Oltre il Decreto verso il Codice dello spettacolo
Una lettera aperta al teatro italiano
Con gli incontri e le ricerche che hanno portato alla pubblicazione del volume Oltre il Decreto. Buone pratiche tra teatro e politica, pubblicato da FrancoAngeli, la Associazione Culturale Teatro ha cercato di svolgere due funzioni necessarie alla efficace applicazione di un provvedimento di grande portata, anche per individuare eventuali modifiche che possano contribuire a raggiungere gli obiettivi politici della norma:
# l’ascolto dei soggetti interessati, con un confronto aperto (e non confinato all’interno di comitati ristretti); al percorso hanno partecipato circa 600 tra operatori e amministratori, negli incontri di Milano, Vicenza, Siena e Castrovillari;
# una verifica degli effetti reali dell’applicazione del provvedimento, a partire da una analisi sistematica dei dati forniti dagli stessi teatri coinvolti (nell’area della stabilità).
Questa ricognizione, affiancata da una parallela attività di ricerca, è stata condotta con pochi mezzi, in “tempo reale” e in maniera del tutto indipendente. L’indipendenza è una virtù necessaria per garantire la correttezza dei risultati. La velocità, pur comportando alcuni rischi, è indispensabile per cogliere trasformazioni rapide e impreviste. Per una sistematica attività di monitoraggio, la buona volontà non è sufficiente e sarebbero necessarie risorse ben maggiori di quelle che può mettere in campo una associazione come Ateatro (va anche rilevato che l’Osservatorio dello Spettacolo, al quale spetterebbe questo compito, non è stato in grado di offrire un contributo tempestivo e significativo).
Tenendo presente virtù e limiti dell’iniziativa, il progetto “Oltre il Decreto” (realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo e il patrocinio di Comune di Milano e Regione Lombardia) ha portato all’elaborazione di alcuni suggerimenti, in merito a una eventuale revisione del Decreto 1° luglio 2017 (e di un eventuale Codice dello Spettacolo e relativi decreti applicativi). Sono emersi diversi aspetti positivi della nuova normativa, come pure alcune criticità.
Alcune di esse sono di carattere generale e investono la politica culturale e il ruolo dello spettacolo dal vivo. In particolare:
# il nodo delle risorse, sia in termini generali (la quota di PIL e di denaro pubblico destinata alla cultura, che pone l’Italia agli ultimi posti della classifica europea), sia in termini di riequilibrio in primo luogo tra i beni e le attività culturali, e in secondo luogo tra i diversi settori, con lo spettacolo dal vivo tuttora penalizzato;
# nel quadro delle politiche per lo spettacolo e dei finanziamenti, la quota di teatro e danza, progressivamente erosa dai bisogni delle Fondazioni lirico-sinfoniche e della lirica in generale;
# il rapporto Stato-Regioni, al centro di alcuni ricorsi al TAR, che il risultato del referendum del 4 dicembre 2016 dovrebbe spingere a definire in maniera più equilibrata e precisa;
# la disparità tra Nord e Sud, tra centro e periferie, tra metropoli e centri minori, che di fatto esclude dalla partecipazione culturale una fetta significativa dei cittadini: sarebbero opportune misure di sistema e progetti pilota.
Altri aspetti riguardano l’impostazione generale del Decreto, che pur puntando correttamente ad accrescere la trasparenza delle valutazioni, presenta evidenti limiti:
# la definizione generica delle funzioni e degli obiettivi dei diversi settori del teatro di prosa, che rende di fatto impossibile una efficace politica culturale per lo spettacolo;
# il ruolo marginale della valutazione qualitativa, ovvero delle Commissioni Consultive, che hanno compiti limitati alla valutazione dei progetti (senza che sia prevista una attività di monitoraggio), scarsa incidenza e una griglia di valutazione eccessivamente vincolante;
# la multidisciplinarietà, finalmente accolta dal Decreto ma ridotta nei fatti a somma di spettacoli monodisciplinari afferenti a diverse discipline, non risponde alla realtà artistica e alle attese degli operatori; e le scarse risorse si sono rivelate inadeguate a sostenere una autentica multidisciplinarietà.
Nella sua filosofia, il Decreto resta ancorato al sostegno alla produzione (e dei soggetti più rilevanti dimensionalmente), senza intervenire di fatto sul lato della domanda, se non nella valutazione dei risultati produttivi, in un’ottica puramente quantitativa; e sostiene in misura inadeguata e inefficace la distribuzione.
Nel primo anno l’applicazione del Decreto 1° luglio 2014 ha portato a effetti che potevano essere prevedibili, e che le modifiche successive hanno solo in parte corretto:
# aumento delle produzioni, spesso di scarsa qualità e con pochi artisti impiegati;
# variazioni non rilevanti nel numero di spettatori complessivo (anche se con forti oscillazioni di molti teatri dell’area della stabilità);
# diminuzione delle teniture medie,
# disorientamento del pubblico;
# un aumento complessivo del numero di lavoratori (dati ISTAT) ma una riduzione delle giornate medie di lavoro pro capite, con una ulteriore precarizzazione del settore, soprattutto per quanto riguarda gli attori: è peggiorata la qualità del lavoro e si è ridotta la stabilità dei lavoratori anche nelle strutture maggiori.
Ricadono sul lavoro anche i problemi finanziari e gestionali delle imprese.
In generale, gli operatori lamentano il crescente impegno burocratico, la macchinosità delle procedure, la lentezza delle assegnazioni. Più che precisare ulteriormente o introdurre ulteriori regole, sarebbe opportuno ampliare i margini di libertà artistico-imprenditoriale (per esempio nelle pratiche multidisciplinari) e premiare la effettiva qualità di progetti, anche in fase di consuntivo.
