BP2019 | Quali politiche per lo spettacolo? Le riflessioni e le proposte dell’Associazione Culturale Ateatro

Il documento conclusivo delle Buone Pratiche del Teatro, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 30 marzo 2019

Pubblicato il 10/04/2019 / di / ateatro n. #BP2019 | Per una politica dello spettacolo , 168

Con l’approvazione della legge 175/2017 – il cosiddetto Codice dello Spettacolo – dopo decenni di progetti e di attese il teatro ha finalmente avuto la sua legge. Tuttavia la mancata emanazione dei previsti decreti applicativi rischia di ridurre il provvedimento a un elenco di buoni propositi (ovvero i principi contenuti nell’art. 1), se non si procederà tempestivamente a darne attuazione con un’ulteriore legge delega (come prospettato dal ministro Alberto Bonisoli attraverso un documento che sta circolando in bozza).
Una positiva novità della legge 175 era la scelta di mettere il teatro e le arti sorelle in stretto rapporto con altri settori della società, allargando un orizzonte che da anni si è ristretto quasi ossessivamente sul FUS, in un dibattito dai toni spesso corporativi e autoreferenziali.
A partire da questo orientamento, l’Associazione Culturale Ateatro ha deciso di contribuire alla discussione promuovendo una serie di approfondimenti su alcuni degli ambiti indicati dalla legge 175 e che a nostro parere costituiscono altrettanti temi imprescindibili di una politica articolata per lo spettacolo:

# Le competenze istituzionali (Stato, Regioni, Enti Locali).
# Il rapporto di spettacolo e cultura con il turismo.
# Il rapporto con i giovani (compreso il ricambio generazionale) e il mondo della scuola.
# L’internazionalizzazione.
# La funzione sociale dello spettacolo.
# Le specificità dell’impresa culturale e il Terzo Settore.
# Lavoro e welfare.

E naturalmente:

# I fabbisogni finanziari e la disciplina del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo).

La discussione, che proseguirà nei prossimi mesi, si è articolata in diversi appuntamenti e gruppi di lavoro e ha animato l’appuntamento delle Buone Pratiche del Teatro che si è tenuto il 30 marzo 2019 a Milano, presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Nel corso della giornata sono emerse alcune indicazioni concrete e condivise.


Stato, Regioni, enti locali

La legge per il teatro e le competenze istituzionali

Un quadro normativo che si proponga di attuare i principi costituzionali e quindi di favorire lo sviluppo e garantire la partecipazione all’attività culturale e di spettacolo su tutto il territorio nazionale non può prescindere da una chiara individuazione delle competenze istituzionali, ovvero del rapporto che lega Stato, Regioni ed enti locali.
Il dibattito sulla questione prosegue da decenni, ma oggi il quadro si è ulteriormente complicato con il riconoscimento dell’autonomia differenziata innescato dai referendum promossi dalle Regioni Veneto e Lombardia. Le posizioni sono diversificate. C’è chi propone il passaggio dello spettacolo da competenza concorrente a competenza esclusiva delle Regioni, c’è chi invece richiede (per esempio a Regione Emilia-Romagna) di esercitare le funzioni amministrative di gestione del FUS sul proprio territorio, lasciandone tuttavia la titolarità allo Stato. Alcune Regioni chiedono un confronto aperto sul tema.

#BP2019 | Foto Giorgia Cacciabue

Le posizioni delle Regioni in materia di cultura e spettacolo sono da sempre molto diverse. Tradizionalmente l’impegno di alcune Regioni (al Sud come al Nord) è stato molto limitato: il settore dello spettacolo dal vivo non gode di pari opportunità sul territorio nazionale.
Il teatro italiano nel suo complesso e le sue rappresentanze sono tendenzialmente diffidenti rispetto all’attribuzione della gestione del FUS alle Regioni, ma il problema non può ridursi a questo tema. E’ necessario e urgente definire un riparto delle competenze moderno, chiaro e adeguato, superando la logica del “tutti finanziano tutti, se e come vogliono o come possono”. E’ fondamentale che in questo percorso vengano coinvolti gli operatori.
Se è vero che il diritto alla cultura (e dunque l’opportunità di usufruire di servizi culturali) è previsto dall’art. 117 della Costituzione, anche nel settore dello spettacolo un quadro normativo corretto ed efficace deve garantire a tutti i cittadini, sul piano quantitativo e qualitativo, i livelli essenziali di prestazione, secondo parametri da individuare.
Definiti quindi le competenze e i livelli minimi di prestazione nel rispetto dell’autonomia delle Regioni, va esteso il ricorso allo strumento degli accordi di programma (attualmente in atto in particolare per le Residenze), per attuare specifici obiettivi e sperimentare nuove forme, non necessariamente nell’ambito del FUS.

