Oltre il coronavirus | Ravenna Teatro destina i fondi d’emergenza ad artisti, residenze e spazi di ricerca
Il teatro italiano può progettare e investire a prescindere da borderò e tassi di riempimento: deve immaginare lo spettacolo che verrà
In questa transizione molto difficile, la priorità per tutti – compreso il mondo dello spettacolo e della cultura – è la sopravvivenza. Per alcuni il salto nel futuro pare difficilissimo, se non impossibile. Per altri è più facilmente gestibile.
Giustamente il MiBACT ha deciso di accompagnare con generosità i soggetti sostenuti dal FUS, confermando per il 2020 il 100% del sostegno 2019, che verrà portato (pare) nel 2021 al 105%. A questo contributo si sono aggiunti nel corso del 2020 altri (eventuali) sostegni: ristori e prestiti a condizioni agevolate alle imprese, cassa integrazione per i dipendenti, ristoro sui mancati incassi per sale e compagnie (di molti di questi provvedimenti abbiamo dato conto su ateatro.it). In parallelo, c’è stata una forte riduzione dei costi di gestione e di produzione, con l’annullamento di repliche, nuovi allestimenti e tournée.
In questi mesi la maggioranza degli artisti, musicisti, tecnici è rimasta senza lavoro.
Le misure di sostegno partono dal presupposto che teatri, compagnie e festival siano imprese, e sono stati sostenuti come tali: punto di riferimento è rimasto il mercato, per quello che vale in un settore come lo spettacolo, fortemente sostenuto con denaro pubblico. Questo atteggiamento pare superare nei fatti uno dei pochi punti fermi del meccanismo di finanziamento del FUS, che – come è noto – deve servire per coprire i passivi di bilancio dei soggetti che vi accedono.
Che cosa è possibile e giusto fare, in un momento così tragico per tutti noi, e così drammatico per lo spettacolo dal vivo? Molti teatri e festival (anche tra quelli più piccoli e “poveri”) hanno fatto una scelta semplice e precisa: come hanno scritto ad ateatro i MaMiMò Teatro Piccolo Orologio di Reggio Emilia, “per le date di ospitalità che salteranno in questo mese di chiusura abbiamo deciso di rimborsare alla compagnia la paga minima di artisti e tecnici coinvolti nella recita. Abbiamo mutuato questa pratica dalla compagnia Tedacà di Torino”. Quanti tra le istituzioni maggiori hanno adottato la stessa buona pratica?
C’è un altro aspetto sostanziale che pare rimosso. I doverosi provvedimenti emanati dal Governo in questi mesi, che spesso si sono tradotti in microsovvenzioni a pioggia e in sostanziosi assegni a pochi privilegiati (vedi i DD 1969 e 1970), lasciano in secondo piano lo sforzo creativo e progettuale che sarà necessario per affrontare la nuova fase “Oltre il coronavirus”: nei prossimi mesi dobbiamo immaginare nuove idee e pratiche di teatro e inedite modalità di comunicazione, indispensabili per riportare il pubblico nei luoghi dello spettacolo.
Anche per questo offre numerosi spunti di riflessione la scelta di Ravenna Teatro, che ha deciso di sostenere con tutte le risorse disponibili gli artisti, le residenze e gli spazi di ricerca.
La corretta distribuzione delle risorse è un problema etico, economico, politico ma anche estetico, soprattutto in questo mesi terribili. Per qualche tempo il FUS sarà libero dalle catene dell’algoritmo e dall’incubo dei rendiconti. Il teatro italiano può progettare e investire a prescindere da borderò e tassi di riempimento. Può e deve usare queste risorse per immaginare lo spettacolo che verrà. Altrimenti il futuro sarà come prima, ma peggio.
