Una finestra sul teatro calabrese
Dal 22 al 28 settembre 2022 Calabria Showcase promossa da Fondazione Politeama Città di Catanzaro in collaborazione con Primavera dei Teatri e Oscenica
Catanzaro…
A prima vista Catanzaro non è una città attrattiva, ma esplorandola meglio ti cattura e chiede di essere scoperta. Il centro storico si sviluppa su tre colli, con un impianto urbanistico medioevale sul quale le ferite della storia hanno lasciato cicatrici ancora ben visibili, da quelle di un antico terremoto del Settecento ai bombardamenti del ’43.
Anche le cicatrici e i rammendi hanno un loro fascino.
Le ferite sono state ricucite nel tempo da un Ottocento sontuoso: dev’essere stata l’epoca d’oro della città, con i busti al Parco Margherita che ricordano personalità risorgimentali dalle vite avventurose e con artisti di notevole livello e socialmente impegnati, che rendono molto interessante la collezione del museo MARCA (ospita anche mostre temporanee, in corso quella di Roberto Giglio, artista e scenografo di Badolato). Un liberty discreto e diffuso dà eleganza e stile alla città, ma si colgono anche i settant’anni di meno discrete speculazioni edilizie.
A valle, sulla statale che collega i due mari, balzano all’occhio scelte urbanistiche recenti. Complessi di grande impatto, come la sede della Regione e quella dell’Università, o l’ospedale, hanno spostato verso il Lido servizi importanti e rischiano di svuotare il centro.
Ma dai colli, oltre il bel ponte Morandi (sì, proprio quell’ingegner Morandi: la campata unica – la più alta d’Europa – sembra che goda buona salute) e oltre i quartieri nuovi, sullo sfondo, splende lo Ionio, che in questo tratto alterna lunghi tratti sabbiosi a promontori rocciosi.
Contribuiscono a cucire questo paesaggio, sottolineando ancora di più le cicatrici, le numerose opere d’arte presenti nello spazio urbano, valorizzate e messe a sistema dal MUDIAC – Museo Diffuso di Arte Contemporanea, un progetto premiato dal Ministero della Cultura.
La vocazione della città per l’arte pubblica si coglie anche nel Parco della Biodiversità Mediterranea, una vasta area verde ai limiti del centro che ospita installazioni fra gli altri di Dennis Oppenheim, Jan Fabre, Mimmo Paladino, Antony Gormley, realizzate all’origine per il parco archeologico di Scolacium, anche sede del festival Armonie d’Arte: ruderi greco-romani e una splendida abbazia normanna in un immenso uliveto, quasi sul mare, nel vicino Comune di Borgia.
Il percorso di MUDIAC e il Parco della Biodiversità sono stati peraltro meta di due “passeggiate artistiche” collaterali allo show case del teatro calabrese.
Alla complessità urbanistica e paesaggistica corrisponde una complessità sociale cui dovrà far fronte la nuova amministrazione del sindaco Nicola Fiorita – alle elezioni di giugno centrosinistra e M5S hanno battuto il centrodestra con il 58,24% contro il 41,76% – e la politica culturale potrà forse fare la sua parte.
…e i suoi teatri
Se già a Scolacium c’erano un teatro e un anfiteatro (troppo delicati per essere utilizzati oggi: il festival Armonie d’Arte monta una struttura nel parco), anche la Catanzaro moderna si rivela città teatrale, almeno potenzialmente, con tre teatri nel centro storico.
Il Teatro Politeama, progettato da Paolo Portoghesi e inaugurato nel 2002, esibisce un’architettura spiazzante nelle sue linee curve, un po’ barocca e un po’ orientaleggiante. Francamente brutto secondo molti, che lo vedono come una grande bomboniera o una torta di nozze, secondo altri è una provocazione “postmoderna” non priva di ironia: come se il grande architetto volesse enfatizzare e un po’ sorridere delle aspettative monumentali e da grande teatro all’italiana, che forse erano costitutive dell’incarico.
Giancarlo Cauteruccio per Teatro Studio Kripton ha interpretato la facciata (nel quadro del festival e su incarico del Politeama) con Luoghi sconfinati. Un progetto di Teatro-Architettura per Pier Paolo Pasolini (ideazione e regia Giancarlo Cauteruccio, scenari visuali Massimo Bevilacqua, elaborazioni digital video Nadia Baldi, elaborazione dei testi Annagiusi Lufrano, musiche originali composte ed eseguite da Vincenzo Maria Campolongo e Marco Carbone).
