Il nuovo Codice dello Spettacolo: verso i Decreti attuativi. Un progetto di Ateatro per il 2018-19

A cura del direttivo della Associazione Culturale Ateatro

Le ragioni e gli obiettivi del progetto

Nel 2018 la Associazione Culturale Ateatro ha iniziato una riflessione sul Codice dello Spettacolo (Legge 22 novembre 2017, n. 175 – Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia). Il progetto prevede di attivare gruppi di lavoro, di pubblicare materiali e documenti sul sito wwww.ateatro.it e di organizzare alcuni incontri pubblici. Il modello è quello che ha già portato alla realizzazione dei volumi Oltre il Decreto (Franco Angeli, 2016), Reinventare i luoghi della cultura contemporanea. Nuovi spazi, nuove creatività, nuove professioni, nuovi pubblici (Franco Angeli, 2017) e che ha caratterizzato il percorso Obiettivo lavoro (il volume è in corso di pubblicazione).
Come è nella natura dell’Associazione, caratterizzata da indipendenza e trasversalità, il nostro obiettivo è informare e sensibilizzare il mondo politico e culturale italiano, in un’ottica di sistema, con particolare attenzione alle aree meno rappresentate (ma spesso più vitali e innovative) del teatro italiano, per innescare un processo di ascolto da cui ricavare indicazioni e proposte.
Il progetto di Ateatro sul Codice dello Spettacolo si è già avviato con una prima fase di studio, ricerca e riflessione sulle probabili conseguenze della sua applicazione nell’attuale situazione culturale italiana.

I temi

La prima fase del lavoro è consistita in un’attenta analisi del testo predisposto dal legislatore, che è il risultato di complesse mediazioni sia all’interno delle Commissioni sia in Parlamento. Alla luce degli obiettivi del provvedimento, e considerata la molteplicità e la varietà delle funzioni e dei soggetti coinvolti, cercheremo di analizzare le principali direttrici di riforma e di sviluppo del settore, nonché le modalità di integrazione con altri settori previste dal Codice dello Spettacolo. Sono stati individuati alcuni nodi problematici intorno ai quali impostare la ricerca e la discussione:

– I fabbisogni finanziari richiesti dai nuovi impegni previsti dal Codice dello Spettacolo.
– Le competenze istituzionali coinvolte, a partire dal rapporto mai chiarito tra Stato ed enti locali.
– Il rapporto di spettacolo e cultura con il turismo.
– Il rapporto con i giovani (compreso il ricambio generazionale) e il mondo della scuola.
– La formazione, anche in un’ottica di avviamento al lavoro e di formazione permanente.
– L’internazionalizzazione.
– Lo spettacolo e il sociale, anche a partire dalle nuove normative sul Terzo Settore.
– Lavoro e welfare (dove riprenderemo e approfondiremo alcuni dei materiali emersi nel corso del progetto “Obiettivo lavoro”).
– La disciplina del FUS, che costituisce (o dovrebbe costituire) il fulcro del sostegno ministeriale al settore, sia per quanto riguarda l’entità delle risorse sia per quanto riguarda le modalità di assegnazione e dunque gli obiettivi della politica culturale nel campo dello spettacolo dal vivo.

I primi appuntamenti

I gruppi di lavoro sono già stati attivati, grazie all’impegno e alle competenze dei soci dell’Associazione Culturale Ateatro. Sono già previste alcune occasioni di restituzione e di dibattito pubblico. In particolare:
– 10 luglio, Pergine Festival, Pergine Valsugana: Ateatro sarà presente nel workshop “Normative nazionali e regionali in materia di spettacolo dal vivo” organizzato da AGIS Triveneto, presentando i primi dati e le prime riflessioni sul tema dei fabbisogni finanziari della riforma;
– seconda metà di settembre, Milano (data e luogo da definire): si affronterà il tema del welfare (con particolare riferimento a disoccupazione, ai periodi di non lavoro e alla formazione permanente, anche con confronti internazionali);
– ottobre, nel quadro di EnERgie Diffuse (7-14 ottobre), una settimana di iniziative a cura della Regione Emilia-Romagna: una sezione delle Buone Pratiche approfondirà il tema delle competenze istituzionali;
– novembre-dicembre, Milano (data e luogo da definire): una giornata di formazione e dibattito sull’impresa culturale e sulla riforma del terzo settore in novembre;
– dicembre-gennaio (luogo e data da definire): incontro sul tema della internazionalizzazione.

