Festival2014_4 Un paio di esempi per cominciare, quando il teatro dà fuoco a santi e spettatori
Dove si parla di Leo Bassi, Omini e Quotidiana.com
Il teatro usa da sempre meccanismi partecipativi, fin dalle forme originarie della Commedia dell’Arte e del circo.
Lo ricorda con straordinaria vitalità Leo Bassi, clown politicamente scorretto (e dunque politicamente consapevole ed efficace), che da sempre ama coinvolgere il pubblico con una sarabanda di provocazioni, anche fisiche, schizzandolo con liquidi vari.
Nell’ultimo show di questo clown post-moderno, The best of (visto a Terreni Creativi, il festival organizzato da Kronoteatro nelle serre di Albenga) gioca ironicamente con la sua fama di “innaffiatore seriale”: prima di far esplodere una serie di lattine di Coca-Cola con cui innaffiare il pubblico, distribuisce agli spettatori delle prime file una serie di teli di plastica, per ripararsi dagli schizzi (per poi notare che la reazione degli spettatori del Nord e del Sud Europa è molto diversa). Il meccanismo del rifiuto del coinvolgimento (nello spettatore scatta la paura di mettersi in mostra e di esporsi al ridicolo, e in ogni caso viene infranta la divisione tra attore e spettatore, tra la possibilità e il dovere di agire del primo e la passività del secondo) torna quando Leo Bassi annuncia di voler chiamare sul palco uno degli spettatori – “Quello che ha più potere” – e comincia a perlustrare la platea, alla ricerca della vittima sacrificale, provocando brividi di terrore.
(ATTENZIONE: le prossime righe sono uno spoiler, vi dico come va a finire…)
Naturalmente nel gioco teatrale chi ha più potere in sala è l’attore, e dunque sarà lo stesso Bassi, anarchico coerente, sottoporsi a un beffardo rito liberatorio, che ha antichissime risonanze.
Dopo essersi irrorato di miele, si cosparge il corpo di piume, prima di abbandonare la sala. Generoso e commovente nella sua capacità di esporsi, Bassi costruisce così, con ingredienti semplici e antichi, ma di notevole efficacia comica e provocatoria.
(fine dello spoiler)
Accanto all’aggressione e alla provocazione, c’è un altro meccanismo che gli attori usano spesso per coinvolgere gli spettatori: il gioco. Un esempio, sempre a Terreni Creativi, è La lunga asta dei santi: Gli Omini hanno condotto nelle tre serata una sorta di Mercante in Fiera: a ogni spettatore veniva consegnato un sacchetto di fiches, che servivano per accaparrarsi all’asta le figurine dei santi beffardamente disegnati e raccontati dal gruppo: c’è dunque tra gli attori Luca Zacchini e Nicolò Bellitti) e gli spettatori lo scambio di un oggetto di grande forza simbolica. Il premio finale? Confezioni da sei bottiglie delle acque minerali con i loghi dei santi (Pellegrino, Anna, Bernardo, Gemini…).
Il meccanismo del gioco permette di sfogare una leggera ironia sulla sfera del sacro. Una operazione analoga la compie Quotidiana.com (ovvero Roberto Scappin e Paola Vannoni) in Sembra ma non soffro, dove mettono in frizione la sfera del sacro e le grandi questioni esistenziali con la dinamica quotidiana della vita di coppia, in una raffinata drammaturgia “in levare”.
I meccanismi del teatro provano a smontare quelli della religione (o viceversa), sovrapponendo
due ritualità che insieme si amplificano e si annullano straniandosi a vicenda, la tensione al trascendente viene azzerata dall’eco dissacrante della chiacchiera quotidiana. Quello che resta nella memoria, dopo questo esercizio materialistico, è un residuo quasi impalpabile, nel quale si nasconde (forse) un “indicibile” effimero come le risate degli spettatori che punteggiano lo show.
La natura partecipativa di molti spettacoli di Terreni Creativi risponde al progetto di una rassegna che – nelle serre della piana e della collina di Albenga, non offre solo e tanto spettacoli, ma serata da acquistare con un biglietto all inclusive, che dà diritto anche a presentazioni di libri, installazioni, microperformance di danza, cena con prodotti tipici, dj set finale, nel tentativo di attirare segmenti di pubblico diversi.
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