Le immagini proiettate evocano il rapporto di Pasolini con i luoghi: frammenti di periferia, brevi frasi fulminanti, il volto del poeta. Il punto di contatto tra Pasolini e Portoghesi è il concetto di sconfinamento, che Cauteruccio propone anche come chiave di lettura dell’edificio. Musiche originali – martellanti e convincenti – di Vincenzo Maria Campolongo e Marco Carbone (giovani e calabresi).
Il Politeama ha circa 1000 posti e un palco immenso, dove si può fare davvero molto – se non tutto, visto che non ha golfo mistico. E’ addirittura possibile trasformarlo in un secondo spazio alternativo, con una gradinata per il pubblico (come è accaduto per due serate della rassegna).
La Fondazione Politeama, partecipata da Comune e Regione, ha il compito di gestirlo (assieme al polo espositivo di San Giovanni) e per statuto può/deve ospitare spettacoli di tutti i generi, e può anche produrre: o meglio potrebbe, perché le risorse sono davvero scarse. La Regione è nel cda, ma assegna contributi modesti e su progetto. Offre già un certo spazio per il teatro regionale, ma in prospettiva vorrebbe fare di più.
Il Teatro Comunale, anche se si chiama così, è privato. 580 posti (350 in platea), un palcoscenico di medie dimensioni. Lo gestisce un’organizzazione dinamica, che ha intercettato risorse del fondo Invitalia (dedicato alle imprese creative), grazie al quale sta migliorando gli arredi e le attrezzature. Intende rafforzare la compagnia stabile, Teatro Incanto. Ospita laboratori di teatro e dà spazio a gruppi regionali. Dal punto di vista dell’ospitalità di compagnie nazionali di prosa, propone una stagione organizzata da AmaCalabria, il circuito musicale che si è allargato in tre sedi regionali anche alla prosa.
Il cartellone, già annunciato per il 2022-23, sembra orientato all’intrattenimento, comunque attento a fattori di “chiamata”, come del resto – su scala diversa – le ospitalità del Politeama. Entrambi i teatri ospitano le compagnie di giro nazionali, tendenzialmente con data secca.
Infine è in ristrutturazione un delizioso teatro storico, emblema di quell’elegante stile anni Venti che caratterizza la città, il Cinema Teatro Masciari, inaugurato nel 1924.
Insomma, Catanzaro ha tutti i requisiti per essere protagonista del rilancio del teatro calabrese e della creazione di un sistema teatrale cittadino.
Una finestra sul futuro del teatro calabrese
Fondazione Politeama Città di Catanzaro, in collaborazione con il festival Primavera dei Teatri di Castrovillari e Oscenica (un’organizzazione locale che opera nel campo dello spettacolo dal vivo ma anche nel cinema) ha presentato a Catanzaro dal 22 al 28 settembre 2022 Calabria Showcase. Una finestra sul teatro calabrese, una rassegna con 10 spettacoli e un’installazione a Catanzaro, poi proseguita dal 30 settembre al 6 ottobre 2022 con residenze, laboratori e 3 spettacoli a Castrovillari.
Perché una finestra sul teatro calabrese
Abbiamo chiesto ai nostri artisti di aprire questa finestra; abbiamo chiesto ad operatori e critici provenienti da tutta Italia di affacciarsi e dare uno sguardo. Calabria Showcase è un primo esperimento di servizio alle compagnie teatrali calabresi che spesso vivono serie difficoltà a trovare occasioni di visibilità e confronto oltre i confini regionali.
Il progetto è inoltre uno strumento importante per la Regione Calabria per integrare e sistematizzare le proprie politiche in materia di teatro: in un momento in cui l’Amministrazione Regionale sta producendo uno sforzo importante a sostegno della produzione e della distribuzione a livello regionale, Calabria Showcase si pone come progetto di completamento nel dare visibilità nazionale al nostro sistema teatrale.
La Fondazione Politeama, insieme ai partner di progetto Primavera dei Teatri e Oscenica, si assume la responsabilità di farsi motore di un tentativo di sistema, riportandosi al centro della scena artistica regionale e rinnovando la sua attenzione agli artisti calabresi già espressa attraverso le tante edizioni della rassegna Teatri di Maggio.
