Nel non libro

Per Alessandro Bergonzoni, in occasione dell'uscita di Nel (testo + DVD)

Pubblicato il 24/08/2011 / di / ateatro n. 135

È forse la prima volta che in uno dei suoi torrenziali monologhi Alessandro Bergonzoni trova in scena un partner con cui dialogare. Un antagonista in grado di resistergli.
Ma attenzione: questa sua «spalla» non è un altro essere umano, e neppure un animale più o meno fantastico o antropomorfo.
Il deuteragonista di Nel è un libro.
Una didascalia lo descrive come «un volumetto bianco», dall’aspetto dunque piuttosto dimesso. Bergonzoni lo trova in quinta poco dopo essere entrato in scena (p. 12) e inizia subito a intessere con le sue pagine un dialogo che dura in pratica per l’intero spettacolo. Lo consulta infatti senza sosta, trovando molte risposte – o molte domande – ed evocando misteri e paradossi, in un confronto divertente e pieno di sorprese.
Questo libriccino così poco appariscente ha molte delle caratteristiche di un libro «vero», oltre alla forma fisica.
Tanto per cominciare, ha un titolo. Un titolo davvero lungo, come quelli che si usavano anticamente: «Enciclopedia, guida, prontuario propedeutico filosofico antropologico e pratico con esercizi base, istruzioni di tutto lo scibile anche se non ha nevicato e su concetti, dottrine, argomenti, tesi, saperi infiniti, saperi gerundi e sapremo futuri…» (p. 12). La lettura del titolo prosegue, o forse diventa lettura del «compendio trattato e ritrattato aggiornato poi cambiato e adottato da tutte le scuole di pensiero» (p. 13).
Viene subito il dubbio che possa trattarsi di un titolo infinito, così come probabilmente dev’essere infinito il volume che battezza, con le sue ambizioni onnivore e onnicomprensive.
Peraltro questo non è l’unico libro di cui si parla nello spettacolo. Appena prima era stata evocata un’intera biblioteca: «Alla fine del camino il fuoco e sopra il fuoco la libreria di una vita. Tutti i libri della mia esistenza…» (p. 12). Con ogni probabilità tutta quella biblioteca «sopra il fuoco» ha finito per concentrarsi in questo unico volumetto, che è insieme il libro della vita e il libro dei libri.
Per quanto riguarda la struttura del volume, anche questo libretto-librone presenta un indice ed è suddiviso in capitoli: si parla per esempio di «Capitolo 2 pagina 161».
Tuttavia emerge una struttura alternativa, parallela. Anche se il volume è diviso in capitoli, il formato risulta assai strano: «120 volumi da una pagina, con 18.000 illustrazioni inedite e inutili di difficile consultazione sfuocatissime di importanza assoluta» (p. 13). Ma se sono in tutto 120 pagine, come può esistere una pagina 161?
Insomma, si coglie subito la natura destabilizzante dell’opera, confermata poco dopo da un fatto curioso: il Capitolo 2 contiene «l’appendice che nega il Capitolo 1, nega l’appendice stessa e se può nega anche il Capitolo 2!» (p. 13).
Oltre al titolo e alla suddivisione in capitoli, tra i paratesti spicca anche la dedica del volume, o dello spettacolo, che viene recitata dall’attore in quinta, come una sorta di prologo estraneo allo spettacolo vero e proprio. O meglio, quello che si sente riecheggiare nella scena deserta è una vera e propria alluvione di dediche: quelle esilaranti con cui iniziano per l’appunto sia lo spettacolo sia il libro (pp. 7-8).
Non mancano i dati bibliografici: già all’inizio si spiega che questo è un «numero zero […] copia prova omaggio, bozza incompiuta, minuta, malacopia, rilegata a un palo perché è già la quarta che provano a portarci via». Troviamo persino alcune indicazioni di marketing: chi si procurerà il volume avrà «in omaggio un odiario… e un paio di occhiali per sordi… in omaggio anche un segnalabbro…» (p. 13).
Più incerto l’autore di questo labirintico capolavoro: a un certo punto si accenna al «famoso libro dell’autore da indovinare» (p. 18), per lanciare uno sconclusionato e (quasi) interminabile quiz sul nome incriminato (e anche sul soprannome, o magari pseudonimo, dell’autore in questione).
Non mancano, come abbiamo visto, le immagini, accompagnate dalle relative didascalie.
A volte – in uno dei numerosi meccanismi circolari, o autoreferenziali, intorno a cui è costruito Nel – la foto è addirittura «la foto della pagina»: ma questo inutile e assurdo raddoppiamento irrita persino il lettore-monologatore (p. 15).
I meccanismi circolari vengono enfatizzati dall’aspetto ipertestuale, che in questa enciclopedia è molto sviluppato. L’opera pare infatti infarcita di rimandi interni: «Vai alla figura A» oppure «Vedi al complesso di Edopo»…
O ancora, «Vai subito alle istruzioni a pagina 9»: ma è una trappola, che precipita il lettore in un loop infinito, perché a pagina 9 si trova l’indicazione «vai a pagina 13», mentre a pagina 13 si ritrova un implacabile «vai a pagina 9» (p. 14).
Perché l’enciclopedia è corredata – l’abbiamo visto – di numeri di pagina. Anche se in realtà sembra consistere per lo più di una pagina-contenitore, che ritorna ossessivamente: è la fatidica pagina 161, in pratica quasi l’unica che viene consultata. Tanto è vero che a un certo punto lo stesso monologante lettore si lascia sfuggire un’altra annotazione critica: «Tanto è tutto a pagina 161. Son trecento pagine, ma le notizie son tutte raggrumate» (p. 56).
Bergonzoni allora potrebbe avere in mano una sorta di lettore per e-book, dove un’unica pagina (magari con un moderno touch screen) mostra via via tutte le pagine del libro. Del resto questo libro dei libri, questo libro che si contraddice, questo libro fatto di pagine che svaniscono una nell’altra, questo libro pieno di link che si rimbalzano a vicenda, potrebbe anche essere il labirinto della rete…
O forse questo libro infinito è già più avanti dell’attuale situazione della rete: è una specie di ologramma, o un frattale, dove ogni frammento – per esempio, pagina 161 – riflette la struttura dell’intero.