Nord e Sud, grandi e piccoli centri, centro e periferie
Il riequilibrio territoriale

Le sperequazioni nella domanda e nell’offerta, e quindi nella fruizione di spettacolo, sono un problema che affrontano sia la legge 175 sia la bozza ministeriale, ma sembrano riferirsi più alle differenze fra piccoli e grandi centri urbani, centro e periferie, che a quella tra Nord e Sud.
L’attenzione per i territori svantaggiati in tutto il paese è sintomo di una sensibilità nuova e apprezzabile, che deve trovare concretezza nei decreti attuativi e in un complesso di azioni concertate con il territorio, ma non deve far dimenticare che il cronico squilibrio Nord/Sud resta rilevante e che per fronteggiarlo occorrono idee e politiche dedicate.

#BP2019 | Foto Giorgia Cacciabue

I meccanismi del FUS tendono inevitabilmente a privilegiare le realtà più strutturate ma faticano a cogliere e valorizzare i fermenti creativi e imprenditoriali innovativi che possono arrivare dalle realtà più svantaggiate: è dunque necessario promuovere soluzioni e strumenti nuovi, anche istituzionali. Il dibattito non deve ridursi alla discussione sul FUS.
E’ necessario individuare e sostenere, in una progettazione che colleghi amministrazioni pubbliche e operatori, una serie di progetti pilota (o di Buone Pratiche) che possano aiutare a ridurre questi squilibri, implementando alcuni prototipi che potrebbero in seguito diffondersi sul territorio.


Conoscere per deliberare

Monitoraggi e osservatori per una politica dello spettacolo

Una delle contraddizioni che caratterizza le politiche nazionali e locali per lo spettacolo è l’incapacità di rapportarle a una lettura degli assetti e delle evoluzioni in atto sul piano dei linguaggi e del mercato. Manca un monitoraggio attento e costante del sistema dello spettacolo e della sua evoluzione. “Conoscere per deliberare” è un’attitudine tutt’altro che scontata: tanto la politica, che la pubblica amministrazione, che la gente di teatro dovrebbero imparare a praticarla.
L’Osservatorio Nazionale dello Spettacolo deve essere potenziato e collegato a un sistema di osservatori territoriali (da creare, potenziare e collegare). Su questa linea si muove la proposta di legge dell’onorevole Carbonaro “Mappatura di finanziamento degli enti territoriali”, che si collega al tema dei livelli essenziali delle prestazioni in campo culturale. Vanno anche promossi metodi e progetti di ricerca e di analisi territoriale su temi specifici e dal basso, sulla linea esemplificata dall’indagine contenuta nel volume di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino Oltre il Decreto (FrancoAngeli, 2017) e dalla mappatura delle politiche culturali degli enti territoriali promossa da C.Re.S.Co.
La valutazione dei progetti presentati e accolti dal MiBAC non può limitarsi all’esame dei progetti presentati: devono essere previsti percorsi di accompagnamento nel triennio.