Accanto agli spettacoli che, per motivi di spazio e di tempo, non possono evidentemente rappresentare in maniera esaustiva l’intero panorama teatrale regionale, sono previste masterclass, installazioni, performance, passeggiate artistiche e momenti di incontro tra artisti e operatori.
Pur essendo dedicato agli addetti ai lavori, Calabria Showcase è aperto al pubblico interessato a scoprire la scena teatrale regionale e a partecipare alle tante iniziative collaterali.
Per cogliere quando sia urgente la necessità di creare o rimettere in moto il sistema, valorizzando la scena artistica regionale, è utile dare la misura dello svantaggio del teatro calabrese.
Secondo statistiche pre-Covid la Calabria, con il 3,26% degli abitanti della penisola, registra il 1,19% dell’offerta nazionale di spettacolo (per numero di rappresentazioni) e riceve lo 0,27% del FUS.
Secondo l’articolo 3 della Costituzione, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale” ed “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
La questione meridionale in teatro non è mai stata seriamente affrontata. Riguarda tutto il Sud, ma in misura ancora maggiore Calabria e Basilicata, dove non si è fatto niente per “rimuovere gli ostacoli” che impediscono il riequilibrio.
La soluzione non è promuovere in Calabria la stessa organizzazione del sistema nazionale e riproporne i meccanismi a livello locale. Osservava in un recente incontro Settimio Pisano, che ha programmato e promosso Calabria Showcase come Primavera dei Teatri:
A monte di qualsiasi riflessione sulla questione del riequilibrio territoriale, credo debba esserci una necessaria presa d’atto della grande contraddizione in cui cadiamo nell’approcciare questo tema: se da una parte sosteniamo che in alcuni territori del paese il tessuto economico, sociale, culturale è oggettivamente più debole; che la stessa consistenza democratica delle istituzioni locali è largamente più fragile; che alcune criticità comuni a tutto il paese in alcuni territori sono amplificate – non possiamo dall’altra parte pretendere che il sistema di regole sia uguale per tutti. E chiaro che deve esserci un terreno di regole comuni, ma deve esserci in quanto cornice.
È necessario dunque prendere atto che, anche in ambito culturale e artistico, c’è un pezzo d’Italia che non ce la fa. La pandemia ha amplificato il divario tra i vari territori del paese e alcune regioni, non solo a sud, hanno accusato particolarmente il colpo. Tra tutte, la Calabria e la Basilicata rappresentano ormai una sorta di buco nero all’interno della geografia culturale del paese, tanto che se oggi dovessimo tracciare un ipotetico ponte artistico sullo stretto di Messina, questo ponte dovrebbe partire da Salerno.
(Dall’intervento di Settimio Pisano al pomeriggio di studio Stato e Regioni nella promozione dello spettacolo dal vivo, Bologna, 7 febbraio 2022, a cura della Associazione Culturale Ateatro ETS)
Il “manifesto” di lancio di Calabria Showcase mostra fiducia nelle politiche future della Regione in rapporto alle legge quadro sul teatro del 2017. Le “Norme per la programmazione e lo sviluppo regionale dell’attività teatrale” sono state il punto di arrivo di un processo che ha visto protagonisti i soggetti operanti nel settore, ma di fatto non è stata ancora compiutamente applicata e non appare priva di criticità. Per esempio la scelta di ampliare la platea dei possibili beneficiari e sostenere l’attività di produzione rispetto a quella di programmazione non consente di promuovere la crescita del sistema regionale nel suo complesso e di creare adeguate condizioni di sviluppo. Da tempo in Calabria non esiste un circuito di distribuzione regionale, per esempio. Le scelte fatte non consentono di rafforzare le organizzazioni già attive sul territorio e di individuare o dotare la Calabria di istituzioni che possano costituire l’ossatura del sistema ed essere anche attrattive di risorse statali. La legge inoltre prevede collegamenti a piani pluriennali e annuali ma i bandi vengono emanati con grande ritardo, ed è finanziata da fondi europei che implicano finalità diverse, e non sempre coerenti con quelle della legge stessa.