Il Codice dello Spettacolo e i Decreti attuativi

La Legge 175 prevede “uno o più decreti legislativi”.

“Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e di quelle regolamentari adottate ai sensi dell’articolo 24, comma 3-bis, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, in materia di attività, organizzazione e gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche e degli enti di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, nonché per la riforma, la revisione e il riassetto della vigente disciplina nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche, mediante la redazione di un unico testo normativo denominato ‘codice dello spettacolo’.” (art. 2)

Il ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli.

I Decreti attuativi, che dovranno tradurre in azione politico-amministrativa i principi della legge, dovrebbero dunque essere emanati entro il 17 novembre 2018. Non sappiamo se il Governo possa e voglia rispettare una scadenza ormai molto ravvicinata, e soprattutto se intenda cogliere l’opportunità (che la legge delega offre), di legiferare in materia. Il Parlamento, considerate le priorità del nuovo governo, potrebbe anche prorogare la delega spostandola più avanti. Ma anche qualora il nuovo governo non consideri prioritaria l’emanazione dei decreti attuativi, la Legge 175, come si è rilevato commentandola dopo l’approvazione al Senato, presentava un limite che oggi può essere forse considerato un pregio: quello di elencare gli ambiti e i temi di intervento per una politica dello spettacolo.
Tra gli schieramenti politici vincenti all’ultima tornata elettorale, analizzando quel poco che scaturiva dai programmi, sul tema della cultura convivono posizioni stataliste e altre più liberiste, impostazioni più centraliste e altre più localiste-regionaliste.
Dovrebbe in ogni caso restare in vigore fino al dicembre 2020 il DM 27 luglio 2017, che ha stabilito i criteri di assegnazione del FUS per il triennio 2018-2020, anche se il Contratto per il Governo del Cambiamento siglato da Movimento Cinque Stelle e Lega, prevede la riforma del sistema vigente:

“L’attuale sistema di finanziamento, determinato dalla suddivisione secondo criteri non del tutto oggettivi delle risorse presenti nel Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), limita le possibilità delle nostre migliori realtà e impedisce lo sviluppo di nuovi progetti realmente meritevoli.
Riteniamo pertanto necessario prevedere una riforma del sistema di finanziamento che rimetta al centro la qualità dei progetti artistici.”

Per quanto riguarda i Decreti attuativi, sono ipotizzabili due strade:
# un unico Decreto, che sostituisca il DM 27 luglio 2017 e copra anche le altre azioni previste dal Codice dello Spettacolo;
# un Decreto che si faccia carico della riforma del FUS e uno o più decreti che coprano gli altri ambiti di intervento previsti dal FUS.

I fabbisogni finanziari: alcune considerazioni preliminari

La legge prevede che l’intera materia – che venga disciplinata sia da uno sia da più decreti attuativi – sia coperta dal FUS, maggiorato di 9,5 milioni di euro per il 2018 e 2019 e di 22,5 milioni di euro dal 2020 (art. 4.1).
Prevede inoltre che

“dal decreto o dai decreti legislativi di cui al comma 1, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In conformità all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.” (art. 2.6)

In pratica, qualora in base al Codice dello Spettacolo venissero intraprese azioni “non a costo zero” e non si trovassero risorse aggiuntive, le risorse dovranno essere reperite dal FUS, riducendo inevitabilmente il sostegno alle attività fino a quel momento sostenute dal Fondo.
E’ dunque necessario valutare:

# i presumibili costi della riforma, con riferimento sia alla materia che andrà disciplinata dal Decreto attuativo sul FUS, sia alle azioni che potrebbero confluire in questo o in altri decreti attuativi;
# la eventuale disponibilità di risorse aggiuntive: se effettivamente la riforma può contare solo sul FUS o se si possono dirottare sul FUS altri stanziamenti, disponibilità, fonti e/o ragionare su scelte politiche/stanziamenti conseguenti operate dal MiBAC e non irreversibili.
La valutazione dell’entità delle risorse FUS, extra FUS e collegate ad altri capitoli di spesa richiede una accurata accurata (alla quale Ateatro sta già lavorando).

La parabola del FUS

Nel bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 la dotazione FUS per l’anno in corso risulta pari a 331,7 milioni. Dal 1985 (anno in cui è stato istituito) al 2016, lo stanziamento è calato del 54,81%, e l’incidenza del FUS sul PIL è passata dallo 0,0846 allo 0,0243%, come risulta dalla più recente relazione dell’Osservatorio dello Spettacolo.