Italia Europa Mondo

I processi di internazionalizzazione

Tra le evoluzioni più interessanti e positive degli ultimi anni, ci sono la visione e la dimensione internazionale – non solo europea – del lavoro teatrale che caratterizza un numero sempre maggiore di artisti, gruppi e istituzioni. Questa tendenza è stata recepita ed è diventata un obiettivo dei DM 2014 e 2017 e dalle legge 175.
Che sia frutto di una vocazione artistico-imprenditoriale o di una strategia di sopravvivenza, l’internazionalizzazione è un processo impegnativo e faticoso che, sul fronte degli operatori, ha visto moltiplicarsi i progetti e le pratiche di networking. Il MiBAC ha avviato progetti innovativi (il sostegno alla mobilità degli operatori e il progetto Boarding Pass +), affiancandoli alla forma più tradizionale di sostegno ai costi delle tournée (la stessa da decenni), che per la prosa nel 2016 hanno impegnato 97.211 euro (ovvero lo 0,145 per cento del FUS per il settore). Più rilevanti appaiono le “azioni di sistema” promosse direttamente e in accordo con il MAE, che tuttavia non sembrano riconducibili a strategie di ampio respiro.
Gli investimenti non sono coerenti rispetto agli obiettivi dichiarati. Non esistono gli strumenti e le organizzazioni di riferimento per promuovere la diffusione dello spettacolo italiano all’estero che caratterizzano altri paesi: sono i compiti che avrebbe potuto e dovuto assolvere l’ETI, con gli Istituti Italiani di Cultura, che andrebbero profondamente riformati.


Ma di lavoro che fai?

Diritti e welfare per i lavoratori dello spettacolo

I lavoratori del settore – soprattutto gli artisti – stanno pagando il prezzo più alto della crisi economica, ma anche dei nuovi criteri di assegnazione del FUS, a cominciare dalla crescente precarizzazione e dalla diminuzione del reddito pro-capite, che rischiano di sospingere una parte significativa del settore nel dilettantismo (vedi il volume Oltre il Decreto e la ricerca Vita da artisti a cura della Fondazione Di Vittorio).
Il lavoro nello spettacolo dal vivo ha caratteristiche specifiche che devono essere riconosciute, così come devono essere riconosciute le diverse professionalità che lo animano. E’ dunque necessaria una disciplina unitaria, coordinata e specifica per il settore, atta a includere il lavoro dipendente e il lavoro autonomo, che parta dal riordino delle parziali e frammentarie norme in vigore (in sintonia con l’indirizzo dell’art. 2 comma 4, lettera l della legge 175/2017).

#BP2019 | Foto Giorgia Cacciabue

Le emergenze più avvertite sono l’assistenza economica nei periodi di non occupazione, e dunque l’opportunità di una disciplina coerente con la discontinuità del lavoro tipica nel settore e congiunta al sostegno della formazione continua (in analogia con il modello francese di assicurazione degli “intermittents du spectacle”); e la garanzia del diritto alla pensione, per il quale si sono confrontate più ipotesi mirate ad adeguare le disposizioni vigenti alle condizioni di scarsa e frammentaria occupazione dei lavoratori. L’impossibilità di ottenere questi obiettivi con l’aumento del costo del lavoro è stata ribadita con forza, anche a causa della lunga e profonda crisi economica che soffrono le imprese dello spettacolo dal vivo. Adeguate politiche di sostegno dovrebbero introdurre agevolazioni contributive per le numerose attività che non hanno scopo di lucro (eventualmente raccordandosi con la riforma del Terzo Settore).
Ulteriori urgenze riguardano l’assistenza di malattia e maternità e la revisione degli obblighi contributivi sul lavoro gratuito, sulle attività che coinvolgono i cittadini dilettanti e sulla programmazione delle compagnie extra UE.


Valorizzare i territori

Per una alleanza tra spettacolo dal vivo e turismo

Il rapporto tra turismo e spettacolo dal vivo, richiamato tra gli obiettivi dei DM 2014 e 2017 e poi evidenziato nel Codice dello Spettacolo (vecchia e prossima nuova edizione), nella realtà appare più “l’isola che non c’è”, un elemento di una stanca retorica, che un effettivo e concreto spazio di lavoro. I due settori faticano a trovare convergenze fertili, c’è molta approssimazione di giudizio, molta generalizzazione, diverse resistenze spesso ideologiche quando non operative.
La conoscenza reciproca tra i due settori è molto superficiale e questo produce inerzia, diffidenza, scarsa retroazione e propositività. Le stesse politiche del turismo inquadrano lo spettacolo dal vivo in una ottica d’intrattenimento, quando invece moltissime realtà costituiscono un asset importante del capitale culturale e identitario di un territorio (si pensi ai festival ma anche teatri e realtà produttive stanziali).