Per uscire da questa condizione di svantaggio servirebbero strategie a medio e lungo termine condivise dagli operatori, con una forte responsabilizzazione della Regione e del sistema delle autonomie locali. Forse – come suggeriva Settimio Pisano nel suo intervento – una possibile soluzione sta nel progettare e dar vita a progetti su misura, come quelli per le Aree Disagiate promossi dall’ETI alla fine degli anni Novanta, che riguardarono cinque regioni del Meridione: ipotesi di lavoro concrete, realizzabili forse con accordi di programma tra lo Stato e le Regioni (come quelli sulle Residenze).
Sono questi i temi toccati, almeno in parte, nell’incontro Parlare al territorio, fare rete, una tavola rotonda con gli operatori culturali calabresi, organizzato nel quadro della rassegna “per confrontarsi sulle concrete strade di costruzione di una rete che metta a sistema e renda più efficaci i tanti progetti che insistono sul territorio regionale, con una attenzione particolare all’area di Catanzaro e Lamezia Terme”. Lo scambio di idee fra persone e organizzazioni che non sempre si conoscevano è stato costruttivo, nonostante lo sconforto e la sfiducia nella burocrazia regionale. E’ emersa la necessità di pensare a un sistema, collaborare, unirsi, fare fronte comune, forse creare un’associazione aderente all’AGIS, o forse una aggregazione più informale.
Calabria Showcase ha proposto una finestra sul teatro calabrese senza pretesa di esaustività ma con lo scopo dichiarato di favorirne la visibilità, anche in vista di future programmazioni nazionali degli spettacoli e collaborazioni.
I gruppi presenti non sono giovani, anche se molti hanno attivato di recente processi di ricambio generazionale. Tuttavia, se non sono del tutto assenti dal mercato nazionale, la loro presenza è episodica, nonostante gli spettacoli di buon livello, alcuni ottimi, soprattutto per la passione e sincerità dei progetti e per la qualità degli interpreti.
Se una parte del teatro italiano non riesce a emergere dal punto di vista economico e organizzativo, è tutto il sistema a perderci. Bisognerebbe aiutarsi, cominciando dalle infinite possibili forme di collaborazione Sud-Sud, valorizzare i talenti, concentrare le risorse.
Le rassegne regionali, sempre interessanti e opportune, a maggior ragione se collocate fuori Regione (come quelle pugliesi e siciliane a Milano, o quelle lombarde e ancora siciliane a Cagliari), fanno emergere aspetti comuni che a volte non si colgono. Anche per il teatro calabrese quella delle rassegne fuori Regione è una strada che si potrebbe perseguire, nelle grandi città o nel quadro di qualche festival.
Sono emerse ricerche non convenzionali verso un teatro politico e di impegno sociale che trae ispirazione dal territorio, nell’uso del dialetto calabrese (come “lingua madre”), nell’attrazione (qualche volta fatale) per le tecnologie.
La passione e l’isolamento generano frustrazione, gli spettacoli esprimono spesso l’ansia di dire tutto, a volte troppo: i più belli, i più originali, quelli meglio interpretati richiedono tutti o quasi interventi di sottrazione (difficili ma possibili). E dal punto di vista del mercato, ci sarebbero alcune piccole vecchie regole che restano valide: attenzione ai titoli, ai materiali, alle durate…
Alcune delle organizzazioni sono molto interessanti anche o soprattutto per il lavoro sul territorio, nella modalità di gestione degli spazi, per il dinamismo. Sembra che le idee e le forze per rilanciare il sistema ci siano: dunque è davvero importante mettere assieme le idee – a dispetto di qualche litigiosità.
I GRUPPI E GLI SPETTACOLI
Nella rassegna il teatro ragazzi è rappresentato da tre spettacoli, di buon livello e con aspetti originali.
Teatrop con Il pifferaio magico (regia Piero Bonaccurso, con Pierpaolo Bonaccurso, Greta Belometti, Fabio Tropea, disegni di sabbia Greta Belometti, musiche originali Fabio Tropea) cambia il finale della favola. Il pifferaio, un po’ Peter Pan, porta i bambini nell’Isola che non c’è – e combina parola (in rima), musica (dal vivo) e il disegno eseguito con la tecnica della sand art, in cui la compagnia si è specializzata e che costituisce il tratto più originale dello spettacolo. I disegni sono realizzati su un piano luminoso dove è un’attrice a manipolare la sabbia, alternando quindi disegno e recitazione (non è un disegnatore come in altre esperienze che applicano questa tecnica) e proiettati su grande schermo suscitando la sorpresa e la curiosità dei bambini presenti.