Andamento del rapporto percentuale tra lo stanziamento FUS e il PIL (1985-2016)

Andamento del rapporto percentuale tra lo stanziamento FUS e il PIL (1985-2016)

Dopo un incremento nel 2013, il calo è stato confermato anche dall’ultimo governo negli anni 2014/2017, anche in presenza di scelte politiche significative del Ministro Franceschini e del Parlamento. In particolare fino al 2016 il FUS finanziava anche il settore cinematografico, per il quale, dal 2017, la Legge 220/2016 ha istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo.
Le risorse stanziate per il Cinema e l’aumento delle risorse extra FUS corrispondono a queste scelte politiche (vedi la Tabella, nostra elaborazione da dati MiBACT).

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Il Codice dello Spettacolo prevede l’inquadramento nel FUS di nuovi ambiti, il potenziamento di alcuni settori, e funzioni o interventi “trasversali” (inevitabilmente onerosi), che impongono una riflessione sui costi, ovvero sui fabbisogni finanziari della riforma (se di riforma si tratterà).
Fra i nuovi ambiti vengono menzionati:

– i Carnevali;
– le rievocazioni storiche;
– la canzone popolare d’autore;
– la musica popolare contemporanea;
– gli spazi (in particolare in comuni sotto i 15.000 abitanti).

Fra i settori cui dare impulso emerge l’enfasi sulla danza, mentre i temi trasversali riguardano l’attenzione ai giovani e alla scuola, il rapporto con il turismo e con il patrimonio, l’internazionalizzazione (che potrebbe collegarsi anche a un’auspicabile riforma degli Istituti Italiani di Cultura, che dipendono dal Ministero degli Esteri). I principi generali suggerirebbero interventi significativi finalizzati alle azioni di riequilibrio territoriale e promozione del pubblico, l’area sociale, e per concludere il lavoro (il welfare e la formazione professionale). Si tratta in molti casi di terreni che comportano interazioni con altri Ministeri (Esteri, Istruzione, Lavoro, e adesso anche l’Agricoltura, dove il nuovo governo ha spostato le competenze relative al Turismo) e soprattutto il confronto con le Regione e gli Enti Locali, con la definizione di accordi che dovrebbero comportare – a monte – una chiarezza mai del tutto raggiunta sulle rispettive competenze.

Il 3% del FUS per il Piano delle Arti

Il Codice dello Spettacolo prevede l’attribuzione annuale del 3% del FUS (circa 10 milioni di euro), al finanziamento del Piano delle Arti, previsto dal decreto legislativo 60/17 sul sostegno alla creatività per ogni ordine di scuola. Devono essere ancora chiarite le modalità con cui verrà gestito questo fondo, se con un trasferimento diretto al MiUR oppure con modalità che lascino la gestione alle realtà del settore spettacolo e quale sarà l’impegno del MiUR nel sostegno ad una azione così complessa. Oltre a una cabina di regia tra MiUR e MiBAC, sarà in ogni caso necessario che il mondo della formazione si interfacci con il mondo produttivo artistico, con gli enti culturali e con il terzo settore.

