Il ruolo delle arti performative per una comunità interculturale
A Roma la MigrART Lab Conference e il progetto Incroci
Una riflessione collettiva sul ruolo delle arti performative per una comunità interculturale – questo il sottotitolo delle tre giornate di lavoro, svoltesi a Roma dal 15 al 17 ottobre 2021, a conclusione del progetto Incroci.
L’imponente progetto, di cui ateatro.it aveva già parlato in occasione di Santarcangelo 2021, arriva nella capitale per RomaEuropa Festival XXXVI. L’iniziativa si compone di una serie di appuntamenti tra il Teatro India e il Teatro Biblioteca Quarticciolo, che combinano momenti di riflessione ai tre spettacoli sviluppati da Incroci: Abitare il ritorno. Echi e visioni di donne uomini e oggetti (regia di Fabiana Iacozzilli), Element_Z (regia Giuseppe Provinzano) e V.Visitors (regia di Flavio Cortellazzi).
I lavori sono stati avviati la serata del 15 con l’intervento di Andrea Porcheddu su Il teatro sociale in Italia con focus su intercultura, seguito da una panoramica sul progetto a cura di Viviana Raciti di Teatro e Critica. Già da questo primo incontro emerge la necessità di riflettere sulle modalità in cui il teatro sociale italiano sta intersecando l’integrazione e l’interculturalità, come anche le potenzialità del settore culturale per rigenerare il tessuto sociale.
16 ottobre 2021
La giornata è stata dedicata ad alcune buone pratiche di artisti e progetti per una comunità interculturale, ed ha visto tra gli altri gli interventi di Marcela Serli, Alessandro Renda (Teatro delle Albe – Non scuola), Vladimir Olshanski, Carla Peirolero (Suq Festival), Dina Giuseppetti (Cies/Matemù), European Cultural Fundation (VIDEO), Matteo Antonaci (REF). Hanno integrato il programma i laboratori nel quartiere tenuti da Serli, Renda e Olshanski e i tavoli di lavoro tematici, che si sono concentrati sull’idenficazione dei criteri che possano descrivere meglio i processi di lavoro attuati nel teatro sociale e che abbiano come obbiettivo quello di favorire processi interculturali. Per ogni tema sono state identificate delle domande e riflessioni.
Lingue e linguaggi
Per il tema lingue e linguaggi ci si è chiesti in che misura lo scambio di lingue in un laboratorio riesce a essere bidirezionale e quale sia la ricaduta di tale processo. La lingua da usare in scena dev’essere corretta o efficace? Quali sono gli abusi e gli imbarazzi terminologici che rischiano di bloccare il processo innescato da un laboratorio? Sicuramente le generalizzazioni e le stigmatizzazioni. Quanto viene curato l’alfabeto che utilizzerà il gruppo di lavoro?
Identità e narrazione del sé
Nel tavolo dedicato a identità e narrazione del sé ha avuto la prevalenza la domanda etica sull’oggettivare o soggettivare le narrazioni. Abbiamo tutti il diritto di occuparci di qualcosa a cui siamo sensibili? Come si può neutralizzare il rischio della strumentalizzazione? Si è convenuti sulla necessità di attivare un baratto consensuale, un patto con i partecipanti. Sta al regista creare dei “dispositivi abitabili” soprattutto quando ha a che fare con non professionisti.
Impatto, consapevolezza e senso
Il tavolo che ha portato avanti la riflessione su impatto, consapevolezza e senso ha posto l’attenzione su quanto pensiamo che il progetto venga compreso dai partecipanti. Quanto l’operatore invece è consapevole dei bisogni e delle aspettative delle persone con cui lavora? Per impatto si è convenuti che il metro di misurazione è il cambiamento riscontrabile nei partecipanti, in particolare attraverso il miglioramento nella loro qualità di vita. Connesso a ciò, risulta importante anche evitare il rischio di arrecare danno quando si attiva il conflitto tra la partecipazione aperta a tutti ad un laboratorio e la richiesta di alto impegno e professionalizzazione al partecipante al fine di arrivare ad un lavoro di alta qualità.
