Napoli: l’ex Asilo Filangieri dal bene comune all’uso civico e oltre

Nuove norme per nuove esperienze organizzative e artistiche partecipate dai cittadini

Pubblicato il 24/12/2016 / di / ateatro n. 159

Uno spazio unico, un’esperienza originale

Dell’ex Asilo Filangieri si è parlato molto, ma forse troppo poco per quello che rappresenta nel panorama degli spazi culturali autogestiti come Macao a Milano, il Nuovo Cinema Palazzo a Roma, il Teatro Mediterraneo Occupato a Palermo, il Teatro Rossi Aperto a Pisa, le Sale Docks a Venezia. E’ un’esperienza originale, probabilmente messa in ombra dall’irresistibile ascesa e dalla resistibile caduta del Teatro Valle Occupato.
In comune tutte queste esperienze hanno la volontà di riappropriarsi e gestire gli spazi occupati da parte dei lavoratori culturali e dello spettacolo e di sperimentare pratiche innovative di partecipazione e di produzione artistica. L’orizzonte giuridico, a partire dai referendum abrogativi del 12 e 13 giugno 2011 (il più rilevante riguardava l’acqua pubblica), è l’art. 43 della Costituzione.

A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

L’originalità del Filangieri sta in una procedura che ha consentito alla comunità artistica residente e al Comune di Napoli di farne a tutti gli effetti uno spazio pubblico aperto, gestito con criteri inclusivi e condivisi, collegando il concetto di “bene comune” all’antico istituto giuridico degli “usi civici”, che ha garantito per secoli l’uso di beni come boschi, fiumi, mulini, frantoi (la principale norma di riferimento è Legge dello Stato 16/06/1927, n. 1766).
Ma cominciamo dall’inizio.
L’Asilo è uno spazio affascinante e con una forte personalità. E’ un ex convento di tre piani nel centro storico di Napoli, in via San Gregorio Armeno, di un accecante giallo ocra, patrimonio Unesco. L’edificio era stato scelto come sede del Forum delle Culture, un appuntamento previsto per il 2013 che nei documenti dell’Asilo (che seguiamo e citiamo qua e là letteralmente per ricostruire la storia: www.exasilofilangieri.it), si definisce “evento fallimentare collegato alla perversa idea di ‘finanziare’ la cultura attraverso grandi eventi calati dall’alto, senza permanenze sui territori e coinvolgimento diretto degli operatori del settore”.
Fallito miseramente il Forum delle Culture, dopo una prima fase di occupazione, dal marzo 2012 lo spazio attrae una comunità eterogenea di lavoratori dell’arte e dello spettacolo, che sperimenta una pratica di gestione aperta. Anche con la collaborazione di studiosi e giuristi, gli abitanti dello spazio elaborano una “dichiarazione d’uso civico e collettivo urbano” e un regolamento. Una forma di autogoverno che si propone di essere aperta a tutti richiede l’elaborazione di un modello organizzativo complesso: alle assemblee pubbliche (di gestione e di indirizzo) si affiancano tavoli tematici e gruppi di lavoro, una modalità che tende a favorire l’incontro tra lavoratori. Forti di questa esperienza di fruizione e gestione collettiva e della partecipazione, gli abitanti dell’Asilo chiedono al Comune di Napoli di riconoscere il regolamento di uso civico.
Sono una comunità informale e fluida, che attrezza lo spazio e ne garantisce l’apertura e la cura, facendone un centro di produzione e formazione indipendente, con un teatro, laboratori, sale prove, un pubblico costante. Indipendenza artistica, politica e dal mercato si intrecciano:

Crediamo che la ricerca artistica e culturale così come la formazione debbano rimanere fuori dalle logiche del mercato e dalle pratiche di cooptazione discrezionale da parte del potere politico; esse necessitano di investimenti a carico della collettività tutta, che solo apparentemente sono ‘a perdere’ perché si ripercuotono su tutta la società e contribuiscono al benessere collettivo.