Teatrop esiste dagli anni Settanta e ha le sue origini nel teatro universitario con incidenze barbiane. Oggi è una realtà molto dinamica, attiva prevalentemente a Lamezia Terme, dove gestisce il Teatro Civico Trame. Oltre a produrre spettacoli, organizza un importante festival di teatro di strada (Teatroltre), rassegne di teatro per le scuole, un festival-vetrina di teatro ragazzi, laboratori e corsi.
In che fa sua maestà…? (spettacolo liberamente ispirato a I vestiti nuovi dell’imperatore di Gianni Rodari, di e con Francesco Liuzzi, Rossana Micciulli) del Centro Rat-Teatro dell’Acquario racconta la vera storia del Re Nudo, per spiegarci che le storie non sono come tutti ce le raccontano. A raccontare la favola sono due tecnici, che preparano la scena per lo spettacolo e mentre aspettano gli attori la mettono in scena, cambiando velocemente gli elementi di costumi, oggetti, parrucche. La morale della favola è nota e resta valida. Il finale, che anche in questo caso è stato cambiato, introduce riflessioni contro gli stereotipi di genere. La scelta del teatro nel teatro non è del tutto convincente, anche se i ragazzi riconoscono l’affinità con i meccanismi del gioco (“facciamo che io ero… e che tu eri…”), ma rende la storia dinamica e i due attori sono bravi e simpatici.
Anche Centro RAT-Teatro dell’Acquario è nato negli anni Settanta, grazie ai fondatori Dora Ricca e Antonello Antonante (da poco scomparso e ricordato a Castrovillari nella serata del 4 ottobre). Non si contano gli spettacoli, le collaborazioni, le ospitalità, i premi. L’attività si è sempre articolata in produzione, programmazione di spazi e formazione. Nel 2018 ha vinto il Premio Speciale Ubu «per avere nel corso degli ultimi quarantadue anni creato, inventato, organizzato il teatro, in tutte le sue forme, in una città complicata come Cosenza». Di recente il Centro RAT ha dovuto lasciare la storica sede del Teatro dell’Acquario e l’attività di formazione ha traslocato presso il complesso Monumentale di San Domenico.
Il Teatro della Maruca ha presentato Storie di pezza di e con Angelo Gallo che ha costruito, dipinto e anima oggetti, burattini e marionette. Questo spettacolo di teatro di figura non si rifà a una tradizione locale, ma racconta otto storie di origini diverse con tecniche diverse. A introdurle, cucirle, collegarle a un universo senza tempo è un simpatico vecchio, un nonno che si esprime in un efficace – ma molto comprensibile – dialetto calabrese (ma le favole sono tutte raccontate in italiano).
Il Teatro della Maruca ha aperto nel 2012 a Crotone un piccolo teatro che è diventato punto di riferimento per gli appassionati e per i giovani. Il fondatore Angelo Gallo nel 2014 ha vinto il Premio Otello Sarzi e ha collaborato con numerose compagnie, anche come scenografo, ha ideato una web-serie e diretto rassegne.
Lo spettacolo “adulti” che ha aperto lo Showcase è Real Heroes, scritto e diretto a quattro mani da Mauro Lamanna (calabrese) e Aguilera Justiniano (cileno). Prodotto da Oscenica, si avvale di importanti sostegni nazionali (Sardegna Teatro, Primavera dei Teatri, Scena Verticale, Nuovo Teatro Sanità e anche Boarding Pass Plus del MiC) e internazionali, fra cui numerosi istituti italiani di cultura (Atene Santiago, Montevideo) e festival come Santiago A Mil e Fiba, il Festival Internazionale di Buenos Aires .
E’ una performance itinerante e immersiva – con debito dichiarato ai Rimini Protokoll, come molti spettacoli visti di recente soprattutto post-Covid – e racconta le storie parallele di due padri costretti a separarsi dai figli in contesti storici contemporanei diversi (Cile e Italia). Due storie di resistenza: alla situazione politica e al regime da parte del padre cileno, alla malavita organizzata dal padre calabrese. Vicende di forte impatto politico e sociale, ma anche – forse soprattutto in quella italiana – di rapporti famigliari compromessi dalla vita e dalla storia.