Le Fondazioni Lirico Sinfoniche

Per quanto riguarda il fabbisogno finanziario, le Fondazioni Lirico Sinfoniche rappresentano un altro nodo problematico.
La Legge 175/2017 (art. 2, c. 3) prevede per le FLS che i decreti legislativi devono tenere conto della “revisione dei criteri di ripartizione del contributo statale” anche tramite “scorporo dal FUS delle risorse ad esse assegnate”. Il testo aggiunge che ciò deve avvenire “in coerenza” con quanto previsto dalla normativa vigente in materia di risanamento delle FLS e con i principi di riparto contenuti nel DEF 2016 (dove si parla di un ulteriore impegno di spesa di 10 milioni annui per le FLS per 2017 e 2018 e di 15 milioni annui a partire dal 2019 tramite apposito DM del MiBACT che stabilisce le regole tecniche di ripartizione commisurate per ciascun ente all’ammontare dei contributi privati e territoriali). Il comma aggiunge altri parametri qualificanti.
Tuttavia non è chiaro che cosa s’intenda per “revisione dei criteri di ripartizione”, o almeno quali saranno l’impostazione, l’entità e il set dei criteri. Analogamente poco chiaro è il concetto di “scorporo” dal FUS: potrebbe significare che una quota di risorse finirà in un altro fondo del bilancio dello Stato, a questo punto finalizzato: è ipotizzabile che questo provvedimento riguardi solo le 14 FLS riconosciute, lasciando nel FUS alla voce Musica tutto quanto attiene al resto della lirica e del teatro musicale (Teatri di tradizione, Lirica ordinaria).
Nel caso di revisione dei criteri (e a maggior ragione in caso di scorporo) è probabile che le stesse FLS si battano per ottenere una dotazione generosa a loro dedicata. Già oggi le FLS cubano oltre il 53% dell’intero ammontare del Fondo Unico dello Spettacolo, senza contare i contributi speciali per Scala e Santa Cecilia.
In questo contesto diventa rilevante il tema del risanamento. Attualmente su 14 FLS ben 9 hanno avuto accesso alle prerogative della Legge 112/2013, che sulla base di un vincolante impegno di risanamento nell’arco triennale consentiva di godere di ulteriori finanziamenti finalizzati all’ammortamento dei debiti: si tratta di una somma assai rilevante, pari a circa 158 milioni extra FUS. La relazione semestrale del Commissario nominato dal MiBACT nota che, seppur con alcuni progressi sulla gestione economico-finanziaria ordinaria, per alcune realtà il risanamento è una strada lunga; la questione appare decisamente strutturale: per alcune FLS vengono sollecitati importanti interventi di ricapitalizzazione a cura dei soci fondatori, e in alcuni casi in territori con problematiche finanziarie significative, come Roma).
In questo quadro, viene da chiedersi che cosa potrà accadere alle FLS che non avranno ultimato il risanamento a norma di legge nel periodo previsto. Andranno in liquidazione coatta amministrativa? Ci sarà l’ennesimo salvataggio fuori sacco? Diventeranno qualche altra cosa?
In ogni caso, quando si tratterà di stabile e ripartire la dotazione finale del FUS che dovrà rispondere al nuovo Codice, le FLS continueranno a determinare, direttamente o indirettamente, un forte condizionamento dell’intero sistema dello Spettacolo dal vivo.

I progetti speciali e le azioni di sistema

L’ambito dei progetti speciali e delle “azioni di sistema” è cruciale per il significato politico che riveste. Se questa tipologia intervento segue un disegno, una filosofia progettuale, una programmazione seppure dirigistica, le risorse possono essere rese produttive e dare un preciso indirizzo di politica culturale: per esempio, possono essere funzionali a ri-equlibrare le inevitabili rigidità del sistema dei finanziamenti, a sperimentare, a raggiungere precisi obiettivi. Quando invece la logica dei progetti speciali si riduce alla distribuzione di risorse alternativa alle regole del DM (cioè al di fuori di qualsiasi valutazione soprattutto progettuale e artistica), e quindi su base esclusivamente politico-clientelare, le distorsioni e le contraddizioni risultano evidenti: progetti non all’altezza, duplicazioni del sostegno a soggetti già assistiti in base ad altri articoli, totale sconnessione dal sistema teatrale o musicale, eccetera. Anche l’uso di queste risorse va quindi improntato a linee guida e non può essere totalmente discrezionale.

Per una politica dello spettacolo e della cultura

Il Codice si pone obiettivi assai ambiziosi, anche perché mette in relazione lo spettacolo con altri settori, a vari livelli: formazione, istruzione e ricerca, lavoro, previdenza e politiche sociali, finanze, turismo, esteri… L’articolazione del provvedimento implica anche una diversa relazione con i territori: basti pensare, oltre che alla menzione dei comuni con meno di 15.000 abitanti, agli accenni al teatro amatoriale e al rapporto con il terzo settore.
Questa nuova prospettiva implica una profonda riflessione sul ruolo e sulla funzione del teatro e della danza nell’attuale scenario sociale, culturale e mediatico. Finora il teatro italiano (e le stesse politiche ministeriali, a cominciare dalla gestione del FUS) ha cercato di gestire l’esistente, a partire dalle singole realtà, sia per quanto riguarda gli aspetti quantitativi sia per quanto riguarda la qualità artistica: l’incapacità (o la mancata volontà) di definire le funzioni e gli obiettivi dei diversi soggetti deriva da questa impostazione. Il settore non è mai stato in grado di pensarsi in una ottica di sistema, per cercare di ridurre gli squilibri esistenti e per porsi nell’ottica di un organico sviluppo.
Il Codice dello Spettacolo non presuppone solo una visione organica del settore, ma spinge anche a una maggiore interazione con il “sistema paese”: è una sfida e una straordinaria opportunità di crescita. Vedremo se il settore e il paese saranno in grado di vincerla o se si tratterà dell’ennesima occasione mancata. O peggio, come è accaduto per la recente riforma del FUS.




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