Wagner terrorista al Massimo
La regia di Graham Vick per Siegfried al Teatro Massimo di Palermo
Tre signore in tailleur a una scrivania interpretano le Norne, abiti sparsi in cerchio, intorno alla loro posizione prospiciente l’orchestra e gli spettatori, accolgono il noto “spinne, Schwester, und singe!” (fila, sorella, e canta!), cantato quasi distrattamente tra una sigaretta e la fabbricazione di una bomba mentre “la fune” da tirare diviene incitamento alla battaglia e rassegnazione al potere “fatale”. La corda del destino tessuta dalle Norne verrà moltiplicata da ordigni sul decisivo finale in questa eccentrica e provocatoria regia di Graham Vick: la indosseranno legata all’addome, come dei veri kamikaze i tanti attori non protagonisti – anche i bambini – mostrando sotto i loro impermeabili un muro di pance armate di candelotti e dinamite, generando un silenzioso disagio tra il pubblico, durato qualche minuto, prima che potessero giungere gli applausi per la fine dello spettacolo.
Vick è noto per i suoi adattamenti sperimentali ed eccentrici, non sempre apprezzati dal pubblico – ricordiamo en passant le polemiche legate all’allestimento del suo Don Giovanni da Mozart – e non stupisce che abbia dato una lettura così insolita alla sagra scenica del Des Ring des Nibelungen. È tuttavia fedelissimo al libretto di Wagner il testo scenico del Götterdämmerung di Richard Wagner e lo sono indiscutibilmente anche le musiche dirette da Stefan Anton Reck, con orchestra e coro del Teatro Massimo di Palermo, sebbene i musicisti coinvolti nel suo celebre corno o nei fiati e le arpiste siano spesso itineranti e celati tra i palchi o nel foyer della platea, generando smarrimento tra gli astanti, confusi sulla provenienza delle musiche.
I costumi anticrisi di Richard Hudson presentano una Brünnhilde/Iréne Theorin in leggins e canottierina rigorosamente neri, come total black è il suo trucco e lo sono i tatuaggi che mostra sulle braccia nude, preannunciano ed esibiscono la sembianza luttuosa per l’epilogo che vedrà la morte del suo amato Siegfried/Christian Voigt, look da rapper anni Novanta. Anche le Figlie del Reno come la Theorin e Gutrune/Elizabeth Blancke-Biggs non mostrano reticenze nella esibizione delle loro morbidezze: anzi, il loro approccio erotico all’eroe della saga di Wagner sembra agevolato da aderentissimi hot pants paillettati, nascosti sotto minigonne da collegiali in gita, che mostrano apparendo da un camper, decorato con la vistosa scritta in aerosol art nella parte posteriore: “Walhalla”; e adagiandosi in pose porno pop, mentre uno stuolo di comparse prova a toccarle, nonostante una barricata di sedie in plexiglass lo impedisca, ma non troppo.
Divertente e buffa appare l’ironica scarpa con bandiera british che si agita in coreografie congelate: ben si sposa con gli esilaranti balletti in platea tra il pubblico e con la sfilata grottesca per il doppio matrimonio post-punk, che nel testo di Wagner sanciva il momento centrale della catastrofe amorosa tra Brünnhilde e Siegfried e l’inganno per la brama di potere e gloria, adoperato ai danni dell’eroe, possessore di quel magico anello a cui Tolkien, poeta e filologo, dedicherà un fantasy destinato a divenire un imponente trionfo cinematografico. Il personaggio di Gunther è esatta sembianza dell’omonimo cantante svedese, noto per i suoi video dance pop piuttosto espliciti, elegantemente riadattati anche da Giancarlo Sepe nel 2011 per il suo Dr. Jekill e Mr. Hide, danzati e coreografati dalle deliziose Alice ed Ellen Kessler, nei ritornelli di una Ding Dong Song (You Touch My Tralala).
In questo Wagner di Vick assistiamo piuttosto ad animazioni di balli di gruppo, a una consueta pornografia da social e talent show di cui è intriso il personaggio di Gunther, tra gli altri, interpretato dal bravo baritono Eric Greene, anche bello nonostante il marcatamente finto biondo prevarichi il suo capo, mentre recita in slip bianchi imitando uno svagato consumatore compulsivo di cocaina e tablet, barcollante tra un talamo incestuoso e un giocoso patto di sangue a base di eroina con Siegfried, immortalato da un selfie che include la sorella Gutrune (le stesse droghe erano peraltro già presenti nell’attrezzeria scenica del citato Don Giovanni del 2014).
