Totonomine. L’Aquila allo (s)bando punta sul ticket per accontentare tutti

"La cultura è cosa nostra" o dei cittadini?

Pubblicato il 28/10/2014 / di / ateatro n. 151

NOTA REDAZIONALE
Il 19 novembre 2014 è stato nominato direttore dello Stabile dell’Aquila il regista Alessandro D’Alatri. Non sono mancate le polemiche, sia prima della nomina (ne rende conto il pezzo di Maria Cattini qui sotto) sia alla conferenza stanmpa in cui è stato dato l’annuncio (trovate alcune info qui).

LINK: Le dichiarazioni del direttore in conferenza stampa.

LINK: La lettera aperta di Federico Fiorenza.

LINK: La risposta di Stefania Pezzopane.

LINK: Fiorenza scrive a Pezzopane: “Quando uno mente sapendo di mentire e quando non risponde a precise contestazioni, ha già dato atto di essere “ colpevole” o responsabile di quanto gli viene contestato”.

A L’Aquila la nomina del futuro direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo fa discutere ancor prima del suo insediamento. Tra gli addetti ai lavori del capoluogo abruzzese il totonomine continua ormai da mesi, ma forse non ci toccherà aspettare il 4 novembre, naturale scadenza del contratto dell’attuale direttore artistico Alessandro Preziosi, per conoscere il nome che uscirà dal cilindro dopo trattative riservate tra forze politiche, amministrazioni pubbliche e lobby. L’anticipazione è di Antonio di Muzio, oggi sul “Messaggero”:

“Tutti insieme appassionatamente […] Secondo una specie di manuale Cencelli, nel Tsa faranno parte, molto probabilmente, lo stesso Alessandro Preziosi come artista stabile voluto da una parte dell’amministrazione comunale (in pratica tutte le sue produzioni con la Ko.Ra Teatro verranno coprodotte dal Tsa), il regista Alessandro D’Alatri, voluto e scelto da Stefania Pezzopane nel post terremoto, che potrebbe ricoprire il ruolo di direttore artistico, e l’attrice Federica De Martino, nipote del consigliere delegato Remo, rappresentante della Provincia di Chieti nel Tsa che dal 1 gennaio non è più socia. Tutto il cocktail verrà miscelato dal confermato presidente Ezio Rainaldi, nominato dalla Giunta Chiodi e che ha il contratto in scadenza nel 2016, che ha avuto rassicurazione da D’Alfonso e Lolli. E Giorgio Iraggi? «Iraggi – ha spiegato Rainaldi – farà quello che deve fare secondo l’organigramma: il dirigente dell’organizzazione e della distribuzione. Non vedo nulla di nuovo». Il consiglio di amministrazione si terrà in settimana e verrà proposto all’approvazione il puzzle che dovrebbe accontentare tutti.”

Alessandro D’Alatri, regista cinematografico, teatrale e di spot pubblicitari, già negli anni passati era stato in lizza per la direzione artistica (anche se quella volta alla fine la scelta era caduta su Alessandro Preziosi). Si era parlato anche di un diverso ticket, con Fiorenza (già direttore del Tsa, che però è in contenzioso con lo stesso ente), Calenda (ex-direttore artistico a L’Aquila, in uscita da Trieste dove avrebbe lasciato un buco milionario) e lo stesso Preziosi. Chi voleva il mantenimento degli equilibri politici puntava invece sul dirigente (interno) Giorgio Iraggi o di Antonio Massena. Federica Di Martino, dopo l’esperienza dello scorso anno al Teatro Marrucino, era sostenuta da Gabriele Lavia (un passato recente da direttore artistico dal Teatro di Roma e ora alla Pergola di Firenze).