Una prima delibera del Comune di Napoli, nel maggio 2012, impegna l’amministrazione a «garantire una forma democratica di gestione del bene monumentale denominato ex Asilo Filangieri, in coerenza con una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 43 della Costituzione, al fine di agevolare la formazione costitutiva di una prassi di “uso civico” del bene comune, da parte dei lavoratori dell’immateriale». Una seconda delibera sancisce che i beni pubblici possono essere amministrati, con una compartecipazione degli oneri di gestione del Comune, «laddove giustificato da alto valore sociale creato prevedendo regolamenti di uso civico o altri modelli di auto-organizzazione civica da riconoscere in apposite convezioni» (Delibera approvata dal consiglio comunale, n. 7 del 9.3.2015).
Il 27 dicembre del 2015 il comune di Napoli approva una nuova delibera “che riconosce in pieno l’uso civico e collettivo urbano de l’Asilo, la cui dichiarazione diventa così non solo il regolamento di accesso ed uso dello spazio, ma un inedito modello di governo dei beni comuni nel nostro ordinamento amministrativo”.

Tutti i numeri dell’Asilo

Ma la forma gestionale e il riconoscimento giuridico non si capiscono se non si guarda l’attività dell’Asilo. Il giorno in cui ho visitato, guidata da due abitanti e animatori dello spazio, Andrea e Elena, era una domenica mattina prenatalizia. Via San Gregorio Armeno, la via degli artigiani del presepe, era affollatissima, vivace, colorata.

Fra le statuine della tradizione e della politica a San Gregorio Armeno, Donald Trump si è già conquistato il suo posto.

Non pensavo che lo spazio potesse essere in piena attività, ma in uno dei tanti giorni in 54 mesi, 4 anni e mezzo “di autogoverno e interdipendenza” stavano succedendo molte cose.
In Teatro, uno spazio ampio e attrezzato con palco, gradinata, americane, il gruppo Laminarie di Bologna stava lavorando a una delle tappe del progetto Ecuba, porti e periferie del Mediterraneo; al laboratorio seguiva qualche giorno dopo lo spettacolo con Laura Ottieri a cura di Febo Del Pozzo).
Nel Refettorio, spazio dedicato alla danza, Sveva Scognamiglio lavorava alla residenza Persona (lo spettacolo è andato in scena il lunedì successivo al Teatro Nuovo, dopo una prova generale aperta all’Asilo.
In Cappella c’era il regista Mario De Masi con il suo gruppo: il suo spettacolo Pisci ‘e Paranza, segnalato al Premio Scenario è stato provato e prodotto insieme all’Asilo ed era in programma il giorno prima nella rassegna Nome Cose Teatri; ma quella mattina stavano avviando le prove di uno spettacolo nuovo.
All’ingresso un pannello molto chiaro annunciava eventi e tavoli di lavoro, all’esterno l’orto urbano era simpaticamente disordinato, il laboratorio di falegnameria vissuto, le attrezzature – in parte regalate da compagnie e teatri cittadini – erano quelle necessarie e sufficienti. I custodi comunali presidiavano con cordialità, e i custodi in quella zona di Napoli sono di certo necessari. In sintesi, uno spazio molto abitato e decisamente in rete col sistema cittadino.
Su sito dell’Asilo in nome del principio di trasparenza si “danno i numeri” dell’attività dal 2 marzo 2012 al 31 agosto 2016, con “un po’ di pudore”, sottolineando che ci si è sempre concentrati “su modalità che niente hanno a che fare con parametri quantitativi”, ma anche con un certo legittimo orgoglio perché “l’esperienza dell’Asilo lascia intravedere come sia possibile ribaltare radicalmente la concezione e la pratica delle politiche culturali (…) l’inadeguatezza delle politiche fondate sui grandi eventi”.  
Ecco i numeri:
+ di 150 assemblee pubbliche di gestione per l’autogoverno dell’Asilo
+ di 830 giorni di tavoli pubblici di lavoro per l’approfondimento di progetti e proposte: tavolo armeria, tavolo arti della scena, tavolo autogoverno, tavolo biblioteca, tavolo cinema, tavolo infrasuoni, tavolo sociale, tavolo orto urbano
+ di 2000 soggetti produttivi, tra lavoratori e lavoratrici dell’arte della cultura e dello spettacolo, artisti, studiosi, ricercatori, singoli, gruppi, associazioni, comitati, istituzioni, cittadini, hanno utilizzato gli spazi e i mezzi dell’Asilo e/o organizzato attività
+ di 18000 presenze alla gestione diretta per l’autogoverno dell’asilo attraverso tavoli e assemblee pubbliche di gestione
+ di 5800 attività
tra cui
+ di 1300 giorni di prove di teatro, danza, performance e musica che hanno contribuito alla produzione di + di 250 progetti artistici nati all’Asilo e tanti altri progetti di passaggio distribuiti nei circuiti nazionali e internazionali
+ di 1500 giorni di formazione per + di 200 laboratori, workshop e incontri di formazione
+ di 300 tra dibattiti e seminari, incontri e assemblee pubbliche
+ di 300 tra gruppi musicali e singoli musicisti tra prove e concerti
+ di 300 tra compagnie, associazioni, gruppi e singoli artisti di teatro, danza e abilità aeree tra prove e spettacoli
+ di 250 tra proiezioni di film, audiovisivi e documentari, incontri, prove e riprese cinematografiche, verso la costruzione di una sala cinematografica per la distribuzione del cinema indipendente
+ di 200 tra mostre, installazioni, esposizioni, incontri di fotografia e di arte visiva e digitale
+ di 150 progetti ed iniziative artistiche e culturali per bambini
+ di 90 presentazioni di libri, ebook e riviste e editoria e incontri di poesia
+ di 200000 fruitori hanno partecipato alle attività dell’asilo