Gli spettatori si spostano nella città – lungo un percorso scelto in collegamento con la narrazione – guidati dalla voce in cuffia di uno dei protagonisti. Lo spettacolo è stato pensato a Santiago, ma non è stato difficile trovare murales come quelli evocati dalla storia cilena nella città di Catanzaro, la collocazione ideale e originaria per quella italiana. Nel finale il pubblico, dotato di visori e immerso nella realtà virtuale, viaggia nei ricordi del protagonista.
Mauro Lamanna, attore, regista e autore, si dedica alla drammaturgia contemporanea e al teatro documentario, ma è anche regista di videoclip e corti musicali per importanti etichette discografiche. Aguilera Justiniano è attore, drammaturgo o regista, e i suoi spettacoli soprattutto con la compagnia Teatro La Concepción, sono stati visti in Europa e in Sudamerica.
La collaborazione fra i due autori, la dimensione immersiva, l’impostazione internazionale sono i punti di forza e più originali della produzione realizzata da Oscenica, un collettivo di giovani produttori e artisti attivo dal 2018 per mettere “in connessione i diversi ambiti della cultura contemporanea con i moderni metodi produttivi”.
Con Ernesto Orrico e La fuga di Pitagora lungo il percorso del sole (produzione Zahir) si torna a Crotone ma facendo un salto indietro nel tempo con un “polilogo in 10 numeri” (parole di Marcello Walter Bruno, voci Ernesto Orrico, suoni Massimo Garritano, visioni Raffaele Cimino).
“Solo un attimo fa Crotone era New York”: è la Magna Grecia, un’eredità importante, ancora fonte di ispirazione. Pitagora arrivò qui immigrato dall’isola di Samo, personalità emblematica del cosmopolitismo che caratterizzava allora il mondo occidentale. Pacifista, vegetariano (nello spettacolo è l’inventore del minestrone come metafora del melting pot), animalista (crede nella metempsicosi), filosofo, matematico e scienziato, precursore di molte scoperte e invenzioni, ma anche mago e mistico. Insomma, un personaggio suggestivo, misterioso e modernissimo per uno spettacolo colto e complesso, che non sfigurerebbe nei festival dedicati alla filosofia, alla spiritualità, alla scienza, ma che parla soprattutto del rapporto fra intellettuali e potere: la scuola pitagorica a Crotone fu vittima di un vero e proprio pogrom, travolta dalla rivoluzione populista nel 430 a. C. (Pitagora non c’era più).
Il lavoro di Ernesto Orrico – attore, autore e regista in compagnie nazionali e calabresi – è orientato a una personale ricerca interpretativa fra teatro e musica, supportata qui dalla partitura sonora dal vivo di Massimo Garritano, musicista e compositore. I testi sono di Marcello Walter Bruno, professore associato all’Università della Calabria, che si è occupato di cinema, fotografia, comunicazioni di massa. L’associazione Zahir si occupa, dal 2006, di progettazione, organizzazione e produzione di eventi culturali, e di spettacolo.
Il CTM-Centro Teatrale Meridionale ha presentato Il vantone di Plauto nella versione teatrale e traduzione di Pier Paolo Pasolini (con Mario Zamma, Domenico Pantano, Monica Guazzini, Paolo Ricchi, Nicolò Giacalone, Ludovica Di Donato, Lorenzo Parrotto, Beatrice Rincicotti, regia Nicasio Anzelmo, musiche Giovanni Zappalorto, scene e costumi Angela Gallaro). Pasolini tradusse in rima e adattò il Miles gloriosus di Plauto nel 1963 per Vittorio Gassman, riambientandolo a Roma e inserendo espressioni dialettali e gergali, che non solo non “tradiscono” l’autore ma ne recuperano l’anima originaria e valorizzano la potenza della commedia. L’allestimento del Centro Teatrale Meridionale, cui gli eredi di Pasolini hanno concesso i diritti, è una ricerca interessante di teatro popolare, particolarmente curata e impegnativa, con 8 attori affiatati, costumi esagerati e spiritosi anni Sessanta, musiche originali importanti, tanto da farne quasi un musical.
