Dal Centro alla periferia: la politica del “Teatro Piccolo”
L'intervento per le BP Oltre il Decreto dei Cantieri Teatrali Koreja, Castrovillari 3 giugno 2016
Vedi anche Mimma Gallina, Oltre il Decreto, FrancoAngeli, Milano, 2016, p. 98.
Abbiamo preso in prestito una citazione di Piergiorgio Giacchè per dare un titolo al nostro intervento.
I Cantieri Teatrali Koreja sono a 1 chilometro e mezzo dal centro di Lecce. Seppur minima dal cuore della città, questa distanza è tale da considerare i cantieri come luogo periferico del sistema urbano. Noi di Koreja, che da sempre viviamo con orgoglio e dignità questa strana percezione, abbiamo posto al centro del nostro lavoro non solo la città di Lecce ma tutto il territorio che ci circonda, l’intero Salento. E la forza che ha motivato il nostro impegno è stata quella di superare la frattura tra centro e periferia, per non escludere dalla vita culturale i luoghi dell’abbandono, come sono le periferie.
A un anno dall’attuazione del Decreto Ministeriale del 1 luglio 2014 riflettiamo sui cambiamenti che esso ha portato.
In base al nuovo decreto ministeriale, Koreja, che fino al 2014 aveva a disposizione una sala di 203 posti in quanto Teatro Stabile di Innovazione, nel 2015 ha svolto la sua attività di produzione ed esercizio in due differenti sale agibili. La sala aggiuntiva è sempre nella stessa struttura ed è una sala di 98 posti che ha dato la possibilità di realizzare spettacoli di teatro e soprattutto di danza, musica e arti visive, permettendo così di instaurare una relazione più intima e complice con il pubblico, rafforzando sempre di più l’identità e le linee cardini del lavoro di Koreja.
A questo proposito, ci interessa sottolineare la funzione multidisciplinare delle attività svolte in questa nuova sala. Il progetto di Koreja ha incluso sempre, nell’attività di programmazione, l’accoglienza di spettacoli di teatro e danza di compagnie nazionali europee e non, e dei paesi al di là dell’Adriatico. Perché per noi, andare al di là del mare, è più semplice e interessante, a volte, che venire a Milano. Non essendo noi centro dell’impero, non consideriamo periferie quei luoghi che tanto hanno dato, e possono dare, alla cultura europea.
I Cantieri, pensati sin dall’origine come uno spazio europeo di ricerca teatrale, aperti all’ospitalità di compagnie provenienti dall’altra parte del Mediterraneo, con una sala in più possono oggi offrire maggiori momenti dedicati alle residenze artistiche, con la possibilità di dar luogo a sempre più progetti di ricerca e innovazione site specific.
Se da una parte, però, avere una nuova sala più piccola ha rappresentato per noi l’opportunità di creare migliori condizioni, dall’altra si è dovuto incrementare l’attività per far fronte a un ipotetico calo della media degli spettatori rispetto all’anno precedente, in cui avevamo una sala di 203 posti. Questo va detto, perché nel nuovo decreto la valutazione della qualità artistica non è sufficientemente regolamentata; viene dato, invece, molto rilievo alla qualità indicizzata, con peso e specifico punteggio. Allo stesso modo, è importante avere maggiore chiarezza su che cosa s’intenda per “gestione diretta esclusiva della sala”.
Essendo il FUS un contributo è assurdo escludere la possibilità di proventi da altre attività all’interno della struttura. Considerando soprattutto che al Sud non esiste alcuna possibilità di finanziamento da parte di fondazioni bancarie e di sponsor come spiegheremo più avanti.
Negli anni, l’attività al di fuori della sede di Koreja, è cresciuta sempre di più, raggiungendo tutta la provincia salentina. Il “Teatro dei Luoghi Fest”, ad esempio, è il festival che realizziamo nel periodo estivo per destagionalizzare il nostro territorio. Il festival ha sempre avuto come obiettivo principale quello di promuovere eventi di spettacolo in contesti di interesse storico e ambientale allo scopo di valorizzarne il patrimonio architettonico, artistico, paesaggistico e culturale.
Tutto questo, è per noi, una buona occasione per rafforzare sempre di più il rapporto con il territorio in cui operiamo. Tale attività, purtroppo, è scoraggiata dal nuovo decreto ministeriale, in quanto non riconosciuta, sia come qualità artistica sia come base quantitativa, perché non realizzata nelle sale direttamente gestite “in esclusiva” dal teatro. Ed è anche scarsamente favorevole a tutte le nuove politiche culturali dell’ Europa che mirano alla valorizzazione del patrimonio culturale ma anche all’audience development. Come raggiungere i pubblici hard to reach se non andando direttamente nei luoghi che loro abitano quotidianamente?
