Il volo con Luigi Dadina e Tahar Lamri, ovvero come trovare le parole

In memoria dei tredici picchettini morti nei cunicoli della nave gasiera “Elisabetta Montanari”

Pubblicato il 09/12/2015 / di / ateatro n. 156

Luigi Dadina

Amore e anarchia di Luigi Dadina e Laura Gambi debutta all’Elfo-Puccini di Milano e la mente e il cuore corrono alla visione di Il volo. La ballata dei picchettini di Luigi Dadina, Laura Gambi e Tahar Lamri, visto a Ravenna al Teatro Rasi il 14 novembre scorso.
Entrando in sala, attori e musicisti disposti dietro una cattedra, aspettano il pubblico, mentre una lavagna annuncia enigmatica la «conferenza sul marzo».
Certo, l’idea di una conferenza-spettacolo potrebbe sembrare sufficientemente sperimentata, tuttavia la pièce è molto più della semplice messa in forma spettacolare di una conferenza: è una conversazione intrisa di coraggio, indignazione sapiente (e pertanto al riparo da qualsivoglia retorica), persino ironia interrogativa, nonostante il dramma che vi è sotteso.
La conversazione, per inciso, è quella tra lo stesso Luigi Dadina e Tahar Lamri, così come abbiamo avuto la fortuna di ascoltare fuori dal teatro, riscontrandovi la stessa sincerità, la stessa necessità e, dunque, avendo l’opportunità di scoprirne la scaturigine teatrale vissuta («Luigi e Tahar non sono due personaggi, portano in scena se stessi in prima persona. C’è stato un lavoro di avvicinamento alla complessità delle singole identità», dichiara Laura Gambi). In questo caso, come sempre d’altronde nelle sue migliori evenienze, la scena è innervata dalle dinamiche che l’esistenza già esperisce, proiettandole, al teatro, dentro più che fuori di sé.
Così il racconto, suggerito (con la forza di una testimonianza non sradicabile) da Domenico Mazzotti, morto sul lavoro nel marzo 1947, a Luigi Dadina, innesca un vertiginoso viaggio nella memoria che convoca in un caleidoscopio magmatico riflessioni agostiniane, sondaggi etimologici, tranches de vie autobiografiche, sin nell’occasione dell’anagrafe che segnala quasi una coincidenza delle date di nascita dei due protagonisti (24 dicembre, Lamri; 25 dicembre, Dadina). Coincidentia oppositorum, certo, ma in ordine ad uno spaesamento più vasto, all’accettazione del rischio che accogliere l’altro, persino nelle idiosincrasie e nei capricci del calendario, sempre comporta.

Il volo. La ballata dei picchettini di Luigi Dadina, Laura Gambi e Tahar Lamri

È solo un caso, se ci tocca in sorte di assistere allo spettacolo, per esempio, il giorno dopo i tragici fatti di Parigi, per i quali Lamri, appena entrato in scena chiede, in arabo in francese e in italiano, un minuto di raccoglimento?
È sempre lo stesso Lamri, destinato a tramare questo lavoro con il controcanto sognante delle proprie origini, a confessare efficacemente nel libretto di sala: «senza le cose presenti sensibili e tangibili non potremmo mai avere sogni». È la memoria del presente, allora, a dire come il passato sia un sogno e, al contempo, l’ombra persistente e misteriosa di un evento che soffia la sua realtà sulle nostre spente coscienze, giocando ancora con le date, con i dati, con le bizzarrie di quel mese feroce e “marziale” che registra sempre al porto di Ravenna, quarant’anni dopo la crudele fine di Domenico, quella dei tredici picchettini, morti nei cunicoli della nave gasiera “Elisabetta Montanari”.
Di fronte a quella che passa alla storia come tragedia della Mecnavi, la narrazione si fa più rarefatta, la presenza musicale di Francesco Giampaoli e Diego Pasini più struggente e suasiva, prima di esplodere in una delle invenzioni più mirabili di questo gioiello delle Albe: il rap di Lanfranco-Moder-Vicari che declina, con scansione hip-hop ora sussurrata ora lancinante, il discorso funebre dell’allora vescovo di Ravenna, mons. Ersilio Tonini.
L’assunto significativamente incipitario di questo straziante grido di dolore («Io le parole non le trovo…») ha già la tenerezza di un commiato e di un capovolgimento paradossale (o, se vogliamo, di un contrappasso) dell’urgenza che ha mosso le ragioni principali di questo lavoro: quelle, cioè, di dire, ad ogni costo, le ferite, ma anche la grazia per quanto sfigurata, del tempo trascorso.
Questa preziosa esplorazione, sospettiamo, è forse un movimento nello spazio, più che nel tempo. Movimento scandito dalle passeggiate di Dadina e Lamri, dentro e fuori dalla sala (mentre le voci off dei loro pensieri li/ci accompagnano), movimento per ritrovare la pertinenza naturale e rassicurante dello spazio infantile che il salvifico buio del teatro non smette di verificare: «Da bambini, le cose sono sempre al loro posto».

Il volo. La ballata dei picchettini di Luigi Dadina, Laura Gambi e Tahar Lamri

Teatro delle Albe/Ravenna Teatro
il Volo
la ballata dei picchettini

di Luigi Dadina, Laura Gambi, Tahar Lamri
narrazione Tahar Lamri, Luigi Dadina

basso e percussioni Francesco Giampaoli, Diego Pasini
rap Lanfranco-Moder-Vicari

musiche Francesco Giampaoli
testi rap Lanfranco-Moder-Vicari
scene e costumi Pietro Fenati, Elvira Mascanzoni
tecnica Fagio, Danilo Maniscalco
regia Luigi Dadina

organizzazione e promozione Marcella Nonni, Serena Cenerelli
ufficio stampa Rosalba Ruggeri
fotografie Davide Baldrati




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