Diari di drammaturgia per Write2020
Un'edizione tutta online per la residenza internazionale di drammaturgia messinese
Write 2020 è una residenza internazionale che quest’anno si è svolta eccezionalmente online, dal 14 al 19 dicembre. A parte la novità virtuale dell’evento ideato e diretto da Tino Caspanello, cambia la formula di realizzazione: i nove autori teatrali scrivono dei testi affidati ad artisti visivi e non a registi e attori.
Per adattarsi alla sjtuazione che viviamo, questa formula è suggerita da Cinzia Muscolino (responsabile grafico del progetto), organizzata da Gigi Spedale per Latitudini e patrocinata fin dal suo primo anno dall’ANCT (per tutti gli altri contributi vedi writedramaturgy). A me è toccata la descrizione quotidiana della manifestazione corredata delle opere originali, analizzate da Giusi Diana.
La parola contagiosa e i treni di luce
Diario #1 dal mondo a distanza
Messina, 16 dicembre 2020
“I’ve tasted blood and I want more (more, more, more) / I’ll put up no resistance, I want to stay the distance/ I’ve got an itch to scratch, I need assistance / Touch-a touch-a touch-a touch me, / I wanna be dirty / Thrill me, chill me, fulfil me” canta una ventenne Susan Sarandon in The Rocky Horror Picture Show, le parole di questo brano le sento fortemente mie e il suo desiderio di godimento del tocco della carne è anche mio. È vero che anche la penna affonda il foglio e l’inchiostro-sperma ingravida. Ma gli umani per riprodursi, anche in laboratorio, necessitano di uno scambio cellulare, di un contagio.
Quello che segue è un diario (? Beh, forse solo una riflessione durata un viaggio) che prende avvio dai ricordi recentissimi nati in seno al percorso che mi ha condotto “senza contatto fisico” dagli amici della squadra di Write. Ora tutto questo è assurdo e illogico ma è vero (per il lettore più scrupoloso posso fornire dettagliate documentazioni, referti medici, mail ad asp eccetera e perfino registrazioni telefoniche a cui neanche il buon vecchio Kafka potrebbe credere!).
I viaggi in treno sono gli unici che hanno ancora un sapore antico. Non ho mai raggiunto un luogo in calesse o a cavallo, o in carrozza. Se fossi stata una persona, vivente in un tempo altro o passato o in un presente parallelo, dove la carrozza sarebbe stata in uso poco prima del treno, forse mi sembrerebbe un mezzo moderno o contemporaneo. Tutto è relativo e nel mio tempo interiore il treno è passato, il treno passa ed è passato. Perché il treno agisce ed è agito dal tempo, in una meccanica che coinvolge uno spazio esterno in movimento? No. Lo spazio resta fermo e il corpo di chi vive il cambiamento dell’attraversamento in movimento è fermo, seduto o in piedi, disteso o in un apparente spostamento, ma è mosso non si muove. Ciò che si muove è lo sguardo e il pensiero. Credo che il treno sia l’ultimo baluardo di un tempo che scorre senza troppa velocità, un metallico e rumoroso modo di apprendere e curiosare l’intimità di un paesaggio da un finestrino. Raggiungo Messina da Torino in treno.
Di notte contemplo la neve di Alessandria, mi sveglia il sole che si riflette sul mare di Gioia Tauro, più di quanto un ambito caffè potrebbe fare, la telefonata affettuosa di un amico che gioisce della bellezza del mare di Sardegna mi scalda con il profumo salmastro delle sue parole.
