Ermanna Montanari, Marco Martinelli e il sorriso di Beatrice
I miracoli artistici del Teatro delle Albe tra libri e cinema
Il teatro nel cinema. Tre film di Marco Martinelli e Ermanna Montanari è l’ultimo volume di Laura Mariani, edito da Sossella Editore. Approfittando dell’uscita del saggio, qualora servisse uno spunto per raccontare il teatro e il cinema di Martinelli e Montanari, dal momento che è sempre il momento per farlo e rifarlo, si presenta qui una breve rassegna di due film e un libro a corredo di un desiderio.
Er
Er si apre con nude spalle, volto e sottofondo di fiati.
l’anima di Er uscita dal corpo cominciò a camminare.
Ripresa su donna di spalle che cammina. 7 cerchi, 7 note, armonia di 7 sirene-donne: inno alla femminilità. Nel lungometraggio di Marco Martinelli con Ermanna Montanari vengono riprese alcune figure da La camera da ricevere del 2014. Inizialmente l’attrice è bendata. Musica. Prima sirena è Fedra, amore e morte, ancelle e “basta con la tracotanza”, attenzione alla vanità, ai capelli e al “niente… niente…”, il corpo è ritratto sempre visualizzandone mezzo busto.
Via via che procedono i ritratti di sirene, i corpi si svelano a figura intera e poi collocati nel paesaggio sia umano sia in un climax con asini, simbolo della compagnia delle Albe.
La seconda sirena è Frau Cazzafuoco, interpretata nel 2006 da Montanari in Sterminio di Werner Schwab. Una torcia che ritrae l’angoscia nel suo volto, la tossica sete di vendetta il desiderio di macello sterminio condominiale.
L’intero mondo è acusticamente insopportabile… troppa aria mormora il paesaggio. L’unico agente sterminatore è l’essenza stessa del paesaggio.
Per chi non comprende il rischio è doveroso rimetterci la pelle, mutandola in pelliccia umana! Viene opportunamente illuminata una lama sorretta da mani inguantate a rete bianca, giacché la grottesca “puttana senza clienti” Frau ha sempre desiderato “infilzare un misero corpo condominiale”.
La terza sirena è Arpagone, personificazione dell’avaro; è ritratta in un affresco barocco di grottesca danza collettiva.
Fatima, asinella parlante, è la quarta sirena: condannata ad ascoltare i lamenti con le sue orecchie spropositate.
Beati gli uomini sordi perché di essi è il regno del cielo; degli asini la terra.
Fatima indossa un abito rosso ed è preludio di contagio su camicia rossa indossata da un uomo che incontra Montanari nel paesaggio campestre in cui è ritratta.
La quinta sirena introdotta dagli archi è Bêlda, strega di paese. Si porta addosso “la febbre alta di questo tempo e farfalle inchiodate”. Brama luce eppure si scherma il volto con una mano.
La danza di scheletri bambini anticipa l’ingresso nella pellicola della sesta sirena, Mêdar Ubu.
Quante stelle magnifiche e orgiastiche che si raccolgono in cielo per combattere la malinconia e il terrore che così facilmente afferra chi non sa dormir di notte, ingannato dalla marcia della vita.
Settima sirena è Tonina Pantani, madre di Marco.
Atto V, scena V Macbeth. Il monologo che segue la scoperta del suicidio della Lady. Ermanna Montanari cammina e recita i versi di Shakespeare e diventiamo orfani. Ma ecco che appare il titolo di questa opera, un lungometraggio dedicato “all’arte-in-vita” di Ermanna. E infine la vediamo, la donna che ha camminato si volta ed è lei, sorridente, e corre all’indietro in contrasto con la camera, che la insegue assetata di bellezza e vita e arte. Seguono i titoli degli spettacoli di archivio che hanno reso possibile il montaggio da I brandelli della Cina che abbiamo in testa del 1987 a Cenci del 1993 con intermezzi d’eccezione: Ippolito (1996); Sterminio (2009); L’avaro (2010); Siamo asini o pedanti? (1992); Luş (2002); Perhindérion (1998); Museum Historiae Ubuniversalis (2008); Ubu Buur (2008); Rosvita lettura-concerto (2013); Pantani (2015); L’isola di Alcina (2000).
