#BP2016 Oltre il Decreto | Teatri di Tradizione e Innovazione

Una risorsa immensa ma pericolosa

Pubblicato il 13/06/2016 / di / ateatro n. #BP2016 , 158 , Passioni e saperi
Umberto Angelini

Umberto Angelini

Teatri di Tradizione e Innovazione: questa, secondo me, dovrebbe essere oggi la corretta dicitura. Vale per tutti? No, ovviamente. Ma lo stesso si potrebbe dire di tanti teatri d’innovazione e di ricerca dei decenni passati che, pur antenendo la dicitura ministeriale, hanno innovato e sperimentato poco e per poco tempo.
I Teatri di Tradizione, cioè brutalmente quelli nati come la “lirica in provincia”, sono una risorsa immensa ma molto “pericolosa” perché spesso rappresentano l’unico teatro di una città. Cioè l’unico sguardo sul mondo della scena e non per tutti la “grande città” è a pochi chilometri di distanza (la cui scena teatrale è comunque già di per sé lontanissima dalle esperienze migliori delle grandi città europee). Ma questo suo essere, quasi sempre, l’unico vero teatro della città permette di avere un rapporto molto forte e diretto con il pubblico e il territorio. Permette cioè la costruzione di un rapporto più personale, più profondo tra teatro, pubblico e istituzioni che una città più piccola naturalmente offre. Ovviamente se si prescinde da un’idea di puro entertainment (nomi televisivi per la prosa, certa danza e balletto, esclusivo repertorio operistico) che contraddistingue anche un certo tipo di Teatro di Tradizione e si cerca invece di lavorare alla costruzione di una comunità, di senso, di visioni.

Brescia, Teatro Grande

Brescia, Teatro Grande

Mi piace infatti pensare al tessuto dei Teatri di Tradizione come al tessuto delle piccole e medie imprese italiane rispetto a quello delle grandi imprese (le Fondazioni liriche sinfoniche per esempio) cioè a quella trama fitta, tutta italiana, di storie individuali, poco conosciute, d’innovazione e sostenibilità che rappresentano la migliore espressione del territorio e la vera architrave del sistema.
Nel campo operistico i migliori Teatri di Tradizione svolgono un ruolo preziosissimo di scouting e promozione di giovani talenti artistici (cantanti, direttori d’orchestra, registi, maestranze) e nella danza hanno una programmazione internazionale quasi sempre assente da quella dei teatri delle grandi città. E parliamo di un settore che riceve un finanziamento pubblico complessivo veramente modesto a fronte di un alto tasso di sostenibilità economica e produttiva.
Sulla prosa (che fatica usare ancora queste definizioni!) credo che i Teatri di Tradizione abbiano invece poca forza innovativa e preferiscano “assecondare” il pubblico “di provincia” piuttosto che metterne in discussione certezze e gusti. Qui c’è ancora molto spazio per lavorare.
I Teatri di Tradizione possono dunque rappresentare degli interessanti modelli pluridisciplinari di “nuovo teatro” perché intercettano meglio di quanto possano fare i teatri delle grandi città, suddivisi storicamente per percorsi disciplinari, le trasformazioni di un pubblico (e anche di artisti) che sempre più predilige ragionare senza confini disciplinari.
Un teatro dalla identità plurale capace di unire tradizione e contemporaneità, sperimentare e innovare, mostrare e reinventare il repertorio e il classico con nuovi linguaggi e formati. Un modello di teatro che deve però porsi in dialogo collaborativo e prezioso con le grandi realtà teatrali e musicali delle grandi città individuandone gli angoli di collaborazione che generino per entrambi nuovi e maggiori benefici e disegnino nuovi fecondi scenari.
Ma per far questo non bastano nuovi decreti e nuovi regolamenti, serve soprattutto una progettazione culturale articolata e diffusa, una nuova consapevolezza del cambiamento tra chi dirige i Teatri di Tradizione, un diverso rapporto con l’amministrazione pubblica locale ma anche la consapevolezza da parte delle amministrazioni pubbliche nazionali e regionali e del mondo musicale e teatrale istituzionale che i Teatri di Tradizione oggi non rappresentano più una trincea conservativa ma anche felici avanguardie culturali sul modello di vincenti istituzioni europee.

Umberto Angelini




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