#BP2019 | Foto Giorgia Cacciabue

Eppure molti trend nel disegnare il turista (o meglio il visitatore, il viaggiatore, il cittadino temporaneo) del futuro pongono l’accento su profili molto più esigenti, attenti, curiosi e volubili, che vogliono entrare in maggiore relazione con i luoghi di visita, quindi più aperti a un menù di esperienze non necessariamente stravaganti o sensazionali, ma davvero autentiche. In un’industria turistica che ha avuto cambiamenti epocali in pochissimo tempo (cancellata l’intermediazione, cavalcata le opportunità della rivoluzione digitale, costruito un protagonismo nella sharing economy, realizzato offerte sempre più customizzate e sartoriali), lo spettacolo, rispetto ai beni culturali, al paesaggio, all’enogastronomia, persino alle tradizioni popolari, è ai margini di qualsiasi relazione e fruizione (tolte i casi legati ai grandi marchi del comparto musicale e operistico, come Scala, Arena, Caracalla, Puccini Festival, ROF, eccetera).
In primo luogo è necessario ridisegnare una cartografia dinamica del turismo in Italia, in grado di restituire traccia di fenomeni, trend, abitudini, offerta, anche ridefinendo chi sono gli attori (pubblici e privati) del sistema e chi i gatekeeper e chi gli influencer fondamentali, specialmente in tempo di economia digitale. Ciò a vantaggio e uso degli operatori di teatro, musica, danza e circo. Ragionando anche su dati oggettivi, potrebbero emergere alcuni fatti rilevanti per il mondo dello spettacolo come consapevolezze: per esempio l’incidenza del turismo domestico, le permanenze medie e i flussi che convergono su aree interne e città medie. In secondo luogo sarebbe importante ipotizzare delle possibili fattispecie di traiettorie progettuali concrete, anche partendo da esperienze fatte, spesso invisibili, e dalle buone pratiche, che possono ricollegarsi a temi di audience development, a nuove modalità di promozione e comunicazione, a nuovi meccanismi cooperativi e collaborativi tra soggetti dello spettacolo, altri mondi culturali e operatori del turismo (inclusi sistemi infrastrutturali e decisori politici), all’insegna quindi di nuovi patti propositivi.


Teatro per i ragazzi, teatro con i ragazzi

La scuola e lo spettacolo dal vivo

Il rapporto fra teatro e giovani, a cominciare da quello che accade nelle scuole, è un terreno in cui l’azione politico-amministrativa appare da sempre animata da buone intenzioni e condivisibili dichiarazioni di principio, ma che nella pratica si rivela debole e contraddittoria.
Non mancano le leggi anche recenti. Il “Piano delle arti” attuativo della “Buona scuola” (2017) prevede il sostegno alla ricerca artistica nelle scuole e il potenziamento delle competenze. La legge 175 prevedeva di destinare il 3 per cento del FUS “alla promozione di programmi di educazione nei settori dello spettacolo nelle scuole di ogni ordine e grado”: una disposizione discutibile in assenza di un potenziamento del FUS, che intendeva tuttavia promuovere un auspicabile collegamento strutturato fra i due mondi.
L’ostacolo principale è il riconoscimento delle specificità professionali: basti pensare che i dirigenti scolastici – nel quadro dei Piani Operativi Nazionali (PON) – sono costretti a selezionare le figure esperte prioritariamente fra i docenti interni, e che il MIUR ha siglato nel 2018 un Protocollo di intesa con la FITA (Federazione Italiana Teatro Amatoriale). In questo quadro fragile e confuso, dove manca il riconoscimento della professionalità specifica, quando le scuole accolgono progetti e professionisti esterni le modalità di collaborazione e i compensi risultano estremamente vari.
Per superare con urgenza queste contraddizioni, le rappresentanze del settore dovrebbero individuare e adottare linee di condotta unitarie. Il teatro ragazzi deve essere un terreno privilegiato di concertazione fra Stato e Regioni, anche per la definizione dei livelli essenziali di prestazione.


