Editoria teatrale di ieri, oggi, domani

Intervista a Oliviero Ponte di Pino

Pubblicato il 13/11/2012 / di / ateatro n. 141

Il nuovo numero della rivista Stratagemmi dedica un’ampia inchiesta all’editoria teatrale.
Di editoria teatrale si parla anche a BOOKCITY MILANO, nel polo del teatro, e a Piazza Verdi su Radiotre, sabato 17 novembre 2012 alle 17:30 circa.
Per gentile concessione di “Stratagemmi”, pubblichiamo l’intervista di Maddalena Giovannelli a Oliviero Ponte di Pino, centrata proprio sull’evoluzione dell’editoria teatrale negli ultimi decenni.

Com’è cambiato il rapporto tra editoria e teatro negli ultimi dieci anni? Possiamo parlare soltanto di un lento declino o ci sono segnali in controtendenza?

“Intanto l’editoria sta cambiando. Negli anni settanta e ottanta si era affermato il fenomeno dei piccoli editori, che aveva permesso la nascita di una editoria di nicchia colta e vivace, nella trovava posto anche lo spettacolo (per il teatro Ubulibri, Costa & Nolan, Casa Usher, per esempio). Negli ultimi anni si è verificato un fenomeno di concentrazione delle case editrici in grandi gruppi editoriali, e delle librerie in grandi catene: per una editoria di nicchia, la situazione si è fatta più difficile. In secondo luogo, rispetto a quegli anni, il teatro mi pare meno vivace: o meglio, resta molto vivace ma non c’è il mutamento di paradigma che ha travolto le arti negli anni sessanta e settanta, con spettacoli (e libri) che hanno fatto epoca. D’altro canto, oggi è diventato ancora più facile produrre libri, (grazie al pc prima e al print-on-demand poi), mentre è più difficile distribuirli (se sono di carta). Così assistiamo a un aumento teorico dell’offerta, con minori filtri e selezioni, ma a una progressiva marginalizzazione di un settore già marginale. Intanto i libri di teatro e cinema faticano a trovare uno sbocco sul versante degli ebook: ma qualcosa probabilmente sta già iniziando a succedere.”

L’esperienza di Ubulibri si è conclusa. C’è qualcuno pronto a raccogliere il testimone? Sarà possibile in qualche modo colmare il vuoto? E come?

“Ubulibri voleva dire in primo luogo Franco Quadri: la sua personalità, le sue scelte, la sua autorevolezza (e anche la decisione di finanziare di fatto l’attività della casa editrice in prima persona). Proseguire e rilanciare un’impresa del genere è impossibile, sarebbe necessario cambiare. Anche perché Quadri faceva tante cose, e tutte ad altissimo livello: critico, studioso, editore, animatore culturale di festival e premi, pedagogo, traduttore… Pensare di sviluppare tutte le sue direzioni di ricerca è difficile. Ma senz’altro bisogna preservare e portare avanti il suo progetto, per quanto si può. L’associazione “Ubu Amici di Franco Quadri” sta lavorando per questo, senza illudersi di poter fare ‘come Franco ma senza Franco’. Su un piano più generale, ci sono tante case editrici piccole e piccolissime attive sul fronte del teatro, e molto meritorie. È però difficile trovare qualcuno come Quadri, con la sua autorevolezza, l’apertura internazionale, ma anche la severità e la capacità di dire no, a volte pentendosene.”

Alcune piccole case editrici – come Titivillus e Editoria & Spettacolo – sono diventate il punto di riferimento per addetti ai lavori e studiosi che vogliano pubblicare sul teatro. Qual è il loro ruolo nel panorama più ampio? E quale la loro possibilità di sviluppo?