Dalle onde mosse dal vento dello Stretto che il treno – questa volta fermo e mosso da un traghetto sull’acqua: che magico artificio l’ingegneria navale, penso – apprendo dei patologici ritardi che un mezzo di trasporto “antico” non può smentire. Mi ritrovo in una stazione ferroviaria colma dei detriti di deliranti burocrazie corrotte, lontanissima dai dettami delle protezioni anticovid a cui l’altra Italia mi ha “abituata”. Sono accolta da un’umanità a cui sembra non importare del contagio, la Sicilia non teme la peste polmonare pandemica. Ma paradosso vuole che per una manciata di ore il mio tampone molecolare RT-PCR (test molecolare virus) SARS-COV 2, seppure abbia dato esito negativo, impone che io resti in “isolamento fiduciario” per dieci giorni.
Sono a Messina. C’è Write a Messina e io sono a Messina, sebbene non viva più in Sicilia. Ma un Decreto regionale sostiene che io sia una potenziale criminale per procurata pandemia colposa e pertanto anche io – a Messina per Messina da Messina – mi sottometto alla negazione del contatto, anche solo visivo, o alla condivisione di uno spazio, anche se a distanza.
Quando il mondo che conoscevo è finito ho pensato che il nuovo mondo che è cominciato ci avrebbe lasciato più poveri. Non mi riferisco qui alla crisi economica, perché con il tempo impari che se ami qualcosa o qualcuno non c’è scarpa rotta che possa fermare il cammino che ti conduce a raggiungerla, ma mi riferisco ai vuoti interiori.
Questo nuovo mondo a distanza ci ha resi più forti. Siamo forti perché possediamo la cocciuta e ferma volontà di sapere che chi ami abbia ancora una voce, emanata da un corpo vivo, un volto che sorride e che puoi guardare da uno schermo e commuoverti perché si muove con te (perdoni il lettore l’involontaria allitterante sinfonia).
Siamo forti perché i teatri e i musei sono chiusi e noi li abbiamo riaperti, con la stessa ostinazione di sempre. “Le cose belle sono difficili”. Adesso davvero è impossibile che il mondo non lo sappia. Adesso davvero Write ha contagiato le vene del corpo virtuale. Adesso ci siamo qui e ora. Sono partita il 13 dicembre nel giorno più breve dell’anno. Era il giorno in cui si celebra la luce. Ho viaggiato su di un mezzo mosso dalla luce. Buona irradiazione a tutti. Buona parola e buona arte a tutti. Buon Write 2020.
Unminuto di Lorenzo Cassarà (video di sequenza di fotografie) interpreta il testo di Manlio Marinelli Dead Man Waiting
La responsabilità del sacro
diario #2 dal mondo a distanza
Messina, 17 dicembre 2020
“La morte è crudeltà, la resurrezione è crudeltà, la trasfigurazione è crudeltà, poiché in tutti i sensi e in un mondo chiuso e circolare non vi è posto per la vera morte, poiché un’ascensione è uno strazio, poiché lo spazio chiuso si nutre di vite, e poiché ogni vita più forte passa attraverso le altre, e quindi le consuma, in un massacro che è una trasfigurazione e un bene. Nel mondo manifesto, metafisicamente parlando, il male è legge permanente, e il bene uno sforzo, dunque una crudeltà supplementare.”
Antonin Artaud, qui sopra citato, afferma – tra le molteplici enunciazioni e dichiarazioni sottintese e manifeste in queste poche e dense righe – quanto il bene crudele, della vita nella realtà teatrale, implichi l’adesione a un glossario mai definito o definibile. L’artista è, non si autodefinisce, non definisce. Pierre Bourdieu sostiene che in ambito artistico “l’esclusione soggettiva («non m’interessa» o «non è roba per noi») non è altro che l’effetto di una esclusione oggettiva.” Si può banalmente sostenere che l’arte si autoescluda ma non è possibile sostenere che l’arte sia opponibile o emancipabile dal regno dei sensi. Questo rende urgentissima la riflessione degli autori e artisti coinvolti nella seconda giornata di Write 2020. Il tema dell’attesa, l’ombra del sacro o il sacro adombrato dalla crisi valoriale?!