Vanno espresse con maggiore chiarezza le missioni dei diversi settori, e gli obiettivi della loro attività, tenendo presente le differenze territoriali, anche per quanto riguarda l’articolazione dell’offerta e della domanda.
La chiarezza degli obiettivi generali dovrebbe riflettersi nei progetti e nei loro obiettivi specifici, e dunque aiutare a definire gli investimenti corrispondenti, valutandone la coerenza e lo spessore culturale. Questo dovrebbe consentire effettive possibilità di verifica dell’efficacia dei diversi progetti, che ora nella sostanza a consuntivo vengono valutati su base unicamente quantitativa. E’ ovvio che devono essere svolte sia una costante attività di monitoraggio e accompagnamento, che una Commissione Consultiva che opera a titolo non oneroso non è in grado di effettuare (anche perché non rientra nei suoi compiti), sia una attività di verifica e controllo che finora non è stata particolarmente efficace.
Se venissero valutati con attenzione gli effetti pratici dell’applicazione del Decreto, analizzando il peso e quindi le ricadute operative dei singoli parametri, sarebbe possibile provvedere alle opportune correzioni. In assenza di una analisi sistematica, si rischia di procedere solo sulla base di impressioni generiche (o di sollecitazioni interessate).
Anche la valutazione quantitativa risulta al momento frammentata in un gran numero di parametri, rendendo difficile individuare con chiarezza gli obiettivi prioritari; in fase di consuntivo, questa complessità rende di fatto impraticabili le verifiche. E’ stato rilevato da più parti (nella quasi totalità degli interventi del percorso “Oltre il Decreto”) lo scarso peso della valutazione qualitativa rispetto a quella quantitativa, e la delusione delle aspettative rispetto alla “qualità indicizzata”, che si è rivelata di fatto riconducibile a fattori puramente quantitativi. Se uno degli obiettivi dell’intervento pubblico è quello di creare “un teatro d’arte per tutti”, il criterio principale di valutazione non può essere il mercato (e, va aggiunto, un mercato inquinato da numerose distorsioni). Solo dando il giusto peso alla Qualità si possono valorizzare la funzione pubblica e il rischio culturale, rispetto a punteggi di Quantità (e Qualità indicizzata) che premiano la dimensione aziendale (e che finora non tengono conto del “margine artistico”, ovvero la quota del fatturato destinata alla creazione-produzione).
Il Decreto 1° luglio 2014 ha inserito nel sistema elementi di trasparenza e accountability. Una caratteristica strutturale lo rende difficilmente manipolabile da raccomandazioni e trattative: una volta assegnate le risorse ai vari cluster e inseriti i punteggi (di qualità e quantità, che sono pubblicati nel dettaglio sul sito del MiBACT), il calcolo è automatico, perché dipende unicamente dal punteggio di ciascun soggetto e dai punteggi dei altri soggetti affini (ovvero quelli inseriti nello stesso cluster).
Il Decreto ha avuto inoltre il merito di aprire, in termini che non si erano mai verificati prima, a progetti nuovi o giovani.
Si tratta di uno strumento per molti aspetti imperfetto (al di là degli aspetti tecnico-procedurali già rilevati in altre sedi) ma che potrebbe essere migliorato e affinato.
L’alternativa sono i bandi (come Migrarti), oppure la discrezionalità pressoché assoluta di altri canali di sostegno al teatro: per esempio la quota del FUS assegnata direttamente dal ministro dello Spettacolo attraverso i Progetti Speciali; o forme di “sostegno” eccezionali come quella che sta premiando il Teatro Eliseo con 8 milioni di euro per il biennio 2017-2018.
Un aspetto delicato riguarda i soggetti che vengono premiati attraverso questi canali: il Decreto 1° giugno 2014 prescrive che i soggetti possano fare richiesta per un unico articolo (con la parziale eccezione delle Residenze). Molto spesso queste forme di finanziamento premiano soggetti che già hanno accesso al FUS, e per attività che dovrebbero far parte delle loro funzioni istituzionali. Le forme di sostegno eccezionale dovrebbero premiare iniziative particolarmente rilevanti sul piano culturale (e magari innovative, in un’ottica di sviluppo), e non possono avere l’obiettivo di correggere eventuali difetti del sistema e dell’algoritmo.
Per certi aspetti il Decreto 1° luglio 2014 ha offerto un’occasione di razionalizzazione e di crescita del settore. Ma è un passaggio stretto: la modernizzazione del sistema dipende prima di tutto dalla volontà del mondo del teatro e degli operatori, dalla loro consapevolezza, dalla loro fiducia nel futuro, dalla loro capacità di collaborare per obiettivi comuni. Fiducia e spirito di collaborazione non sono facili da creare, soprattutto per i più giovani, in un mercato in contrazione e allo stesso tempo polverizzato, dove la distribuzione delle risorse non risulta certo equa. Ma questo è ancora possibile, se le modifiche del Decreto si sforzeranno di individuare e superare le contraddizioni emerse e cercheranno una maggiore coerenza fra finalità e parametri. E se il “Codice dello spettacolo” contribuirà a ridisegnare gli obiettivi e le funzioni del settore e rilanciarlo, riequilibrando parallelamente i poteri a livello centrale e locale.
Il volume Oltre il Decreto di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino , edito da FrancoAngeli. Il volume documenta gli incontri di Milano, Vicenza, Siena, Castrovillari e contiene i risultati dell’indagine “L’impatto del decreto sull’area della stabilità”.
Leggi l’Introduzione del volume.
Tag: Codicedellospettacolo (17), FUS aka FNSV (140)
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