“Stanno facendo un lavoro importante. Basti pensare al numero di titoli che pubblicano ogni anno: si sta compilando una bibliografia che non avremmo nemmeno immaginato trent’anni fa. Mi pare di capire che il mercato di queste case editrici sia soprattutto legato in vario modo all’università (sia sul versante della produzione, con molte opere di giovani e brillanti studiosi, sia sul versante dei potenziali destinatari, con gli studenti dei Dams e dei mille corsi che in vario modo intrecciano il teatro). Ma si rivolgono anche al mondo del teatro, con saggi che rendono conto dell’attività di una compagnia o di un artista, e che dunque hanno come potenziali destinatari i loro fan, con una vendita attivata in canali diversi dalle librerie, come i teatri o i festival.
Il pericolo è che questa resti una editoria per nicchie ristrette. L’ambizione di Franco Quadri era quella di parlare anche a uno spettatore colto e aggiornato, che in quanto tale deve essere informato anche su quel che di nuovo accade in teatro.”

Molte personalità del teatro si cimentano in testi non drammatici: da Ascanio Celestini a Davide Enia, da Emma Dante a Serena Sinigaglia, da Lella Costa fino a Valeria Parrella. Come interpretare questo fenomeno e la buona risposta di queste pubblicazioni?

“Molti degli artisti citati rientrano nella schiera dei narratori (aggiungerei anche Marco Baliani, con il suo romanzo di formazione Nel regno di Acilia). Dunque per loro la dimensione narrativa è già presente, nella duplice valenza autobiografica ed epica. Ci sarebbe a questo punto da approfondire il rapporto tra oralità e scrittura (a partire magari dagli Album di Paolini), un versante finora poco esplorato. Va anche aggiunto che alcuni di questi autori vendono assai bene, soprattutto se nel promuoverli non si insiste troppo sul legame che questi testi hanno con il teatro, che pure li ha generati… Mi pare ugualmente importante – e forse ancora più importante – un movimento parallelo ma in direzione contraria: l’approdo al teatro di molti scrittori – poeti soprattutto. Pasolini e Testori, Luzi, Raboni, Magris… E poi altri esperimenti, come quelli di Parise o Pagliarani… Ma l’elenco si fa troppo lungo! Era solo per dire che nell’andirivieni tra parola scritta e detta, tra l’io e gli io (e i noi), in questi anni sono successe molte cose.”

Come sono entrate in gioco le nuove tecnologie nell’editoria teatrale? Dagli spettacoli in dvd fino alla pubblicazione di testi sul Web, quanto si è modificato il settore?

“Le cassette e i dvd hanno avuto un boom qualche anno fa, e ora li abbiamo già dimenticati. Oggi l’alternativa sembrano i filmati ‘selvaggi’ postati su Youtube.com… In realtà a cambiare, più dei supporti o dei prodotti, in questi anni è stata la nostra percezione: vent’anni fa, Camera astratta di Giorgio Barberio Corsetti è stato una rivelazione, di colpo ha cambiato la nostra idea di televisione, di teatro, di liveness, ma anche la percezione della nostra identità personale. Oggi quella rivelazione è ovviamente irripetibile. Di quell’esperienza resta una traccia – gli spezzoni video di uno spettacolo in cui si vedono video – e dunque la liveness non esiste più, come non esiste più la dialettica tra evento live ed evento mediato.”

Nel 1994, sul supplemento “Suq” del “Manifesto” ti sei divertito a immaginare la fine dei libri. Se dovessi profetizzare ora le sorti della prossima decade?

“Alcune di quelle profezie si sono realizzate, magari con qualche cambiamento più o meno significativo. Ma non erano profezie molto difficili… Quello che dobbiamo immaginare ora sono gli effetti di questi cambiamenti sul nostro modo di essere, sulla nostra identità, sul modo in cui impariamo, ci informiamo, entriamo in rapporto con gli altri. Il più grande esperimento di teatro politico attualmente in atto sono i social networks, che agiscono nel ‘qui e ora’ della rete (e la loro scena, per gli utenti, è un ‘qui e ora’ molto più reale dell’internet cafe da cui chattano). Ecco, tutto questo ci sta già profondamente cambiando: provo a immaginare come, ma forse sono un po’ troppo vecchio, ormai…”

Maddalena_Giovannelli

2012-11-13T00:00:00




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