Il teatro non può e non deve necessariamente affermarsi attraverso lo spazio di un unico corpo. Il teatro si muove nello spazio e, i corpi attoriali, o le pagine inchiostrate di letteratura teatrale, sono interscambiali-mutabili-dissacrabili. La coercizione alla definizione, la creatività imbavagliata nella tecnica, conferisce a un tema come L’attesa l’essenza stessa del Teatro, da intendersi come pratica estetica tout court. La domanda, che mai dovrebbe essere taciuta, che dà a una opera d’arte la costituzione di “opera civile” o “impegnata politicamente” è possibile solo perché lo spettatore, il lettore, il fruitore viene condotto nella possibilità di una esperienza percettiva di quella stessa opera nel suo corpo.
L’incarnazione dell’opera concede la mutazione sacrificale, uno sdoppiamento verticale con il divino, non più umano, non più infero del terreno su cui oggi l’umanità inciampa. Si è ormai nella morte del buio di scena, nella cornice priva di tela, nella luce negata allo scatto fotografico. Non si è se non nella crudeltà di appropriazione di quel solo desiderio che può renderci divini, abbandonando il corpo. Divenendo macellai dei propri corpi-capri da espiare ovvero pugnalando il se stesso indolente al bello, sottomesso alla gabbia della convenzione, macerato e corrotto dalla convinzione del giudizio a ogni costo: qui si sta come alla morte. Arte è sempre attesa perché arte è vita e vita è attesa di morte. Perché allora negarsi alla morte, all’Arte?
Fuori di sé si compie l’Opera.
Fuori di sé è l’occhio vitreo di Rosario Catrimi ritratto in una Narciso dalla vanità negata e solo immaginata nella storia finzionale di una serie tv in cui s’identifica il personaggio del testo di Senem Cevher.
Fuori di sé e dentro la carne è il piscio descritto da Lina Prosa che diventa armatura di sangue cucita da un ago di filo da Tania Giordano.
Fuori di sé ma in gabbia è la solitudine del lasciar morire anagrafica bellezza, narrata da Silvia Zoffoli e in cui Carmine Prestipino però non sa identificare un tempo. Il fotografo dopo 139 scatti sceglie il dolce ritratto della medietas.
Riferimenti bibliografici:
Antonin Artaud (2000), Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino p. 218.
Pierre Bourdieu (2001³), La distinzione. Critica sociale del gusto, Il Mulino, Bologna, pp. 270-381.
Telepatie residenziali
diario #3 dal mondo a distanza
Messina, 18 dicembre 2020
Télépathe et Pénélope
Pénélathe et Télépope
Pélénathe et Ténépope
Népépathe et Létélope
etc.
Marcel Duchamp, Télépathe et Pénélope…, entre 1912 et 1968, note autographe pour “Jeux de mots”, encre violette sur papier, 20,9 x 13,3 cm, Paris, Centre national d’art et de culture Georges Pompidou.
Arte e telepatia è un connubio da sempre indagato dagli artisti, ben prima del 1882, quando Frederic William Henry Myers normò la sua definizione pe gli studi sul paranormale. Giulio Baffi, martedì scorso, durante la primissima diretta web di Write 2020, accenna a questo tema e io istintivamente rispondo con un “ahahahahah” nella chat di Zoom. La mia reazione è debitrice del profondo divertimento in me provocato. Così chiedo alla mia alleata Paola – studiosa di energia ma non solo – di darmi qualche suggerimento letterario, scopro un mondo d’inchiostro e mi sento sostenuta e decisa a scriverne in questo terzo diario.
La stesura di questo scritto è travagliata. In questa edizione il nuovo mondo e il modo di Write mi concedono di dis-occuparmi di faccende pratiche. La residenza è virtuale e non comporta la cura fisica per gli amici, che ogni ospite amorevole sa quanta ansia e gioia comporti. Non sono più legata all’Ateneo di Messina e nei confronti degli studenti non ho alcuna responsabilità e neanche la condivisione del risveglio o dei quotidiani rituali che separano le gerarchie e rendono fratelli, quando si vive insieme, anche se per poco tempo, condividendo emozioni forti e risolvendo, con stima e fiducia reciproche, ogni inciampo.
