivan Bert e Max Magaldi.
Recitando e “rappando” tutto d’un fiato, con un’adrenalina e un’energia che tiene incollato il pubblico, Malanchino – trentenne nato e cresciuto a Milano, vissuto per alcuni anni in Burkina Faso, paese d’origine di sua madre – ci conduce per 70 minuti in un quartiere multietnico della periferia torinese, tra bullismo, violenza, criminalità, droga e disperazione. Un viaggio crudo, ma che urla verità, e per questo ti lascia l’amaro in bocca. Fino all’augurio finale, proiettato sul fondale del palcoscenico del Teatro Franco Parenti. “Sii felice un solo istante, quell’istante è la tua vita.” Che sa di speranza per Sid, per Malanchino e per tutti noi.
SID – Fin qui tutto bene
con Alberto Boubakar Malanchino
regia e drammaturgia Girolamo Lucania
sound design e colonna sonora live Ivan Bert e Max Magaldi
da un’idea di Ivan Bert e Girolamo Lucania
produzione Cubo Teatro
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