La perfezione imperfetta dei corpi
Anima mundi di Neon Teatro in scena a Catania
Anima mundi, lo spettacolo diretto e interpretato da Monica Felloni allo Stabile di Catania diretto da Laura Sicignano, ha debuttato il 6 novembre e sarà in scena fino al 17, nella grande Sala Verga. Non è uno spettacolo con attori disabili, non è uno spettacolo inclusivo, non è teatro sociale. È “intuizione”, è “comunicazione”, come racconta Piero Ristagno, l’autore dei testi che dirige con la Felloni Neon Teatro, realtà teatrale nata a Catania nel 1989. “Persona e poesia”, diversità e unicità sono al centro dello spazio teatrale.
Lo spettacolo completa Il trittico della felicità, dopo Ciatu e Invasioni. Si ispira a L’anima del mondo e il pensiero del cuore di James Hillman (pubblicato in Italia originariamente da Garzanti e ora da Adelphi), coniugandolo al pensiero di Spinoza e Giordano Bruno. L’impianto scenografico onirico, che accoglie lo spettatore in sala, è costituito da verticalità di corpi appesi e sedute di statue umane su cubi e cellophane bianco, mentre una lunga gonna o la coda di un grande uccello umano di cellophane si dondola sospesa su un’altalena felliniana. Ma lo spettacolo era già iniziato nel foyer, dove un’attrice-poeta scrive su una lavagna di plexiglass, esibendo la parola.
I costumi sono costituiti da biancheria intima color carne per evidenziare la bellezza di tutte le forme e dei corpi imperfetti e una sola scarpa col tacco, mentre l’altro piede resta scalzo, a evocare la zoppia nei movimenti: è un omaggio a Efesto, l’imperfetto dio che abita le viscere dell’Etna, anche a rimarcare l’origine e l’appartenenza geografica della compagnia. Tutti indossano una maschera rossa sugli occhi dipinta come un rettangolo di luce intorno al capo. Tutti indossano la mascherina, sembra un team di supereroi o divinità con i loro costumi da action figure.
Dall’alto un cordone pende verso Angela Longo, attrice su sedia a rotelle che vedremo danzare in braccio alla danzatrice Gaia Santuccio, quasi a volare in un fare l’amore tra corpi di una bellezza priva di giudizio. Mentre la Moreno resta sospesa o esce con la sua imbracatura, ecco apparire un’altra presenza, sempre indugiando sospesa sul proscenio: Alejandra Deza Moreno mantiene sempre con la Santuccio uno stato di sospensione lungo tutto il viaggio teatrale che intraprende lo spettatore.
Il fondale blu cielo è ora illuminato nella parte inferiore, quasi a definire un orizzonte estetico più che fisico: ora mostra la proiezione di cartoline con stralci di parole, opere realizzate da Renzo Francabandera, infine si anima con video di piedi o mani danzanti che si sporgono da una finestra, arti come volti, corpi incorniciati a una finestra, corpi danzanti o volanti nell’acqua di una piscina con abiti coloratissimi.
Assistiamo a un dialogo tra mani-antenne nella poesia di un dialogo silenzioso tra palmi e dita che danzano e ci viene raccontato di “ocra, rosa, bruni, azzurro tenero, rosa antico, bianca tunica” finché “venne poi il crepuscolo”. Mentre la voce tesse figure, le mani si avvolgono intorno ai corpi ed è abbraccio “nel desiderio urgente di donare”. Poi musica d’altri tempi, arpe, cori, le statue si animano su un canto greco. Corpi belli e differenti tra loro si vivificano mentre una dea supereroina con mantello di cellophane avanza dal fondo della platea verso il palcoscenico e sveste o toglie la placenta d’imballaggio mentre sentiamo voci di bambini. È Monica Felloni, terrena e vigile custode dei corpi che stiamo vivendo-vedendo-sperimentando come fossero i nostri. È difficile non lasciarsi coinvolgere, noi “ospiti delle parole”. Noi sacri per ciò, per il linguaggio. Alla Felloni sono affidati gesti sacrali come due lavacri con sale e mais. Su note rock, quel mais crea una bellissima scena d’oro, un dipinto interrotto da un altro gioco, un’orchestra di suoni e risate e chiacchiera, perché anch’essa è parte della nostra natura.
Un altare di corpi sull’attore Danilo Ferrari: è il momento della poesia, del fare in un altro modo, dell’errore, del twist su parole d’amore in spagnolo, di una sensuale aspersione con un battesimo di fango. Sovrapposizione di corpi, trascinamenti, corpi e parole s’intrecciano Passion evoca un canto, mentre una danza con sedia a rotelle va a tempo di parole che narrano di come a volte si sta sotto una palpebra.
Tra i tanti applausi a scena aperta uno è più lungo di altri, quando i corpi dei performer in scena si abbinano tra loro e l’uno solleva l’altro, l’uno davanti all’altro, e diviene il proprio alter ego a tempo di un volo-respiro. Dedicarsi all’errore con un’aviatrice acquatica, con un coro di aviatori in acqua che danzano interrotti da colore su braccia e mani che squarciano il cellophane. Mentre una passeggiata verticale lungo un filo verso l’alto fino a scomparire tra le americane ci precipita nel vuoto della scena. Ma ecco che Ancora di Mina si canta sul palco mentre si realizza uno zabaione primordiale e un danzatore al centro della scena si lascia guardare mentre gli viene urlato “Sei bello”. “E io chi sono io?” viene urlato a due voci poco dopo.
Un abbraccio per aria tra due danzatrici è sembianza di esseri platonici: un androgino con otto arti intrecciati e sospesi è al centro del palcoscenico mentre sul pavimento sono saldi gli scatti di body percussion tra Manuela Partanni e Monica Felloni, figure che si sdoppiano e raddoppiano gli incitamenti sulla morte e sulla neve dell’Etna, “Idda”. Poi tace un violino e appare uno spartito e si danza sulla visione del silenzio.
Un gioco di voci per Matteo Platania chiamato da ogni parte in scena e da dietro le quinte lo dirige al centro del palco dove canta Vivere di Enzo Iannacci. Non ci resta che “ridere delle follie del mondo… perché la vita è bella”.
Anima mundi
regia Monica Felloni
testi e cura Piero Ristagno
con Dario Conti, Emanuela Dei Pieri, Martina Di Prato, Teresa Fazio, Danilo Ferrari, Patrizia Fichera, Stefania Licciardello Anzalone, Angela Longo, Manuela Partanni, Matteo Platania, Dorotea Samperi e Francesca Sciatà
aiuto regia Manuela Partanni
danza aerea Alejandra Deza Moreno e Gaia Santuccio
assistenza tecnica Ségolène Le Contellec
light designer Francesco Noè
cartoline Renzo Francabandera
riprese video Jessica Hauf, Luca Di Prato
tecnico arrampicatore-rigger Salvatore Pappalardo
produzione Teatro Stabile di Catania
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