Una marionetta corporea per quel pazzo di Gogol’

Loco di Belova/Iacobelli alla Biennale Teatro di Venezia

Pubblicato il 29/07/2022 / di / ateatro n. 184

Foto Pierre-Yves-Jortay

Due performer e un pupazzo che prende vita fra loro, che vive dei loro stessi corpi. Marta Pereira e Tita Iacobelli ne assumono la corporeità, se ne dividono la presenza, una gamba per una, un braccio per ciascuna, mentre l’altra mano, nascosta, manovra la testa della marionetta. Le loro teste rimangono in ombra, dietro a quella del pupazzo, oppure cercano contrasti espressivi, subito celati da un gesto o dal sipario delle chiome sciolte al girarsi dei volti. Quello della marionetta (realizzato in resina termoplastica da Natacha Belova, che con Tita Iacobelli firma anche la drammaturgia e la regia) è a grandezza naturale, dai marcati tratti iperrealistici. Ricorda Antonin Artaud ed è invece Aksentij Ivanovič Popriščin, il grigio impiegato protagonista delle Memorie di un pazzo di Nikolaj Gogol’. Sotto la testa, solo la camicia che nasconde le manovre delle due artiste per insufflare vita e destino al personaggio. Una compenetrazione che permette libertà nell’interdipendenza. Perché le due performer muovono e dirigono la marionetta, ma a loro volta la seguono, la assecondano in quella che diventa una autonoma forma vivente. La marionetta ha un suo proprio ritmo, fatto di scatti, tensioni, posture tutte sue che nella costruzione del personaggio travalicano l’apparente realismo.

Foto Pierre-Yves-Jortay

Lo spettacolo s’intitola Loco (“matto” in spagnolo) ed è stato lungamente applaudito alla Biennale Teatro di Venezia dov’è andato in scena in prima nazionale. Creato al Théâtre National Wallonie-Bruxelles, è frutto di una co-produzione di Théâtre de Poche Bruxelles, L’Atelier Théâtre Jean Vilar Louvain-la-Neuve, Maison de la Culture de Tournai, Festival Mondial des Théâtres de Marionnettes Charleville-Mézières, Fondation Corpartes Santiago Chili, Le théâtre de la Cité de Toulouse. Istituzioni importanti per un teatro di figura contemporaneo che invece in Italia fatica a trovare attenzione e finanziamenti. Natacha Belova, belga-russa, e Tita Iacobelli, cilena, dal 2015 sperimentano un Puppet Theatre innovativo e conducono attività pedagogiche di respiro internazionale. Tutte le esperienze delle due artiste sembrano aver lasciato traccia in questa esperienza performativa: danza, circo, cinema, opera, installazioni, musical, in un’ideale sintesi tecnica e poetica.

Foto Pierre-Yves-Jortay

Frustrato e solo, desideroso di uscire dall’opprimente routine burocratica, Popriščin s’innamora della figlia del direttore, legge le sue lettere in scene surreali (sarebbero state scritte dalla cagnetta Maggie), delira, finisce per credersi re di Spagna e in tale veste chiede formalmente la mano della ragazza, si firma Ferdinando VIII, scambia il manicomio in cui lo portano per la corte spagnola. Natacha Belova ha voluto però mescolare la finzione del racconto con la vicenda umana del suo autore. Gogol’ infatti ha vissuto lontano dalla Russia, in una sorta di esilio volontario, deluso nei suoi tentativi di carriera, tormentato dalla presunta irrazionalità e inutilità dei suoi scritti, abbandonato infine da tutti.

Foto Pierre-Yves-Jortay

Per la sua originale concezione, la tipologia di marionetta ibrida elaborata dalla Belova, una marionetta corporea (in francese portée, “portata”), come “indossata” dalle attrici mettendo in comune metà dei loro corpi, si fonde senza mai confondersi completamente con quello delle manovratrici. Le tre entità diventano un unico corpo articolato, un gruppo in senso scultoreo, ma con cinetica obbligata e proprio per questo costantemente inventata in un raffinato gioco di dissociazione e associazione, scomposizione e ricomposizione: in piedi, lungo le geometrie precise dello spazio scenico, sul letto, sempre con evoluzioni fantasmagoriche, oniriche, tecnicamente perfette e scenicamente strabilianti.

Natacha Belova e Tita Iacobelli (Foto Pierre-Yves-Jortay)

Il confine incerto fra essere e apparire, fra ragione e follia viene così coerentemente percorso, fino alle sue estreme conseguenze, da un dispositivo scenico che mette in discussione la logica abituale e porta a percepire la molteplicità nell’unità dell’essere umano, e viceversa. Il portato simbolico della marionetta svela la possibilità di uno sguardo diverso sulla realtà, proprio come accade a Popriščin nel suo perturbato stato mentale. Paradossalmente infatti – come rimarcano Belova e Iacobelli – «è perdendo la ragione che il nostro eroe ha degli sprazzi di lucidità sul sistema di cui fa parte». Una performance da non perdere. In Italia si potrà vedere al Festival Castel dei Mondi di Andria (27-28 agosto) e al Teatro Due di Parma (20-21 dicembre).




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