BP2011 MATERIALI La cultura dev’essere gratuita?
Una riflessione in vista delle Buone Pratiche
Con una lettera aperta pubblicata dal “Corriere della Sera” il 13 gennaio scorso, Andrée Ruth Shammah ha innescato un vivace dibattito su un nodo centrale: la gratuità della cultura.
Per esempio, la gratuità di tantissime iniziative che si tengono in teatri come il Franco Parenti, che lei ha fondato e dirige. O per esempio la gratuità di un sito come www.ateatro.it, dove leggete questo suo intervento…
Alla sua riflessione hanno risposto, tra gli altri, Salvatore Carrubba (22 gennaio), Andrea Kerbaker (23 gennaio), Severino Salvemini (27 gennaio)
Ho inviato questa lettera al Corriere della Sera non perché io abbia delle risposte, ma perché da tempo rifletto sulla questione della gratuità in teatro e vorrei che insieme riflettessimo su questo.
È vero che la maggior parte del pubblico paga per entrare a teatro e che la pratica della gratuità è diffusa per eventi come la notte bianca o altre manifestazioni, ma non per la regolare stagione di teatro. Ma è vero anche che spesso noi stessi, al momento del debutto di uno spettacolo a cui teniamo particolarmente, invitiamo amici e personalità ad intervenire gratuitamente. Perché offriamo la gratuità? Perché temiamo lassenza in caso contrario? Addetti ai lavori a parte, operatori, giornalisti, direttori, che devono vedere spettacoli per scegliere, consigliare, diffondere le proposte teatrali, perché anche tutte le personalità di rilievo si aspettano la gratuità?
Mi chiedo ora anche quanta responsabilità abbiamo noi relativamente a queste aspettative. Forse dovremmo meglio elaborare lorgoglio di fare questo mestiere? Ma ancora: perché ogni conferenza organizzata nelle nostre sale, se pure tenuta da preziosissime intelligenze, la offriamo a ingresso gratuito? Certamente, da una parte, cè linteresse a diffondere cultura che sovrasta il rientro economico, ma così non ci danneggiamo? Vorrei riflettere con voi su questo argomento che, secondo me, va ben oltre lopportunità di ingressi gratuiti o meno. Si tratta di riflettere sullatteggiamento che noi abbiamo rispetto al nostro lavoro e che, forse di conseguenza, hanno gli altri, enti pubblici compresi. Una buona pratica potrebbe essere quella di immaginare un costo dingresso per tutte le iniziative pensate gratuite, contenuto (che so, 3 o 5 ), che vadano a comporre un possibile fondo di reintegro per ciascun teatro.
E ancora perché non estendere questa richiesta a tutti gli invitati a teatro, chiunque essi siano? Il mio teatro sta faticosamente cercando di recuperare ingenti somme utilizzate per la ricostruzione del teatro stesso, la cooperativa che dirigo ha necessità di rientrare di investimenti mossi per la valorizzazione di un bene pubblico, di proprietà comunale. Ognuno di noi ha ragioni per individuare forme di recupero dentrate, soprattutto in questo momento. Trovo molto utile provare a riflettere anche sui nostri atteggiamenti e su quello che da soli possiamo riuscire a cambiare.
Andrée_Ruth_Shammah
2011-02-02T00:00:00
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