“Dalle incisioni rupestri alle avanguardie”: il ruolo della cultura nell’Agenda Monti
E l'approvazione del programma Europa Cultura a Bruxelles
C’è di sicuro un settore in cui il Governo Monti non ha particolarmente brillato. In particolare, non ha ben figurato uno dei suoi ministri, quello ai Beni e delle Attività Culturali.
Nel giorno in cui Monti all’indomani delle dimissioni, lanciava la sua Agenda per Cambiare lItalia, riformare lEuropa, un quotidiano certamente vicino alla sua visione come Il Sole 24 Ore sottotitolava nel Domenicale: Lorenzo Ornaghi sinserisce nel solco della ricorrente mediocrità del dicastero: i governi repubblicani hanno trattato la cultura come lultima delle loro priorità. E un giudizio assai pesante, quello che sintetizza larticolo di Sergio Luzzato, anche perché il quotidiano della Confindustria si è impegnato in questi mesi nel lancio e nel sostegno al “Manifesto per una Costituente della cultura”, ed è dunque assai sensibile al tema.
Ma, vista anche lattività del governo, che dice lAgenda Monti della cultura?
La prima occorrenza del termine si registra nel paragrafo che si intitola LItalia a testa alta nel mondo:
LItalia ha confermato la sua vocazione a sostenere il multilateralismo, nelle Nazioni Unite e nei fori informali come il G8 e il G20. Unazione che poggia su uno strumento diplomatico di eccellenza, sulla presenza delle forze armate italiane nelle operazioni di pace nel mondo, nel contrasto al terrorismo internazionale e nella lotta alla pirateria, sulla diffusione della cultura italiana nel mondo.
Insomma, la cultura come elemento chiave del soft power del nostro paese sulla scena internazionale, accanto al potere delle armi (naturalmente impiegate solo nelle operazioni di pace). Cè solo da sperare che la diffusione e il sostegno alla cultura italiana allestero venga incentivato, anche se il contesto non è propriamente tranquillizzante.
Una seconda occorrenza non riguarda il sostantivo, ma laggettivo culturale, in un settore cruciale, quello relativo alla scuola. Vale la pena di citare per esteso:
LItalia ha un elevato tasso di abbandono scolastico precoce, un livello di performance scolastica più basso rispetto alla media dei Paesi OCSE e un numero di laureati lontano dagli obiettivi fissati dallUnione europea. Cè bisogno di invertire la rotta. Per questo bisogna prendere listruzione sul serio. Serve rompere uno schema culturale per cui il valore dello studio e della ricerca e il significato della professione di insegnante sono stati mortificati. Gli insegnanti devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto, investendo sulla qualità. Il modello organizzativo deve cambiare puntando su autonomia e responsabilità come principi fondanti. Da subito occorre completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su INVALSI e INDIRE, basato su indici di performance oggettivi e calibrati sulle caratteristiche del bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti.
Insomma, per Mario Monti uno dei problemi è lo scarso valore percepito della cultura allinterno dello schema culturale del nostro paese: implicitamente, lAgenda Monti si propone di cambiarlo, e forse di rovesciarlo, facendo della cultura un valore e una priorità per il paese, anche nellambito dellistruzione e della ricerca, che rappresentano senzaltro una delle priorità del programma.
Ma qual è lidea di cultura che emerge da questo manifesto? La risposta arriva dal paragrafo intitolato LItalia della bellezza, dellarte e del turismo:
Il patrimonio culturale del nostro Paese non ha eguali al mondo, per vastità nello spazio (dai monumenti alla gastronomia, dai teatri alle chiese) e nel tempo (dalle incisioni rupestri alle avanguardie). E una ricchezza non delocalizzabile, non riproducibile altrove. Per il nostro Paese è dunque una scelta strategica naturale puntare sulla cultura, integrando arte e paesaggio, turismo e ambiente, agricoltura e artigianato, allinsegna della sostenibilità e della valorizzazione delle nostre eccellenze. I progetti promossi recentemente per il sito archeologico di Pompei, lAccademia di Brera, la Galleria dellAccademia di Venezia, il Museo di Capodimonte dimostrano che anche in periodi difficili è possibile trovare le risorse per tutelare il nostro patrimonio. Intese con le fondazioni di origine non bancaria o forme calibrate di partnership pubblico-privato potrebbero consentire un allargamento dello spettro delle iniziative finanziabili. Musei, aree archeologiche, archivi, biblioteche devono essere accessibili ai cittadini e ai turisti in modo più agevole e la qualità dellofferta deve migliorare, anche sperimentando forme di sinergia e collaborazione tra il privato sociale e le istituzioni statali.