L’attività è elencata dettagliatamente nei documenti dell’ex asilo: sono stati presenti tutte le personalità più significative della cultura napoletana e molti fra i massimo protagonisti della scena nazionale. Citare qualcuno significherebbe fare torto ad altri.

Qualche criticità

Il percorso dell’Asilo Filangieri è caratterizzato dai successivi riconoscimenti del Comune, da risultati indiscutibili e dalla pratica concreta, entusiasmante ma faticosa dell’autogoverno. Un appello recente rivela una certa stanchezza:

Sentiamo il bisogno di chiedere maggiore sostegno a chi ha utilizzato e utilizzerà gli spazi per il prossimo anno: i numeri mostrano una crescita esponenziale delle attività e, con essa, della fatica nell’organizzarle. Abbiamo bisogno di aiuto materiale per strutturare una più equa redistribuzione dei compiti, perché non esistono stipendiati a cui delegare le funzioni che rendono possibile tutto questo.

Le criticità principali stanno nell’economia e nell’impegno della gestione. La delibera del Comune del resto, riconosce “l’alto valore sociale e economico generato dalla partecipazione diretta dei cittadini alla rifunzionalizzazione degli immobili”, ma, nell’individuare la “destinazione d’uso culturale e artistico dello spazio”, ne limita in modo molto preciso le economie, nel “rispetto della non lucratività delle iniziative realizzate”. Niente bar e affini, per esempio. Sono sì consentite donazioni e forme di crowdfunding e è possibile raccogliere contributi pubblici e privati, ma la particolarità giuridica è un enorme ostacolo da questo punto di vista (anche se forse non insuperabile).
Un obiettivo per i prossimi mesi, è quindi salvaguardare i presupposti dell’uso civico e della gestione condivisa, e assieme tutelarsi dai rischi di disgregazione e dalle stanchezze, coinvolgendo sempre più concretamente i fruitori dello spazio nella sua gestione.