Terzo Settore

Impresa e trasformazione sociale

Nella legge 175 è presente più di un riferimento al Terzo Settore, la cui riforma, fra luci e ombre, offre allo spettacolo un’opportunità di riflessione e un forte impulso al cambiamento.
Sul piano più “filosofico”, la riforma tenta di superare le visioni dicotomiche tra associazionismo e impresa. Sul piano più “pratico”, offre gli strumenti per distinguere l’imprenditoria teatrale dal dilettantismo, rafforzando la vocazione di mercato di taluni soggetti senza con questo indebolire quelli a vocazione socio-culturale, interpretando al meglio il mix tra pubblico e privato. Molti operatori culturali si ritengono da sempre attori della trasformazione sociale, ma una fetta rilevante del settore ha invece preferito rimanere legata a paradigmi di mercato tradizionali, pur nella dipendenza strutturale dalle risorse finanziarie pubbliche.
La riforma del Terzo Settore richiederà un lungo periodo di messa a punto, ma costituisce un’opportunità anche in termini legislativi per fare chiarezza sulle vocazioni e sulle funzioni. Non deve dunque essere trascurata in un processo che rifletta – come è necessario – anche sul tema dell’impresa e della sostenibilità.


La bellezza che cura

La funzione del teatro sociale e di comunità

Il teatro sociale e di comunità è un fenomeno vario e diversificato di pratiche teatrali e performative che in questi ultimi anni si sono affermate e diffuse capillarmente a livello nazionale, con una domanda in costante aumento e un mercato del lavoro sempre più dinamico. Ha dimostrato di costituire un’eccellenza non solo dal punto di vista sociale ma anche dal punto di vista artistico. Ha aperto nuovi orizzonti per quanto riguarda la formazione di un nuovo pubblico e prodotto un impatto sostanziale sul benessere delle persone e della collettività, restituendo ai teatri quella vocazione sociale che in molti casi avevano perso. Sta muovendo economie alternative a quelle attivate dal sistema teatrale tradizionale.
Alla luce di queste evidenze, le istituzioni pubbliche e gli organismi teatrali devono essere sensibilizzati verso le pratiche di teatro sociale e di comunità (per ora accolte solo marginalmente). Ma è anche opportuno ripensare la mappa delle economie che gravitano oggi intorno al sistema teatrale, incentivando e rendendo sistematiche queste opportunità.
Questa area nuova e antica del teatro dovrebbe essere terreno privilegiato di relazio
ne fra Stato, Regioni e operatori, anche attraverso la forma dell’accordo di programma ripensando o estendendo le esperienze di residenza.

E’ nel Contratto di Governo!
La riforma del FUS

La riforma del FUS è esplicitamente invocata nel Contratto di Governo: “L’attuale sistema di finanziamento, determinato dalla suddivisione secondo criteri non del tutto oggettivi delle risorse presenti nel Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), limita le possibilità delle nostre migliori realtà e impedisce lo sviluppo di nuovi progetti realmente meritevoli. Riteniamo pertanto necessario prevedere una riforma del sistema di finanziamento che rimetta al centro la qualità dei progetti artistici.”
Le linee di questa possibile riforma non sono tuttavia ancora state chiarite. Va in ogni caso ricercato un corretto equilibro fra le valutazioni quantitative comparative (che hanno consentito di ribaltare rendite di posizione) e quelle qualitative, che sono certo opinabili ma che devono essere attuate con competenza e con criteri trasparenti, evitando pratiche clientelari storicamente molto diffuse nel sistema dello spettacolo italiano.
Qualunque valutazione deve inoltre essere ricondotta a funzioni precise per ciascun settore: per i trienni 2015-2017 e 2018-2020 non sono stati individuati con chiarezza gli obiettivi strategici e di sistema: per esempio i Teatri Nazionali sono individuati sulla base di requisiti puramente quantitativi, ma la loro missione culturale e la loro funzione restano vaghe.
Una riforma che riconosca e valorizzi il ruolo strategico dello spettacolo dal vivo all’interno della società italiana non può prescindere dalla necessità di risorse adeguate, ben superiori a un FUS progressivamente eroso (con un valore reale ridotto del 55% rispetto al 1985). Oltretutto il FUS è stato di recente appesantito da nuovi compiti e soggetti (con il discutibile inserimento di Carnevali e Rievocazioni storiche) e in un prossimo futuro verrà forse smembrato in seguito alla ridefinizione del rapporto Stato-Regioni.
Sui finanziamenti sia statali sia locali e su un riequilibrio degli investimenti fra settori pesano inoltre i problemi funzionali e gestionali delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche, che hanno generato un importante debito gravante sull’intero settore e che incombe anche sugli enti territoriali in quanto soci fondatori, nonostante un’attenzione particolare e un costante drenaggio di risorse da altri settori: è un nodo che va affrontato e rimosso, se non si vuole che costituisca un freno o una minaccia allo spettacolo nel suo complesso.