CTM-Centro Teatrale Meridionale nasce nel 1985 su iniziativa di Domenico Pantano (il Vantone del titolo) e di un gruppo di professionisti (attori, registi, tecnici) che scelgono di operare in Calabria pur circuitando in tutta Italia. La compagnia è riconosciuta dal MiC per produzione e ospitalità, nel 1990 ha rilevato l’ex Supercinema di Gioiosa Jonica, promuove rassegne in vari comuni e dal 2006 gestisce il Teatro La Pace di Drapia-Tropea, il maggiore riferimento teatrale della provincia di Vibo Valentia.
Scenari Visibili di Lamezia Terme ha presentato Il Vespro della Beata Vergine di Antonio Tarantino con Dario Natale (la regia di Mauro Lamanna, disegno sonoro Alessandro Rizzo, disegno luci Omar Scala, scena Pasquale De Sensi, contributi strumentali Mattia Natale/Donato Parente).
Antonio Tarantino, morto due anni fa, fu una folgorazione per il teatro italiano quando fece tardivamente la sua comparsa e divenne subito un punto di riferimento. Il programma di sala dello spettacolo riporta una sua dichiarazione: “La Storia è come una sfinge: promette senza mantenere o getta sul piatto delle cose imprevedibili”. Nessuna idea rassicurante nei suoi testi, disincanto e ironia, non di rado toni feroci, una lingua splendida, personaggi feriti. Il Vespro della Beata Vergine è parte della raccolta Quattro atti profani, narrazione di ispirazione religiosa e tragica di un mondo di antieroi ai margini della società. Dario Natale dà voce e corpo a un padre che si trova all’obitorio per riprendere il cadavere del figlio suicida, è “un dialogo per una voce sola”: in una surreale conversazione telefonica il padre accompagna il ragazzo nel suo trapasso verso il mondo dei morti e nell’accettazione della diversità.
Scenari Visibili nasce alla fine degli anni Ottanta e si propone di realizzare “cambiamenti concreti del circostante (scenari visibili appunto)”. Ha sede a Lamezia Terme dove nel 2016 ha dato vita a TIP Teatro, che ospita la “Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo”, uno spazio mostre e una sala da 90 posti. Organizza rassegne di teatro, promuove la giovane danza d’autore e ospita esperienze di residenza riconosciute dalla Regione Calabria. Ha collaborato con alcune delle personalità più interessanti del teatro contemporaneo.
Vite di Ginius (scritto, diretto e interpretato da Max Mazzotta, autore anche delle installazioni video, per Libero Teatro) “è la storia di un’anima che, per risolvere il suo ciclo di reincarnazioni, compie un viaggio attraverso le sue vite precedenti”. Il racconto, in versi e in prosa, e l’alternarsi delle installazioni video, accompagnano l’anima nel suo percorso, da un medioevo dantesco fino al presente e al futuro, attraversando le vite terrene dell’unico protagonista, che rivive in una galleria di vite, personaggi e storie, ciascuna con la sua lingua e la sua caratterizzazione (a volte commovente, a volte molto divertente).
Max Mazzotta è bravissimo e l’impianto gli consente una grande versatilità. E’ conosciuto soprattutto come allievo di Strehler e forse questo imprinting, e la scelta di lavorare prevalentemente in Calabria, non lo ha aiutato a far emergere a livello nazionale l’originalità della sua ricerca di attore (oltre che regista e autore) su diversi linguaggi scenici e strumenti tecnologici (schermi, telecamere, microfoni e sintetizzatori audio).
Libero Teatro è un’organizzazione nata nel 2000 e diretta dallo stesso Mazzotta, affiancato da professionisti attivi anche all’interno dell’Università della Calabria. Si occupa di formazione permanente e produzione (rielaborazioni dai grandi maestri del teatro classico e moderno, utilizzo dei dialetti calabresi sia in traduzioni sia per l’elaborazione di nuove scritture), puntando sulle energie creative del territorio.
Cria da Mare’. Marielle Franco, una donna, il potere e l’amore (di e con Anna Macrì, regia Emanuela Bianchi per
Confine Incerto) è un tributo a Marielle Franco: donna, nera, ragazza madre, attivista e omosessuale, consigliere comunale di Rio de Janeiro. Il suo assassinio nel 2018 ha colpito il mondo come un attacco a tutte le minoranze. Le due autrici rievocano con passione la storia di Marielle come “corpo politico” e “corpo emotivo” in una Rio povera, mistificata, oppressa dalla milizia, e celebrano la sua vita e la sua morte come lotta per i diritti negati. Omaggio più che mai opportuno e attuale, viste le vicende elettorali brasiliane in corso.