Alessandro_Preziosi

Alessandro_Preziosi

La nomina del direttore avrebbe dovuto essere figlia del rilancio dell’attività culturale della città e non “ostaggio” di logiche spartitorie. Sembrerebbe troppo facile e trasparente, per i quattro componenti del Consiglio di amministrazione del Tsa – il presidente Ezio Rainaldi, rappresentante della Regione Abruzzo, il vicepresidente Adolfo Paravano, rappresentante del Comune dell’Aquila, Antonio Del Corvo, presidente della Provincia dell’Aquila, e Remo di Martino, delegato della Provincia di Chieti – ricorrere a un bando pubblico per individuare una nuova figura al vertice dell’istituzione teatrale abruzzese (come è accaduto e sta accadendo per gli stabili di Bolzano, Trieste e Genova). Provvedimento auspicato, tra l’altro, dal decreto ministeriale entrato in vigore da qualche mese in materia di Stabili e motivato dalla riforma del Fus (Fondo unico per lo spettacolo): chiarezza, trasparenza, accountability, competenza, progettualità. Una figura più manageriale che artistica, ma di certo scelta con modalità e requisiti esaminati con un’auspicabile e doverosa trasparenza per scegliere il miglior direttore che debba sottostare ai vincoli di produttività imposti dalla norma per l’erogazione dei finanziamenti. La legislazione attualmente in vigore prevede anche la stesura di un piano Triennale della programmazione artistica da presentare entro il 31 gennaio 2015 (Decreto Ministeriale n. 71/2014). Un piano triennale che, attualmente, risulta top secret per il Tsa.

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L’intera storia del Tsa sembra segnata da questa cortina di fumo, aggravata dal periodo di crisi e occupazionale che investe anche la cultura, oltre alla riduzione del 20 per cento alle Istituzioni culturali aquilane e redistribuzione dei fondi ad associazioni minori, deliberato dal Consiglio comunale del mese scorso. Ancora una volta la politica in questo territorio è più attenta a se stessa e ai suoi equilibrismi che alle politiche culturali. Il vicepresidente della Regione Gianni Lolli (PD, amico fraterno del Sindaco Cialente e della Senatrice Pezzopane) ha detto: «Il progetto ce l’ho, ma per le nomine se la vedrà D’Alfonso». Intanto D’Alfonso, neo governatore, tace. Non a caso la Regione Abruzzo, socio di riferimento, è stata la grande assente anche alla presentazione della nuova stagione teatrale firmata ancora da Preziosi, in un teatro che ancora non si sa quando verrà restituito alla città. Il direttore, ancora per pochi giorni, proporrà come spettacolo di punta una coproduzione del Don Giovanni, la sua seconda regia, con Nando Paone nel ruolo di Sganarello e la scenografia di Fabien Ilieu.

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Ormai lontane le grandi stagioni teatrali del Tsa degli anni ’70 e ’90. La riforma (decreto 191/2014) sopprimerà i Teatri stabili pubblici, sostituiti dai Teatri nazionali che non dovrebbero essere più di 4-5, rispetto ai 17 attuali; e cancellerà anche gli stabili di innovazione, sostituiti da quelli “di rilevante interesse culturale” (Tric), finanziati sulla base di un progetto triennale. Ma in Abruzzo la scelta avverrà, invece che su progetti futuri, come spesso accade, nelle stanze dei bottoni. Alle difficoltà dello Stabile si aggiunge la crisi irreversibile del circuito teatrale regionale e l’ostracismo da parte delle istituzioni verso le formazioni più giovani. La Regione sta insomma rischiando il collasso teatrale.

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“La cultura è cosa nostra” era ed è il motto di una classe politica abituata a gestire i conti con troppa disinvoltura, tant’è che la maggior parte di quelli erogati in passato non servivano alla produzione culturale. Ma questo non bisogna ricordarlo. Come diceva tempo fa il professor Ferdinando Taviani parlando dello ‘scempio’ del Teatro Stabile:

“Uno si domanda: com’è stato possibile, per esempio, per quali meandri burocratici, par quali intrichi velenosi di pasticcetti alla buona e volenterose rassegnazioni, per quali distrazioni si è arrivati ad accettare e poi sopportare per un intero mandato direttori ridicolmente non idonei, assecondando la peggior bassa forza dei partiti. E come mai quando un buon direttore finalmente c’è stato, quando aveva i numeri e la competenza per reagire al terremoto, non il terremoto ma le ragnatele dei piccoli poteri l’hanno convinto a migrare verso località più pronte a darsi da fare per garantire la decenza del lavoro?”

A queste semplici domande Brecht avrebbe probabilmente risposto che “L’ovvio, se lo si fa apparire strano, viene riconosciuto come suscettibile di cambiamento”. Un po’ come avviene a L’Aquila e nel resto del paese.




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