Investire nella cultura significa anche lavorare per rafforzare il potenziale del nostro turismo, poiché già oggi cultura, bellezze naturali ed enogastronomia sono i pilastri della nostra attrattività, anche rispetto a Paesi che presentano il maggior potenziale di sviluppo turistico (Russia, Brasile, Cina, India, Golfo). La macchina turistica va però governata meglio: oggi ci sono troppi centri decisionali, poco coordinati e con insufficiente massa critica per affrontare con successo la competizione globale. Per questo è necessario rafforzare il coordinamento centrale e incidere sul sistema ricettivo, fieristico, infrastrutturale, formativo, normativo e fiscale per renderli coerenti con unofferta turistica che intercetti nuovi bisogni e migliori la qualità complessiva. In questi mesi è stato preparato e sottoposto a consultazione un Piano strategico per il turismo, che non è stato ancora adottato per la chiusura della legislatura. Occorre riprenderlo e lanciare un programma di azioni concrete a breve e a lungo termine.
E uno sguardo rivolto dunque soprattutto al passato (mmonumenti, teatri, chiese), anche se laccenno iniziale alle avanguardie implica certamente una potenziale apertura al futuro. La priorità è la conservazione del patrimonio non delocalizzabile, e perciò lo valorizza come attrazione turistica (e il turismo in Italia è uno dei settori decisamente arretrati).
E significativo anche laccenno ai possibili finanziamenti privati (dovrebbe essere anche questo, tra laltro, uno degli obiettivi prioritari del manfesto del Sole: spingere gli associati di Confindustria a investire in cultura, magari con adeguati incentivi fiscali…). Il documento individua anche unaltra risorsa per il settore nel mondo del volontariato,
che svolge funzioni preziose non solo nel campo dellassistenza, ma anche delleducazione, nella formazione degli adulti, nello stimolo culturale.
Chiaramente nellambito di un documento sintetico come questo (25 pagine in tutto) non ha senso cercare indicazioni dettagliate, ma si possono individuare solo alcune linee guida. Un elemento positivo è certamente lattenzione al tema, che riemerge in diversi contesti. Laspetto meno confrortante è che la cultura pur costituendo un elemento chiave della identità nazionale e un motivo dorgoglio per gli italiani si ritrovi però spesso subordinata ad altri obiettivi (la politica estera, il turismo).
Si potrebbe anche dedurre, da questi accenni, che lidea di cultura che sottende questi impegni rischia di apparire piuttosto obsoleta: la cultura viene vissuta più patrimonio che progetto e come relazione, e non si vede come possa o debba interagire con le innovazioni tecnologiche (a cominciare da audiovisivo, digitale). In particolare, al di là del generico accento sullo sviluppo umano nel paragrafo dedicato alla scuola, non si vede come possa fungere da train per lo sviluppo economico, ma anche umano, in rapporto con le professioni e le industrie creative.
E questa invece la prospettiva in cui intende muoversi la Comunità Europea, con il programma Europa Creativa, approvato in Commissione Cultura del Parlamento europeo il 18 dicembre con un bilancio di 1,8 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 (e un aumento del 37% rispetto agli attuali livelli di spesa).
Rispetto al passato, cè una più precisa definizione e la maggiore autonomia del settore creativo/culturale e di quello audiovisivo, istituiti come Programma Cultura e Programma Media. Ha commentato Silvia Costa, europarlamentare PD e relatrice del progetto: Con questa relazione abbiamo reso più coerente il programma Europa Creativa con i suoi obiettivi strategici: più offerta, più diversità, più cultura per tutti i cittadini europei e più ampio partenariato con Paesi terzi nel rispetto della doppia natura della cultura come valore intrinseco e come sfida per lo sviluppo”.
Val la pena di ricordare che il settore cultura vale il 5% del Pil dellUnione Europea, e dà lavoro al 3,8% dei cittadini europei.
Oliviero_Ponte_di_Pino
2012-12-24T00:00:00
Tag: politicaculturale (20)
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