Il film è stato realizzato durante il primo lockdown di primavera, attingendo da materiali eterogenei.
Nel nome di Dante
Negli ultimi anni io e Ermanna abbiamo dato corpo a un sogno giovanile, e abbiamo cominciato a mettere in vita la Divina Commedia in giro per il mondo. Lo abbiamo fatto traducendo scenicamente due intuizioni fondamentali di Ezra Pound: la prima è pensare a Dante come l’everyman, l’umanità intera, e quindi in questi nostri allestimenti Dante è lo spettatore, il singolo spettatore che fa il viaggio insieme a noi, è proprio lui il viandante sperduto nella selva della sua esistenza, e io e Ermanna le
, il Virgilio-Beatrice, la coppia maschile-femminile che lo condurrà nel viaggio fuori dal labirinto; la seconda è pensare alla Commedia come a una grande sacra rappresentazione, o meglio, un intero ciclo di sacre rappresentazioni. E abbiamo intrecciato questa suggestione poundiana al nostro amore per il teatro di massa di Majakovskij e Mejerchold, intreccio per noi naturale […] quindi abbiamo reiventato la Commedia nei teatri e fuori dai teatri, nelle strade, nei sagrati delle chiese, lavorando con migliaia e migliaia di cittadini, impegnati attivamente, come nei modelli teatrali citati, a far parte di cori, di squadre di attori, a inventarsi arpie o diavoli, angeli o capitalisti pentiti, artisti superbi o assassini, e così via, seguendo la strabiliante polifonia delle figure dantesche.
(Marco Martinelli, Nel nome di Dante, p. 151)
Nel nome di Dante (Ponte delle Grazie, Milano, 2019) è un libro-dedica di Martinelli al padre Vincenzo e al padre putativo Dante, ma anche alla compagna di arte e vita Ermanna Montanari, perché l’uomo Dante “si apre alla Sapienza attraverso il femminile”. E’ una dichiarazione d’amore tessuta con sapienza editoriale, corredata da un ricco appendice bibliografico narrativo. Continui sono i rimandi tra l’epoca di Dante e la storia d’Italia vissuta da Vincenzo Martinelli, che collegava per sapienza mnemonica il giorno, mese e anno in cui è nato il figlio Marco ai medesimi in cui muore il poeta Bertolt Brecht! Age quod agis è la massima che si trae dal libro, sebbene “la vita e la politica siano faccende complicate…” e tuttavia Barthes sosteneva che amore e intellettualità dovessero somigliarsi. Sostiene Martinelli:
Non si può vedere Dio come un oggetto, ma si può essere l’essere stesso di Dio-Amore […] l’Assoluto è il totalmente Altro, di cui in questa vita non possiamo avere che balenii nello specchio, lampi di una indicibile, smisurata gioia, in cui Dioniso e Cristo si parlano e si abbracciano, in cui transumare in una metamorfosi dei sensi, non nella loro abolizione. Per questo la «mirabile visione» finisce dicendoci che non c’è più dire possibile.
The Sky over Kibera
Un uccellino su un ramo, il cielo, quattro bimbi appesi su altri rami. Così inizia The Sky over Kibera, una geografia umana da farsi a cuore aperto, un invito all’ascolto dello slum più grande di Nairobi. Più che un film è un miracolo artistico, realizzato per la ONG AVSI, è una Commedia da Dante con 150 tra bambini e adolescenti nel 2018, ha debuttato nel novembre 2019 al Filmaker di Milano. Fa una certa impressione vedere dei bimbi che urlano di essersi trovati “nel mezzo del cammin” di loro vita in una selva oscura, forse non raggiungeranno mai quella età. Tuttavia le loro braccia tese verso il cielo ci fanno credere che “L’Italia è a Kibera”, che gli angeli bianchi hanno la pelle d’ebano, che Beatrice indossa un sorriso e una rosa color pesca.
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