Abbiamo ripristinato il FUS, però

Alcune riflessioni e qualche link

Pubblicato il 20/05/2011 / di / ateatro n. 135

Il ripristino dei fondi del Fus, che ha portato i sindacati a revocare lo sciopero del 25 marzo e ha fatto rientrare – ma non del tutto – la mobilitazione del settore, è stato senza dubbio un risultato positivo. Così come ci pare positivo l’interesse per la cultura emerso nell’ultima campagna elettorale per le amministrative, che abbiamo documentato nello speciale elezioni di www.ateatro.it.
Si è insomma segnata una battuta d’arresto nella politica punitiva nei confronti dello spettacolo e della cultura: un processo che pareva inarrestabile, e connesso a un più generale degrado della vita civile nel nostro paese.

Però

Però il FUS, gloriosamente ripristinato ai livelli del 2010, ha perso il 20% rispetto al 2008 (solo per citare un dato recente, guardando più indietro lo svuotamento è ancora peggiore).
Però molte realtà minori rischiano già di chiudere, o hanno già chiuso silenziosamente.
Però nessuno si preoccupa più degli sprechi e delle storture del sistema teatrale italiano, che lo rendono vulnerabile a qualunque crociata ignorantesco-populista (per non parlare delle sovvenzioni a cinema, o della costosissima rete dei teatri lirici…).
Però la scandalosa gestione clientelare e discrezionale di ARCUS (ben più scandalosa della gestione dell’ETI) continua imperterrita, malgrado i moniti della Corte dei Conti.
Però non si parla più del sistema della rappresentanza all’interno del mondo della cultura e dello spettacolo.
Però la piattaforma della mobilitazione (a opera di sindacati, organizzazioni di spettacolo, movimenti) era ben più alta e ambiziosa del semplice reintegro del FUS, come dimostrano i documenti e le prese posizione dei primi mesi dell’anno, e l’ultima sessione Buone Pratiche, assai ricca di stimoli: si parlava anche di qualità della ricerca, tutela del lavoro, patto fra generazioni, e di riformulare e rinnovare profondamente, dall’interno, le funzioni, le modalità di gestione,  il sistema di relazioni.
Però nel 2011 gli enti locali, che erano intervenuti per tamponare l’erosione del FUS, si trovano alle prese con tagli di bilancio, che spesso implicano drastici tagli all’investimento in cultura e spettacolo.
Però non si parla più della riforma del “fronte unico” della cultura e dello spettacolo (una delle acquisizioni delle lotte d’inizio anno), e neppure del “sistema cultura” in Italia (a cominciare dalla legge sul teatro, dal nuovo patto post-federalista Stato-Regioni).
Però nessuno ha fatto davvero i conti: quanto costa ai consumatori l’aumento della benzina e quanto effettivamente arriverà alla cultura e allo spettacolo?
Però non solo è più parlato del rapporto con il pubblico, o meglio con i cittadini: se non sono loro a riconoscere e rivendicare per primi il loro diritto alla cultura, le lotte dei lavoratori, gli appelli delle star, le prese di posizione dei politici, gli scioperi e le manifestazioni, rischiano di apparire solo la lotta di una casta di intellettuali che difende i suoi privilegi, in u momento di grande difficoltà per l’intero paese.
Però è stata accantonata la necessità di ritrovare le ragioni di fondo del rapporto fra cultura e Stato (anche con riferimento all’articolo 9 della Costituzione), per rifondare gli indirizzi e i criteri del sostegno pubblico e i meccanismi di selezione.

Però c’è un Però anche a questi Però.

Però la riflessione continua.
www.ateatro.it propone alcuni interventi, che offrono diversi spunti di riflessione sulla situazione attuale. Intrecciando queste analisi con i dati che emergono dallo Speciale elezioni e con le proposte emerse dalle Buone Pratiche, possiamo provare a rilanciare il dibattito.
Altrimenti il rischio è che al prossimo Brunetta (di destra o di sinistra), al prossimo Bondi (di destra o di sinistra) ci ritroviamo daccapo. E con altre occasioni perdute…

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Redazione_ateatro

2011-05-20T00:00:00




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