Le singolari patologie dei direttori di teatro (pubblico)
L'intervento di Perfida de Perfidis alla presentazione delle Buone Pratiche della Ripartenza (15 febbraio 2021)
In vista dell’incontro del 19 febbraio 2021, Appunti per una direzione, a partire dalla nuova nomina alla direzione artistica di Emilia-Romagna Teatro, abbiamo chiesto una consulenza a Perfida de Perfidis, nostra abituale collaboratrice e massima esperta di #totonomine.
Partendo dalla sue esperienza, la nostra sensualissima collaboratrice ha gettato uno sguardo indiscreto nell’intimità – o meglio nell’interiorità – delle figure apicali dei nostri teatri.
Offrendoci qualche preziosa indicazione…
Oggi parliamo dei direttori, le nostre star!
I più desiderati e ricercati tra le personalità teatrali in Italia e all over the world. Ma anche in provincia, anche nei piccoli comuni… Sono loro i vips, very important person de noantri e de noantre (notare il linguaggio inclusivo).
Meglio contattarli o no? E dove? In che modo? Via mail? Al telefono? Su whatsapp? Pedinarli alle prime? (per questo dovrò aspettare ancora un po’ e sperare che non siano diventati ipocondriaci…)
Meglio farsi desiderare o desiderarli? Così sfuggenti, così importanti, così soli ad abitare la loro popolarità, l’assunzione della loro responsabilità. Amati e odiati, voglio ricordarli così, come esseri umani, dopo tutto.
Ognuno con le proprie peculiarità, le proprie fragilità, le proprie debolezze, le proprie abilità, e le proprie patologie…
Sì, perché in questi anni ne ho conosciutI diversi di direttori di teatro, italiani e stranieri.
(Ho una particolare predilezione per quelli francofoni a dire il vero… ti fanno sentire sempre charmante)
Devo confessare che alcuni di loro li ho frequentati da vicino. E sottolineo: molto da vicino. Di varie generazioni. Per varie generazioni…
Ho raccolto le loro confidenze, sono stata per loro una spalla su cui appoggiarsi, una schiena sulla quale sorreggersi, un corpo e uno spirito… Ma soprattutto un corpo!
So quanto possa soffrire un direttore di teatro. E’ un lavoro usurante che può portare a sviluppare una serie di malattie professionali, declinabili addirittura in disturbi personalità.
O patologici, come ho detto prima.
Il narcisista
Si piace! Si piace come regista, ma anche come autore, come scenografo, come costumista. Le produzioni importanti le fa tutte e solo lui. Si piace molto anche come manager ma si vergogna un po’ di esserlo, così firma pure tutte le prefazioni nei programmi di sala, sempre che abbia ancora denaro a sufficienza per stamparli Nel caso può fare anche il protagonista: Giulio Cesare, Napoléon, Romeo e Romeo, Io Hitler.
Terapia consigliata: far l’amore, preferibilmente nei boschi e da solo.
L’algoritmico
Ha capito come funziona il sistema del FUS. Che, bisogna riconoscerlo, richiede una notevole competenza matematica, s e statistica. Guarda ai numeri. Ama i numeri! Ogni stagione una sfilza di record: più spettatori, più incassi, più alto tasso di riempimento, più produzioni, più aperture di sipario, più regioni visitate. Tutti monologhi.
Terapia consigliata: un’orgia, numerosa a questo punto, ogni lunedì.
Il politico
Lo ha nominato il Consiglio di Amministrazione. Sono stati così gentili. Dunque non bisogna scontentarli. Il problema è che hanno le loro idee. Tutte diverse. Allora meglio non disturbare. Spettacoli ben confezionati, molti classici così vengono le scuole. Niente satira, niente nudi, niente politica, niente immigrati, niente LGBT, niente ambiente, niente fine vita. Niente. Niente di niente. Solo qualche ospitalità. Incomprensibili ai più, comprensibilissime a lui
Terapia consigliata: una maratona dei video di tutti gli spettacoli di Thomas Ostermeier.
Lo chef
Il suo successo è frutto di un mix di ingredienti scelti con cura. Lui ha la ricetta giusta. Un classico, magari un po’ dimenticato, naturalmente riadattato (da lui). Un bravo regista. Un attore che abbiamo amato come protagonista al cinema e alla televisione. Tre o quattro bravi attori e attrici (nel nuovo teatro se ne trovano anche al minimo sindacale). Una scenografia che si veda che abbiamo speso bene i soldi pubblici. Tante comparse, così la scena non sembra vuota e incentiviamo il lavoro nello spettacolo. Politicamente corretto quanto basta. Niente peperoncino (perché non a tutti piace). E nessuno avrà il coraggio di dire che lo spettacolo è brutto e inutile.
Terapia consigliata: 45 giorni di dieta a Holstebro. Oppure Grande abbuffata a Edimburgo.
L’utopista
Un teatro pubblico deve essere una casa accogliente per gli artisti e per il pubblico. Deve puntare al rinnovamento generazionale, dei linguaggi e degli spettatori. Deve dialogare con la comunità dei cittadini e avvicinare alla cultura le fasce che ne sono escluse. Deve costruire occasioni di dialogo e collaborazione con le altre realtà culturali del territorio. Dopo aver visto gli spettacoli che produce, non dobbiamo dire: “Carino!”, ma iniziare a discutere, tutti insieme. Insomma, una formula che in Italia non può funzionare.
Terapia consigliata: andare a lavorare all’estero.
Il democratico
La direzione dev’essere collettiva, condivisa. Del resto lui è un manager, un funzionario della cultura. Gli serve aiuto, perché il lavoro è davvero tanto, il teatro deve gestire molte attività e diverse sale, le idee geniali mica possono venire soltanto a lui. Così arriva il consulente artistico. Magari due, o anche tre. Tanto mica sono soldi suoi.
Terapia consigliata: invece di aggiungere altri stipendi al foglio paga del teatro, dividere il suo con i consulenti che assolda.
Il maschio
E’ la patologia più diffusa. Ne soffrono il 100% dei direttori dei Teatri Nazionali e la grande maggioranza dei direttori dei TRIC e dei Centri di produzione. E’ una patologia contagiosa (difficile da arginare): ne sono vittime anche autori, Dramaturg, scenografi, curatori… Nemmeno i Consigli di Amministrazione sono immuni.
Terapia consigliata: iscriversi ad Amlet_a.
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