Quando ho letto, nel testo consegnato per oggi da Luana Rondinelli, del vano tentativo di abbracciare una statua senza braccia, un’angoscia dal sapore di vuoto mi ha costretta a ripensare alla perdita di compimento. Compiere è etimologicamente un riempimento di vuoti.
Non c’è vergogna nella realizzazione dei classici ancora oggi. Tra gli altri Carmelo Bene, Heiner Müller – non cito i vivi per non scontentarne alcuno – in tempi di grandi crisi hanno saputo riempire con la letteratura teatrale i vuoti della politica, smembrando i classici e riportando su di loro la giusta attenzione.
Ieri al telefono Turi Zinna, con un filo di voce, dal suo inferno covidorrorifico mi fa sapere che segue Write, che ci vorrebbe più dibattito come questo, che stiamo facendo bene. Ma mi chiede e si chiede se ci saranno ancora grandi intellettuali di teatro come Bertolt Brecht, o se noi teatranti smetteremo di fare inopportunamente le vittime o peggio continueremo ad adattarci al sistema e ricominceremo a prendere in considerazione la relazione tra umano e digitale e ciò che questo ha comportato e adesso comporterà. Ancora una volta niente di nuovo, ma non per questo è sbagliato occuparsene.
La letteratura teatrale è un bene da tutelare e prescinde dalla regia e dalla messinscena, è scandaloso che un editore come Maximilian La Monica – indubbiamente l’unico in Italia con Editoria & Spettacolo a occuparsi esclusivamente di teatro, esclusivamente su carta stampata, esclusivamente da ex allievo di un pezzo di storia quale fu Perla Peragallo, esclusivamente senza chiedere alcun contributo economico di alcun genere alla pubblicazione – debba ribadirlo. È terrificante dovere ancora ribadire che il testo teatrale è letteratura.
Il lavoro del drammaturgo è legato alla regia e alla messa in scena ma “il testo nasce nella testa dell’autore”, sostiene Rino Marino. Il mondo altro di Rino Marino ha dentro una grande energia perché è fuori dal tempo e dallo spazio.
Quando mi sono confrontata con l’autore su cosa potesse venire fuori dal lavoro di Cinzia Muscolino, scultrice tra le altre cose, lui mi ha rivelato di avere pensato a una gabbia di cemento. Quando stamattina scopro che l’opera di Muscolino è composta da tre lastre di cemento in cui è sepolta la battuta e il personaggio, ripenso alla telepatia ma non solo.
Manlio Marinelli scrive sul tema dell’attesa usando gli stessi personaggi e l’ambientazione di Rino Marino, una prigione, vittima e carnefici. Lorenzo Cassarà interpreta Marinelli mettendo in scena una performance in cui giacciono tutti i dettami del mostruoso elettrico di David Lynch e molto altro. Giovanni Castro, coerente con la sua poetica, realizza un trittico ispirato al testo di Aurélie Vauthrin-Leden, in cui si “vuole mettere in relazione – dichiara Castro – il tema dell’attesa con la condizione di incompletezza, dove un modello in noi ha già prefigurato la misura di ciò che manca”.
Tino Caspanello ha dichiarato ieri, in chiusura alla terza giornata di dialoghi di Write 2020, quanta importanza abbia la veggenza dell’artista, che “sa andare oltre, interpretando la magia di simboli e la nuova mitologia che viviamo”.
Il mostruoso, il mostrare e il mostro hanno una comune origine verticale: divina.
NOTE rintracciate superficialmente dal web (Oxford,Treccani, Wikipedia)
telepatìa s. f. [comp. di tele- e -patia, per adattam. dell’ingl. telepathy]. – Supposto fenomeno parapsicologico in base al quale sarebbe possibile la percezione extrasensoriale di ciò che un altro individuo sente o pensa.
