Giocare sull’identità con Giuseppe Muscarello al TMO, ma non solo
Io sono mia madre è una mostra fotografica, uno spettacolo di danza, un libro. Cos’hanno in comune questi linguaggi? Il loro autore, danzatore, attore e coreografo Giuseppe Muscarello, ma non solo. È un percorso coerente con l’attività di docenza, accompagnata a quella della ricerca che Muscarello compie da sempre e con Muxarte dal 1999, accompagnato nella scrittura drammaturgica da Alessandro Savona. In particolare le sue ultime tre produzioni Me-She-It, Anima Carnis in Sanguine Est e Io sono mia madre, si caratterizzano per una riflessione “sull’identità” che si rivela in un progetto che abbraccia varie forme di espressione. Il libro (Leima, 2016), un romanzo breve, è una fiaba per adulti, corredata dalle illustrazioni di Nicola Console. E’ un viaggio nella consapevolezza dell’essere adulti, che passa inevitabilmente dall’assenza e dalla negazione della figura materna, e più o meno traumaticamente si interroga sul concetto di “maternità”. È una scrittura che “apre gli occhi e anche le ferite”. Il protagonista si chiede se compiere gesti da adulto corrisponda all’essere diventati adulti, in un avventuroso percorso mentale, a tratti psichedelico, tra viaggi fisici e immaginati, masturbazioni e “battesimi allo specchio”, dall’infanzia all’adolescenza all’età adulta. L’affermazione più irriverente riguarda l’assenza, “il modo migliore per esercitare un ruolo”. Da questa riflessione si genera il pensiero che dà il titolo all’intero progetto. La sostituzione identitaria di un ruolo è l’unico modo per superare un’assenza tanto importante come quella della figura materna. Secondo Muscarello, “siamo un popolo con un superpotere: trasformare l’assenza in materia. Perché il dolore si trasforma in bellezza”, una esortazione davvero stimolante ben valorizzata dai contesti molteplici della espressione artistica di Muscarello.
La mostra fotografica ripercorre, in maniera giocosa e dissacrante, il pericolo esercitato per un figlio dall’assenza della figura materna, in sette ritratti realizzati da Fulvio Bellanca. Le immagini sono http://www.muxarte.com/#!io-sono-mia-madre/eppue” target=”_blank”>visionabili sul sito della Compagnia Muxarte e ritraggono sette azioni fondamentali, traducibili nella unica necessità che dà senso a tutte le altre: amare se stessi. Lo spettacolo di teatro danza, che reca lo stesso titolo del libro e della mostra fotografica, è andato in scena in vari spazi. Lo scorso 3 giugno è stato ospitato a Cagliari, al T.off Officina delle Arti Sceniche; in ottobre sarà presente nello spazio catanese di Scenario Pubblico, luogo di produzioni internazionali e casa d’arte della Compagnia Zappalà, che ha già accolto Muscarello in passato.
Divertimento, gioia e gioco, sono le tre possibilità trasmesse al pubblico dai performer danzatori, attori e curiosi non professionisti, date dall’esito di una possibilità segnica andata in scena nelle serate del 21 e 22 maggio. La produzione di Muxarte è stata in questo caso supportata dal Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo. Il TMO sta divenendo, con sempre maggiore attenzione e cura, un vero e proprio incubatore di produzioni e laboratori e ha ospitato eccellenze del teatro contemporaneo. Gli organizzatori sono sempre più orientati verso la formazione e la ricerca, come dimostrano i percorsi finora intrapresi, con artisti italiani di respiro internazionale, votati al confronto e alla ricerca condivisa. Il laboratorio-spettacolo Sull’identità è la seconda tappa di un progetto già avviato nei mesi precedenti. Gengè era la prima parte di uno studio che fa parte della ricerca sulla riflessione identitaria, a partire dall’opera pirandelliana Uno, nessuno e centomila e in particolare dalla considerazione sul protagonista Vitangelo “Gengè” Moscarda:
“Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano.”
La danza può indubbiamente meglio comprendere e descrivere “la destabilizzazione corporea” subita dall’individuo nella società contemporanea, sempre più asservita a logiche lontane dalla preservazione della identità del singolo. il corpo umano si sdoppia con la presenza in scena di due ballerini: oltre a Muscarello nell’allestimento realizzato lo scorso aprile nello Spazio Mil di Sesto San Giovanni, troviamo infatti anche Simone Zambelli. A Palermo, al TMO, in una bella prova laboratoriale, moduli corporei, segnali e codici ben definiti, governati da un fischietto dalla regia, sono serviti a scandire sequenze e velocità. Mani e volti, una coscia o una ciocca di capelli s’intravedono facendo capolino dalle quinte, stuzzicando l’occhio curioso degli spettatori in attesa, poco prima dell’inizio. Poi un lungo bastone fa sì che si possano raccogliere gli abiti distribuiti sulla scena vuota, da dietro le quinte, per non mostrarsi nudi al pubblico. Poi finalmente in scena. Il pudore viene sfidato attraverso la frenesia di danze, smorfie, una mazurka o la simulazione di personaggi stereotipati: un giornalista, militari in marcia, maestri di improbabili arti marziali, giochi di coppia… Il ritmo può essere generato nel silenzio dalla sequenza di una sigaretta accesa e spenta, dunque uno sputo, poi un mucchio di corpi indefiniti in assetto da fotoshooting, ammiccanti nei confronti del pubblico, spezzati nella loro coralità, ora dal ritornello di Ragione e sentimento di Maria Nazionale, ora da un feroce e cattivo cambio musicale che suggerisce una sfilata da soubrette superficiali e snob. Infine ci si strappa la maschera per indossarne di nuove, con un twist sulle note di Storia d’amore di Adriano Celentano o facendo cantare per gioco la propria ombra, animandola con il disegno del proprio alluce destro sospeso, su incomprensibili parole che ricordano il brano White whale dei Beirut. Forse la salvezza identitaria si nasconde nella romantica promessa di un amore, o forse il pubblico è il crudele specchio a cui tocca riflettere, ma chi riflette chi?
SULL’IDENTITA’ (NELL’INFINITO VORTICE DEL RELATIVISMO) progetto e regia Giuseppe Muscarello | assistente alla regia Federica Marullo | con – Cristiana D’Apolito | Rossella Guarneri | Stefania Ventura | Gisella Vitrano | Ilenia Modica | Ludovica Messina | Giulia Santoro | Salvo Ceraulo | Giorgia Bennici | Valentina Marotta. Una produzione Muxarte con la collaborazione di Teatro Mediterraneo Occupato.
Visto il 21 maggio al TMO di Palermo.
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