Confine Incerto, attiva dal 2004 e a Catanzaro, si dedica all’arte contemporanea “nei territori del Sud” fra musica etnojazz, danza, teatro, in spazi non convenzionali, al confine fra teatro e ricerca antropologica ed etnografica.
Spartacu Strit Viù. Viaggio sulla S.S. 106 (scrittura scenica Francesco Gallelli e Luca Maria Michienzi, regia Luca Maria Michienzi, con Francesco Gallelli, scene e costumi Anna Maria De Luca per il Teatro del Carro) ci accompagna lungo la Statale Ionica, che collega Reggio Calabria a Taranto. Non è una strada qualsiasi, ma “la strada della morte”, dove gli incidenti fanno più vittime della criminalità organizzata: chi la percorre per lavoro sa che rischia la vita. Secondo la leggenda Spartaco, l’eroe-schiavo romano, condusse la sua lotta anche in Calabria. Lo Spartaco che lo spettacolo rievoca è Franco Nisticò, politico calabrese originario di Badolato, che combatté una battaglia accanita per l’ammodernamento di questa strada e perse la vita – proprio come Berlinguer – al termine di un comizio. Spartacu Strit Viù rievoca anche la sua vita quotidiana da antieroe, intrecciandola con storie collettive fra passato e presente. E’ uno spettacolo politico originale e ben costruito (anche se andrebbe un po’ sfoltito) sulla lotta come necessità. Molto efficace l’interpretazione di Francesco Gallelli, di una rabbia senza tempo e senza età.
Il Teatro del Carro è attivo dal 1986 e nel suo percorso ha puntato a valorizzare autori calabresi e raccontare la Calabria: micro-storie di gente comune “fatte di piccole abitudini, di gioie o di amarezze quotidiane, di sentimenti graffiati (…) fonte di memoria storica, fra dramma e commedia, per divenire bagaglio di conoscenza e tradizione per le giovani generazioni”. Un programma che fa della compagnia un testimone di una terra difficile e ostica e che passa dalla documentazione e selezione di testi e da un lavoro sulla appartenenza etnica, storica e linguistica, sulla “lingua madre” come identità (anche in Spartacu la lingua – fra italiano e calabrese – è un punto di forza). Ha sede a Badolato dove ospita residenze e gestisce il teatro comunale.
Speed date teatrale a Catanzaro
La rassegna prevedeva anche uno speed date, una momento di incontro e confronto tra le compagnie dello Showcase e gli operatori
La formula consente scambi estremamente sintetici e forse per un confronto artistico-organizzativo sarebbero stati più efficaci brevi incontri a fine spettacolo, ma ha il pregio di porre alle compagnie il problema del “mercato”, costringendole a riflettere su punti di forza e di debolezza. Lo speed date ha consentito di incontrare anche i gruppi che non erano presenti nella rassegna di Catanzaro ma sono in programmazione a Castrovillari, come Dammi un attimo di Teatro Rossosimona (drammaturgia e regia Francesco Aiello e Mariasilvia Greco con Francesco Aiello, Mariasilvia Greco, Elvira Scorza, in collaborazione con Teatro del Carro, MigraMenti, Spac Badolato e Scena Verticale). Lo spettacolo – nato da percorsi di residenza in Regione – parla di genitorialità, essere o non essere padri o madri, e si interroga sul parametro della normalità. Dall’incontro con i protagonisti, calabresi con esperienze e formazione nazionali, emergeva il debito con la scrittura e l’insegnamento di Lucia Calamaro.
In Questioni di famiglia di Scena Nuda (da Antonio e Cleopatra di William Shakespeare, regia Andrea Collavino con Filippo Gessi e Teresa Timpano, co-prodotto con Pacta dei Teatri: il percorso professionale dei protagonisti è fra Milano, il Friuli e la Calabria), il testo shakespeariano fa da specchio alla vita quotidiana di una coppia, una coppia vera, sulla vita e sulla scena: un Bergman ma con ironia.