Ragionando sulla delibera n.893/2015 del Comune di Napoli

La dichiarazione d’uso civico e collettivo urbano non ha riguardato solo l’Asilo, ma molte altre esperienze nate da lotte e conflitti sociali. Quella che la comunità dell’Asilo ha definito “una strada nuova” è stata estesa ad altri sette “spazi liberati” (delibera 446 del 2016). Se ne discute in altre città italiane e all’estero.
All’origine c’è l’esperienza dell’occupazione e dell’uso degli spazi del complesso di San Gregorio Armeno, un’esperienza che si considera preziosa, possibilmente da “salvaguardare” e “tutelare”: è questo lo scopo della scelta politica che trova espressione giuridica nella delibera.
Ma come giustificare una realtà di fatto che si vuole difendere e rafforzare, in rapporto alle condizioni poste dall’ordinamento esistente? Come inquadrarla giuridicamente, ovvero come ricondurre le caratteristiche sue proprie all’interno delle possibilità offerte dal sistema normativo dato?
La soluzione non cerca sotterfugi tecnico-legali per aggirare i vincoli posti dal codice civile e dalle norme che regolano l’attività amministrativa. Punta al cuore del problema investendo direttamente i principi fondamentali del diritto costituzionale e del diritto amministrativo, “inventandosi” una nuova strada. Contemporaneamente, si preoccupa di neutralizzare possibili opposizioni, attestando la coerenza dell’operato del Comune rispetto alle procedure prescritte dalle norme vigenti. Si parte da una realtà di fatto – accettata e assunta come giusta – per costruire il quadro giuridico appropriato a consolidarla.
I concetti chiave intorno cui ruota la ipotesi di inquadramento giuridico del fenomeno che si vuole riconoscere e salvaguardare sono due: “bene comune” e “usi civici”, con un originale collegamento tra i due. L’interpretazione del significato dato al termine di “bene comune” va al di là del mero riferimento, fatto nelle premesse, all’articolo 43 della Costituzione. L’aggettivo “comune” non equivale a “pubblico”, un termine che si contrappone a “privato”. La dicotomia pubblico-privato viene esplicitamente rifiutata o superata. Bene “comune” in quanto “originario del contesto sociale” in cui si colloca, cioè una “cosa” che svolge la sua funzione di “bene”, ovvero quella di procurare utilità e soddisfare bisogni, prima e indipendentemente dalla collocazione in una sfera di appartenenza, pubblica o privata, del servizio o del beneficio che offre. E’ una felice classificazione giuridica dell’”attività  culturale”, densa di implicazioni.
Per qualificare meglio questa “estraneità” rispetto ai modelli di classificazione codificati nel diritto civile e nel diritto amministrativo vigente, si “riesuma” dunque l’istituto degli “usi civici”: un istituto antico, introdotto nella legislazione solo nel primo Novecento, anche per regolare la conservazione di talune forme residuali di fruizione di particolari categorie di beni naturali e ambientali.
Forse “riesumare” non è il termine giusto. Si dovrebbe parlare piuttosto di un’ipotesi di “reinvenzione” dell’istituto giuridico “usi civici”, a giudicare anche dal fatto che se ne parla già nel testo aggiornato dello Statuto del Comune di Napoli, citato nella premessa della delibera. L’originalità di questa delibera sta nel ricondurre il concetto obiettivamente piuttosto indefinibile di “fruizione culturale” sotto l’etichetta di “usi civici”, collegandolo ad antiche attività di fruizione delle risorse primarie, per esempio i tradizionali diritti di legnatico nei boschi o di pesca in aree demaniali, attività che sono sempre state svolte in modo spontaneamente eco-sostenibile, prima di qualunque ordinamento statale. E’ un tema che da qualche anno è tornato al centro del dibattito: proprio per la loro riflessione sui beni comuni Elinor Ostrom e Oliver Williamson sono stati insigni nel 2009 del Premio Nobel per l’economia.
In questo modo la delibera riesce brillantemente a riconoscere diversi aspetti dell’esperienza dell’ex Asilo che sarebbe difficile ricondurre alle classificazioni del diritto vigente:  
– il “soggetto” dell’occupazione degli spazi, prima di tutto: è indefinito, descritto come una “comunità aperta”; non è dato stabilire a priori, legalmente, chi ha diritto di essere membro, si accetta come un dato l’indeterminatezza giuridica di questo insieme di soggetti;
– la disciplina d’uso e il regime dei rapporti intercorrenti nella comunità degli occupanti, e tra questi e i fruitori esterni dei servizi: si parla di riconoscimento dell’autoregolazione, di forme originali di generazione “autonomica” di regole.
Attraverso gli allegati pareri “tecnici” e “di regolarità contabile”, ci si pone in conclusione il problema di dimostrare che nessuna di queste nuove forme è incompatibile con il diritto e la legislazione esistente e che le prescrizioni in materia di uso del patrimonio pubblico vengono formalmente applicate.
E’ una delibera creativa e ricca di suggestioni per altre situazioni, anche solo in parte analoghe.

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