Ravenna Teatro destina l’intero importo dei fondi d’emergenza ad artisti, residenze e spazi di ricerca
In questo tempo di attesa, ma anche di possibilità, il teatro, come tutte le arti, è stato capace di rispondere a questa crisi in modo responsabile, accettando l’incertezza, adattandosi con malleabilità, trovando nuove forme e risorse in grado di riflettere sulla cultura come bene necessario. In ogni parte d’Italia si è continuato a pensare, programmare, creare. Per alcuni mesi, con la speranza di ripartire, c’è stato un fiorire di festival e inizi di stagione, dimostrando che lo spettacolo dal vivo, il luogo d’assembramento per eccellenza, sa adattarsi con accortezza a un distanziamento che può e deve essere solo fisico.
Avevamo programmato Ravenna viso-in-aria, una stagione al Teatro Rasi da settembre a dicembre, nella consapevolezza della gravità dell’emergenza in atto. Il DPCM del 25 ottobre ci ha fermati: abbiamo comunque voluto rispettare l’impegno con le compagnie coinvolte, riconoscendo loro i cachet pattuiti per gli spettacoli annullati.
Ci siamo chiesti: come reagire ora a questa nuova sospensione? Aprendo il teatro, chiuso al pubblico, agli artisti e alla loro ricerca, quella ricerca che deve avere lo spazio e l’agio per sperimentare percorsi e opere. I teatri in questo momento hanno la potenzialità e la responsabilità di aprirsi a tutte le maestranze che possono prepararsi e allenarsi per quando si tornerà all’incontro con lo spettatore.
In una situazione in cui il sistema teatrale, nel riconoscere il momento di difficoltà, mostra le sue discrepanze, condividiamo la preoccupazione per certe asimmetrie venute alla luce. Anche per questo motivo, e in linea con l’idea che da sempre sorregge il nostro operare, abbiamo pensato di destinare l’intero importo del fondo di emergenza e dei finanziamenti previsti per attività che non abbiamo potuto svolgere (circa 70.000 euro, oltre alle spese che sosterremo per l’apertura degli spazi) a artisti, attrici, attori, compagnie, collettivi, teatri, con meno tutele della nostra. Per settimane abbiamo pensato ad alcune direzioni del fare teatro. Abbiamo scelto gruppi di cui conoscevamo il lavoro e, compatibilmente con il fondo a disposizione, non siamo riusciti a raggiungere tutti quelli che avremmo voluto.
I.
Tra il Teatro Rasi e l’atelier-laboratorio Vulkano ospiteremo nei prossimi mesi diverse residenze. Metteremo a disposizione gli spazi con le strumentazioni tecniche e organizzative a chi spesso spazio non ha, insieme a un contributo che permetterà loro di lavorare in sicurezza.
• Pietro Babina
• Alessandro Berti
• Collettivo LaCorsa
• Roberto Corradino
• Valerio Malorni e Simone Amendola
• Margherita Ortolani
• Teatro in Folle
• Emanuele Valenti / KËR Théâtre Mandiaye N’diaye
Il progetto di residenze sarà condiviso con L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino (parte del Centro di Residenza Emilia-Romagna), per aprire un momento di riflessione comune sugli artisti, gli spazi e la creazione.
II.
Abbiamo scelto cinque realtà per un contributo al loro operato, spazi teatrali generanti e necessari:
• teatro bottega degli apocrifi (Manfredonia, FG)
• masque teatro (Forlì)
• Progetto Demoni / Ultimi Fuochi Teatro (Spongano, LE)
• Teatro della Contraddizione (Milano)
• Teatro Coppola – Teatro dei cittadini (Catania)
III.
In questo periodo di restrizioni e sacrifici, il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza sta soffrendo particolarmente gli effetti della pandemia. Abbiamo pensato un sostegno a alcune realtà che da tempo e con tenacia avvicinano il teatro alle nuove generazioni:
• Capusutta (Lamezia Terme)
• IAC – Centro Arti Integrate (Matera)
• Teatro Laboratorio Isola di Confine (Marsciano)
• Isola Teatro (Roma)
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