#MilanoCORTEmporanea | Da Teatro dell’Elfo a Elfo Puccini
Nascita ed evoluzione di una multisala teatrale
Incontriamo Fiorenzo Grassi negli uffici dell’Elfo Puccini.
Cos’è
Il Teatro dell’Elfo è un rappresentante nazionale della produzione teatrale contemporanea. Fondato nel 1972 da un gruppo di artisti fra cui i tuttora direttori artistici Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani (ma all’epoca c’era anche Gabriele Salvatores), è cresciuto come compagnia di produzione e teatro dedito a indagare i temi della società: non solo quelli concreti e pragmatici, dei fatti del quotidiano, ma anche e soprattutto l’anima e la psiche delle persone. Ha una storia densa, che ha toccato molti spazi di Milano e ha raccolto varie anime artistiche.
Dal 2010, è entrato nella nuova sede di Corso Buenos Aires, ribattezzata “Elfo Puccini”: malgrado il maggiore impegno organizzativo, la presenza di più sale, di spazi di prova e laboratori, degli uffici ha agevolato il lavoro produttivo, mantenendo al centro le esigenze artistiche e creative dei soci fondatori.
Mission:
Nella sua storia e nei suoi cambiamenti, l’obiettivo è sempre rimasto quello di trattare temi universali, che possano parlare agli spettatori, farli divertire, emozionare e riflettere, e di abitare uno spazio il più possibile “aperto” al pubblico e agli artisti.
Genere prevalente:
Teatro di prosa, con attenzione ai percorsi di ricerca e alle nuove generazioni. C’è un importante spazio anche per la danza.
Cos’è “innovativo”?
L’Elfo Puccini vanta oggi più di 600 alzate di sipario, ed il teatro è quindi aperto quasi tutto l’anno e tutto il giorno grazie alla presenza del bar e di eventi collaterali che non riguardano solo il teatro ma spaziano all’approfondimento, alla musica, all’arte visiva.
In questo progetto, la presenza della caffetteria, dove ci si può trovare anche per pranzare, è di certo un fattore chiave, ed è stato difficile scegliere a chi affidarla perché si voleva qualcuno che potesse sposare la mission dell’Elfo.
La cooperativa Olinda, che si occupa di teatro e sociale, ha risolto ogni dubbio: non solo è sulla stessa linea progettuale dell’Elfo, di cui condivide i valori, ma rende lo spazio distinguibile e diverso da quelli esterni.
Quella dello spazio accessorio nei teatri è una prerogativa del 1800, di un modo di vivere la cultura come momento sociale che è molto diffuso all’estero e che sta tornando in auge anche in Italia.
Business model:
Il restauro dell’Elfo Puccini ha previsto un investimento di 4 milioni di euro da parte dello Stato, con forte appoggio del Comune di Milano che ha lasciato all’Elfo libertà di progettare la ristrutturazione come più si riteneva funzionale.
Non si è mai pensato ad un’unica sala con molti posti: la scelta del “multisala” è stata naturale per creare uno spazio che si configurasse innanzitutto come casa della produzione. La sala Baush è utilizzata per le prove ma anche per spettacolo, si è trovato spazio per i laboratori di costumi e scenotecnica e parte del magazzino, nonché per riunire tutti gli uffici in un solo, luminoso open space.
L’organizzazione è imprescindibilmente legata alla parte produttiva e ha guidato anche la scelta della ragione sociale, la cooperativa, perché gli artisti soci potessero attivamente lavorare nella struttura. L’Elfo ha da sempre un capitale sociale di 120.000 euro, che si è rivelato strategico quando nel 2011 si è scelta la forma dell’impresa sociale, assolutamente coerente con le finalità e le attività della struttura, anche per la possibilità di continuare ad accedere ai finanziamenti indirizzati alle imprese teatrali senza scopo di lucro. La gestione del calendario cerca di ottimizzare le risorse, utilizzando i periodi di chiusura estiva per le nuove produzioni.
L’organizzazione interna è stata oggetto di molte riflessioni, per arrivare ad uno staff di 25 persone che si è cercato di non frammentare in troppi ambiti e settori. Il consiglio di amministrazione entra nel dettaglio sulla programmazione, mentre il consiglio di gestione è composto da amministrazione, produzione e distribuzione commerciale (non solo quindi degli spettacoli, ma di tutte le attività collaterali) e coordina di fatto tutte le attività e i settori secondo un progetto coerente. Il personale è riunito periodicamente per illustrare le future attività, i problemi, le scelte che vengono prese, rispettando la struttura della cooperativa e valorizzando la partecipazione dei singoli.
C’è un’attenzione al ricambio interno e alla preparazione delle prossime generazioni, mentre di fatto la direzione è ormai quasi totalmente occupata nel recupero fondi (tra le risorse dobbiamo annoverare anche quelle provenienti dagli incassi e dalle tournée che spesso impegnano i due direttori artistici).
Qual é il pubblico?
Lo spostamento del 2010 ha generato un rinnovamento di pubblico molto forte: lo “zoccolo duro” non ha abbandonato ed un tipo di spettatore letteralmente “cresciuto” con l’Elfo da quando la compagnia lavorava nelle scuole. Questo pubblico è fortemente legato a un certo tipo di cifra stilistica, molto identificabile, e i dati statistici ci dicono che l’altro teatro che frequenta è il Piccolo.
Buenos Aires ha portato invece tutt’altra tipologia di spettatore, con una fascia forte dai 20 ai 40. La fascia scolastica ha delle recite dedicate, ma si cerca di promuovere la presenza serale degli studenti, anche in gruppo, perché genera un’abitudine al teatro che è il vero elemento di formazione a lungo termine di nuovo pubblico.
Gli spettacoli hanno tutti molto pubblico, con degli ottimi numeri di occupancy, e non è scontato visto che la maggior parte delle proposte non sono “consolatorie” ma comunque impongono a chi le guarda una riflessione.
Il rapporto fra rischio economico e rischio culturale é molto forte: è un grande dispiacere che questo elemento non sia stato riconosciuto nei parametri di valutazione del nuovo decreto di finanziamento ministeriale.
Quanto conta essere a Milano?
Il Teatro Due di Parma ha di fatto aperto la strada a questo tipo di multisala prima che lo facesse Milano. Oggi più che guardare a loro ci si ispira alle città europee ed in questo senso Milano è ovviamente una città vicina al respiro internazionale, una città laboratorio di esperienze che, moltiplicandosi, creano “sistemi” nel Paese.
Cos’è il contemporaneo per l’Elfo?
Essere fedeli alla propria storia, continuare a preparare nuovi progetti sempre sorprendenti sia sul piano dei contenuti che su quello della forma e continuare la storica riflessione alla base del teatro: come si compone, di generazione in generazione, di epoca in epoca, il grande conflitto della società.
Grazie a Fiorenzo Grassi.
Intervista a cura di Silvia Bovio e Cristina Carlini
#MilanoCORTEmporanea
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