La cultura e lo spettacolo italiani non hanno bisogno di parole e di elemosine, ma di investimenti coerenti con il ruolo socialmente e economicamente strategico richiamato dalle dichiarazioni di principio.

Il Direttivo della Associazione Culturale Ateatro
Lucio Argano, Patrizia Cuoco, Mimma Gallina, Oliviero Ponte di Pino, Giulio Stumpo

Le tappe del progetto

# Obiettivo lavoro
Milano, Le Buone Pratiche del Teatro: Il welfare per il settore dello spettacolo, 24 settembre 2018, Laboratorio Formentini per l’Editoria, Via Formentini 10, Milano.

# Le politiche per lo spettacolo
Le Buone Pratiche del Teatro | Le competenze istituzionali: Stato, Regioni, Enti locali l’11 ottobre 2018 presso l’Arena del Sole, via dell’Indipendenza 44, Bologna.
Il gruppo di lavoro composto da Oliviero Ponte di Pino, Mimma Gallina, Patrizia Cuoco (Ateatro), Patrizia Coletta, Franco D’Ippolito, Antonio Taormina, Gianni Torrenti, si è incontrato il 13 settembre 2018, presso il teatro Arena del Sole, Bologna, e il 27 settembre 2018, presso il Laboratorio Formentini per l’Editoria, Milano.

# Obiettivo lavoro
Milano, Attore… bravo ma di lavoro che fai? Il lavoro e il welfare nello spettacolo dal vivo il 17 novembre 2018, Piccolo Teatro Strehler – Scatola Magica, Largo Greppi 1, Milano, nell’ambito di Bookcity Milano 2018.

# Le politiche per lo spettacolo | Scuole
Bergamo, Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza> Il Diritto all’Arte e alla Cultura per l’Infanzia e l’Adolescenza il 20 novembre 2018. Teatro di Loreto.

# Le politiche per lo spettacolo | Terzo Settore
Milano, Spettacolo dal vivo e riforma del Terzo Settore, 21 novembre 2018, Palazzo Giureconsulti, Piazza Mercanti 2, nell’ambito di Milano Music Week (19-25 novembre).

# Le politiche per lo spettacolo | Scuole
Milano, Teatro nelle scuole e Codice dello Spettacolo. 26 novembre 2018, Laboratorio Formentini per l’Editoria, Via Formentini 10.

# Le politiche per lo spettacolo | FUS
Roma, Audizione presso la 7a Commissione del Senato della Repubblica dell’Associazione Culturale Ateatro nell’ambito della indagine conoscitiva FUS, il 29 novembre 2018.

# Le politiche per lo spettacolo
Milano, La festa di Ateatro | Bilanci, progetti, auguri di natale e oroscopo 2019 il 10 dicembre 2018, Laboratorio Formentini per l’Editoria, Via Formentini 10, Milano.

# Le politiche per lo spettacolo | Codice dello Spettacolo
Milano, Chi l’ha visto? Ovvero che fine ha fatto il Codice dello Spettacolo, 14 gennaio 2019, Laboratorio Formentini per l’Editoria, Via Formentini 10.

# Le politiche per lo spettacolo | Sociale
Milano, il Gruppo di lavoro costituito sul tema Teatro, performance e azione sociale si è riiunito il 7 febbraio 2019 e il 7 marzo 2019 presso la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, via Salasco 4.