Ben lontano dall’impegno civile ci sembra oggi Vick, in questo suo Wagner, sebbene negli anni Ottanta avesse dato vita a un progetto culturale che coinvolgeva 300 giovani disoccupati in un mulino abbandonato nello Yorkshire. Tante le denunce e i riferimenti al contemporaneo, come i sacchi di spazzatura spostati da una parte all’altra del palcoscenico – non si sa bene però per quale ragione – con struttura centrale rotante, le quinte inesistenti e un abbacinante faro sparato sul pubblico, che talvolta distrae il pubblico nelle quasi sei ore di rappresentazione, oltre che da lampi e da particolarissimi cavalli. I personaggi wagneriani di Vick “cavalcano” infatti poggiando le mani sulle spalle nude di un prestante e atletico servo di scena/mimo (?) che masochisticamente tiene una sedia sotto braccio: all’occorrenza servirà come supporto-sella. Da Sigfried viene usata salendo in piedi sulla seduta. Sebbene dunque venga tirato in ballo il terrorismo, è più che altro il pretesto per una esibizione estetica di luccichii e vernici verde militare, esageratamente stridente con l’immortale Wagner.
Una sorta di svastica o semplicemente la stilizzata sembianza simmetrica di “it is” sovrasta il braccio destro del perfido Hagen/Mats Almgren, il quale indossa peraltro un giubbino con un ricamo che riporta una drammatica promessa di “Deicide” che in pochi riusciranno a leggere. Sarà forse per questo che il retro della parete scenica che rappresenta gli interni regali è imbrattata da una didascalica scritta in rosso, gigantesca: “Dio è morto”. Così anche il povero Nietzsche, o forse perfino Guccini – qualcuno tra il pubblico lo cita, pensando che Vick abbia voluto omaggiare il cantautore italiano piuttosto che far riferimento alla storia del pensiero culturale del Novecento e dimenticando l’amicizia tra il compositore e il filosofo – vengono coinvolti in questa divertente e leggera rivisitazione. Non manca un trucco alla Bowie, tra i vari omaggi alla pop star da poco deceduta. Una mazza da hooligan, uno stupro, un frustino e una salsiccia seppelliscono Siegfried e sterminano i suoi compagni di palcoscenico. C’è un divertito compiacimento nel grottesco trash di questo adattamento, che nel libretto presenta un fotoromanzo italianissimo, con un allarmante finale: “continua…”.
Götterdämmerung
Libretto e musica di Richard Wagner
Terza giornata, in un prologo e tre atti, della sagra scenica Der Ring des Nibelungen
Direttore: Stefan Anton Reck
Regia: Graham Vick
Scene e costumi: Richard Hudson
Azioni mimiche: Ron Howell
Luci: Giuseppe Di Iorio
Assistente musicale: Friedrich Suckel
Assistenti alla regia: Lorenzo Nencini e Yamala-Das Irmici
Scenografo e costumista collaboratore: Mauro Tinti
Assistente alle scene: Giacomo Campagna
Assistente ai costumi: Elena Cicorella
Maestro del Coro: Piero Monti
Nuovo allestimento
CAST
Siegfried Christian Voigt
Gunther Eric Greene
MIMI
Grane, il cavallo di BrünnhildeJean Maurice Feist
Il cavallo di Waltraute Giuseppe Randazzo
I corvi di Wotan Giuseppe Claudio Insalaco, Rocco Buttiglieri
Daniela Allotta, Valeria Almerighi, Valentina Apollone, Mirco Arizzi, Rocco Buttiglieri, Innocenzo Cancemi, Marco Canzoneri, Giovanni Caruso, Livia Cintioli, Marzia Coniglio, Giuseppe Conti, Enrico Costanzo, Giulia Cutrona, Gabriella D’Anci, Arianna D’Arpa, Salvatore De Franchis, Salvatore Dolce, Jean Maurice Feist, Diletta Giannola, Rossella Guarneri, Giuseppe Claudio Insalaco, Chiara Leone, Dario Leone, Marco Leone, Sergio Lo Coco, Valentina Lo Duca, Giuseppe Lo Piccolo, Alberto Maggiore, Antonio Mandalà, Oriana Martucci, Cinzia Mazzi, Luigi Salvatore Milazzo, Sergio Modica, Sabrina Pecoraro, Marzia Pellegrino, Ennio Pontorno, Giovanni Prospero, Giuseppe Randazzo, Angela Ribaudo, Sara Scarponi, Marcella Vaccarino
Orchestra e Coro del Teatro Massimo
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