La difficoltà, dunque, di poter programmare l’attività artistica in spazi periferici riduce l’accessibilità culturale alla quale l’attività stessa di Koreja è sempre stata attenta.
Grande attenzione, inoltre, è stata costantemente data alle nuove generazioni. Tutto il prezioso lavoro fatto negli anni passati da Koreja per creare uno staff artistico, tecnico e organizzativo stabile, non riscontra un adeguato riconoscimento da parte del decreto. Continuiamo a credere che la formazione continua e interna sia un’asse portante del nuovo sistema teatrale.
Tant’è che, negli anni, abbiamo continuato a produrre spettacoli corali e intergenerazionali, sostenendo giovani progetti di nuove compagnie del territorio. Non vorremmo che con il nuovo decreto, nel passaggio da teatro stabile di innovazione a centro di produzione teatrale, si penalizzasse questa nostra peculiarità dando invece eccessivo rilievo a produzioni con pochi attori.
E’ questo è già stato in parte confermato da questo primo anno di attività in cui il numero di produzioni è cresciuto notevolemente e la maggior parte delle nuove produzioni vede in scena un ridotto numero di attori.
D’altro canto, l’attenzione da parte del decreto alle coproduzioni internazionali, ma non solo, ci trova assolutamente in sintonia. Da anni, infatti, lavoriamo con teatri e compagnie dei Balcani, e non solo. Non ultima la produzione “La parola padre”, uno spettacolo che mette insieme, in scena, un’attrice che viene dalla Macedonia, un’altra dalla Polonia e una terza dalla Bulgaria, con tre attrici italiane della nostra compagnia. Uno spettacolo che Rai 5 ha registrato e manderà in onda il prossimo 19 marzo.
Intendiamo, pertanto, continuare a rafforzare il lavoro con l’estero, e soprattutto con i paesi al di là del mare, per creare nuovi progetti e coproduzioni, con la possibilità di divulgare ulteriormente il teatro, affinché sia considerato patrimonio culturale italiano ‘esportabile’.
Ma come si può pensare di incentivare la mobilità degli artisti, obbiettivo in un certo senso “imposto” dall’Europa, se le repliche extraUE non vengono riconosciute e quelle UE vengono riconosciute solo per una piccola percentuale (L’attivita’ recitativa svolta nei Paesi UE e’ riconosciuta entro il limite del quaranta per cento dell’attivita’ programmata…)
In un territorio periferico come il nostro inoltre, la continuità contributiva da parte degli enti pubblici è molto complessa. L’unico ente che da sempre ci sostiene è la Regione Puglia, con convenzione triennale. È molto difficile riuscire ad avere altri sostegni pubblici ed è altrettanto problematico, nel periodo storico in cui viviamo, pensare di avere sostegni privati. Alle grandi aziende, che spesso hanno costruito il loro patrimonio economico sulla ‘pelle’ dei cittadini del territorio (vedi Taranto), poco interessa di investire su un “Teatro Piccolo”. Questa obiettiva difficoltà ci limita nei confronti della qualità indicizzata del nuovo decreto, mettendoci in posizione ‘subalterna’ nei confronti della politica.
Come è anche evidente che in un territorio come il nostro le difficoltà di distribuzione sono obbiettivamente maggiori. Non essendoci un circuito funzionale al Sud, siamo costretti a circuitare al Nord italia, dovendo spesso rinunciare a date singole i cui cachet ci permetterebbero di coprire solamente le spese di viaggio.
Crediamo opportuno, quindi, che venga riconosciuta la storicità e la capacità di “resistenza” di un gruppo di teatro che opera e vive in una realtà periferica, ma che riceve un notevole interesse da parte del pubblico e soprattutto da parte dei giovani. Per questo ad eseMpio abbiamo ritenuto fondamentale costruire una memoria storica del nostro lavoro attraverso la creazione di un archivio, fino ad oggi cartaceo, ricco di documenti e testimonianze, diventato ormai oggetto di studio di tanti studiosi locali e non.
La criticità maggiore che pensiamo accomuni tutti noi (teatri nazionali, tric – teatri di rilevante interesse culturale, centri di produzione teatrale e compagnie teatrali) è sicuramente il ritardato tempo di assegnazione, di liquidazione e soprattutto, per il 2016, di presentazione delle nuove domande che stanno ritardando in maniera raccapricciante la nuova progettualità.
Come afferma lo stesso Giacchè, il teatro è ‘piccolo’ ma le sue dimensioni non c’entrano con la sua importanza, che non viene solo dal prestigio artistico ma anche dall’essere in ogni luogo, e per ogni collettività, l’unico o l’ultimo ‘tempio laico’ dove la politica fa ancora rima con la comunità e può persino celebrare la sua sacralità.
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