Per quanto riguarda il genere, abbiamo visto che il volume si presenta come «enciclopedia». Però «non in ordine alfabetico, ma in ordine etico, caotico, sismico» (p. 13). Per esempio, «sotto la U c’è “Consolato degli insetti”», un errore che ispira una annotazione perplessa: «sotto la U…» (p. 13). «Sotto la G, “figlio che uccide il padre perché è innamorato della madre”»: e quella G riecheggia forse l’iniziale di Giocasta, madre incestuosa di Edipo, perché subito dopo c’è il beffardo rimando al «complesso di Edopo» (p. 14).
O ancora: «Andiamo a cercare la malattia cuore… Sotto la q non c’è niente perché cuore non si scrive con la q… sotto la c c’è ciuore, e be’ è c, …» e via delirando (p. 56).
Come in un buon dizionario enciclopedico, vi si possono trovare alcune etimologie. Anche se in effetti sono soprattutto false etimologie: vedi i giochi di parole innestati dall’accostamento di «chiodi» e «pianto» (p. 16).
Questo super-libro si presenta a tratti come una surreale guida turistica, con i suoi assurdi itinerari; a tratti anche come un manuale, che dà al lettore precise istruzioni. Che poi si possano effettivamente eseguire, è un altro problema… In effetti, l’istruzione più credibile pare essere quella che «ti spiega come complicare», visto che qui tutto sembra diventare inestricabile… (p. 17).
Insomma, l’opera ha molti pregi. Tuttavia apprendiamo anche che «qui probabilmente ci sono delle cose da correggere» (p. 58). A questo fa forse riferimento l’accenno agli «erroristi… che hanno costituito il movimento dello sbaglio» e forse si sono intrufolati tra gli autori della non-enciclopedia…
Come si conviene a un e-book, questa anti-enciclopedia è anche vivacemente interattiva. Infatti interroga chi la consulta con un interminabile quiz-censimento (p. 58). Ma il lettore era stato avvertito: «Vedi, si interessa a te, proprio. Di solito noi siamo interessati all’enciclopedico. Qua è l’enciclopedico che è interessato a noi» (p. 15).
Ci sono paradossi ancora più radicali. Abbiamo visto che si tratta di un libro (o non-libro) infinito, e per di più con diversi tipi di infinito al proprio interno. E dove il verbo «infinire» (p. 31) viene coniugato in molteplici modi. È un libro in cui, almeno potenzialmente, c’è tutto quello che ci serve sapere, su qualunque argomento. È un libro che potrebbe contenere tutti gli altri libri, e dunque qualunque affermazione ma anche la sua negazione, la verità e l’errore. È un libro che contiene loop infiniti, con i suoi rimandi circolari. È un libro che potrebbe far collassare la propria natura infinita all’interno di un’unica pagina, la 161 (che dunque sarà anch’essa infinita…).
Al tempo stesso, e qui sta il paradosso, è un libro incompiuto. Infinito e incompiuto…
Ma la sua infinitezza si espande anche in un’altra dimensione. Perché il significato del volume – il significato delle sue frasi, e persino delle parole – non è univoco. O meglio, il significato apparente, quello che emerge da una lettura ingenua, può essere fuorviante. Allora bisogna «vedere cosa c’è scritto sotto! Se noi osservassimo l’invisibilità di certa scrittura, scatacombando, stombando la benedetta realtà e leggessimo altre grammatiche…» (p. 32).
Non basta dunque leggere quello che c’è scritto. Dobbiamo «leggere l’invisibile codice». Dobbiamo «interpretare»…
Da questo punto di vista, si tratta di un libro sovversivo, che insegna a leggere la realtà con un altro sguardo, e che dunque può anche avere effetti sulla realtà: «Spranga quando è solo una parola fa più male? Si dice che le parole fanno più male dei fatti» (p. 32).
Questa potenzialità viene riecheggiata e amplificata da una metafora centrale di Nel. Anche l’essere umano, per certi aspetti, è un libro. Si tratta di un libro di natura particolare, incatenato a una unicità di significato che necessita di emancipazione: «noi siamo scritti… nei risvolti e all’interno», perché «lo stato umano è uno stato sotto dettatura. Forse l’uomo è sotto dettatura. Ma di che dittatura? Della dittatura della scrittura, del pensiero…» (p. 33). Insomma, gli esseri umani sono imprigionati nell’irrimediabile immutabilità di un testo. Il testo contenuto nel non-libro Nel. O in un altro non-libro…
Ma se siamo già scritti e desti-nati, una liberazione è possibile? Riusciremo a evadere?
Malgrado la catena del significato, pare esistere una possibilità di emancipazione. È quella che sembra promettere il «lessico individuale» (p. 69) inventato dal mitico Tantalo. Se ne trova traccia nel libro, che è anche un dizionario (naturalmente a pagina 161). Si tratta di un doppio elenco di parole, o di un codice, che gioca su tradimenti arbitrari del significato. In questo lessico individuale, fatto di liberissime associazioni, «serbatoio si dice fiamma e cane si dice incudine, cacca si dice scoiattolo, pipì si dice Rovigo…» (p. 70), e via all’infinito.
Il significato scivola così sul significante, in uno slittamento delirante e incontrollabile – o forse determinato da una logica ferrea ma assolutamente indecifrabile. Quel codice è una minaccia: ci dice che non dobbiamo mai prendere alla lettera quello che ci viene detto, che dobbiamo sempre sospettare del testo, che forse è solo una maschera. Ma è anche una straordinaria opportunità: ci invita a liberare la fantasia e il gioco delle associazioni, ci dice che possiamo e dobbiamo inventarci un senso che è fatto anche di metafore (e di fraintendimenti…).
Esiste però un’eccezione ai precetti del codice, che emerge nella frase conclusiva del monologo, quasi ad annullare tutto quello che è stato detto fino a quel momento. È la «parola-perno» che sembra reggere l’intera permutazione, l’asse intorno a cui ruota l’universo del senso, il contenitore in cui tutto viene compreso.
«Solo nel si dice nel…» (p. 70).
Con questa parola, che è un titolo, Bergonzoni «chiude di scatto il libro» e la scena piomba nel buio.

