Chi è il mediatore culturale ai tempi della rete? [3/4]
Riflessioni intorno all'incontro su Dioniso e la nuvola al Funaro di Pistoia
Qualche mese fa il Funaro di Pistoia ha ospitato un appassionato dibattito a partire dal saggio di Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino Dioniso e la nuvola [FrancoAngeli]. Quell’incontro ha generato alcune riflessioni che pubblichiamo volentieri su Ateatro come contributo alla discussione sul ruolo della critica – e del teatro – ai tempi della rete.
La domanda è complessa ma anche, a mio parere, ambigua perché il termine mediatore sembra presupporre la sussistenza di linguaggi diversi che devono appunto essere ‘culturalmente mediati’, come con i migranti quasi, per essere messi nelle condizioni di capirsi e reciprocamente riconoscersi e accettarsi.
In questa ottica da una parte ci sarebbe il teatro, anzi lo spettacolo dal vivo, dall’altra lo spettatore, ciascuno dei quali costituirebbe un mondo di valori e di significanti, una lingua dunque, non immediatamente sovrapponibili e che quindi necessitano appunto di un mediatore, che si suppone dovrebbe essere il critico teatrale.
Non credo che la funzione del critico sia quello di unire due mondi separati, facendolo oggi attraverso l’onnipresente rete in cui ormai in via privilegiata sembrano puntati gli occhi e gli interessi di molti di noi.
Se, teatro e spettatore, fossero mondi separati infatti la stessa critica teatrale perderebbe molto della sua storica funzione.
Io credo che la funzione del critico oggi sia ancora quella di esprimere una opinione, sua e comunque indipendente, sui singoli spettacoli e di metterla a disposizione sia dell’artista (forse soprattutto) sia dello spettatore, di cui in un certo senso il critico è rappresentante più che vero mediatore.
In ciò potrà utilizzare la rete solo perché la rete è in grado di raggiungere un numero molto più elevato di soggetti rispetto alla rivista cartacea, ma non perché la rete abbia modificato o possa modificare la sua lingua ovvero la sua funzione.
Spettatori e Spettacolo devono potersi incontrare direttamente e non “mediatamente”, e credo non possa essere diversamente, ed il critico può stimolare questo percorso solo mantenendo la sua specifica funzione, diversa ma complementare rispetto all’uno e rispetto all’altro.
#fare critica oggi ai tempi della rete, come da hastag, ha dunque lo stesso significato di fare critica ieri, anzi l’esperienza del passato serve a preservare quell’autonomia linguistica necessaria a conservarne valore e utilità.
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