# Le politiche per lo spettacolo | Residenze
Milano, Il territorio in scena. Storia e presente delle Residenze, 11 marzo 2019, Laboratorio Formentini per l’Editoria.

# Le Buone Pratiche del Teatro
Milano, Per una politica dello spettacolo, 30 marzo 2019, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, viale Pasubio 5.

Agli incontri e ai gruppi di lavoro hanno partecipato circa 650 persone e hanno preso la parola:

Marilena Adamo (Fondazione Milano), Giulia Alonzo (Trovafestival), Federico Amico (ARCI), Paolo Aniello (Mare Culturale Urbano), Francesca Audisio (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli), Gianluca Balestra (Elsinor), Monica Barni (Assessore alla Cultura, Regione Toscana), Claudio Bernardi (CIT-Centro di Ricerca e Iniziative Teatrali “Mario Apollonio”, Milano), Emanuela Bizi (SLC-CGIL), Fanny Bouquerel (Université Paris 8), Alvise Campostrini (Compagnie Malviste), Giorgina Cantalini (Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi), On. Alessandra Carbonaro (Commissione Cultura della Camera), Cristina Cazzola (Segni d’Infanzia), Patrizia Coletta (Fondazione Toscana Spettacolo), Renata Coluccini (Teatro del Buratto), Francesco D’Agostino (MTM), Davide D’Antonio (Être), Francesca D’Ippolito (C.Re.S.Co), Franco D’Ippolito (Teatro Metastasio), Vittoria De Carlo (ITC San Lazzaro), Fulvio De Nigris (Casa dei Risvegli), Filippo Del Corno (Assessore alla Cultura Comune di Milano), Daniele Donati (Università di Bologna), Luca Doni (Teatro Faraggiana), Claudio Facchinelli , Mario Ferrari (Pandemonium), Fabrizio Fiaschini (Università di Pavia), Martha Friel (IULM, Milano), Maurizio Frittelli, Adriano Gallina, Alessandro Garzella (Animali Celesti), Graziella Gattulli (Regione Lombardia), Valentina Kastlunger (Zona K), Matteo Lepore (Assessore alla Cultura, Turismo e Promozione della città, Immaginazione civica, Sport, Patrimonio, Agenda digitale – Comune di Bologna), Claudio Longhi (ERT), Paola Manfredi (Teatro Periferico), Fabio Mangolini, Silvia Mannu (Teatro Faraggiana), Marta Maria Marangoni (Minima Theatralia), Stefania Marrone (C.Re.S.Co), Luca Mazzone (C.Re.S.Co., Teatro Libero Palermo), Massimo Mezzetti (Assessore alla cultura, politiche giovanili e politiche per la legalità – Regione Emilia-Romagna), Ferdinando Montaldi (INPS), Fabio Naggi (Unoteatro), Donato Nubile (Smart), Francesco Palumbo (Regione Toscana), Maria Grazia Panigada (Teatro Donizetti, Bergamo), Angelo Pastore (Platea), Andrea Paulucci (ITC-San Lazzaro), Carla Peirolero (Suq Festival), Barbara Pizzo (Assitej), Alessandro Pontremoli (SCT-Social Community Theatre Centre), Roberto Rampi (Senatore della Repubblica, Commissione Istruzione pubblica, beni culturali), Andrea Rapaccini (Music Innovation Hub), Andrea Rebaglio (Fondazione Cariplo), Agostino Riitano (Matera 2019), Elisa Rota (Cooperativa Alchemilla), Lorenzo Scarpellini (esperto legislazione dello spettacolo), Ruggero Sintoni (Accademia Perduta Presidente sezione Spettacolo dal Vivo Agis Emilia Romagna), Mimmo Sorrentino (Teatroincontro, Vigevano), Antonio Taormina (Università di Bologna), Gianni Torrenti (Conferenza delle Regioni, Assessore alla Cultura Comune di Venzone), Nicoletta Tranquillo (Kilowatt soc. coop., Bologna), , Laura Valli (C.Re.S. Co), Marina Visentini (Etre), Carlotta Vitale (Gommalacca Teatro), Napoleone Zavatto (C.Re.S.Co.).




Tag: il rapporto Stato-Regioni (36), squilibrio territoriale (53)


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