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Musica, arti visive e oltre

Pubblicato il 09/05/2016 / di / ateatro n. 157

Breve presentazione

bukaSavana è un progetto di promozione musicale con aperture multidisciplinari, in particolar modo sulle arti visive. E’ nata a Milano nel 2012 e nel corso di questi 4 anni abbiamo organizzato singoli eventi, 2 cicli e progetti più articolati. Insomma siamo una rassegna.

Il progetto è nato dall’incontro di quattro persone che, di fatto, esprimevano due unità: io e Gianluca, membri di un’associazione che si chiamava Neoma e poi Danilo e Gaetano, reduci dell’esperienza di Audiovisiva. Da un paio di anni si sono aggiunti Michele e Nicola. Il gruppo è abbastanza fluido, ciascuno di noi ha compiti diversi nell’organizzazione di ogni evento. Abbiamo attivato SAVANA per affrontare il tema della promozione musicale.

 

Qual è il vostro tema di interesse prevalente (musica, innovazione, teatro, danza, editoria, …)?

Lo sguardo è verso le forme di espressione dell’arte contemporanea. Il suono è il centro della nostra ricerca, negli anni abbiamo sperimentato anche nel campo delle arti visivie e della danza contemporanea e tradizionale.

inner space

 

Qual è la vostra mission?

Portare un certo tipo di contenuti che ci sembrano interessanti e attuali in un contesto appropriato attivando prassi sostenibili.

 

Cosa consideri innovativo nel vostro modello o cosa avete portato di innovativo nel modello già esistente? Rispetto al legame con uno spazio, ad esempio…
Il nostro nasce come un progetto itinerante anche per necessità perché non c’era, e non c’è, necessità di abitare uno spazio, piuttosto un desiderio di definire perimetri all’interno dei quali creare forme diverse. Il progetto, così strutturato, si è potuto permettere di unire diverse istanze: il concerto/l’ascolto (come ad esempio la rassegna all’Auditorium San Fedele), il club/l’intrattenimento, ad oggi dormiente, ed il “festival”/la sintesi (progetti come Machine, Mutation, Mash…)
C’è stata una parabola di crescita quando abbiamo trovato un luogo, come nel caso della CGD, Compagnia del Disco, e un progetto come Buka, lo spazio che abbiamo co-animato era il piano terra, un’area tra i 500 e 1000 mq circa, all’interno di complesso di circa 40000mq. Quella situazione prevedeva la possibilità di creare un evento singolo dove potessero coesistere istanze differenti ma conciliabili (ascolto, clubbing, …).
Abitare uno spazio oggi, spesso significa inserirsi nel filone del “riutilizzo”: gallerie o proto gallerie (cubi bianchi), luoghi post industriali, … che sono belli da vedere ma difficilmente generano realtà interessanti. Per noi l’attrazione verso lo spazio “altro” si è manifestata con il progetto allo spazio CGD, ma credo che oggi il problema sia la mancanza di luoghi deputati strutturalmente alla musica aperti alla sperimentazione di pratiche contemporanee. Per questo da due anni condividiamo un percorso di progettualità condivisa con San Fedele Musica all’interno dello spazio dell’auditorium.
In termini di innovazione, secondo me nel nostro caso la novità è stata essere la summa delle novità in campo musicale, sociologico esperienziale e a livello di immagine. A cavallo del 2010 molti posti hanno chiuso e con loro sono scomparsi anche molti generi musicali, ciò ha permesso alla musica di avere una svolta e con lei anche le prassi usate fino a quel momento.
Ad oggi non credo che rappresentiamo una novità, mi sembra piuttosto che siamo in una fase di “stanca”.
L’anno scorso a Savana #Mash abbiamo ripresentato l’incontro tra le sonorità tradizionali non occidentali e le prassi occidentali (utilizzo di strumenti per la creazione di esse o che rientrano nel campo dell’estetica dell’arte contemporanea occidentale): è un terreno interessante perché apre ad una serie di scoperte ed interazioni possibili.
In ogni caso, oggi, non mi sento di dire che siamo innovativi, cerchiamo di stare su una frontiera ideale della ricerca.

 

Quanto conta per voi essere a Milano e non altrove? E Perché?

Savana è nata a Milano perché tutti viviamo a Milano. Rispetto al dato sociocfabbricaulturale io credo che difficilmente un’esperienza del genere sarebbe potuta nascere fuori da Milano. Penso che la città come contesto urbano, e Milano in particolare, siano le situazioni e l’ambiente in cui poteva nascere. Milano è anche la frontiera più alta dell’Italia verso il centro e il nord Europa oltre ad essere l’hub più importante in termini di trasporti, connessioni, … .
La cultura di riferimento è sempre stata quella
europea (Londra e Berlino in primis) e nord americana
, nel contempo è stato fatto un sforzo per presentare progetti nati o cresciuti a Milano.

 

Qual è il vostro modello di business?

Negli ultimi due anni abbiamo preso un contributo dal Comune e nel 2014 abbiamo vinto un finanziamento regionale su una linea biennale. Fino al 2014 siamo sopravvissuti con gli eventi, nessuno evento è mai andato in perdita, con le risorse proprie e con enormi sforzi. Nessuno di noi si mantiene lavorando a Savana!

 

Definisci “il contemporaneo”.

Tempo dedicato alla ricerca di pratiche e codici espressivi, culturali. Contemporaneo tende ad essere una parola che fotografa un momento, un tempo con inizio ed una fine incerti, contemporaneo è tutto il presente!

Grazie a Enrico Gilardi.

Intervista a cura di Silvia Bovio

 

#MilanoCORTEmporanea
STAY TUNED!




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