Dramma (dal greco δρᾶμα, “drama” = azione) è un’opera teatrale, la drammaturgia è una forma letteraria che include parti scritte per essere interpretate da attori.
Letteratura l’insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque.
La letteratura teatrale o letteratura drammatica è quella branca della letteratura che comprende opere letterarie destinate o scritte per la rappresentazione dal vivo. Parlando di un autore, non è sbagliato indicare con il termine drammaturgia la produzione artistica dello stesso: i due termini, drammaturgia e letteratura teatrale, non sono però sinonimi.
Suggerimenti sitografici
https://www.artcena.fr/actualites/vie-professionnelle/decouvrez-le-palmares-de-la-saison-20202021-de-contxto
https://www.editoriaespettacolo.com/
http://eurodram.fr/
https://eurodramcomitaliano.wordpress.com/
https://www.maisonantoinevitez.com/fr/traducteurs/comite-italien-14.html
Eucatastrofe, fiaba e i maestri di filosofia omonimi
diario #4 dal mondo a distanza
Messina, 19 dicembre 2020
Nel numero 47 della Rivista Illuminazioni ) Vincenzo Cicero scrive:
Fissiamo gli ingredienti fondamentali del fantasy, che sono cinque e corrispondono ad altrettanti aspetti:
• un cosmo “altro”, diverso dal nostro, retto da leggi fisiche sue particolari (aspetto para-e sovra-naturale);
• un eroe o un gruppo di eroi in lotta contro un nemico da sconfiggere (aspetto epico);
• la presenza di arti divinatorie e incantatorie (aspetto magico);
• il dispiegamento di un viaggio/ricerca in vista di una redenzione, di una salvazione collettiva (aspetto autoformativo e, insieme, soteriologico);
• l’esistenza di creature fantastiche: elfi, streghe, maghi, mostri, troll, draghi (aspetto teratologico).
I cinque aspetti analizzati dal filosofo Cicero serviranno qui da modello per un’applicazione del “fiabesco” all’universo di Write.
1. aspetto para-e sovra-naturale
Piattaforma online di condivisione virtuale = zoom = lavoro paziente e generoso del naturalissimo e umano Edoardo Borzi.
2. aspetto epico
Cinzia Muscolino inventa una soluzione alternativa per un Write online con un gruppo di eroi.
ARTISTI VISIVI
Tino Caspanello
Lorenzo Cassarà, Giovanni Castro
Rosario Catrimi
Michela De Domenico
Tania Giordano
Giacomo Miracola
Cinzia Muscolino
Carmine Prestipino
DRAMMATURGHI
Senem Cevher, TURCHIA
Andreas Flourakis, GRECIA
Aurélie Vauthrin-Ledent, BELGIO
Manlio Marinelli, Rino Marino, Fabio Pisano,
Lina Prosa, Luana Rondinelli, Silvia Zoffoli
3. nemico da sconfiggere:
DPCM 3 novembre 2020, le cui disposizioni si applicano, in generale, dal 6 novembre al 3 dicembre 2020 (art. 14, co. 1). I primi interventi specifici per fronteggiare l’emergenza epidemiologica nel settore dei beni e delle attivitàculturali sono stati previsti dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (L. 27/2020) e, in gran parte sono poi statirafforzati dal D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (L. 77/2020) e dalD.L. 14 agosto 2020, n. 104 (L. 126/2020).
In particolare, dal 6 novembre 2020, su tutto il territorio nazionale:
– sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto (già sospesi dal 26 ottobre 2020);
– sono vietate le sagre, le fiere di qualunque genere e gli altri analoghi eventi (già vietati dal 26 ottobre 2020);
– sono sospesi i convegni, i congressi e gli altri eventi, ad eccezione di quelli che si svolgono con modalità a distanza (già sospesi dal 26 ottobre 2020);
– sono sospesi le mostre e i servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi dellacultura (novità del nuovo DPCM) (art. 1, co. 9, lett. m), n), o), r)).