Si parla sempre più spesso di «libro d’artista», un genere che in realtà comprende diversi sottogeneri: i libri che contengono al loro interno le opere di un famoso artista (magari nella forma di litografie numerate); i libri pubblicati da un artista, e dunque spesso informati dal suo immaginario visivo e dal suo gusto grafico; o ancora, in senso forse più proprio, quei libri che nella loro forma riflettono sulla natura dell’oggetto libro.
Alessandro Bergonzoni è un artista, pittore e scultore, abilissimo nel lavorare con gli objets (e i materiali) trouvés.
Questo volume immaginario, che potremmo intitolare Nel (non libro), fa parte di una quarta categoria di «libri d’artista»: un oggetto che si può pensare – inventare – nella sua struttura e nella sua forma. Ma è un libro impossibile, che nessuno può fabbricare.
Bergonzoni se lo inventa lo stesso.
È un’esigenza che nasce dalla sua insofferenza nei confronti dei libri, così come sono, e nei confronti di quel libro dal destino già pre-scritto che siamo noi, nei confronti della banalità del reale.
Nel suo atelier di pittore e scultore, ha forse già creato alcuni frammenti, o avatar di questo non-libro Nel. Oppure possiamo decidere che questo libro-non libro è lo spettacolo, ovvero tutto quello che precede il fatidico «nel» conclusivo. Perché sulla scena un testo è sempre mutevole, dinamico, aperto agli accidenti della serata e dell’improvvisazione. Perché il teatro, nella sua effimera evanescenza, ammette le contraddizioni consentite dallo scorrere del tempo…
Chissà se un giorno Bergonzoni riuscirà a fabbricarla davvero, questa sua enciclopedia paradossale. Infinita e incompleta. Perfetta e piena di errori da correggere. Reale e virtuale. Vera e falsa. Sempre tenendo presente l’esigenza di ribaltare il motto conclusivo del Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein: «Su ciò di cui non si può parlare, si deve straparlare».

Altre info sul libro sul sito Garzanti Libri e sul sito di Alessandro Bergonzoni

Oliviero_Ponte_di_Pino

2011-08-24T00:00:00




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