Così è stato, così è e così sarà
Il Rosario: uno spettacolo tra teatro e musica di Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte
Fare la fila per andare a teatro è di questi tempi un’eventualità abbastanza rara. Eppure ogni tanto succede, come lo per lo spettacolo di Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte Il Rosario, tratto da un testo di Federico De Roberto e presentato al Valle occupato, lo scorso 7 giugno.
La folla composta che riempiva tutta la via del Teatro fino a Corso Vittorio, era già di per sé uno show, come il successivo colpo d’occhio all’interno, con una platea e 5 ordini di balconate piene fino allultimo posto.
Sul palco, in una scena davvero noir, le protagoniste sono tre sorelle, impegnate nei preparativi per la recita del rosario. Ogni loro gesto prende vita attorno alla figura di una madre tiranna, che troneggia muta e imponente, per concedersi solo una volta al giorno, nellora del vespro, durante il rito collettivo del rosario. Ma quello che dovrebbe essere un momento di condivisione, altri non è che un’occasione per ribadire le logiche di un potere sordo e senza cuore. Come marionette di un carillon inceppato, le figlie si muovono attorno alla madre-padrona, discutendo degli affari di famiglia e chiedendo inutilmente perdono per la quarta sorella colpevole di aver sposato un uomo di rango inferiore. I movimenti delle tre donne si trasformano presto in una danza ipnotica, che cattura lo spettatore nei suoi vortici di fughe, corse e rincorse. Ma quello che incanta è soprattutto la voce delle protagoniste, che più che articolarsi in parole, si fonde in cori polifonici sul ritmo di litanie antiche della nostra tradizione orale e popolare. Formata alla scuola di Giovanna Marini, la regista Clara Gebbia dà, infatti, vita, con Enrico Roccaforte, a una pièce che è insieme musica, teatro e gesto politico. E se il racconto di Federico De Roberto è targato 1940, la storia è di quelle che non hanno età: il teatrino di un potere che soffoca e condanna allimmobile trascorrere del tempo. Anche i dialoghi, resi più attuali da battute di illustri protagonisti contemporanei, come il rimbrotto sui poveri disabituati al benessere di berlusconiana memoria, non fanno altro che rendere ancora più assordane il nostro collettivo stare mesto. La stasi a cui la madre-padrona costringe le sue figlie, è la stessa di questi anni in cui nulla si muove, e se la litania del canto pare a tratti portare sollievo, un secondo dopo non fa altro che affossarci ancora di più in una zona dombra senza vie duscita. Le bravissime interpreti Nenè Barini, Germana Mastropasqua e Alessandra Roca, sotto la direzione musicale di Antonella Talamonti, riescono a creare un universo sonoro fatto di voce e gesti, dove il potere e la sottomissione si rincorrono sovrastati da una madre terrifica, che non poteva che essere interpretata da un uomo, l’altrettanto talentuoso Filippo Luna, come metafora di un potere che cambia, pur restando uguale a se stesso da millenni. Nera è la scena in cui si agitano invano questi corpi intrappolati, come altrettanto nero è gran parte dell’orizzonte che ci circonda anche fuori dal teatro, e tuttavia non è vano il sollevarsi di quella preghiera di dissenso urlata a fine spettacolo con le parole di Pasolini: Madonuta (…) Salva il nustri paìs. Salvilu.
Così mentre scossi da questo monito ci si ferma volentieri ad applaudire una messinscena perfetta quanto a maestria registica e composizione formale, quando poi si torna a casa si tiene ancora un po a mente il ritmo di quelle litanie antiche, che come un pungolo insolente non smettono di tamburellare nelle nostre teste. E allora ben vengano il teatro e l’arte, quando fanno da antidoto al torpore dilagante, spronandoci ad alzare, una volta in più, il capo verso il cielo.
Il rosario
una favola nera
da Federico De Roberto
progetto, drammaturgia e regia: Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte
direzione musicale e musiche originali: Antonella Talamonti
con Filippo Luna e Nenè Barini, Germana Mastropasqua, Alessandra Roca
Marilena_Roncarà
2012-10-07T00:00:00
Tag: GebbiaClara (3), RoccaforteEnrico (2)
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