4. aspetto magico
Dal 15 al 19 dicembre 2020 Tino Caspanello ideatore e direttore artistico di Write dà inizio a “quel lungo momento magico prima del risveglio”:
nove autori italiani e stranieri, ciascuno dei quali, nell’arco di ogni singola giornata, compone un breve testo teatrale; i testi sono affidati a nove diversi artisti coinvolti nel progetto che realizzano opere.
5. aspetto autoformativo e, insieme, soteriologico
Gli artisti si confrontano tra loro su quanto realizzato in base agli abbinamenti e alle opere partorite.
6. aspetto teratologico
Varie figure e ruoli interagiscono con gli eroi per la realizzazione dell’Eucatastrofe (a parte chi scrive):
OSPITI
Giulio Baffi – presidente Associazione Nazionale Critici di Teatro
Claudia Cannella – direttrice della rivista Hystrio
Giusi Diana – Critica d’Arte e curatrice
Maximilian La Monica – Editoria & Spettacolo
Stéphane Resche – Eurodram e Università Paris Est Créteil
Dario Tomasello – professore Università di Messina
GIORNALISTI
Giusi Arimatea
Vincenzo Bonaventura
Marta Cutugno
Gigi Giacobbe
Filippa Ilardo
Paolo Randazzo
Elisabetta Reale
Alessandro Toppi
INTERPRETI E TRADUTTORI
Antonella Babbone
Selene Di Bella
RIPRESE VIDEO
Emanuela Licciardelli
CURATELA PROGETTO
DAMS UniMe Katia Trifirò
ORGANIZZATORE
Gigi Spedale
UFFICIO STAMPA
Chiara Chirieleison
Conclusioni
[I]l racconto eucatastrofico è la vera forma di fiaba, e la sua funzione suprema.[…]L’Eucatastrofe è l’improvviso ‘capovolgimento’ gioioso [the sudden joyous ‘turn’], e questa gioia –che il fiabesco sa suscitare in maniera esemplare –è una grazia improvvisa e miracolosa [a sudden and miraculous grace]: se essa non nega la discatastrofe (il dolore e il fallimento), nega però la sconfitta cosmica finale, «e in quanto tale è evangelium, perché fornisce un fugace balenio di Gioia[Joy], Gioia al di là delle mura del mondo, intensa come afflizione. Quando avviene l’improvviso ‘capovolgimento’ abbiamo una visione straziante della gioia, del desiderio del cuore che per un momento oltrepassa la cornice del racconto, lacera la ragnatela della vicenda, e permette che un bagliore la trapassi.
Cit. da Tolkien per Vincenzo Cicero (grazie Maestro! Tua VDV)
NOTA PER IL LETTORE
Mentre mi accingevo a pubblicare questo resoconto, ricevo da Annamaria Martinolli, inteprete e traduttrice questa lettera. Si ringrazia per quanto segue l’ambasciatore Alessia Fronza.
Trieste, 22 dicembre 2020
Gentile Vincenza,
Ti espongo qui di seguito le mie riflessioni sull’evento WriteDramaturgy cui ho assistito attraverso i video su Facebook e leggendo i testi pubblicati sul sito.Riflessione sull’evento e su come è stato organizzato: Io non ho mai preso parte a Write dal vivo, quindi mi limito a esprimere le mie sensazioni, su ciò che ho visto in rete, come elemento esterno. Fin dal primo giorno ho percepito un’atmosfera di grande serenità e tranquillità da parte di tutti i partecipanti. C’era una buona organizzazione e se si verificava qualche piccolo imprevisto, una persona che non risultava presente, un microfono che non funzionava bene ecc…, Tino Caspanello gestiva la cosa trovando soluzioni rapide e senza mostrare ansia o preoccupazione di sorta (faceva contattare la persona al telefono, chiedeva, nel caso dell’ospite straniero, all’interprete conferma della sua presenza, aspettava qualche minuto per vedere se il collegamento si era ripristinato).