Programmazione
Infine, per quanto rigaurda la programmazione, ci si è chiesti se e quanto il teatro riesca a essere specchio della società e quale dovrebbe essere il rapporto fra la programmazione e il territorio. Viene riproposta la problematica del confine tra il teatro sociale e una produzione che abbia invece sia obiettivi sociali che di alta qualità e professionale.
17 ottobre 2021
La domenica è stata destinanta a un convegno dedicato ai risultati e all’impatto dell’esperienza Migrarti e alle politiche culturali sul ruolo delle arti performative per una comunità interculturale. Sono intervenuti, tra gli altri, Donatella Ferrante (MIC), Alessandro Pontremoli (UniTO), Giulia Innocenti Malini (UniCatt), Guido Di Palma (Sapienza), Carola Carazzone (ASSIFERO), Paolo Masini (Ideatore e coordinatore Migrarti).
Abitare il ritorno. Echi e visioni di donne, uomini e oggetti
Fra i tre spettacoli del progetto, che vanno a comporre un’ideale trilogia che guarda a passato, presente e futuro, l’esito di laboratorio per la regia di Fabiana Iacozzilli affronta e indaga la dimensione del passato. Partendo dal concetto di casa e dalle memorie dei partecipanti a essa connesse, il pubblico si trova immerso in una dimensione sospesa a metà tra il ricordo e l’onirico. È da questo buio che emergono oggetti e personaggi – creazioni della marionettista Antonia D’Amore – a prima vista fragili nella loro struttura di carta, ma carichi di una grande potenza simbolica. Sono i parenti-giganti di cartone a dominare la scena: si tratta di grandi puppets manovrati da tre persone che diventano il dispositivo attraverso cui narrare le loro storie.
I partecipanti, che differiscono per cultura, origini ed età, attraverso interviste registrate e l’azione scenica portano il loro vissuto e si interrogano sulla loro provenienza e l’impatto che questa ha nelle loro vite. L’atmosfera è completata da una grande attenzione verso la componente sonora (a cura di Matteo Portelli), enfatizzata dall’uso di microfoni che amplificano il suono di un fruscio, di un respiro, di un passo. Emerge così un racconto corale, eterogeneo e infinitamente umano.
Abitare il Ritorno – Echi e visioni di donne uomini e oggetti
esito di laboratorio a cura di Fabiana Iacozzilli
collaborazione artistica Asinitas APS, Antonia D’amore, Luca Lòtano
con Anna Capuani, Chiara Cecchini, Maurizia Di Stefano, Yasmila Gboullou, Happy Ikuesan, Ilaria Iuozzo, Ali Jubran, Zara Kian, Coeurcia Ayissou Laini, Mimie Asumani Laini, Piero Lanzellotti, Federica Mezza, Aloyce Paiyana, Jack Spittle, Rasheed Sule, Mahamadou Kara Traore, Nour Zarafi
vocal trainer e puppets maker Antonia D’amore
disegno luci Francesca Zerilli
musiche e suoni Matteo Portelli
tutor Luca Lòtano, Federica Mezza, Giorgio Sena
organizzazione Cecilia Bartoli
produzione Asinitas e Alta Mane Italia
Lo spettacolo è inserito nel progetto INCROCI – pratiche di scambio e confronto tra Teatro Magro, Progetto Amunì/Babel e Asinitas. Con il sostegno di Fondazione Alta Mane Italia e di SCENA UNITA, Fondazione Cesvi La Musica che Gira e Music Innovation Hub.
Testi a cura de* partecipant* al laboratorio e testi tratti da: Gemma di Giovanni De Merulis; Una vita che non si sa di Luca Lòtano e Aloyce Paijana. I puppets sono ispirati ai puppets realizzati da Gyre & Gimble.
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