Negli ultimi mesi, vista la situazione sanitaria, mi è capitato in diverse occasioni di prendere parte a conversazioni su Zoom e devo ammettere che, di solito, la situazione è esattamente opposta: gente che va nel panico quando il microfono non funziona, persone che per prima cosa dicono: “Non sono abituata a parlare attraverso questo mezzo, quindi spero che tutti capiscano il discorso che farò”. Voi avete “messo in scena” voi stessi, la vostra passione e il vostro amore per il mestiere che svolgete, e a me è arrivato soprattutto questo. Mi sono resa conto di trovarmi di fronte a persone che non stanno a perdersi d’animo e il cui obiettivo è soprattutto quello di condividere con gli altri la loro arte e le loro esperienze.Riflessione sul servizio di interpretariato: Lo chiamo “servizio di interpretariato” anche se so che Antonella e Selene non sono due interpreti professioniste. Io ho una formazione come traduttrice/interprete (comunque più la prima che la seconda perché dopo tre anni di entrambe nei due anni successivi mi sono specializzata nella prima) e, la prima cosa che mi è stata insegnata in ambito universitario è che, quando si fa interpretazione, è importante anche avere una dizione italiana quasi impeccabile, senza inflessioni dialettali. Ora, questo discorso ha una sua validità per un interprete professionista ma se, nel momento in cui avviene un contrattempo, il suddetto interprete perde il controllo della situazione e non riesce più a far comunicare le due parti, la sua pronuncia perfetta serve a ben poco. Dico questo perché a me, sia Antonella che Selene, hanno dato l’idea di due persone abilissime nel gestire le difficoltà dovute ai collegamenti via Zoom (traducendo a volte via Chat o cercando di cambiare approccio se un metodo di comunicazione risultava inefficace) senza mai dimostrare sconforto ma mantenendo sempre la giusta calma e buona volontà che queste situazioni richiedono. Ho letto le loro traduzioni dei testi stranieri – realizzate alla velocità della luce – e anche in quel caso, salvo ovvi refusi dovuti alla velocità richiesta, mi è sembrato che il messaggio passasse perfettamente senza fraintendimenti o difficoltà di comprensione.
Riflessione sui testi e le opere degli artisti: Tieni conto che queste sono mie riflessioni personali dovute a come io ho interpretato i testi e le opere. Cercherò di essere sintetica visti i numerosi autori e artisti.
Lina Prosa: mi è piaciuta per come riesce a rendere il teatro pura poesia, e il suo testo, secondo me, anche se un po’ ermetico in certi passaggi, comunica proprio questo, poesia.
L’opera di Tania Giordano, nella sua semplicità di stoffe, trasmette bene quest’idea e credo rispecchi anche la semplicità di Lina Prosa come persona.
Senem Cevher: il suo testo sembra una progressiva discesa verso la follia. Apprezzo il modo in cui è concepito, con quell’alternarsi di un io narrante con pagine di diario. Non sono completamente d’accordo sull’interpretazione che ne ha dato Rosario Catrimi, nel senso che nel testo c’è di sicuro un compiacersi di se stessi, soprattutto all’inizio, però è il compiacimento di cui, al giorno d’oggi, sono affetti tutti gli esseri umani. Intendo che qualsiasi persona che scrive anche solo due righe è, dentro di sé, convinta di essere un grande scrittore e di avere un futuro in quel campo. Quindi non lo vedo come un tratto distintivo del personaggio, ma come una caratteristica dell’umanità tutta. Il tratto distintivo del personaggio è semmai, nella sua vacuità e ignoranza, di non riuscire a formulare un solo pensiero o ragionamento completo (guarda tante serie tv ma non scrive un solo rigo di commento o analisi di ciò che ha visto) e questo la condanna inevitabilmente alla follia.
Silvia Zoffoli: un’elegia della solitudine. Dimostra che essendo l’uomo un animale sociale nel momento in cui la socialità gli viene tolta non è più in grado di bastare a se stesso. E quindi cerca consolazione giudicando gli altri in base ai rumori che ne percepisce e tentando invano, in un mondo ormai digitalizzato, di stabilire comunque un contatto che gli viene negato. Magnifica la foto di Carmine Prestipino, con questo volto di donna che sembra sospeso, in quanto essendo lei vestita di scuro il corpo quasi non si vede. Forse io l’avrei immaginata più anziana, per il fatto che nel testo viene utilizzato il verbo “sgranchirsi” e perché non sembra avvezza al digitale (se avesse avuto quarant’anni forse nel testo si sarebbe parlato di una donna intenta a spettegolare degli altri su Facebook o via Whatsapp, perché è così che io vedo, attualmente, una quarantenne senza contatti umani diretti).
Manlio Marinelli: ottima scelta dei nomi: Caronte, traghettatore dell’Ade, Ade stesso, e Yama, Deva della morte. Quello che esprime il testo è la totale indifferenza nei confronti della morte, visti anche i nomi dei personaggi non potrebbe essere altrimenti; Yama e Caronte parlano dei fatti loro e delle loro preoccupazioni ma, alla fin fine, la morte passa inosservata come se non fosse nemmeno avvenuta. Cinismo inconsapevole, se vogliamo. Il video di Lorenzo Cassarà esprime bene la sensazione di attesa e anche la disumanità attraverso gli oggetti inanimati, però secondo me manca quell’indifferenza, quel cinismo.
Rino Marino: sembra teatro dell’assurdo allo stato puro, dove i personaggi parlano da soli e i ruoli, spesso, si invertono, perché tali sono: ruoli e basta e ogni uomo ne recita uno.
Cinzia Muscolino sintetizza benissimo una cosa che era impossibile sintetizzare con maggiore efficacia.
Aurélie Vauthrin-Ledent: Complesso e dalle molteplici interpretazioni. Gli ultimi pensieri prima della fine, forse, e legati anche a un senso di pentimento per un’azione che non si è compiuta e non si potrà compiere mai più. Giovanni Castro ne ha dato un’interpretazione che convince, anche se, senza la sua spiegazione, io la sua opera di primo acchito non l’avrei colta (e questo è appunto dovuto al fatto che il testo, secondo me, è interpretabile in molti modi e quindi ognuno ne ha la sua personale visione).
Luana Rondinelli: Originale e in grado di cogliere perfettamente le difficoltà che un evento come Write si è trovato a vivere quest’anno. Bella la scelta di convertire in personaggi le sensazioni, caratterizzando ogni personaggio in base al nome che porta. Michela De Domenico è riuscita a dare una visione d’insieme del testo, mettendo in risalto anche i dettagli delle singole personalità dei personaggi e degli eventi che vivono, creando un quadro completo.
Andreas Flourakis: Un coro di persone senza nome che parlano fingendo di interessarsi della sorte della cultura quando in realtà un’illusione di cultura gli basta. Come sia riuscito a concepire tutto questo in poco tempo, non so. Stesso ragionamento per quanto riguarda Giacomo Miracola che realizza un’opera d’arte complessa, anche nei passaggi della realizzazione, senza trascurare nessun elemento del testo e di ciò che vuole comunicare.
Fabio Pisano: Interessante la scelta stilistica. Un dialogo di frasi interrotte tra un uomo e quello che si potrebbe forse definire il suo rimorso di coscienza per aver dato più importanza alla forma che alla sostanza (alla vita). Tino Caspanello ha creato un capolavoro grande quanto una mano, raffigurante una forma che vorrebbe “sbocciare” ma è destinata a restare solo forma. Stupendo.
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